Dov’è finita la riforma urbanistica italiana? 50 anni di tentativi andati a vuoto…

La “Riforma urbanistica”: nel nostro paese non c’è concetto più controverso. Queste due parole nei decenni passati hanno occupato per molto tempo i “pensieri” della nostra politica, creando alcune vittorie e molte sconfitte. In Italia d’altro canto, non si può parlare di “Riforma urbanistica” senza fare il nome di Fiorentino Sullo, uomo democratico di pensieri democratici.

“Se è giusto che le Regioni abbiano il compito di definire la politica urbanistica, non si può consentire che tale compito possa snaturarsi con lo stabilire un sistema di espropriazioni e di vincoli terrieri diverso dalla Sicilia alla Toscana e alla Lombardia. Il costituente, decentrando l’urbanistica, non ha inteso attribuire poteri che riguardano diritti costituzionali che non possono che essere uguali per tutti i cittadini italiani.”
(Fiorentino Sullo, Edilizia Popolare, maggio-giugno 1962)

Vezio de Lucia, nel 2007 su Eddyburg, scriveva questo piccolo saggio in merito:

Fiorentino Sullo è una figura tragica ed emblematica della vicenda urbanistica italiana che ha determinato anche la sua biografia personale e politica. Nato a Paternopoli (Avellino) il 29 marzo 1921 è morto a Salerno il 3 luglio del 2000. Laureato in giurisprudenza e in lettere. Deputato per 41 anni, dalla I alla XI legislatura. È stato il più giovane deputato all’Assemblea costituente. Uno dei capi storici della Democrazia cristiana, fondatore della corrente di Base. Più volte sottosegretario, ministro dei Trasporti nel governo Tambroni del 1960, si dimise quando quel governo ottenne la fiducia con i voti determinanti del Movimento sociale italiano.

Il suo nome resta però legato alla proposta di riforma urbanistica, basata sull’esproprio preventivo delle aree fabbricabili, presentata quando era ministro dei Lavori pubblici nel quarto governo Fanfani (1962-1963) e nel successivo governo Leone (1963). Sconfessato dal suo partito, fu ancora ministro per la Pubblica istruzione (1968-1969), per la Ricerca scientifica (1972) e per l’Attuazione delle regioni (1972-1973), ma lentamente e progressivamente emarginato dalla vita politica che abbandonò definitivamente nel 1987.

La proposta di riforma urbanistica che porta il nome di Fiorentino Sullo e la cronaca della sua clamorosa bocciatura sono illustrate nei documenti che seguono. Qui interessa soprattutto mettere in luce la “lunga durata” della sua dannazione.

Ancora oggi non mancano politici e amministratori che di fronte a scelte urbanistiche coraggiose si tirano indietro sostenendo che non intendono fare la fine del ministro Sullo. Tant’è che penso di poter motivatamente sostenere che nel 1963 fu compromessa per sempre la possibilità di dotare il nostro paese di una legislazione moderna in materia di urbanistica.

La prima inquietante dimostrazione della forza di chi si opponeva alla riforma fu il tentato colpo di stato da parte di esponenti delle forze armate nell’estate del 1964 al tempo della formazione del secondo governo Moro (1964-1966). Nel dicembre dell’anno prima, nelle dichiarazioni programmatiche alla Camera del dicembre 1963, in occasione del primo governo Moro (1963-1964), lo statista dedicò molto spazio alla nuova legislazione sui suoli, che riprendeva in larga misura le linee della proposta Sullo. Moro dichiarò infatti, tra l’altro, che tra gli obiettivi da perseguire era compresa: l’avocazione alla collettività nella misura massima possibile delle plusvalenze comunque determinatesi e la creazione di un meccanismo che eviti la formazione di nuove rendite per il futuro. Il governo ritiene che la strumentazione atta al raggiungimento dei fini della politica economica e sociale che coinvolgano l’utilizzazione del territorio debba trovare il suo fondamento nel regime pubblicistico del mercato della aree fabbricabili.

Nel programma del secondo governo Moro (luglio 1964), la riforma urbanistica è invece del tutto cancellata. Che era successo?

Quarant’anni dopo, all’inizio del 2004, polemizzando con Paolo Mieli che riteneva infondata l’ipotesi del colpo di stato del luglio 1964, Eugenio Scalfari scrisse che il complotto c’era stato: “Il business italiano, già colpito dalla nazionalizzazione dell’industria elettrica, tremava al pensiero che i socialisti volessero attuare la nazionalizzazione dei suoli edificabili, che avrebbe spezzato la speculazione sulle aree ed avrebbe impresso un corso diverso allo sviluppo delle città, delle coste, insomma del Paese”. L’analisi di Scalfari non è una novità.

Nella Storia e cronaca del centro-sinistra di Giuseppe Tamburrano si legge che “la nazionalizzazione dell’industria elettrica non suscitò le ostilità degli ambienti economici che incontrò invece la riforma urbanistica”. Lo stesso Tamburrano ricorda quanto scrisse Pietro Nenni nel suo diario a proposito degli interminabili incontri con la Dc nel luglio 1964: “La bomba scoppiò quando Moro disse, col suo solito tono distaccato, che il presidente della repubblica non avrebbe mai firmato una legge la quale comportasse l’esproprio generalizzato dei suoli urbani”. Nenni intravide un “balenar di sciabole” e indusse i socialisti a ripiegare.

Un altro episodio, ancor più tragico e tenebroso, addebitabile agli oppositori della riforma furono le bombe di Milano e Roma del 12 dicembre 1969 che misero in moto la strategia della tensione. Attenti osservatori (per primo Antonio Cederna) videro in essa il tentativo di ostacolare, innanzi tutto, le ipotesi di riforma urbanistica e dell’intervento pubblico in edilizia che erano state imposte dalla possente manifestazione sindacale che si svolse in occasione dello sciopero nazionale del 19 novembre del 1969.

La nuova legge urbanistica sembrò realizzata nel 1977, per merito di un altro importante ministro riformatore, il repubblicano Pietro Bucalossi. Ma tre anni dopo, all’inizio del 1980, la prima di una serie di sentenze della Corte costituzionale obliterò non solo i contenuti innovativi della legge Bucalossi ma anche le norme che agevolavano il ricorso all’esproprio per pubblica utilità del 1971.

Comincia così, con gli anni Ottanta, la lunga stagione della controriforma urbanistica, che non finisce mai. I portatori degli interessi fondiari e speculativi hanno ormai vinto, le intimidazioni e le trame eversive non sono state inutili.

I nostri lettori sanno che nel 2005, alla fine della XIV legislatura, quella del secondo governo Berlusconi, la Camera dei deputati ha approvato (con il voto favorevole di 32 deputati del centro sinistra) il cosiddetto disegno di legge Lupi, dal nome del deputato di Forza Italia Maurizio Lupi, che intendeva sancire definitivamente la privatizzazione dell’urbanistica, rendendo addirittura obbligatoria l’intesa con la proprietà per qualsivoglia trasformazione urbanistica. Siamo esattamente agli antipodi della proposta Sullo. L’approvazione del testo Lupi da parte del Senato, che era data per scontata, fu scongiurata anche (e forse soprattutto) grazie alla mobilitazione organizzata da eddyburg.

Vezio De Lucia

A questo link, l’articolo originale di Vezio de Lucia: Fiorentino Sullo: una pagina di storia italiana.

Altri link utili:

Nella città dolente. (Vezio de Lucia)
Discorso al Senato sul bilancio dei Lavori Pubblici. (Fiorentino Sullo)
Interesse pubblico e privato nei piani regolatori. (Fiorentino Sullo)
Una Legge per le Città. (Lucio Magri)
Parabola di Sullo. (Aldo Natoli)

2 commenti

  1. Io penso che sia sintomatico che in tanti, sui mass media, invochino norme per rilanciare l’edilizia, volendo far credere che le sorti economiche del nostro Paese dipendano in gran parte da questo settore. “Mattone=investimento sicuro” è stato per tanto tempo un assioma al quale hanno aderito in tanti, qui da noi. Bel risultato, non c’è che dire, cinquant’anni dopo il lodevole intento del professor Sullo di indirizzare l’Italia verso uno sviluppo urbanistico perlomeno simile a quello di tanti altri Paesi occidentali. Mi diverto, di tanto in tanto, a fare confronti su Google Earth tra aree urbanizzate italiane e aree simili di altri Paesi – europei, nordamericani e australiani – rendendomi sempre più conto che, pregevoli eccezioni a parte, l’aspetto del nostro territorio è specchio fedele della realtà politica e amministrativa nostrana: un vero e proprio inestricabile casino.

  2. Penso che questo sia il nodo critico dei diversi pesi che rendono sempre più difficile lo sviluppo italiano. Non a caso dal dopoguerra la mafia da fondiaria legata al parassitismo agricolo, derivato dal lungo feudalesimo soprattutto nel Mezzogiorno, era diventata edilizia proprio per poter lucrare sulla rendita urbanistica derivante dal passaggio da aree agricole a urbanizzative. Le rendite posizionali fondiarie diventano poi rendite edilizie e poi anche finanziarie e perchè no anche commerciali. Inoltre la pratica consociativa fra mafia, politica, ampia parte dei costruttori edili, istituzioni addette alla gestione dell’urbanistica e perchè no anche professionisti interessati e indirettamente la categoria dei lavoratori edili ha lasciato il segno e si è poi ulteriormente compromessa con il fenomeno dell’abusivismo edilizio che è stato il segnale di una partecipazione estesa dei cittadini, che copriva gli interessi principali, che ha condotto alla monocultura dell’utilizzo personale o a più basso costo dei terreni da altri messi a disposizione con la finalità di espandere sempre più la rendita fondiaria edilizia. Il liberalismo degli anni ottanta e novanta ha condotto sempre più verso la cosiddetta urbanistica concertata che ha quasi sempre visto il prevalere degli interessi privati. Oggi siamo arrivati alla contestazione sul consumo e frammentazione del suolo agricolo ma ancora una volta pensando di risolvere il problema con le forme di tutela e non riformando drasticamente il modo di fare i piani e la complessiva gestione del territorio. La mancanza di una legge quadro nazionale non permette di rivedere alla base il problema del rapporto fra proprietà privata dei suoli e diritti di trasformazione che andrebbero regolati in funzione dell’interesse e del bene pubblico. L’associazione Asiter, di cui sono presidente, fra pochi giorni metterà nel suo sito asiter.org la proposta per un DL della regione Sicilia, con l’appoggio non sappiamo se formale o sostanziale del M5Stelle, sugli obiettivi e principi che possono essere riferiti anche a livello regionale.

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