Il paesaggio preso a schiaffi

Un’importante firma del giornalismo italiano, Ernesto Galli della Loggia, descrive lo scempio delle nostre coste e lancia l’allarme: per salvare il prezioso patrimonio italiano è necessaria una drastica “inversione di tendenza” che non può avvenire senza la mobilitazione dell’opinione pubblica.

Finalmente anche i grandi giornali paiono accorgersi (era ora!) della tragedia che si consuma da decenni in Italia: centinaia di chilometri di costa danneggiati irrimediabilmente da ogni genere di abusivismo, centri storici stravolti da una crescita urbana cancerosa, luoghi bellissimi rovinati per sempre, che non esistono più…

Alessandro Mortarino, coordinatore nazionale del Forum “Salviamo il Paesaggio”, risponde così a Galli della Loggia.

Gentile Ernesto Galli della Loggia,

condividiamo appieno le sue considerazioni, e concordiamo sulla necessità che la cittadinanza italiana si erga a difensore concreto dei nostri territori e paesaggi.

Ma, per quanto riguarda il suo sollecito ad una “grande alleanza” di tutti i soggetti della Società Civile, vogliamo ricordarle che questa aggregazione già esiste, dalla fine dell’ottobre dello scorso anno: il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio, 783 organizzazioni aderenti (tra cui 80 associazioni nazionali molto trasversali e rappresentative dell’ambientalismo, dell’altra economia, delle aggregazioni tra Enti Locali, del mondo agricolo, dell’associazionismo turistico e ricreativo, dei professionisti del settore e a cui si aggiungono 703 tra associazioni e comitati territoriali), organizzato attraverso 131 Comitati Salviamo il Paesaggio locali.

Dal 27 di febbraio il Forum nazionale ha messo in atto un’iniziativa singolare nel nostro Paese: la campagna nazionale “Censimento del cemento”, attraverso la quale è stata inviata una richiesta a tutti gli 8.101 Comuni italiani per sollecitare, entro sei mesi, la compilazione e restituzione di una particolare scheda di censimento.

Molte informazioni le potrà ricavare dal nostro sito, ma resto a completa disposizione per ogni ulteriore necessità.

Alessandro Mortarino
Coordinatore nazionale del Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio

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Il paesaggio preso a schiaffi

di Ernesto Galli della Loggia (Il Corriere della Sera, 27/08/2012)
Trascorrere qualche giorno in Calabria – dico la Calabria solo come un caso esemplare (e pur sapendo di dispiacere agli amici che vi conto), dal momento che quanto è successo lì è più o meno successo in mille altre contrade della Penisola – significa essere posti di fronte ad uno spettacolo a suo modo apocalittico. Ed essere costretti ad interrogarsi su tutta la recente storia del Paese.

Lo spettacolo apocalittico è quello della condizione dei luoghi. Sono cose note ma non bisogna stancarsi di ripeterle. Centinaia di chilometri di costa calabrese appaiono distrutti da ogni genere di abusivismo: visione di una bruttezza assoluta quanto è assoluto il contrasto con l’originaria amenità del paesaggio. Dal canto loro i centri urbani, di un’essenzialità scabra in mirabile consonanza con l’ambiente, sebbene qua e là impreziositi da autentici gioielli storico-artistici, sono oggi stravolti da una crescita cancerosa: chiusi entro mura di lamiere d’auto, per metà non finiti, luridi di polvere, di rifiuti abbandonati, di un arredo urbano in disfacimento. L’inaccessibile (per fortuna!) Aspromonte incombente sulle marine figura quasi come il simbolo di una natura ormai sul punto di sparire; mentre le serre silane sono già in buona parte solo un ricordo di ciò che furono. Luoghi bellissimi sono rovinati per sempre. Non esistono più. Ma nel resto d’Italia non è troppo diverso: dalla Valle d’Aosta, alle riviere liguri, a quelle abruzzesi-molisane, al golfo di Cagliari, ai tanti centri medi e piccoli dell’Italia peninsulare interna (delle città è inutile dire), raramente riusciti a scampare a una modernizzazione devastatrice. Paradossalmente proprio la Repubblica, nella sua Costituzione proclamatasi tutrice del paesaggio, ha assistito al suo massimo strazio.

Ma oggi forse noi italiani cominciamo finalmente a renderci conto che distruggendo il nostro Paese tra gli anni 60 e 80 abbiamo perduto anche una gigantesca occasione economica. L’occasione di utilizzare il patrimonio artistico-culturale da un lato e il paesaggio dall’altro – questi due caratteri unici e universalmente ammirati dell’identità italiana – per cercare di costruire un modello di sviluppo, se non potenzialmente alternativo a quello industrialista adottato, almeno fortemente complementare. Un modello di sviluppo che avrebbe potuto essere fondato sul turismo, sulla vacanza di massa e insieme sull’intrattenimento di qualità, sulla fruizione del passato storico-artistico (siti archeologici, musei, centri storici), arricchita da una serie di manifestazioni dal vasto richiamo (mostre, festival, itinerari tematici, ecc.); un modello capace altresì di mettere a frutto una varietà di scenari senza confronti, un clima propizio e – perché no? – una tradizione gastronomica strepitosa. È davvero assurdo immaginare che avrebbe potuto essere un modello di successo, geograficamente diffuso, con un alto impiego di lavoro ma investimenti non eccessivi, e probabilmente in grado di reggere assai meglio di quello industrialista all’irrompere della globalizzazione, dal momento che nessuna Cina avrebbe mai potuto inventare un prodotto analogo a un prezzo minore?

Capire perché tutto ciò non è accaduto significa anche capire perché ancora oggi, da noi, ogni discorso sull’importanza della cultura, sulla necessità di custodire il passato e i suoi beni, di salvare ciò che rimane del paesaggio, rischia di essere fin dall’inizio perdente.

Il punto chiave è stato ed è l’indebolimento del potere centrale: del governo nazionale con i suoi strumenti d’intervento e di controllo. In realtà, infatti, in quasi tutti gli ambiti sopra evocati è perlopiù decisiva la competenza degli enti locali (Comune, Provincia, Regione), tanto più dopo l’infausta modifica «federalista» del titolo V della Costituzione. Lo scempio del paesaggio italiano e di tanti centri urbani, l’abbandono in cui versano numerose istituzioni culturali, l’impossibilità di un ampio e coordinato sviluppo turistico di pregio e di alti numeri, sono il frutto innanzi tutto della pessima qualità delle classi politiche locali, della loro crescente disponibilità a pure logiche di consenso elettorale (non per nulla in tutta questa rovina il primato è del Mezzogiorno). Questa è la verità: negli anni della Repubblica il territorio del Paese è sempre di più divenuto merce di scambio con cui sindaci, presidenti di Regione e assessori d’ogni colore si sono assicurati la propria carriera politica (per ottenere non solo voti, ma anche soldi: vedi il permesso alle società elettriche d’installare pale eoliche dovunque).

D’altra parte, si sa, sono molte le cose più popolari della cultura: elargire denari a pioggia a bocciofile, circoli sportivi, corali, sagre, feste patronali e compagnia bella, rende in termini di consenso assai più che il restauro di una chiesa. I politici calabresi sanno benissimo che la condizione in cui si trovano i Bronzi di Riace – fino ad oggi nascosti da qualche parte a Reggio, in attesa da anni di un museo che li ospiti – se è un vero e proprio scandalo nazionale, tuttavia non diminuisce di un briciolo la loro popolarità a Crotone o a Vibo Valentia.

Solo un intervento risoluto del governo centrale e dello Stato nazionale può a questo punto avviare, se è ancora possibile, un’inversione di tendenza; che però deve essere necessariamente anche di tipo legislativo. Ma per superare i formidabili ostacoli che un’iniziativa siffatta si troverebbe di sicuro davanti, deve farsi sentire alta e forte la voce dell’opinione pubblica, per l’appunto nazionale, se ancora n’esiste una. Non è ammissibile continuare ad assistere alla rovina definitiva dell’Italia, al fallimento di un suo possibile sviluppo diverso, per paura di disturbare il sottogoverno del «federalismo» nostrano all’opera dovunque.

Ernesto Galli della Loggia

 

 

4 commenti

  1. Penso che si scriva di ciò che accade in calabria perchè…è più facile che non scrivere della distruzione di firenze è’ della sua piana..della distruzione delle coste toscane dello scempio scellerato costa pisana e delle colline fiorentine in cui la corruzione dei tempi ha la sua massima arroganza.
    Possibile che nessuno osi parlare del paesaggio fiorentino???nessuno..omertà totale.

  2. Ho letto anch’io con sollievo dell’iniziativa legislativa del Ministro Catania: voglio sperare che almeno questa volta la legge non si impantani nella palude dei veti incrociati (le lobbies del cemento sono sempre molto agguerrite) e sia varata al più presto. Altrimenti, come al solito, la stalla verrà chiusa quando tutti i buoi saranno scappati.

  3. Girando per altri paesi europei e non ci si accorge sempre di più di come questo nostro bellissimo territorio sia di giorno in giorno violentato dall’incuria e dal menefreghismo! Credo che l’unica soluzione possibile per spezzare questa nefandezza sia la mobilitazione della società civile; tutti noi dobbiamo denunciare chi
    rovina, sporca, imbratta, violenta questo nostro bel territorio: mobilitiamoci, siamo ancora in tempo!

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