La foglia di F.I.Co.: cosa si nasconde dietro la nuova grande opera bolognese

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di Wolf Bukowski

Questo testo è la trascrizione del mio intervento al partecipatissimo incontro “La foglia di F.I.Co.: cosa si nasconde dietro la nuova grande opera bolognese”, tenutosi lo scorso 13 febbraio. Per un inquadramento generale del parco tematico dell’agroalimentare pensato da CAAB (i mercati generali bolognesi, di proprietà pubblica) e da Eataly si veda il sito del promotore e, da un altro punto di vista, il post di Giap! e il blog dei promotori dell’incontro.

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Oscar Farinetti dice – testualmente – che Gesù era “il più figo di tutti”, perché “trasformava l’acqua in vino [e] moltiplicava pesci a tutta birra”. Allora voglio prendere a prestito un’espressione di questo gran figo, che è riportata da Matteo 7: l’albero si giudica dai frutti; un albero buono dà buoni frutti e un albero cattivo dà frutti cattivi.

Loro guardano l’albero del Fico e io invece cercherò di indicarvene i frutti. Giudicherete voi. Ecco come parlano dell’albero:
Le strutture necessarie sono già esistenti e i costi di territorio/cementificazione risultano quindi pari a zero. (comunicato Comune-CAAB per la presentazione del progetto FICO, 6 dicembre 2013).
Con FICO non c’è trasformazione urbanistica, non c’è un metro di cemento in più (Adriano Turrini, presidente di Coop Adriatica su Facebook, febbraio 2014).

Cominciamo coi frutti

dal sito della Provincia di Bologna
dal sito della Provincia di Bologna

Occupiamoci per iniziare della parte chiamata “Aree stralciate – ex Aree Annesse Sud,” che oggi appare così:

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L’area 154 (Aree Annesse Sud) nel 1996 era di proprietà comunale ed era interessata da un Piano per gli Insediamenti Produttivi con validità fino al 2016. Quindi sarebbe in scadenza: altrimenti detto il terreno si potrebbe ancora salvare, si sarebbe salvato senza il Fico.

Successivamente al ’96 l’area 154 viene conferita a CAAB e nel 2004 il Comune, per aumentare il capitale sociale di CAAB senza muovere un soldo, ne aumenta la superficie urbanizzabile, anzi la raddoppia, portandola a 98.450 mq. Nel 2008 viene fatto un “Accordo Territoriale per il Polo Caab” (le aree colorate che avete visto in mappa) per cercare di rilanciare il comparto. Ma il 2008 non è un anno buono:  è arrivata la crisi dell’immobiliare e il valore delle case a Bologna, dopo dieci anni di crescita, crolla del 7,7% (fonte: Nomisma, comunicato stampa 28/11/2008). Quindi tutto si ferma, e a un certo punto (probabilmente intorno al 2010) CAAB vende il terreno al privato che vedremo.  È ragionevole supporre –  ragionevole ma non dimostrabile, sia chiaro – che quel privato si aspetti dal Comune esattamente quello che il Comune farà, ovvero la conversione da produttivo ad abitativo e commerciale. Il produttivo si porta dietro una retorica di posti di lavoro, sviluppo eccetera, un’utilità sociale peraltro falsa, ma il residenziale neppure quello: a Bologna non c’è alcun bisogno di nuove case e quindi si tratta di mera speculazione.

In cambio della conversione i 98 mila mq subiscono un piccolo taglio e si trasformano in 85.000 mq, con queste caratteristiche: 45 mila di edilizia libera, 15 mila destinati all’housing sociale, 10 mila a negozi, uffici ed alberghi e una clinica medica (qui l’assessora Gabellini ricapitola i passaggi). Vale la pena di vedere questo video che pubblicizza l’intervento (dal minuto 2.22): c’è il green park col laghetto (al centro di una rotonda attorno alla quale ruoteranno, negli auspici dei promotori, i dieci milioni di visitatori/anno del Fico), i negozi (con il centro commerciale già esistente Meraville a circa 3 minuti di cammino!); l’albergo (con gli alberghi bolognesi già ampiamente sovradimensionati); e c’è naturalmente un accenno alla prossimità della TAV, come da liturgia in ogni grossa colata di cemento e affari.

Ma fin qui siamo nel marketing. C’è dell’altro, e si chiama “miglioramento del mix sociale” del quartiere. Nell’Accordo Territoriale del 2008 la gentrificazione dell’area è un obiettivo dichiarato: “in pratica, si conta di ‘alleggerire’ il Pilastro dei suoi tanti alloggi Erp (da sostituire con edilizia a canone convenzionato), distribuendoli anche nella zona di nuova costruzione insieme ad altri tipi di residenza. È un’occasione per fare edilizia sociale, in particolare per giovani coppie, ma soprattutto per integrarla con una riqualificazione del Pilastro.”

Trovo che la violenza condita di bugie ed eufemismi che trasuda da queste parole sia qualcosa di sconvolgente. Soprattutto considerando che la stessa classe dirigente che le pensa e le pronuncia chiama “violenza” il fermare con il proprio corpo un camion di mozzarelle, come è accaduto in occasione dei picchetti dei facchini (esternalizzati) della Granarolo, cooperativa rossa molto interessata al progetto Fico.

Ma torniamo al video pubblicitario. Avrete notato questo brand: Idea Fimit. Si tratta di una società di gestione del risparmio (SGR) che opera dal 1998 con fondi di investimento immobiliare chiusi, soprattutto nelle privatizzazioni del patrimonio immobiliare pubblico. È  la quarta SGR europea con 9,4 miliardi di patrimonio gestito e 19,4 milioni di utili. È anche la SGR perdente delle due che hanno concorso per FICO, nonostante abbia presentato l’offerta tecnicamente migliore (60 su 60 contro la Prelios che sul piano tecnico totalizza 54,38/60. Prelios però fa un’offerta economica valutata 3 centesimi di punto migliore e quindi vince. Fonte: Corriere di Bologna, 21/11/2013, pag. 7). Ne consegue, per pura fatalità, che nessuno rimane a bocca asciutta: l’SGR che non ha il Fico ha Aree Annesse Sud, e viceversa.

Gli azionisti di Idea Fimit sono DeA Capital (64.2%),  INPS (29.6%), Enasarco (5.9%.). Il fatto che INPS e Enasarco sostengano la speculazione immobiliare con soldi che lavoratori o agenti di commercio sono costretti a conferire loro è la dimostrazione che l’idea di cambiare il mondo con il consumo consapevole, gli yogurt scaduti o quelli fatti in casa, è un’illusione. Perché se tu mangi yogurt fatto in casa mentre i tuoi soldi consumano la terra il tuo yogurt non cambia nulla, è una foglia di fico. Solo se lo yogurt fatto in casa è il dressing di una lotta politica e sociale, allora sì che ha un senso – e recupera la sua coerenza e condisce la nostra convivialità.

Andiamo avanti. Ci sono delle fiere, per la speculazione immobiliare: lo sapevate? Le più importanti sono a Cannes. Si chiamano Mipim e Mapic. Mipim si tiene a marzo; Mapic è la sorella dedicata ai centri commerciali e si tiene a novembre. A Mipim di marzo 2013 Fimit presenta Aree annesse sud; a Mapic di novembre invece c’è CAAB. Che presenta il Fico al convegno Gourmet food going global.

La cosa naturalmente non dimostra nulla, se non che gli investitori delle più classiche speculazioni vanno alle stesse fiere del parco tematico più green che ci sia, il Fico. Un altro dato interessante è il titolo del convegno, che dovrebbe far riflettere quelli che credono che il Fico abbia a che vedere con il chilometro zero, come per esempio SEL di Bologna.

Ma un nesso molto più stringente tra Fico e la cementificazione dell’area è istituito esplicitamente da Luca Dondi, direttore del centro studi Nomisma (fondato da Prodi e legato ai poteri che contano a Bologna). Cosa dice Dondi? Semplice: che da un punto di vista immobiliare il FICO “potrebbe dare quello che manca a quella zona che è cresciuta senza un’ancora. Serve qualcosa che possa sdoganare questo comparto ancora considerato popolare, aumentando l’indice di attrattività.” E, infatti, titola il Carlino: “Dopo Fico, ecco la cittadella del CAAB: Case, alberghi, negozi e una clinica” (24/7/2013, pag.7).

Il Fico è una Grande Opera – lo dice il sindaco Merola – ed è anche un Grande Evento, l’eternarsi di EXPO 2015. Ma se il Fico è un Grande Evento (Eterno) vale la pena di leggere qualche passaggio da un libro del 2010 proprio sui Grandi Eventi, che incredibilmente sembra anticipare il Fico e il suo rapporto con l’Accordo Territoriale CAAB: “Non ripeteremo mai abbastanza quanto sia importante sfruttare l’organizzazione di un evento come catalizzatore per programmi di sviluppo o di riqualificazione esistenti” (pag 54) – e sottolineo “esistenti”; e ancora: “[per] accelerare i progetti di trasformazione urbana[,] il processo chiave consiste nell’attribuzione forzata di priorità agli obiettivi di sviluppo della città per attuare una trasformazione efficace, radicale e permanente dell’ambito urbano” (pag 196). Il libro si chiama “Cosa succede in città” ed è prefato da Sergio Chiamparino: amico personale di Farinetti, allora sindaco di Torino e dal 2012 presidente della Compagnia di San Paolo. Che non è una fondazione che si occupa di conversioni religiose o di viaggi per Damasco ma è la detentrice del maggior pacchetto azionario del primo gruppo bancario italiano, Intesa-Sanpaolo, che è anche la banca di EXPO 2015 (garantita da generose fideiussioni del Comune di Milano, come si racconta qui). I suggerimenti del libro sui Grandi Eventi vedono i dirigenti del gruppo Intesa-Sanpaolo muoversi conseguentemente: infatti, se il privato che ha comprato le Aree Annesse Sud è proprio (al 78%) Fondazione Carisbo (Intesa-Sanpaolo), la stessa Fondazione e Banca IMI (identico gruppo bancario) mettono 6 milioni di euro per finanziare l’evento Fico. Insomma sostengono il Grande Evento (Eterno) che farà da catalizzatore per programmi di sviluppo esistenti, proprio come si suggerisce a pagina 54.

Gli altri investitori sono elencati qui: non stiamo a soffermarci su tutti, anche se di ognuno ci sarebbe una storia da raccontare. Dedichiamo solo un attimo al rapporto tra alcuni di loro e l’informazione. Nell’elenco ci sono appunto le banche di Intesa-Sanpaolo e la SGR, che sarà Prelios della Pirelli, le cui holding sono azioniste, con quote significative, di RCS Corriere della Sera e di conseguenza del Corriere di Bologna. Poi c’è Poligrafici che è l’editore del Resto del Carlino, e ne deriva che due su tre dei giornali a stampa locali sono coinvolti per legami societari nella compagine del Fico. Si tratta una situazione che il PD, fosse stato all’opposizione, avrebbe definito berlusconiana. Però si trova dalla parte giusta delle rotative, quindi tutto va bene.
Ora molto rapidamente, tornando alla mappa: verso il Pilastro ci sono altri 27 mila mq edificabili, all’80% residenziali, su un terreno tuttora coltivato: l’area Pioppe di cui non ho capito di chi sia la proprietà; poi a est del CAAB c’è l’area ex-Asam (ex macello).

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Ex-Asam  è un’area bellissima in corso di rinaturalizzazione: qui l’intervento prevedeva un centro commerciale e direzionale che, con la solita fantasia, chiamavano “business park”. Nel 2010 non se ne fa niente,  perché i costruttori non presentano una fideiussione di 8,4 milioni di euro richiesta dal Comune  (fonte), che si vuole tutelare in caso di mancato completamento delle opere di urbanizzazione. Senza il Fico quel terreno continuerebbe a inselvatichirsi in pace. Potrebbe diventare un meraviglioso terreno inutile: né agricolo – troppo compromesso, troppo vicino all’inceneritore – né direzionale o commerciale, sciocchezze di cui sono piene tutte le periferie. Un terreno senza uno scopo immediato, e quindi con lo scopo più importante che si possa immaginare: essere un monito.

Infine. Le aree a nord del CAAB sono aree agricole, come avete visto dalla mappa. Qui sono falliti vari progetti, soprattutto di infrastrutture sportive. Passano gli anni, si arriva a luglio 2013 e la solita assessora Gabellini dice ai consiglieri comunali una cosa che ha dell’incredibile. Dice: “stiamo prendendo in considerazione l’idea di privatizzare alcuni dei giochi per bambini nei parchi pubblici, abbiamo già ricevuto alcune proposte da parte di imprenditori e, qualora andassero in porto, sarebbe previsto un ticket di 1 o 2 euro”; poi implacabile, aggiunge: “infine specifico che c’è un imprenditore che ha presentato una proposta molto rilevante, un grande parco giochi, che si configura come una vera e propria struttura economica” (fonte).

Insomma le risorse pubbliche per i giochi dei bambini non ci sono più, quelle private per un divertimentificio abbondano. E l’amministratrice pubblica, invece di dimettersi o almeno incatenarsi a un dondolo per protesta, non nasconde la soddisfazione. E dove sarà mai questo parco? Lo leggiamo sul Corriere di Bologna del 20 luglio: “In zona Caab spunta anche il parco giochi […] occhi puntati sui terreni di Sacrati a nord.” L’Associazione Nazionale Costruttori Edili, sezione di Bologna, è entusiasta:  “un grande parco giochi in zona Caab potrebbe aggiungersi come traino e sfruttare le infrastrutture che si devono realizzare per il parco tematico del cibo”. Ovvero: l’opera non trova giustificazione in una necessità sociale ma in altre opere che la precedono o la seguono.

Sul Fico, in un’altra occasione, ANCE dirà: “Il progetto di Fico è molto importante, così come lo è lo sviluppo della fiera e delle future aree del Caab. Non ci dev’essere antagonismo, anzi: tutte queste cose portano lavoro per realizzarle, per gestirle e creano un indotto importantissimo per la città”, e comunque tutti gli “interventi sono garbati e prevedono molto verde.” (Corriere di Bologna, 9/10/2013, pag 8).

Nel decennio scorso, durante il boom, si impermeabilizzavano nel territorio provinciale circa 54 ettari all’anno, più di un ettaro alla settimana (dato rilevato dalla Provincia di Bologna e riferito agli anni 2003-2006). Il Fico è l’occasione per ricominciare.

Giudicate l’albero dai suoi frutti.

22 commenti

  1. Penso che vorrei tornare a mangiare i teneri cardi imbiancati nelle fosse,le croccanti insalate ricce e scarole imbiancate con le vecchie fasciature di canapa o carta,le piccole croccanti fragole di Cesena,le piccole zucchine chiare Bolognesi raccolte all’alba con i fiori gialli aperti,le varietà di pere pastagrassana…..pensavo che Fico fosse tutto questo. Pensavo che fosse presa di coscienza e invece sono solo interessi. Non hanno fatto i conti con una consapevolezza,con un buon senso che io vedo emergere sempre più nelle persone. La loro arroganza sta per scadere.

    1. Grazie per avere nominato l’articolo del mio Blog. Vi ringrazio anche per il lavoro di informazione che fate, perché e’ grazie ad iniziative in piccolo cosi’ che ho potuto scrivere quello, partendo solamente da una perplessità nei confronti di Farinetti. Lui sarà l’artefice della svendita del Made In Italy prendendone il monopolio uccidendo i piccoli produttori.

  2. Grazie Wolf, un’analisi che meriterebbe ampio spazio in città. Ma temo che siamo “dalla parte sbagliata delle rotative”.
    Aggiungo solo il link sottostante, perchè questa analisi manca “solo” dei problemi legati al trasporto dei sei milioni (?) di visitatori..
    Quel fico di Farinetti e quell’altro fico di Segrè (con relativa giacchetta da ambientalista) se la stanno ridendo sotto i baffi…
    vabbè
    buona lettura
    http://www.giovannifavia.it/dal-filobus-al-fico-bus/

  3. Salve,

    mi chiamo Giulia Pozzi e sono una giovane architetto particolarmente interessata a queste tematiche.
    La mia tesi di laurea, insieme ad altre due ragazze laureatesi insieme a me all’Università di Ferrara, verte proprio su un parco agricolo a nord di Bologna.
    Sto seguendo da un po’ di tempo la vicenda di F.I.CO. e sono sinceramente amareggiata da tutto ciò che la circonda, da quello che leggo nel vostro articolo e dall’atteggiamento delle istituzioni (con le quali ci siamo confrontati innumerevoli anche noi per proporre la nostra iniziativa.

    Il nostro progetto dopo circa un anno di ricerche e sopralluoghi, parte proprio da un’indagine sul consumo di suolo e sulla condizione agricola a Bologna ma non solo e su come questa è cambiata nel corso degli anni.
    L’idea di base è stata appunto quella di creare una rete resiliente al consumo di suolo, “unendo” e mettendo in relazione le aree periurbane di Bologna. Abbiamo preso come caso studio la zona compresa tra la tangenziale nord e il ramo ferroviario che porta allo scalo merci di San Donato.E’ un’area immensa…che contiene circa 60ha di terre incolte che non aspettano altro che essere riattivate, è piena di “luoghi del riuso”, come li abbiamo chiamati noi, ovvero spazi o edifici (semi)abbandonati che possono essere riutilizzati senza nuova cementificazione.

    Insomma l’idea era quella di un vero parco agroalimentare…non un parco divertimenti, ma un parco vero e proprio a stretto contatto con la terra, con i prodotti stagionali e con il paesaggio. Tutto questo cercando di invadere il meno possibile e di riutilizzare tutto quello che sull’area c’è.

    La regione ci ha proposto di partecipare ad un progetto di finanziamento europeo LIFE, ma il Comune ci ha tarpato le ali.
    questo il blog pioneeringagriculture.com che abbiamo aperto con il materiale della tesi… stiamo pensando ad una pubblicazione anche on line così da trasmettere le nostre idee.
    Purtroppo per quanto comabttive ci sentiamo un po’ le mani legate…

    grazie

    Giulia

  4. Bellissima analisi di una idea mostruosa di sviluppo. grazie. questi parassiti fanno i progressisti ma si arricchiscono a spese del territorio e della società. farò girare

  5. Rifaccio il commento senza l’uso delle virgolette sergente che confondono html:

    Per i non bolognesi: il passaggio “considerando che la stessa classe dirigente che le pensa e le pronuncia chiama ‘violenza’ il fermare con il proprio corpo un camion di mozzarelle”

    fa riferimento alle dichiarazioni del sindaco Merola sui picchetti presso Granarolo: “Si deve intervenire per ripristinare quanto prima l’ordinaria attività dell’azienda e il rispetto delle regole democratiche […] Non si possono infatti accettare pratiche violente da parte di piccoli gruppi che in questo momento, sotto sigle diverse, stanno cercando di alzare il livello dello scontro…”

    Dichiarazioni che fanno riferimento a “violenze” in verità mai esercitate dai manifestanti.

  6. un riassunto lucidissimo e graffiante di una speculazione che non conosce limiti.grazie Wolf

  7. Cose da pazzi! Ma l’ANCE, associazione inutile e dannosa, non era a favore del non consumo di suolo? Ridicola! Ormai i politici pensano solo ai loro interessi, e non ho mai creduto nel PD.

    1. Queste analisi puntuali e “intime” dovrebbero avere un’eco maggiore per far comprendere come viene tradotto il tanto declamato “sviluppo” nel nostro Paese. Grazie per le utili letture critiche degli eventi.
      Franca Cagliero

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