Ecomusei: un’importante forma di tutela del paesaggio

Immaginate di trovarvi in un piccolo borgo contadino, dove il tempo e lo spazio sembrano avere trovato una pausa e una dimensione a misura d’uomo.  Trovarvi in un luogo dove il paesaggio e  la cultura materiale con  gli oggetti di uso comune raccontano di tradizioni da tutelare per conservare le proprie radici e stabilire un’identità: potreste trovarvi in un Ecomuseo.

Wikipedia, definisce un Ecomuseo come “un territorio caratterizzato da ambienti di vita tradizionali, patrimonio naturalistico e storico-artistico particolarmente rilevanti e degni di tutela, restauro e valorizzazione”.

O ancora, “un patto con il quale la comunità si prende cura di un territorio“. E’ infatti attraverso la tutela del territorio da parte delle singole comunità e nella valorizzazione delle proprie diversità che queste si rafforzano e trovano un coagulante nella coscienza nazionale.

I concetti di territorio, ambiente e paesaggio sono stati oggetto in questi anni di un intensa attività di riflessione: dato per assodato che “il territorio storico può essere recuperato solo se torna ad essere il territorio da abitare” (A. Magnaghi, 1990), si rende necessario uno strumento di valorizzazione che sia anche un progetto di sviluppo futuro. Ecco che gli Ecomusei si inquadrano in un progetto capace di mettere in moto una relazione attiva e produttiva tra fattori sociali, ecologici e biologici legata ad un progetto di vita e non di semplice sfruttamento turistico. Rinnovando pratiche di vita e di lavoro, rivitalizzando saperi tradizionali, coinvolgendo le comunità e la scuola in un percorso partecipativo. I tratti distintivi dell’ecomuseo incorporano infatti elementi geografici, paesaggistici e ambientali assieme ad elementi patrimoniali, materiali e immateriali, come architettura, pratiche di lavoro, produzioni locali, lingua , tradizioni enologiche e gastronomiche. L’ecomuseo diventa una chiave di lettura del territorio e quindi anche uno strumento di qualificazione degli elementi che concorrono alla definizione identitaria di un luogo. La ricerca dell’identità dei luoghi, in questo modo, va oltre la semplice didattica accademica e diventa ricerca e sviluppo sui possibili futuri insediamenti umani.

 

Castello di Acaya, sito nell’Ecomuseo ” Paesaggi di Pietra” Acquarica (Lecce)

CENNI STORICI SUGLI ECOMUSEI

L’idea di Ecomuseo nasce nel secondo dopoguerra per valorizzare l’ordinario e la vita quotidiana della cultura popolare sia nelle forme urbane sia in quelle industriali, superando il limite della rappresentazione idilliaca del mondo rurale, sperimentando forme di coinvolgimento democratico diretto della comunità.

Il termine “Ecomuseo” venne introdotto in Francia su suggerimento dell’archeologo e storico francese Hughes de Varine nel 1971 e realizzato per la prima volta con questa definizione a Le Creusot nel 1974 e nella Grande Lande nel 1975 (dove però esisteva già da qualche anno). Comunque realizzazioni simili si erano già viste anche negli Stati Uniti (Anacostia, Washington 1967) e in Messico. La storia dello sviluppo degli ecomusei ha visto varie fasi di passaggio e oggi, nell’era della globalizzazione, assurgono al ruolo di protagonisti nella ricerca di una lotta contro l’appiattimento del paesaggio e nella tutela delle identità locali.

 

Le Rocche di Pocapaglia (Cuneo), presso l’Ecomuseo Rocche del Roero

IDEE PER LO SVILUPPO DEGLI ECOMUSEI

Ed è qui che entra in gioco il ruolo fondamentale degli Enti di governo locale che possono soppiantare i gruppi culturali privati. Fra gli obiettivi, oltre alla valorizzazione dell’identità e del senso di appartenenza locale, la possibilità di un nuovo sviluppo economico, attraverso l’attrattiva  turistica che gli ecomusei possono costituire. Naturalmente non si tratta del turismo di massa a cui siamo abituati, invasivo e poco rispettoso del territorio con le sue strutture devastanti per la tutela del paesaggio; parliamo di un turismo sostenibile, che restituisce una visione autentica del territorio mediante esperienze di immersione nel paesaggio e nelle comunità che lo abitano: dalle visite alle botteghe artigiane ai laboratori presso produttori eno-gastronomici, dalla ricettività in architetture rurali alle feste del calendario tradizionale. Il tutto nell’ottica di trasformare il concetto turistico da fenomeno subìto ad attività gestita dalla popolazione locale.

Di notevole importanza per gli ecomusei sarebbe la creazione di leggi regionali (ove non già esistenti) dirette a favorire la valorizzazione del patrimonio territoriale e delle comunità locali anche attraverso fondi economici. Naturalmente opportuno sarebbe la formazione di apposite commissioni con una forte conoscenza del territorio, volte a giudicare in base a dei parametri stabiliti in precedenza, la bontà dei fondi elargiti ed eventualmente la loro integrazione, con frequenti visite in loco, costituendo anche un valido canale di comunicazione fra la realtà locale e l’ente governativo. Oltre ai finanziamenti dovranno accompagnarsi anche il costituirsi di normative, linee guida procedurali in assistenza agli utilizzatori locali. Altre misure di aiuto potrebbero essere l’organizzazione di incontri periodici di dibattito e illustrazione di casi, l’offerta di strumenti di confronto e informazione permanente come un periodico nazionale di riferimento, il finanziamento di stage in ecomuseo di altre regioni italiane ed europee.

 

Insediamento rurale-Ecomuseo del Vanoi (Trentino)

 LA SITUAZIONE IN ALCUNE REGIONI ITALIANE

La situazione delle Regioni Italiane presenta differenti sviluppi e sorgere di nuove problematiche.

La Regione Piemonte, per esempio, è stata la prima sull’esempio del modello francese a dotarsi di Ecomusei, contribuendo allo scambio e alle consulenze all’estero a scopo promozionale. Oggi il Piemonte, conta 25 Ecomusei istituiti e riconosciuti dalla Regione, con riferimento l’Assessorato alla Cultura. La nascita della “Rete degli Ecomusei del Piemonte”, associazione a supporto della attività di cooperazione tra ecomusei, ha anche favorito la collaborazione e il confronto con gli enti locali, partecipando a tavoli di lavoro e di valutazione, per la definizione di politiche e delle programmazione di settore. Purtroppo l’attuale giunta Regionale ha sensibilmente ridotto i fondi destinati a questi progetti con il conseguente rischio di perdere tanta professionalità specializzata. L’Associazione “Rete degli Ecomusei del Piemonte” bene illustra il pericolo che la mancanza di fondi, (che per il 2012 non sono stati stanziati), potrebbe rappresentare per gli Ecomusei: “il taglio dei fondi significa la cessazione di attività culturali e turistiche, la più parte in aree marginali di montagna e di collina, che apportano valori sociali ed economici significativi per questi territori; per non parlare dell’abbandono del patrimonio culturale e ambientale costituito e curato dagli Ecomusei in quasi 20 anni di attività, con la perdita di una riconosciuta eccellenza a livello nazionale e internazionale”.

Viceversa, buone notizie ci arrivano dalla Regione Puglia: la formula ecomuseale avviata nel Salento intende concorrere, all’interno del processo costitutivo del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), all’affermazione di nuovi valori e significati del paesaggio, contribuendo alla diffusione del radicamento delle popolazioni nel proprio territorio e comunicando il sistema di informazioni naturali e culturali in esso contenute. Il progetto è volto a creare una rete locale di esperienze di cittadinanza attiva per sensibilizzare alla lettura del valore del paesaggio pugliese le popolazioni che vi abitano e per innescare cooperazioni e scambio anche all’interno delle stesse comunità.

Anche la Regione Trentino ha realizzato un progetto di ecomusei denominato “Mondi Locali del Trentino” che vuole essere uno strumento di dialogo e di reciproco supporto per gli Ecomusei del Trentino nel loro cammino di lavoro e crescita. Questa rete di Ecomusei è stata creata con la consapevolezza che iniziative come questa, molto innovative e con un repertorio di pratiche passate da cui imparare relativamente ridotto, hanno bisogno di un’autoformazione che solo il reciproco aiuto e un intenso scambio fra simili può garantire.

 

Manifestazione in un Ecomuseo Piemontese

Il progetto degli ecomusei sembra davvero poter rappresentare una svolta nella consuetudinaria rappresentazione quotidiana del paesaggio e delle realtà locali, e meritevole perciò di un approfondimento progettuale. Iniziative volte a sviluppare il modello evolutivo di ecomuseo, incentivi a forme di cooperazione fra diversi ecomusei, scambi di esperienze e circolazione di personale, sono tutti elementi che possono concorrere ad aumentare la capacità di dialogo con culture diverse.

Link per approfondimenti:

www.ecomusei.net

www.ecomuseipiemonte.wordpress.com

www.ecomuseipuglia.net

www.ecomusei.trentino.it

 

2 commenti

  1. Ricordo che a Verona esiste un’Associazione (Associazione Amici Ecomuseo Preafita) che da anni cerca di far istituire un Ecomuseo sulla dorsale del Castello di Montorio che abbracci la Valpantena e la Valsquaranto. Il progetto e’ stato presentato per ben 4 volte nelle varie Amministrazioni susseguitesi sia di destra che di sinistra, rimasto nel limbo perche’ in citta’ ci sono cose più importanti…..attualmente stiamo tenendo vivo il progetto con iniziative cultural popolari, come la ” Magnalonga ” e la ” festa medioevale” per ricordare e ricordarsi che si può far cultura anche alla portata di chi non vuol sentirne parlare. Stiamo facendo uno sforzo enorme per continuare, pero’ nello stesso tempo siamo molto orgogliosi perche’ la nostra associazione e realmente libera da ogni compromesso visto che ci finanziamo solo ed esclusivamente con le nostre attivita’ , l’ unico aiuto che abbiamo e’ il Patrocinio Gratuito del Comume di Verona.

  2. Ad Aquara(SA) si tagliano olivi secolari per costruire un campo di calcio.A Calvello(PZ)si sventrano antiche faggete ed intere vallate per la costruzione, in una zona sismica, dell’oleodotto dell’ENI “Viggiano -Taranto” e tutto cio’senza alcuna possibilità di dialogo con le Istituzioni per evitare o almeno attenuare i possibili disastri ambientali.Di questo passo non rimarrà molta “materia prima” per il futuro degli ecomusei e del nostro paesaggio!

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