L’A.N.I.M.A. perduta di Grottammare

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Grottammare è una piccola città delle Marche, vicina vicina a San Benedetto del Tronto, e come tante cittadine d’Italia vorrebbe risalire dalla profonda fossa della crisi, magari cercando di rifarsi il guardaroba e truccandosi un po’, così da mostrarsi come una bella signorina adagiata su uno sdraio in riva al mare.

Il progetto A. N. I. M. A., acronimo di Arti, Nature, Idee, Musiche, Azioni, ideato da Bernard Tschumi, potrebbe fare al caso suo, il condizionale è d’obbligo, perchè come ormai troppe volte siamo abituati a vedere in Italia, c’è il serio rischio che un’operazione di progettazione urbana/territoriale di notevole portata come questa (25.000.000 di euro in totale, con un progetto costato ben 2.000.000 di euro), si risolva come la costruzione di un’opera faraonica che poco e niente porterà alla comunità di Grottammare, ma molto permetterà ai proprietari dell’area e alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno.

Che questa rischi di essere un’operazione architettonica troppo grande in confronto al contesto territoriale dove verrà calata, è anche il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche che nega l’Autorizzazione Paesaggistica.

Allo stesso modo Italia Nostra presenta le sue motivazioni di contrasto del progetto previsto, motivazioni articolate in 9 punti:

1. La localizzazione in un area già correttamente individuata come agricola
La destinazione prevista nel piano regolatore del 1997 era terreno agricolo a vocazione vivaistica “spazio per la realizzazione di servizi tecnici per il florovivaismo, comprendente un centro di attività didattiche e di sperimentazione e ricerca di prodotto”.

2. Le opere idrauliche
Le opere idrauliche, ritenute necessarie al fine di ridurre il rischio idraulico e posizionare la struttura, irrigidiscono il tessuto idrico superficiale e riducono fortemente la naturalità dei luoghi, eliminando elementi morfologici e vegetazionali che qualificano il paesaggio.

3. La trasformazione della vallata costiera
Nonostante l’area sia già abbondantemente infrastrutturata e insediata, la zona interessata svolge un ruolo importante nel mantenimento della preminenza del tessuto agricolo; costruire darebbe continuità al costruito, compromettendo la percezione della continuità del tessuto agricolo e della morfologia naturale.
L’opportunità di ridurre il consumo dei suoli appare del tutto trascurata.

4. La dimensione dell’infrastrutturazione
Intorno alla costruzione principale sono previsti svincoli, accessi, piazzali, parcheggi che coprono una estesa superficie; anche in questo caso nessun ragionamento è stato fatto per limitarne gli effetti negativi.

5. La dimensione dell’opera
L’edificio è sovradimensionato; le stesse funzioni principali potevano essere svolte con una cubatura ed uno spazio asservito molto minore. E’ anche questa la figlia del gigantismo, un male contemporaneo che ha colpito molte delle realizzazioni contemporanee (ad vedi la Stazione Tiburtina a Roma che rimane a diversi anni dall’apertura sottoutilizzata).

6. L’estraneità del contesto
L’immagine progettuale non si relaziona ai luoghi, scaturisce dall’idea solipsistica del progettista e può essere localizzata ovunque; proprio per questo una volta costruita ridurrebbe (invece di aumentare) l’identità dei luoghi.

7. La difficoltà gestionale
E’ un intervento di grandi dimensioni e complessità che necessita in fase di funzionamento di una gestione onerosa. Oltre a mancare quello studio di fattibilità tecnico-economica da cui dovrebbero discendere ogni progetto, si dubita fortemente, vista l’elevata difficoltà a gestire e fare funzionare l’esistente, che vi sia una reale capacità a fare funzionare continuativamente una tale struttura.

8. L’incongruità della scelta
In un momento di difficoltà economica in cui la popolazione esprime necessità inalienabili sembra molto demagogico orientare i finanziamenti in opere non necessarie né opportune invece che verso servizi indispensabili e a rischio. In questo anche il recupero di edifici abbandonati, la riqualificazione ambientale, la gestione dei servizi culturali già esistenti sembrerebbero una soluzione migliore e molto più civile.

9. L’offesa al progettista
Pensare che il progetto architettonico corrisponda alla definizione di una forma è una limitazione del mestiere dell’architetto. Il percorso progettuale che porta alla definizione di una forma deve trarre spunto dalla conoscenza dei luoghi, dall’accertamento delle necessità delle comunità, dalla partecipazione attiva dei cittadini in un susseguirsi di adattamenti che prendono in considerazione gli aspetti ambientali, energetici, gestionali, tecnologici, sociali al fine di scongiurare le possibili ricadute sulla popolazione e sull’ambiente e incrementarne il benessere.

Il documento a cura Adriano Paolella in collaborazione con Vincenzo Corigliano, conclude con la tesi che:
“- il progetto ANIMA non debba essere realizzato perchè non rispondente ad una necessità, collocato in un luogo sbagliato, sovradimensionato;
– lo stesso impoorto potrebbe essere utilizzato per recuperare edifici esistenti, per riqualificare l’ambiente e il paesaggio e per offrire servizi ai cittadini;
– prima di affrontare trasformazioni del territorio di tale entità è imprescindibile fare partecipare i cittadini alle scelte (non convincerli ma ascoltarli).”

Ma se potrebbe risultare “scontato”, o perlomeno non sorprende, il parere di un’ Associazione come Italia Nostra da sempre in prima fila contro gli scempi del territorio, meno ‘in linea’ è il pensiero di un architetto (non uno qualsiasi, a pieno titolo tra i primi 5 più famosi al mondo) il quale sottolinea l’importanza della coscienza del professionista e la forza del gesto dell’artista-architetto che come tavolozza dispone di niente di meno che il territorio su cui tutti noi viviamo, Renzo Piano.

“(…) Qualcuno pensa che la professione dell’architetto possa essere simile per esempio a quella dell’avvocato: il cliente ti paga e tu devi fare il suo interesse. Ma non è così. L’interesse di cui l’architetto deve tener conto è quello pubblico, della città. Un po’ come accade, o dovrebbe accadere, per i politici. Noi abbiamo una responsabilità nei confronti degli uomini che nei palazzi e nei luoghi che progettiamo dovranno vivere. Perchè l’architettura è la sola arte ‘imposta’: la musica, la pittura, la letteratura puoi anche ignorarle, l’architettura no, perchè cambia la tua esistenza anche se non vuoi. I progettisti che dimenticano questo, che dicono troppi ‘si’, gettano un’ombra sulla nostra professione. Tradiscono i cittadini che si fidano degli architetti famosi e si aspettano un progetto che migliori la loro vita.” 

(Garibaldi, Massari, Preve, Salvaggiulo, Sansa, La colata, 2010, Chiarelettere, Milano)

9 commenti

  1. Vittorio Sgarbi conosce bene le Marche ed è molto attivo nella valorizzazione dei beni culturali e paesistici dei suoi territori.L’Amministrazione Comunale in primis ho chiunque altro è bene che richieda su tale argomento il parere di Vittorio Sgarbi che non mi risulta faccia parte dell’associazione Italia Nostra.

  2. In merito ai soldi
    I 25 milioni di euro della Fonazione CARISAP non sono piovuti dal cielo, sono soldi sottratti al territorio piceno; quindi è giusto che vengano in qualche modo restituiti al Piceno mediante concertazione tra le Istituzioni , gli Enti, le Rappresentanze dei cittadini, della Comunità che a vario titolo operano nel territorio.

    In merito alla partecipazione
    E’ proprio vero che sono tutti a volere la Grande Opera oppure, scegliendo tra le priorità, esistono delle alternative?
    In realtà non è stata data al territorio nessuna possibilità di approfondire e discutere; la Grande Opera è stata imposta dall’alto (aldilà della finta “concertazione”, delle assemblee di quartiere), di scegliere se non la sua destinazione.La Partecipazione si realizza quando si stabiliscono insieme le priorità.
    Infatti la partecipazione si realizza quando si stabiliscono insieme le priorità.
    Come è possibile che a decidere di un investimento così importante, di un edificio così imponente siano le 30/50 persone che partecipano al comitato di quartiere o le 50/60 persone che presenziano a un Consiglio Comunale (presumendo che siano tutti d’accordo?
    E che percentuale rappresentano rispetto agli abitanti di Grottammare e a quelli della Provincia?
    E se sarà un fallimento di chi sarà la responsabilità? Di quelle persone che hanno partecipato alle assemblee?
    E che tipo di partecipazione è quella per cui chi è in disaccordo viene deriso o attaccato e chi la pensa diversamente diventa il nemico? In democrazia trova posto anche l’opposizione.

    In merito alle priorità del Territorio “Custudire e governare”
    “Custudire e governare” Il patrimonio dei monumenti e degli edifici storici: si spendono 25 ml di euro per costruire una nuova Grande Opera quando i Comuni non hanno i soldi per fare la ordinaria manutenzione _ e figuriamoci il restauro_ del magnifico patrimonio di edifici e monumenti storici che ci arrivano gratis dal passato. Dalla Villa Azzolino (da un disegno del Bernini ) di Grottammare, alla chiesa di Santa Maria della Rocca di Offida, ogni paese ha la sua drammatica priorità: pievi con i tetti sfondati, fonti , lavatoi abbandonati , cinte murarie franate, strade dissestate. Salvatore Settis ci ricorda che dobbiamo essere grati a chi ci ha preceduto e garantire i diritti delle generazioni future.

    “Costudire e governare” il Sociale: si spendono 25 ml di euro per costruire una nuova Grande Opera quando i Comuni e la Provincia non hanno i soldi per la manutenzione e la costruzione di scuole, di centri per anziani, per i disabili.

    È recente la terribile vicenda della Casa di Alice di Grottammare per la quale, credo, ci dobbiamo sentire tutti responsabili.

    Al di là dei fatti accaduti, come è stato concepibile acconsentire ad allestire un centro per bambini autistici in una struttura così palesemente triste, dove non entra un raggio di sole, dove non esiste un luogo all’aperto o un piccolo giardino.

    “Costudire e governare” Restauro e conservazione: così, prima di accettare nel nostro territorio, dopo avere forzosamente modificato lo stato originario dell’area gravato da tre vincoli fondamentali( Piano regolatore, rischio idrogeologico, vincolo paesaggistico), la Grande Opera, alziamo gli occhi e affrontiamo i problemi reali e socialmente più urgenti, pensiamo a realizzare opere veramente importanti e utili, di cui essere fieri e orgogliosi, come avviare un “rammendo”, un restauro complessivo del territorio che darà lavoro a tante piccole aziende e agli artigiane del territorio: muratori, restauratori, fabbri, falegnami, giardinieri, elettricisti…
    A chi darà lavoro la Grande Opera?

    Non abbiamo assolutamente bisogno di una Grande Opera, ma di tante Piccole Opere .
    Personalmente ho rifiutato la proposta di incarico offertami da rappresentanti della Fondazione Carisap per la progettazione degli spazi verdi del progetto ANIMA. Da subito mi sono reso disponibile qualora in quell’ area si fosse realizzata una struttura destinata all’accoglienza delle persone appartenenti alle fasce deboli della popolazione: un Centro di eccellenza per anziani, con parco fluviale rinaturalizzato, laghetto, orti, serra con palmizi uccelli e farfalle, orti urbani, vialetti, piste ciclabili, campetti per il gioco, aree per lo svago e le relazioni sociali con gazebi, tante panche e fontanelle. Perché non possiamo?
    Mi auguro che ci si fermi: occorre una serena paura di riflessione e rimettersi in gioco.

  3. Non so molto di Grottammare, leggo però nella presentazione: “La location scelta per la struttura e molto strategica, tra le colline e il mare, a ridosso della dorsale autostradale adriatica da cui e’ ben visibile e facilmente raggiungibile” , tuttavia so solo che ormai da 40 anni, ogni estate ripercorro la linea ferroviaria da Milano sino a Pescara e ogni anno vedo che nuove aree vengono occupate da nuovi edifici, villette o condomini anonimi e spesso vuoti o in vendita e questo soprattutto lungo la costa. Mi stupisco inoltre come in questo paese chiudano teatri, cinema, musei e qui si vuole fare una opera che inglobi tutte le arti. Per me è un paravento per le solite speculazioni edilizie: Soldi ed ego.

  4. Ammesso e non concesso che l’opera in argomento sia fuori contesto, lo sono ancor di più le considerazioni degli estensori dell’articolo.
    Chi sono costoro? Chi credono di essere? Da dove vengono? Cosa ne sanno della partecipazione? A quale assemblea o Consiglio aperto hanno partecipato. Cosa ne sanno di Grottammare?!?
    Grottammare ha enormi risorse su cui lavora da decenni, dopo aver rifiutato ben più gravi cementificazioni; dopo aver tagliato un milione di metri cubi dal suo PRG e dopo aver cancellato dallo stesso Piano Regolatore un enorme porto turistico da 1025 posti barca progettato proprio da uno dei tecnici che ooggi contesta ANIMA!!!!
    Grottammare non ha affatto bisogno affatto di “rifarsi il guardaroba e truccandosi un po’”… Ma come si permetto costoro?!!
    Per Grottammare si tratta di decidere criticamente se si vuole cogliere o meno un’opportunità che le è stata offerta e come, eventualmente, farla convergere con il suo Progetto partecipato.
    Oltre ad alcune gravi inesattezze sulla destinazione originaria dell’area e sulla sua attuale situazione, l’impressione è che i soloni di (povera) Italia Nostra stavolta non abbiano mai visto il luogo.
    E’ il loro commento “snob” ad essere calato dall’alto esattamente come un opera di un progettista presuntuoso…ma così va il mondo!

    1. Forse a lei piacciono i magna magna o forse lei ha interessi in questo progetto? Lo dica.

    2. Un porto turistico a Grottammare se viene proposto troppo grande lo si ridimensiona attraverso un intelligente contrattazione. Un porto turistico adeguato alla realtà del litorale di Grottammare è miglior risposta;certamente in linea con la vocazione turistico-balneare di questa graziosa cittadina costiera. Oltre al suggestivo insediamento medioevale di Grottammare alta che si è trasformato nei secoli secondo continuità anche l’insediamento moderno sottostante si costituisce come testimonianza paesaggistica fatta di interessanti episodi edilizi ed architettonici alcuni tipici degli insediamenti costieri caratterizzati dalla loro uniforme piccola scala. Le caratteristiche paesaggistiche proprie, a misura d’uomo, del waterfront di Grottammare non ci sono nè a S. Benedetto nè a Porto San Giorgio.Grottammare ha evitato sino ad ora il caos edilizio delle città vicine e questo costituisce singolarità,eccellenza da offrire coerentemente sul mercato turistico. Guardando i due insediamenti contigui di Grottammare ed anche attraversio di essi la vista spazia senza ostacoli tra il mare la campagna marchigiana e la macchia mediterranea,non esistono contenitori fuoriscala nè altimetricamente nè planimetricamente con tutte le complesse conseguenze che ne derivano. Questa è la peculiarità di Grottammare la quale deve indirizzare gli investimenti nella direzione della valorizzazione delle sue specificità che significa in definitiva economia turistica qualificata.
      Se voglio concentrare tanti luoghi di interesse pubblico in un unico edificio questo potrebbe divenire mostruoso per una realtà paesaggistica come quella di Grottammare.In un contesto diverso come ad esempio una vasta periferia di una grande città (ad esempio Parigi,o Roma e Milano))le cose cambierebbero totalmente,lì potrebbe esser facilmente occasione di riqualificazione e connotazione urbana. E’fondamentalmente una questione di contesto,di scala urbana. Se gli stessi impianti e spazi pubblici previsti vengono distribuiti diffusamente nella città a partire dalla trasformazione dell’esistente ove degradato o non più utilizzato potrei perfino non accorgermene.Sopratutto in questo modo si creano le occasioni necessarie di riqualificazione urbana.Le istituzioni finanziarie dicono di voler contribuire alla valorizzazione delle città e del territorio per incentivare ovviamente l’economia urbana,turistica,etc. Bene, è necessario allora creare occasioni di intervento dentro le città l’addove vi è degrado o necessità. Costruire sul costruito,consumo di suolo zero, altro che continuare ad espandere edilizia cementificando suolo verde ed agricolo, questa è la sfida degli amministratori e dei finanziatori capaci che amano veramente il loro territorio.L’espansione edilizia la sanno fare tutti.
      Una priorità diviene allora affrontare il tema della mobilità sostenibile di Grottammare. Incentivare la mobilità pedonale,ciclabile ed in generale quella alternativa all’auto privata particolarmente durante la stagione balneare ed in occasione degli eventi che si realizzano lungo l’arco dell’anno. Grottammare non deve snaturarsi scimmiottando S. Benedetto perchè non potrà mai competegli su i suoi stessi piani.Ciò che costituisce valore per Grottammare è proprio la sua dimensione turistico-balneare rimasta quasi come una volta adatta ad un turismo di qualità più che di massa.Un turismo che ama il relax e non il divertimento caotico;un turismo probabilmente più facoltoso da quì si capisce la proposta avanzata a suo tempo per il porto turistico perfettamente coerente con la realtà di Grottammare. Non vorrei poi che qualcuno sia infastidito se Grottammare potesse attrarre gente ricca perchè allora sarebbe veramente il colmo. Invito gli amministratori della città ma anche le stesse associazioni di cittadini a richiedere serenamente il parere a Vittorio Sgarbi riguardo i progetti futuri di Grottammare. Si tratta di un parere non vincolante di una personalità competente e particolarmente stimata nelle Marche.
      Arch.Claudio Mecozzi

  5. Grazie per avere dedicato spazio ad A.N.I.M.A. Grottammare è una piccola città che ha avuto in passato grandi esperienze di partecipazione che hanno fatto scuola e che continuano a farla.
    Un progetto di così grande impatto avrebbe meritato un percorso di partecipazione altrettanto faraonico. Non è più possibile realizzare progetti faraonici su fondamenta civiche minime. Aver discusso il progetto in qualche assemblea di quartiere e in qualche consiglio comunale aperto e dedicare tante energie alle megapromozioni (Roma e Parigi) non è rispettoso dell’esperienza politica di Grottammare. Siamo però fiduciosi che questa amministrazione rifletta e sia in grado di vivere questo momento come una opportunità di formazione per la comunità intera. Aspettiamo fiduciosi

  6. E tutto questo, per fare quello che diventerà pesto un centro commerciale con multisala incorporato. Proprio un bel regalo al territorio,

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