Provincia di Varese: per chi e perché si continua a costruire?

Basta fare un giro per le strade del nostro comune (Laveno Mombello) e chiedersi… PER CHI E PERCHÉ CONTINUIAMO A COSTRUIRE?

di Francesco Ottone

Abbiamo raggiunto un limite invalicabile. Il territorio italiano non è in grado di sopportare ulteriore cementificazione e impermeabilizzazione del suolo. Lo dimostrano le tragedie causate dal dissesto idrogeologico ma anche l’invivibilità di molte città”. Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente. Il suo è un appello accorato che guarda soprattutto ai recenti fatti accaduti in Liguria ma occorre assolutamente considerarlo più che mai attuale per la Lombardia, per la nostra provincia e anche per il nostro comune.

Alcuni numeri servono per riflettere: secondo Legambiente “il consumo di suolo nelle zone montane della Lombardia ha già cancellato il 42,4% del territorio più pregiato, quello dei fondovalle e dei pendii coltivati”.

Le valli prealpine costituiscono ora le zone più critiche perché sono diventate, a tutti gli effetti, delle ramificazioni metropolitane, con densità di utilizzo di suolo vicina a quelle di una periferia urbana. La montagna del varesotto ne è l’esempio con territori che presentano caratteristiche idonee all’insediamento già utilizzati per il 65%.

Riguardo a Laveno Mombello e anche ai comuni limitrofi (per, esempio, Leggiuno), sorge spontanea una domanda: per chi e perché continuiamo a costruire?

Basta fare un giro per le strade del nostro comune: a Mombello l’insediamento condominiale di via Gorizia – via Carso a Mombello ha poco più della metà degli appartamenti affittati o venduti nonostante siano passati diversi anni dalla fine della costruzione di quelle mura; a Laveno, da via Martiri della Libertà e da via Buozzi constatiamo visivamente i pochissimi appartamenti affittati o venduti nei vari condomini sorti sulle “ceneri” della Ceramica Boesio: si quantificano in 12-15 su oltre 100; in via Ceretti la “ristrutturazione” dell’ex Albergo Europa ha creato tanti appartamenti tuttora vuoti; in viale De Angeli notiamo i nuovi insediamenti in costruzione nell’area della ex Ceramica Lago con decine di appartamenti, probabili seconde case; se ci spostiamo in zona Chiso vediamo un bell’edificio residenziale sorto sulla collina Brianza: quanti appartamenti verranno affittati o venduti? A Cerro, sulla via Reno, a destra e a sinistra vari annunci di “vendesi” o “affittasi”. E, infine, se abbiamo la pazienza di guardarci un po’ più in giro o di curiosare tra gli annunci delle varie (tante) agenzie immobiliari troveremo proposte di affitto e di vendita per tutti i gusti.

Già dieci anni fa (dati ISTAT del censimento 2001 elaborati nel Progetto Bussola del 2006) si evidenziava come Laveno Mombello fosse il comune della Comunità Montana con il maggior numero di abitazioni (4962), ancor più di Gavirate (3936) che ha peraltro una popolazione superiore. E tra queste 4962, ben 1261 erano seconde case, il numero più alto di tutto il varesotto (città escluse), superando perfino Luino (904).

Allora la domanda ci si ripresenta: perché dobbiamo ancora costruire, cementificare, far diventare “ramificazioni metropolitane” alcune zone magari a rischio idrogeologico? Non è forse il caso di fermarsi visto che la richiesta di case, di appartamenti nuovi o vecchi che siano, sembra essere stagnante? E, comunque, chi volesse venire ad abitare a Laveno Mombello ha già un’ampia possibilità di scelta (magari non a prezzi popolari…): perché allora nuove costruzioni, che rimangono vuote, devono sorgere sul nostro territorio? Certo, mi si risponderà, il “vecchio” Piano Regolatore, tuttora vigente fino all’approvazione del nuovo PGT (che suscita tante polemiche), ha previsto e prevede la possibilità di questi insediamenti. Ma, per fare un esempio banale, è come continuare a sfornare del pane in grande quantità in un paese con pochi abitanti: chi lo mangerà?

Non si può che essere d’accordo con Legambiente quando sottolinea, con un semplice ragionamento, come l’aumento delle superfici impermeabilizzate riduce la naturale capacità di assorbimento e rallentamento delle acque. Così anche eventi piovosi non straordinari sono sufficienti a causare l’allagamento di interi quartieri e provocare danni rilevanti. Un problema che potrebbe diventare sempre più rimarchevole alla luce dei cambiamenti climatici in atto, che porteranno a precipitazioni sempre più violente con aumento delle probabilità di allagamento delle aree urbane.

Quindi “combattere il consumo del suolo”, per riprendere le parole di Cogliati Dezza, “è un modo concreto per migliorare la sicurezza delle persone”.