Controriforme. Privatismo selvaggio e zero pianificazione, il ministro ci riprova. Il settore immobiliare ristagna? La nuova versione del ddl, arricchita di autocrazia renziana, punta a rendere edificabile l’intera penisola.
Di Ilaria Agostini, da Il manifesto, 3 agosto 2014
«Il governo del territorio è regolato in modo che sia assicurato il riconoscimento e la garanzia della proprietà privata (…) e il suo godimento». L’art. 8 è il distillato della bozza di ddl (“Principi in materia di politiche territoriali e trasformazione urbana”) presentata dal ministro Lupi al Maxxi di Roma il 24 luglio scorso.
A distanza di nove anni dal ddl 3519/2005 noto come «legge Lupi», approvato dalla Camera nel Berlusconi III e poi fortunosamente bocciato in Senato col contributo della destra che lo ritenne antagonista alla tuttora vigente legge urbanistica n. 1150/1942, il ministro di rito ambrosiano ci riprova.
Nella nuova versione, stagionata e arricchita di autocrazia renziana, restano fermi quei principi di «istituzionalizzazione del “privatismo” in urbanistica» – come ha scritto Sergio Brenna – allora stigmatizzati da urbanisti e giuristi in un volume curato da Maria Cristina Gibelli (La controriforma urbanistica, 2005), ma vi si aggiunge un colpo di reni da crisi globale, scoppiata in seguito proprio alle pesanti speculazioni immobiliari.
La soluzione è semplice. Per Lupi infatti urbanistica coincide con edilizia e la riforma è dunque finalizzata a trovare linfa per il settore immobiliare, stagnante. La soluzione è semplice: rendere virtualmente edificabile l’intera penisola, per rafforzare la rendita fondiaria attraverso l’istituzione dei diritti edificatori «trasferibili e utilizzabili (…) tra aree di proprietà pubblica e privata, e liberamente commerciabili» (art. 12).
Il «registro dei diritti edificatori» sancisce la finanziarizzazione della disciplina: si profila uno scenario di urbanistica drogata, dove perequazione, compensazione, premialità ed esproprio (sì, esproprio, cfr. art. 11, c. 2) sono ripagati con titoli tossici come in un gioco di borsa. Tutto il contrario della pianificazione.
La proposta legislativa fluttua nel completo distacco dalla concretezza fisica del territorio e dell’ambiente urbano che tenta di governare; lo slittamento dall’oggetto della pianificazione (città e territorio) alle procedure, genera, in sede di presentazione, affermazioni eversive disciplinarmente, politicamente e socialmente, tra cui spicca, per duplice grossolana aporia, «la fiscalità immobiliare come leva flessibile (sic) del governo del territorio».
Ma lungo l’articolato trapela la vera passione del ministro: le grandi opere.
L’istituenda DQT, Direttiva Quadro Territoriale, quinquennale e direttamente approvata dal presidente del consiglio dei ministri (art. 5), è configurata come un piano nazionale delle infrastrutture (affinché non ci si debba più confrontare con ponti sullo Stretto «proclamati e mai realizzati») che sovverte l’ordine delle cose, subordinando il paesaggio al governo del territorio, in contrasto col Codice dei beni culturali.
La pianificazione comunale (che si confronterà con la DQ Regionale) sarà suddivisa tra parte programmatoria «a efficacia conoscitiva e ricognitiva», e parte operativa, dove «il cambio di destinazione d’uso (…) non richiede autorizzazione» (art. 7, c. 10, che prosegue pudìco: «laddove la nuova destinazione d’uso non necessiti di ulteriori dotazioni territoriali rispetto a quelle esistenti»).
Comunque sia, il piano comunale è travolto e annientato dagli «accordi urbanistici» (art. 15), ispirati agli strumenti criminogeni di contrattazione pubblico/privato che tanto lustro hanno dato all’urbanistica milanese e romana.
La Lupi II punta sul «rinnovo urbano» realizzabile senza regola alcuna, «anche in assenza di pianificazione operativa o in difformità dalla stessa previo accordo urbanistico» (art. 17).
Assenti in tutto l’articolato i centri storici – privi di tutela come ormai è moda (si veda il piano strutturale fiorentino) – malgrado Vezio De Lucia, già a fronte del ddl 2005, avesse denunciato lo scorporo della tutela dall’urbanistica che si riduceva così «a disciplinare esclusivamente l’edificazione e l’infrastrutturazione del territorio».
Assenza gravata da un sentore di deportazioni di regime: proprietari o locatari degli immobili soggetti al rinnovo urbano (fino a demolizione e ricostruzione) saranno ospitati in alloggi di nuova costruzione «per esigenze temporanee o definitive» (art. 17, c. 10, corsivo nostro).
Questa la prospettiva: nuova edificazione provvisoria o definitiva nelle periferie, espulsione dei ceti sociali svantaggiati dalle zone urbane consolidate, o addirittura centrali, che diventano nuove aree di speculazione (ora che nella prima periferia anche le aree industriali dismesse diventano merce rara).
Le conquiste smantellate. Esemplare la pervicacia esercitata nello smantellamento delle conquiste degli anni ‘60-‘70. Un esempio per tutti: la disapplicazione del dm 1444/1968 sugli standard urbanistici, che attribuisce ad ogni cittadino italiano, dalla Calabria al Veneto, una quantità minima di servizi e attrezzature. Il principio cartesiano di eguaglianza peninsulare verrebbe ora spazzato via e sostituito da «dotazioni territoriali», calcolate regione per regione e il cui soddisfacimento sarebbe garantito anche dai soggetti privati.
Una riforma urbanistica nazionale, anziché riassumere in un unico testo le peggiori esperienze urbanistiche italiane del dopo Bassanini (Roma, Milano, Firenze etc.), avrebbe potuto (anzi, dovuto) riassumere – per estenderne i benefici all’intero paese – gli esempi positivi, che pure esistono nel panorama legislativo regionale.
A titolo d’esempio il ddl presentato dall’assessore Anna Marson al consiglio toscano, contenente una declinazione della “linea rossa”, auspicata dal dibattito disciplinare internazionale, da tracciare tra città e campagna. Ma anche il ribaltamento del paradigma territoriale da «risorsa» o «neutro supporto«, a «patrimonio» – ossia, da valore di scambio a valore d’uso – gioverebbe alla messa a punto di uno strumento sinceramente vòlto alla limitazione del consumo del suolo fertile.
Misure cui potrebbe aggiungersi il ripristino dell’art. 12 della Bucalossi (L. 10/1977) che legava i proventi delle concessioni edificatorie alle opere di urbanizzazione, al risanamento dei centri storici, all’acquisizione delle aree da espropriare, e il cui travaso nelle spese ordinarie dei comuni è stato riconosciuto come principale causa dell’alluvione cementizia dell’ultimo quindicennio.
Siamo dunque di fronte alla bozza di un ddl bifronte, alfiere da una parte del liberismo senza freni in difesa della proprietà privata, e dall’altra di un autoritarismo statalista – o autocrazia? – che anticipa il riformando art. 117 della Costituzione secondo il quale le norme generali sul governo del territorio tornerebbero ad essere materia di «esclusiva competenza» dello stato. «8100 regolamenti edilizi comunali – affermava Lupi – non sono un segno identitario, ma un elemento di confusione».
E al ministro delle Infrastruture, in luogo del Piccolo principe le cui citazioni hanno gettato nell’imbarazzo gli astanti di media cultura alla presentazione romana, proponiamo un’altra più edificante lettura, sul rapporto tra libertà di azione e vincolo: Lo sguardo da lontano di Claude Lévi-Strauss. «Ritengo – chiosava l’antropologo – che la libertà, per avere un senso e un contenuto, non debba, non possa, esercitarsi nel vuoto».
SI TRATTA DI UNPROCESSO ORGANICO DI RILANCIO DELLE OBSOLETE E ANACRONISTICHE LOGICHE DEL PRIVATO/MERCATO ….CHE INVECE SONO STATE LA CAUSA PRIMA DELLO SCEMPIO TERRITORIALE CON IL CONTESTUALE STALLO FINANZIARIO/PRODUTTIVO.SERVIREBBE Più PIANIFICAZIONE LBERA DAGLI INTERESSI IMMOBILIARI TESA ALLA TUTELA DELLA Biodiversità RESIDUA,DELLA RETE ECOLOGICA URBANA,DELLA QUALITA DELLE CITTA’…. DOVREBBERO PRIMEGGIARE GLI INTERESSI DEL SUOLO AGRICOLO E QUELLI DELLA QUALITA’ DELLA VITA !!!! E INVECE ANCORA CEMENTO DOVUNQUE E COMUNQUE
Finchè esisteranno questi politici inetti e papponi non si cambierà nulla. Bisogna mandarli a casa e ostacolare le loro demenziali idee.
Semplicemente vergognoso. Sono queste le persone che dovrebbero essere interdette, magari mediante Trattamento Sanitario Obbligatorio dagli psichiatri!
penso, che vi sia molto da fare per “accullturare” il così detto popolo, quello che poi vota, e metterlo di fronte alle proprie responsabilità; poi, senza dubbi, e nel frattempo, opporsi in tutti i modi.Certo è che se facessimo i referendum senza quorum… sarebbe un buon inizio: chi partecipa decide.salute
marinòf
Bisogna vigilare su quello che fanno questi ministri da operetta. Ne nuovo Regolamento edilizio nazionale, con la scusa di semplificare la materia, si vogliono tacitare le soprintendenze dando loro solo la possibilità di esprimere pareri e basta. Questo grazie anche alla Madia. Ma non erano questi i giovani che dovevano avere cura dell’Italia?
Sogni infranti!!
Ciò che per anni accadeva nel selvaggio vecchio west, oggi sta per accadere, e con maggiore violenza, da Noi. Rivedo le cosiddette riserve indiane dei vecchi western e mi domanda se anche a Noi non è riservata la stessa sorte di quelle bistrattate e violentate tribù, moltissime delle quale avevano un innato rispetto per la natura. Il nostro territorio ormai è diventato teatro di razzie e salute e vocazioni di lavoro e di vita delle Comunità sono costrette a lasciare il posto alla rapacità della grande speculazione edilizia. Riprendere coscienza dell’essere comunità e riacquisire il senso dell’appartenenza ad un territorio diventa indispensabile per la nascita di un vero movimento di resistenza in loco. E’solo la resistenza delle Comunità che può davvero mettere un freno a questi disegni criminali. I politici? Di quelli che ci ritroviamo adesso, che Dio ce ne liberi!
Credo francamente che i redattori di un simile ddl non abbiano alcun rudimento in troppi settori della cultura contemporanea e della civile
convivenza, per meritare una valutazione punto per punto.
Il cestino può essere una sede confortevole?
Il non eccelso, ma ragionevole Bucalossi, di questi tempi appare come un mito… inarrivabile!
I Romani, spesso bistrattati per il loro eccesso di senso pratico, lanciano dalla notte di venti secoli fa fasci abbaglianti di saggezza urbanistica, che neppure perseguivano, così… proprio per buon senso, per istinto, direi.
Resta il fatto (non me ne vogliano gli autori)che il vero problema non sono loro, ma chi li vota e, poi, noi che li tolleriamo.
Buona fortuna a tutti!
Penso che bisogna unirsi tutti senza barriere ideologiche e opporsi fin dai primi di settembre con una condivisa strategia. Se ogni associazione
e ogni comitato va per conto suo abbiamo già perso.
E non serve mandare solo messaggi su facebook o altro. Sono solo sfogatoi che non cambiano queste proposte di legge di cui ormai c’è
l’accordio bipartisan
Mimeraviglio sempre di più di come certi soggetti “politici” possano ancora presentare disegni di legge del genere. O sono cretini o peggio ancora papponi o forse tutti e due.
…fermiamo i lupi del cemento!Ripristiniamo l’articolo 12 della legge Bucalossi!
Purtroppo temo che Lupi fra non molto sara’ il nuovo sindaco di Milano, e allora li’ si che vedremo i nefasti risultati della sua politica, nonosante Pisapia non abbia fatto bene (anzi) su tante cose, dal punto di vista della tutela ambientale erano stati fatti grossi passi avanti, con Lupi temo cementificheranno tutto il Parco Agricolo Sud, visto che ormai senza piu’ la Provincia le tutele diminiuiranno e gli speculatori potranno gettarvisi a capofitto……