“Lezioni di piano”: l’esperienza pioniera del Piano paesaggistico della Sardegna raccontata per voci

Il libro    

Editore Corte del Fontego editore
Data d’uscita febbraio 2013
Titolo Lezioni di Piano.
L’esperienza pioniera del Piano paesaggistico della Sardegna raccontata per voci
Numero pagine 320
ISBN 978-88-95124-3-53
Prezzo 25,00 euro                                                                                                                          

Edoardo Salzano (1930), urbanista, amministratore pubblico, docente universitario. Ha fondato la rivista «Urbanistica informazioni» e scritto centinaia di saggi e articoli su riviste specializzate e su quotidiani. Tra i suoi libri: Urbanistica e società opulenta (1969), L’Italia a sacco (con Piero Della Seta, 1993), Fondamenti di urbanistica. La storia e la norma (1998). Ha curato Venezia forma urbis (1983), La città sostenibile (1991), Cinquant’anni dalla legge urbanistica italiana. 1942-1992 (1993). Dal 2003 dirige il sito web eddyburg.it, rassegna quotidiana sulla città, la società e l’urbanistica. Con Corte del Fontego ha pubblicato: Ma dove vivi? La città raccontata (2007), Memorie di un urbanista. L’Italia che ho vissuto (2010).

Sandro Roggio (1950), architetto, vive in Sardegna. Scrive di politiche urbanistiche su quotidiani e riviste. Ha pubblicato C’è di mezzo il mare (Cuec 2007), Paesaggi perduti (Cuec 2010), Gli architetti del re in Sardegna (con Annalisa Poli, Agave, 2013). Collabora con eddyburg.it.

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Il piano paesaggistico della Sardegna è stato un sogno, un castello di sabbia costruito su una spiaggia destinato a essere sgretolato dal calore del sole o dissolto dall’onda marina? La Giunta Cappellacci non ha né l’ardore del sole né l’impeto dell’onda. Ma certamente le prime leggi emanate rivelano che l’intenzione di distruggerlo c’è ed è forte; anzi, è già in atto con dichiarazioni, azioni, inazioni e norme eversive.

“Quando il presidente Soru, nel 2004, mi chiese di collaborare alla formazione del piano paesaggistico regionale come componente del Comitato scientifico, conoscevo pochissimo della Sardegna. Mai visitata da turista, l’avevo raggiunta solo in quanto sede di incontri di studio e di lavoro. A posteriori, mi sembra significativo che una delle occasioni principali di contatto con la Sardegna e con i sardi sia stato un convegno sulla legge Galasso. Era passato un anno dalla sua approvazione, le Regioni avrebbero dovuto provvedere all’attuazione redigendo piani territoriali fondati sui suoi criteri del tutto innovativi. Benché il risultato dell’attuazione regionale della legge fosse allora assolutamente deludente (come oggi è quella del Codice del paesaggio, con l’unica eccezione della Sardegna), era certo stata avviata la costruzione di un modello di pianificazione del paesaggio capace di reggere alle insidie giuridiche derivanti dalla forza degli interessi immobiliari nell’uso del territorio.

Avevo seguito molto da vicino la formazione della legge Galasso. Franco Bassanini e Guido Alborghetti, i due deputati che su mandato della commissione parlamentare stendevano il testo definitivo della legge, mi consultavano spesso. Insieme lavorammo per trovare il corretto equilibrio – in termini di pianificazione paesaggistica – tra due esigenze in apparenza contraddittorie, poste dalla Costituzione: la tutela del paesaggio e quella della proprietà privata (ho contribuito in particolare ad attribuire la facoltà di conferire «particolare considerazione paesaggistica e ambientale» anche agli strumenti della pianificazione ordinaria).

Avevo poi seguito la redazione del piano paesaggistico dell’Emilia Romagna, unico esempio tempestivo e puntuale di attuazione della legge e primo approfondimento del suo principio essenziale: la solidità giuridica dei vincoli sull’uso della proprietà privata, sull’individuazione delle “categorie di beni a confine certo”, alla tutela delle Prefazione quali è affidata la garanzia del rispetto dell’articolo 9 della Costituzione. Dalla legge Galasso e dalla sua attuazione emiliano-romagnola discendeva un modello di pianificazione che mi sembrava utile proporre per il piano della Sardegna.

La lettura delle Linee guida per il lavoro di predisposizione del ppr, predisposte dalla Giunta, e i successivi incontri mi confermarono che la Regione aveva idee chiare e condivisibili sulle finalità da raggiungere, ma non un’adeguata consapevolezza del modello di pianificazione da assumere.

Ritenevo che il mio contributo nel Comitato scientifico, assieme a quello di altri urbanisti che avevano partecipato in differenti sedi e con differenti ruoli alla pianificazione paesaggistica, potesse essere utile per individuare il percorso da compiere nell’utilizzo del vasto ed eterogeneo materiale raccolto e ordinato dagli uffici della Regione, alla cui integrazione e approfondimento avrebbero certamente potuto collaborare gli altri componenti del Comitato versati in diverse essenziali discipline.

Il lavoro che abbiamo compiuto fino all’approvazione del piano e le testimonianze sulla sua validità (dalle sentenze della giustizia amministrativa ai riconoscimenti della cultura nazionale e internazionale) mi hanno convinto della giustezza di applicare come criterio fondamentale della pianificazione paesaggistica l’individuazione e la disciplina di elementi del territorio appartenenti alle “categorie dei beni a confine certo”, anche se non fu facile portare a ragionare tutti gli attori della costruzione del piano nella stessa direzione. Inoltre, il passaggio dalla legge Galasso al Codice del paesaggio e alle successive modifiche del 2006 aveva provocato ulteriori incertezze.

Il piano paesaggistico della Sardegna è frutto di tre elementi: la visione e la determinazione di Renato Soru, allora presidente della Regione; una cultura urbanistica e del paesaggio che parte da lontano; fecondi incontri tra le esperienze maturate in più ambiti culturali e territoriali. Proposito mio e dell’editore, nel progettare questo volume, era raccontare questa esperienza di pianificazione, per molti versi pioniera e all’avanguardia, proprio mentre è in atto la sua aggressione, iniziata con la campagna elettorale del presidente Cappellacci e surrettiziamente in corso.

Ho partecipato alla stesura di questo libro redigendo le note introduttive (più o meno ampie) a ciascun capitolo, accompagnando un ventaglio di voci, tutte in qualche modo in relazione con il piano: voci di chi lo ha voluto, costruito, attuato, e di chi lo ha contestato e aggredito.

Ho accettato tanto più volentieri di partecipare a questo progetto perché sono convinto che l’esperienza di pianificazione che va sotto il titolo di “piano paesaggistico regionale della Sardegna” non si esaurisca nell’atto normativo né nei suoi dispositivi, ma viva nell’insieme di queste voci (della cultura, della società, della politica) che costituiscono l’humus dal quale è nato, colgono gli umori, gli entusiasmi e le diffidenze, i consensi e i ripensamenti. In questo senso va anche interpretato il titolo: il libro non è una raccolta di “lezioni” sul piano illustrate da una serie di testimonianze, ma il risultato di un coro (meglio, un vocìo) nel quale armonie e dissonanze spiegano ed esprimono la ricchezza del percorso della pianificazione: è questa stessa ricchezza la “lezione di piano”.

Il libro prende in considerazione l’intera parabola del piano paesaggistico della Sardegna, fino al tentativo del suo smantellamento. Senza rinunciare a indicare alcuni suggerimenti per il futuro, una volta chiusa la parentesi dell’attuale maggioranza politica. Abbiamo diviso il materiale necessario a svolgere questo compito nei temi Volontà di Piano, Cultura del Piano, Officina del Piano, Descrizione del Piano, Attuazione del Piano, Conflitti e conquiste, Come andare avanti. Ciascuno privilegia singoli aspetti in cui la storia del piano può essere articolata.

Ma il piano non nasce dal nulla. Esiste una storia territoriale, paesaggistica e urbanistica che riguarda la Sardegna e in particolare le sue coste. Ampio spazio è stato riservato a un prologo che desse conto delle iniziative e delle opinioni che hanno costituito l’avvio del piano paesaggistico: il capovolgimento dell’immagine che la Sardegna ha dato di sé, il passaggio da un’epoca in cui nell’immaginario dei sardi l’Isola coincideva con le sue regioni interne a una in cui la Sardegna è rappresentata dalle sue coste, con la loro sconvolgente bellezza e con gli interventi di colonizzazione e cementificazione (anch’essi diversamente sconvolgenti). Il Prologo – un denso saggio di Sandro Roggio arricchito da un corollario di contributi – illustra questa fase, spiega la temperie del “prima” e prepara il terreno alla reazione e all’avventura del ppr.”

Edoardo Salzano

Un commento

  1. cercare di tener duro mobilitando i vari comitati che sicuramente esistono anche nell’ isola nell’ attesa che cambi la maggioranza che governa .per quanto… Soru era stato isolato anche dal suo partito. purtroppo il cemento ha tutti i colori.

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