L’Appennino intubato dall’opera strategica

È messa male l’Italia, tanto da intubarla con un’altra opera strategica! Così il Governo definisce il gasdotto Rete Adriatica, un progetto ambizioso e, a detta degli ambientalisti, strategico solo per la Snam Rete Gas, la multinazionale che punta a diventare l’hub europeo per il trasporto del gas naturale.

Parliamo del metanodotto Brindisi-Minerbio che trattiene solo il nome del mare che doveva ospitarlo, dato che il tracciato è stato dirottato sulla dorsale Appenninica per attraversare aree a massimo rischio sismico in Abruzzo, Marche, Umbria ed Emilia Romagna.

Sono 687 chilometri di tubi, una cicatrice lunga tutta la penisola, profonda almeno 5 metri. “Non vogliamo quest’opera impattante e non la vogliono le istituzioni e i cittadini” – il portavoce abruzzese dei Comitati per l’Ambiente Mario Pizzola combatte da anni la dura battaglia contro l’ecomostro, così definiscono il progetto.

Senza nemmeno la possibilità di un confronto con la Snam, il Comitato No Tubo e il Coordinamento interregionale dei comitati per l’Ambiente suggeriscono di far passare la condotta (del diametro di un metro e 20 centimetri) in alto mare. Il passaggio non disturberebbe nessuno, ma sarebbe davvero costoso per la multinazionale che preme sui crinali appenninici e sembra restare indifferente all’impatto ambientale e ai rischi cui espone intere popolazioni.

Nel documento del Via (Valutazione impatto ambientale) della Regione Umbria è precisato: ” (…) l’alterazione paesaggistica prodotta dall’opera, nonostante le misure di graduale ripristino ambientale previste dal progetto, rimarrà visibile per un tempo considerevole e costituirà un segno pregiudizievole per la salvaguardia dei caratteri paesaggistici del territorio Umbro”.

In Abruzzo invece si va oltre la risoluzione regionale. Contrario all’impresa della Snam, il 5 giugno il Consiglio regionale ha approvato, all’unanimità, una norma di legge che stabilisce l’incompatibilità tra zone sismiche di grado uno e grandi metanodotti con annesse centrali di compressione. A muoversi concretamente però è solo l’amministrazione comunale di L’Aquila, toccata dal tracciato, in prima linea per impedire la realizzazione dell’opera. Il sisma del 2009 fa da monito.

Insensibili invece alle recenti scosse di terremoto registrate in valle Peligna, gli amministratori dei Comuni in cui dovrebbe sorgere la centrale di spinta sono contrari all’opera collegata al gasdotto, ma solo sulla carta perchè di fatto non intraprendono alcun iniziativa concreta a difesa dell’area di faglia che, ai piedi del Morrone, purtroppo partorirà le creature del progetto Snam.

Nel territorio si distingue solo Pratola Peligna e la Comunità Montana dove gli amministratori hanno ingaggiato una seria battaglia contro il progetto. La centrale di compressione del gas è l’impianto più importante per arrivare alla realizzazione del gasdotto e oggi la Snam ne chiede la realizzazione solo per collegarla ad un’altra struttura esistente a san Salvo (Ch), cambia dunque lo scopo. In questo modo il progetto iniziale è stato diviso, ma autorizzazioni, analisi e studi restano quelli di un tempo.

“Realizzata la centrale sarà uno scherzo ottenere l’autorizzazione per il metanodotto” fanno sapere i comitati per l’ambiente della valle Peligna, area a massimo rischio sismico e a vocazione agricola. La centrale avrebbe un impatto ambientale devastante, lo confermano in una relazione oltre 200 medici e operatori sanitari. “Sulla valle Peligna è in corso uno studio della qualità dell’aria ad opera della multinazionale e con un’unica centralina che dovrebbe monitorare un’intera valle _ fanno sapere dai comitati ambiente e sembra che nessuna attrezzatura di supporto sia stata messa a disposizione dalla Regione Abruzzo per evitare che l’analisi sia a senso unico. Il monitoraggio è necessario per capire, in quel territorio, i moti delle correnti sulle emissioni inquinanti della centrale che sorgerà in un’area soggetta al fenomeno dell’inversione termica, ribadiscono anche i medici. In breve, in valle l’aria ristagna e ci si domanda se una centralina sia sufficiente ad analizzare un territorio tanto vasto e ancora se sia giusto affidare i controlli solo alla diretta interessata!

È davvero necessario il gasdotto? L’emergenza gas non ha nulla a che vedere col trasporto. Il fabbisogno di gas in Italia è di circa 85 miliardi di mᶾ l’anno e gli impianti esistenti nella penisola hanno una capacità di 107 miliardi di mᶾ l’anno.

Nel gasdotto rete Adriatica il gas compresso sarà sparato a Nord per la vendita all’Europa eppure viene equiparato ai tubi che portano il gas nelle nostre case, cioè alle opere di urbanizzazione, almeno così dichiara Antonio Sorgi, Dirigente della Regione Abruzzo. In questo modo il progetto supera un ostacolo non da poco: la conformità urbanistica.

La procedura per l’autorizzazizone dell’opera va avanti, si affilano le armi per la Conferenza di servizi, si preparano le osservazioni al progetto che le associazioni ambientaliste sperano di poter discutere prima o almeno nel tavolo ufficiale in cui si deciderà del futuro degli Appennini e dei suoi figli.

Maria Trozzi

3 commenti

  1. Credo che nessuno consideri più la salute e il profitto che l’Italia ricava dal turismo. Varie opere deturpano il paesaggio ed ora anche in Emilia si cerca il petrolio o del metano. Certo è che il 24 luglio la Gazzetta di Reggio annunciava l’inizio degli scavi in zona Ciano d’Enza, S.Polo e Bergonzano, Quattro Castella e giorni fa un giornale parlava già dell’inizio lavori della Geotec per conto di Edison. Intervistati due agricoltori hanno mostrato ai giornalisti i buchi nei campi, vi è un comitato contrario a questi scavi che ha contattato anche Legambiente Valdenza. Queste località sono dette matildiche perchè ospitano i castelli di Matilde di Canossa, sono colline ridenti e verdi produttrici di buon grano e formaggio Parmigiano-Reggiano, vino e prelibatezze emiliane. Questo patrimonio dell’umanità non deve essere distrutto. Si danneggia l’attività turistica degli abitanti della valle e gli agricoltori.

  2. …per non parlare dei possibili incidenti. Ricordiamo quello del 18 gennaio al gasdotto della Snam che parte dalla Spezia. La rottura di un tubo durante operazioni di manutenzione, a Barbarasco, vicino Aulla, ha provocato fiamme alte 200 metri ed un cratere largo 20 metri e profondo 7. L’incendio si è propagato sino alla vicina autostrada Spezia-Parma. I feriti sono stati dieci, uno di loro è deceduto dopo un mese di agonia. Sono state distrutte tre case e auto. Ne vale la pena? Tutto questo per diventare hub del gas?

  3. Penso al metanodotto costruito sull’Appennino Tosco-emiliano, che collega le province di Parma, Massa e La Spezia. Sono passati molti anni dalla realizzazione e nonostante le opere di recupero ambientale, del tutto inadeguate, rimane ancora evidentissimo il danno creato dagli scavi, che hanno stravolto l’ambiente originario e hanno inoltre favorito l’accesso ai tratti di crinale di mezzi fuoristrada che aggiungono danno a danno. Una sciagura !

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