Stabiliamo per legge di ridurre il consumo di territorio


Pubblichiamo un riassunto del recente intervento di Salvatore Settis all’incontro svoltosi a Firenze il 19 novembre 2012, dal titolo “Uso vs. consumo del territorio rurale”.

All’incontro erano presenti tra gli altri: il Ministro delle politiche agricole Catania, il governatore della regione Toscana Rossi, l’assessore al Governo del territorio della regione Anna Marson e il presidente di Slow Food internazionale Carlo Petrini.

Intervento di Salvatore Settis

Ho criticato il disegno di Legge presentato dal Ministro Catania, ma solo al fine di di aiutare a migliorarlo. In verità alcuni cambiamenti ci sono stati e al Ministro va riconosciuto il grande merito di avere rotto il silenzio dei governi e aver portato all’attenzione pubblica questo tema importante.

Abbiamo la fortuna di aver qui un ministro che sente molto il problema, abbiamo la possibilità di svolgere davanti a lui dei ragionamenti.

La difesa dei suoli è straordinariamente importante; voglio però ribadire che nulla al momento può tutelare un paesaggio meglio di quanto possa fare l’agricoltura.

Il ruolo dell’agricoltura, degli agricoltori, è centrale e fondamentale. Ma le leggi che intervengono su questi temi possono avere risultati solo se “fanno sistema” con scelte politiche di fondo: recuperiamo terreni agricoli abbandonati, consumiamo meno suolo, tuteliamo il paesaggio.

Porterei ad esempio quanto mi dicono stia facendo il governo Lula: con una legge si è stabilito che per alimentare le mense pubbliche almeno il 30 % dei prodotti deve venire dalle produzioni locali. Un modo serio, dunque, per sostenere il “ chilometro zero” e di tutelare il lavoro delle comunità, e dunque agricoltura e il paesaggio.

Il numero degli appartamenti negli ultimi 10 anni, nel nostro Paese, è cresciuto di 38,7 volte quello dei nuovi italiani. Sono numeri impressionanti, qualche cosa bisogna fare.

Questo disegno di legge, pur migliorato rispetto alle sue prime versioni, presenta ancora alcuni punti di debolezza. Il punto essenziale è che tutte le norme devono fare sistema con le altre: una legge sulla scuola che non tiene conto dell’Università, o viceversa, non serve o è dannosa. In questo Paese c’è una sorta di accanimento terapeutico: ci sono le norme sul paesaggio, sul territorio, sull’ambiente, sull’ agricoltura: quattro ambiti a cui corrispondono altrettante concezioni giuridiche diverse, diversi soggetti titolari di competenze e poteri, spesso senza un reale coordinamento.

Il paesaggio venne tutelato nel 22 con una legge, la legge n.778 del 1922: “per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”, molto ben fatta, ma con una accezione di paesaggio che si ferma dove comincia la città. L’autorità competente viene individuata nel Ministero della Pubblica Istruzione. La legge urbanistica del 42 regolava le città, ma finiva la sua materia dove cominciava la campagna, dando le competenze al Ministero dei lavori pubblici.

Queste normative sono state assunte dalla Costituzione, che con l’art. 9 è la prima Costituzione che introduce il concetto di “Tutela del Paesaggio”. Il paesaggio dunque tutelato dallo Stato. Mentre con l’art. 117 la competenza per il territorio viene assegnata alla Regione ed agli enti da essa delegati.

Così abbiamo una Italia del Paesaggio, una Italia dell’Ambiente, una del Territorio, una Italia dell’Agricoltura. Quattro diverse italie, governate da quattro diverse autorità. Sono stati fatti tentativi, come la legge Sullo, che purtroppo fallì nessuno mai ha raggiunto il risultato di affermare che l’Italia è una.

A ricordarcelo c’ è il rischio idrogeologico: quando c’è un terremoto sono colpiti insieme agricoltura paesaggio ambiente e territorio. Capita così che ogni anno, normalmente a novembre, ci viene ricordato che il Paese è uno, ma poi lo dimentichiamo per tutto l’anno.

Ecco allora la necessità di avere un approccio di sistema. Bisogna incidere non solo con le regole ma con provvedimenti di sistema che operino di concerto tra di loro, mettendo in rapporto il paesaggio con ambiente territorio e agricoltura. Utilizzando il vincolo e il piano, due criteri che sembrano essere in contrasto tra loro : il vincolo ritaglia porzioni di paesaggio da salvaguardare, è la logica della legge del 22. Con la legge Bottai al vincolo si affianca la pianificazione degli interventi.

Quando arrivarono le autonomie regionali, con i decreti delegati si affidarono alle regioni i piani territoriali paesistici, i piani di coordinamento in materia urbanistica. Le Regioni hanno avuto dal Paese l’opportunità di raccordare tutte le materie; ci hanno forse provato, ma non lo hanno fatto o lo hanno fatto male.

Con la legge ponte in materia urbanistica le cose son peggiorate: si è fatta una cosa tipica italiana, stabilendo che sarebbe entrata in vigore dopo due anni: come se per due anni si fosse invitato a distruggere, invito raccolto.

La mappa finale di questa storia che ho visto da vicino perché ho lavorato per tre governi di diversa colorazione è in sintesi questa: lo Stato si attacca al vincolo; gli strumenti di pianificazione sono in mano alle regioni che spesso delegano ai comuni. Tutela del paesaggio e governo del territorio diventano due approcci alternativi, che non si coordinano.

Il codice dei beni culturali contiene norme importantissime per il superamento di questa situazione. Il “Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali.Questa definizione include il paesaggio agrario, anzi è forse uno dei primi oggetti. Per l’art. 131 “La valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. A tale fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio

E ancora “Le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: «piani paesaggistici. (…) In riferimento a ciascun ambito, i piani predispongono specifiche normative d’uso, per le finalità indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati obiettivi di qualità alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio.

Secondo me è da queste norme che si deve partire, e sono questi i riferimenti normativi che vanno inseriti in un sistema. Recuperando il richiamo all’art. 9 della Costituzione, ingiustificatamente omesso nella parte iniziale del Disegno di Legge del Ministro Catania.

Qualche preoccupazione suscita l’attuale stesura dell’art. 3 della proposta, nel determinare la superficie agricola massima consumabile. Sarebbe forse l’ora di smettere di stabilire dei tetti. In altri campi siamo molto bravi a stabilire tagli lineari, magari li chiamiamo spending review ma sono tagli lineari. Facciamo allora un taglio lineare al consumo di suolo. Stabiliamo che tagliamo del 2,3% il consumo di suolo: sarebbe un atto simbolico che avrebbe un significato enorme.

Un’altra perplessità riguarda il meccanismo a cascata: si fissa a livello nazionale una certa quantità di terreno agricolo consumabile, che poi viene ripartita tra le regioni e poi sui comuni. Questo meccanismo porta a incrementare il consumo del territorio.

Così come non può trovarci concordi il dispositivo dell’art.8 , che stabilisce in “non oltre tre anni” dalla pubblicazione la data di entrata in vigore delle norme. Differire di tre anni è in invito a consumare il territorio.

Facciamo un tentativo simbolico di ridurre il consumo di territorio, e cerchiamo di farlo da subito.


(sintesi dell’intervento di Salvatore Settis pronunciato a Firenze il 20.11.2012 al convegno “Territorio Rurale: Consumo vs uso”; non rivista dall’autore. A cura di Fabiano Corsini)

Leggi il report del convegno su gonews.it  >

6 commenti

  1. OCCORRE DARE SUBITO UN SEGNALE IMPORTANTE IN DIREZIONE DI UNA DIVERSA SCALA DI VALORI CHE PONGA L’AGRICOLTURA , QUELLA RISPETTOSA DELL’AMBIENTE,COME ASSE FONDAMENTALE,INSIEME ALLA CULTURA,DEL SISTEMA PRODUTTIVO ITALIANO.E,POICHE’NON C’E’TUTELA DEL PAESAGGIO SENZA AGRICOLTURA, DIAMO UN SEGNALE CORALE DAL BASSO DI QUESTA INVERSIONE DI TENDENZA RECUPERANDO TUTTI I NOSTRI TERRENI ABBANDONATI E RESTAURANDO LE NOSTRE PICCOLE PORZIONI DI PAESAGGIO! NON E’POI COSI’DIFFICILE E COSTOSO!E POI LA NATURA SAPRA’RIPAGARCI CON LA SUA BELLEZZA E LA BONTA’ DEI SUOI FRUTTI!

  2. Che il ddl Catania abbia portato nuovamente nel panorama odierno una tematica ad oggi fondamentale per lo sviluppo dei nostri territori è un dato di fatto.
    Concordo riguardo le considerazioni relative alla necessaria presenza di strumenti urbanistici, vedi i piani regolatori, idonei e pensati proprio per affrontare problemi come quello del consumo di suolo, ma non si deve associare la sola presenza di particolari norme negli strumenti urbanistici, o in leggi e regolamenti di enti sovraordinati, alla risposta al problema.
    Proprio per questo diverse realtà locali, di dimensioni contenute, hanno voluto prendere una grande e forte scelta riguardo il proprio territorio, vedi Cassinetta di Lugagnano (MI),
    http://www.comune.cassinettadilugagnano.mi.it/comune/comune_action.php?ACTION=cms&cod_contenuto=86&cod_dipartimento=102&cod_ufficio=158
    primo comune a dotarsi di una Piano urbanistico “sostenibile”, e non solo nel settore ambientale, ma nell’accezione più profonda dell’essere sostenibile (Sociale-Economica-Ambientale).
    Certo è un piccolissimo tassello rispetto all’intero territorio nazionale, ma loro ci hanno provato e non si può dire che non ci siano riusciti, anche se nel loro piccolo.
    Questo deve darci speranza, ma non solo ai pochi che si interessano direttamente e ne parlano perché sensibili all’argomento in questione. Dovrebbe essere una delle conoscenze che tutti dovrebbero avere, a quel punto non sarebbe necessario neanche prevedere delle disposizioni di legge, perché si darebbe risposta ad un problema che non esiste.
    Fin quando si rimarrà ancorati alla rincorsa della crescita e non a quella dello sviluppo, non si potrà scoprire di nuovo il sano del nostro passato, parlare di chilometro zero senza la chiara consapevolezza che è necessario che qualcuno coltivi i “prodotti zero” è l’esempio che la società, o almeno la maggior parte di essa, ancora non è pronta ad aprire del tutto gli occhi. Ma non per questo non si deve cercare, giorno dopo giorno, di cambiare le cose, un pezzo alla volta, proprio come è successo a Cassinetta.

  3. Se non si tagliano le gambe alla speculazione sarà ben difficile arrivarne a capo. Il consumo indiscriminato di suolo è una follia e non solo per l’aspetto paesaggistico ma è e sarà estremamente importante per l’alimentazione umana ed animale, con tali presupposti i terreni son proprietà di tutti. Occorre e non e più differibile bisogna pensare a modi di sviluppo diversi sino ad ora perseguiti con l’istituzione di leggi che non permettano ai proprietari terrieri di speculare, infatti ogni proprietario ha il sogno nel cassetto : che i suoi terreni siano resi edificabili immettendoli nei PGT, Un terreno agricolo costa 3000 4000 euro la pertica pavese, una volta resi resi edificabili vengono a costare 30 40 volte il valore originario. Con una legge che permetta ai Comuni di espropriare i terreni sui quali avverrà lo sviluppo, in base alle richieste dei cittadini che desiderano costruire una nuova abitazione facendo loro firmare un impegno dietro giusta caparra, il Comune espropriera’ i terreni necessuari pagando i proprietari anche 5 volte il valore iniziale e a speculare sarà la comunità che ne trarrà enorme giovamento con una speculazione moderata anche i prezzi delle case risulteranno calmierati. Con PGT di oggi che prevedono sviluppi demografici degni del Bangladesh le città si allargano sempre più e la comunità paga le strade,le fognature e l’illuminazione, non pagate solo dai detentori delle licenze ma da tutti. Questo modus operandi può essere soluzione a diversi problemi e chi guadagnerà saranno i Comuni che avranno casse piene.

  4. Leggo e imparo sempre molto dagli articoli di Settis, ma non concordo con la parte finale del suo intervento nella quale critica alcuni punti del DDL Catania. 1) il tetto al consumo sarà stabilito in diminuendo da Stato e Regioni in rapporto agli attuali tassi di consumo. Anche la legge tedesca stabilisce un tetto di consumo al 2020 di 30ha/giorno che equivale a una riduzione di 3/4 dei tassi di consumo al momento in cui fu emanata (120 ha, oggi sono a 85-90). Quindi mettere un tetto non significa aumentare o promuovere il consumo di suolo, ma il contrario, nel momento in cui si fissano valori inferiori agli attuali e progressivamente declinanti. Quello che manca è l’esplicitazione di un obiettivo tendenziale di consumo netto di suolo zero, come già espresso nella comunicazione della CE sull’uso efficiente delle risorse. E un comma che renda chiaro che il consumo di suolo delle opere infrastrutturali entra nel conteggio complessivo e non sta invece fuori come parrebbe adesso; b) è vero che sono previsti 3 anni prima che la legge diventi efficace, ma è anche vero che le Regioni hanno inserito un emendamento, poi approvato dal governo, che prevede una moratoria del consumo di suolo (i.e.: nuove previsioni urbanistiche) di uguale durata, proprio per evitare quella corsa al consumo/cementificazione ricordata da Settis per la legge ponte. Un commento finale: leggi, vincoli, e piani sono senz’altro necessari, ma se non si interviene anche sui meccanismi di mercato, rendendo più conveniente recuperare l’esistente che costruire sul nuovo si rischia di andare poco lontano. La compensazione preventiva, di cui nel DDL non c’è accenno, è uno di questi strumenti. Così come un forte prelievo fiscale sulle plusvalenze dei cambi di destinazione d’uso (la legge Sullo prevedeva l’esproprio del pubblico, e fu per questo affossata).

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