La gestione dei siti contaminati in Europa

Soilcontam

Rapporto sui progressi nella gestione dei siti contaminati in Europa (rapporto in inglese)

Quando si parla di contaminazione del suolo si ha l’impressione di parlare di qualcosa di astratto e di lontano, che non ci tocca a meno che non si sia direttamente e personalmente coinvolti. È il caso di quei cittadini che non possono più toccare l’acqua del rubinetto o di quei contadini e allevatori con terreni attorno a siti altamente inquinati o inquinanti, che si sono visti vietare o chiudere le loro attività produttive.

Da anni l’Unione Europea affronta la problematica dei siti contaminati, ma si trova di fronte un “muro” alzato dagli Stati Membri. Ancora non si è arrivati ad una definizione comune e quindi alla possibilità di classificare siti contaminati o potenzialmente contaminati.

La proposta di Strategia per la protezione del suolo del 2006, affrontava questa specifica problematica attribuendo agli Stati la responsabilità di catalogare e controllare i siti che rappresentano un rischio significativo per la salute umana e per l’ambiente. Purtroppo la direttiva non è e non sarà approvata.

Aspettando una sua riformulazione, gli Stati membri sono sollecitati a individuare i siti contaminati presenti sul loro territorio e a formulare una strategia nazionale di bonifica di tali siti.

Il sollecito arrivava dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, ora la responsabilità di seguire l’identificazione e la gestione dei siti contaminati in Europa è passata al Centro Comune di Ricerca. Il suo Rapporto sui progressi nella gestione contaminati in Europa, pubblicato a gennaio 2014, è la fotografia inquietante e attualizzata della situazione dei siti contaminati in Europa.

Il rapporto ha il merito di aver indicato nel questionario del 2011 due definizioni cui fare riferimento:

a) il termine sito contaminato si riferisce ad una zona ben definita dove la presenza di contaminazione del suolo è stata confermata e questo presenta un rischio potenziale per gli esseri umani, acqua, ecosistemi o altri recettori. Vi si possono rendere necessarie misure di gestione dei rischi, come ad esempio bonifiche, a seconda della gravità di impatti negativi sotto l’uso attuale o previsto del sito.

b) il termine sito potenzialmente contaminato si riferisce a siti dove la contaminazione inaccettabile del suolo è sospettato ma non verificato, e dove indagini dettagliate devono essere effettuate per verificare se vi sia un rischio, sempre inaccettabile, di impatti negativi sui recettori.

Va precisato che la contaminazione del suolo è causata sempre da attività umane potenzialmente inquinanti. Dai dati raccolti nel 2011-2012, la contaminazione deriva principlamente da: produzione industriale e servizi commerciali 36%; industria petrolifera 17%; rifiuti raccolti a livello comunale 15%; trattamento dei rifiuti industriali 9%. Nel restante 23% vi sono gli impianti di produzione di energia, attività militari, miniere, ecc…

I primi passi per la raccolta e le proposte di dati per possibili indicatori sono iniziati nel 1996. Dal 2001 il set di indicatori di base per i progressi nella gestione dei siti contaminati è stato definito. Da allora gli indicatori sono stati rivisti ed aggiornati varie volte. Il rapporto del 2014 è la sesta raccolta di dati ufficiali e si basa su un esercizio che contempla l’uso di circa 50 indicatori. Essi sono raggruppabili in dati che distinguono lo stato dell’ambiente come risultato di specifiche guide e pressioni (positive o negative) nonchè del loro impatto sull’ambiente stesso. Le risposte rappresentano le soluzioni (ad esempio politiche, investimenti) che mirano a migliorare – o mantenere – lo stato attuale. Un questionario è stato inviato a un totale di 39 paesi, i 28 Stati Membri dell’Unione Europea più altre nazioni. In 27 paesi, tra cui l’Italia, hanno risposto. È stato possibile aggiornare il rapporto precedente del 2007 e definire la situazione attuale di siti potenzialmente contaminati, contaminati, risanati.

I dati raccolti permettono di rispondere ai specifici quesiti:

Qual è l’estensione stimata dei siti contaminati?

Le stime per l’estensione sono disponibili per circa un terzo dei paesi esaminati. Una media di circa 4,2 siti potenzialmente contaminati sono riportati per 1.000 abitanti e circa 5,7 siti contaminati per 10.000 abitanti. Un tentativo di estrapolazione a tutta l’Europa produce una stima del numero totale di siti potenzialmente contaminati di 2,5 milioni, di cui circa il 14% (342 mila siti) contaminati che richiedono interventi di bonifica.

Quale progresso è stato compiuto nella gestione e nel controllo della contaminazione del suolo a livello locale?

Nei circa 1.170.000 siti potenzialmente contaminati identificati nei 27 paesi, equivalente al 45% dei siti potenzialmente contaminati dei 39 paesi. Circa un terzo dei siti contaminati e quindi circa il 15% del totale stimato sono stati risanati. Tuttavia, persistono differenze sostanziali nelle definizioni di sito sottostanti e interpretazioni che vengono utilizzati nei diversi paesi.

Quali sono i settori che maggiormente contribuiscono alla contaminazione del suolo?

Nel complesso, i settori produttivi industriali contribuiscono maggiormente alla contaminazione che i settori dei servizi (60% contro 32%). Le attività estrattive sono importanti fonti di contaminazione del suolo in alcuni paesi (ad esempio a Cipro e Slovacchia). Mentre uno sguardo più da vicino al settore della produzione rivela che le industrie legate al tessile, cuoio, legno e carta sono di minore importanza per la contaminazione in confronto alle industrie del metalmeccaniche. Nel settore dei servizi, le stazioni di benzina sono le fonti più frequentemente segnalate di contaminazione (15%).

Quali sono i principali inquinanti che interessano il suolo e le acque sotterranee dentro e attorno ai siti contaminati?

La distribuzione dei diversi contaminanti è simile per liquido e per matrici solide. I contaminanti più frequenti sono oli minerali e metalli pesanti. I primi sono più particolarmente dominanti in Belgio e Lituania, mentre per l’Austria predominano i metalli pesanti.

Quanto si spende per ripulire I suoli contaminati e quanto del bilancio pubblico viene utilizzato?

In media, il 42% della spesa totale per la gestione dei siti contaminati viene dai bilanci pubblici nei paesi esaminati. Si varia dal 90% in Estonia a circa il 25% in Belgio (Fiandre). Spese annuali nazionali per la gestione dei siti contaminati sono in media circa € 10 pro capite, ma varia da circa € 2 in Serbia a più di € 30 in Estonia. Ciò corrisponde a una media di € 0,4 per milione di euro del PIL nazionale. Circa il 81% delle spese nazionali annuali per la gestione dei siti contaminati viene speso per interventi di bonifica, mentre solo il 15% viene speso per le indagini sui siti. Va notato che questi risultati derivano dai dati forniti da un piccolo numero di paesi.

E l’Italia ?

Nel rapporto l’Italia, sebbene non menzioni un obiettivo politico concreto per la riduzione o eliminazione dei siti contaminati, indica come maggiori fattori di contaminazione: le attività industriali e servizi 52% ; seguite da rifiuti urbani 20% e rifiuti industriali 20%. Queste tre voci da sole arrivano a coprire oltre il 90% dei siti contaminati o potenzialmente contaminati. Nel settore dei servizi, le stazioni di benzina sono tra i più inquinanti, mentre tra le attività produttive vi sono quelle della chimica, seguita dalla petrolifera, energetica, metalmeccanica. Tra i maggiori inquinanti della matrice solida troviamo al primo posto i metalli pesanti seguiti da oli minerali, idrocarburi policiclici aromatici, idrocarburi clorinati e idrocarburi aromatici. Nella matrice liquida troviamo sempre i metalli pesanti seguiti dagli idrocarburi clorinati, dagli oli minerali e dagli idrocarburi aromatici.

Come detto all’inizio, il rapporto offre una fotografia della situazione e richiama l’attenzione dei Governi al fine di prendere le iniziative necessarie alla salvaguardia della salute dei suoi cittadini e dell’ambiente.

Rapa Nui
(pedologi per Salviamo il Paesaggio)

Un commento

  1. 22 novembre 2014
    Butto giù qualche considerazione così come viene. Abbiamo visto tutti in questi giorni gli abitanti di Casale Monferrato con in mano i cartelli che domandavano in quanti dovranno ancora morire. Mi veniva da chiedermi: ma non sarà ormai troppo tardi?
    Ricordo bene che 30 anni fa a parlare di eternit e della sua pericolosità (come di tanti altri inquinanti e cancerogeni, evidentemente Seveso non aveva insegnato nulla) si passava per “cassandre” (dimenticando che Cassandra, purtroppo per i troiani aveva avuto ragione) o roba del genere. Si parva licet, chi in questi anni ha denunciato la presenza di rifiuti tossici sotto il manto stradale della A31 (Basso vicentino) è stato definito, nella migliore delle ipotesi “ecologista romantico e bucolico”, nella peggiore “ambientalista talebano” (almeno tra le definizioni riferibili, parlo per esperienza personale).
    Mi viene spontaneo pensare che tra 30 anni (ma anche meno, secondo Medicina Democratica cromo e nichel dovrebbero andare in falda tra 10-15 anni) i nostri figli e nipoti si troveranno a denunciare i guasti di questo recente ecocidio nordestino e a porsi analoghe domande sul loro futuro.
    Significativo poi come in questi giorni la cosa venga trattata dalla stampa locale. A parte il GdV che è notoriamente sul libro paga di chi opera nel settore, il giornale diocesano (“La Voce dei Berici”) si preoccupa di tranquilizzare, coprire, lenire, edulcorare…Dice in sostanza che se i rifiuti illegali restassero dove sono ora (sotto l’asfalto) non ci sarebbero pericoli. Dimenticando che quando piove fuoriescono e comunque penetrano nel terreno e in falda…
    Chiudo e segnalo in rete
    “Gianni sartori A31: autostrada, discarica o infrastruttura militare” (vedi sul sito DalMolin oppure su CSA Arcadia)
    buona lettura (NB risale ad almeno tre anni fa…quando forse si poteva ancora bonificare)
    ciao
    Gianni Sartori

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