Secondo il T.A.R. Campania i piani paesistici prevalgono su tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica

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Importante conferma dell’autorevole linea interpretativa giurisprudenziale che vede i piani paesistici o piani territoriali paesistici (strumenti equipollenti a livello giuridico) quali più importanti strumenti di pianificazione ambientale e territoriale.

Il T.A.R. Campania, con sentenza sede Napoli, Sez. VI, 8 ottobre 2014, n. 5186, ha ribadito che i vede i piani paesistici o piani territoriali paesistici prevalgono su tutti gli strumenti di pianificazione di tipo urbanistico (P.U.C., P.R.G., ecc.) e possono imporre limiti di carattere generale e puntuali prescrizioni immediatamente precettive per la tutela di valori ambientali e paesaggistici del territorio interessato.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

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TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 5186, del 8 ottobre 2014
Beni ambientali. Piani territoriali paesistici e sviluppo armonioso del territorio

I Piani territoriali paesistici, concorrono come gli altri strumenti urbanistici, ad introdurre prescrizioni per un armonioso sviluppo di intere zone che si vogliono tutelare per la particolarità ed unicità della loro bellezza, assolvendo dunque appieno una funzione anche urbanistica. I piani territoriali paesistici sono strumenti di disciplina di uso e valorizzazione dei territori assoggettati a vincoli paesaggistici che, in attuazione del principio fondamentale di cui all’art. 9 cost., prevalgono sui piani regolatori generali e sugli altri strumenti urbanistici e possono certamente imporre limitazioni di carattere generale, ovvero puntuali prescrizioni, con efficacia immediatamente precettiva a carico dei proprietari, quando siano ravvisate ragioni di tutela dei valori paesaggistici, di cui i piani stessi debbono articolare la disciplina. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

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05186/2014 REG. PROV. COLL.

05551/2006 REG. RIC.

Stemma Repubblica Italiana

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5551 del 2006, proposto da:
Anna Carannante, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Cinque, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla piazza G. Bovio n. 14;

contro

Comune di Bacoli, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

1) del provvedimento prot. 0011288 dell’11 maggio 2006, notificato il 18 maggio 2006, con cui il Responsabile del Settore XI del Comune di Bacoli comunicava alla ricorrente (recte disponeva) il rigetto dell’istanza prot. n. 10446 del 31 maggio 2004 volta a ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria;

2) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente comunque lesivo degli interessi della ricorrente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 settembre 2014 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il gravame in epigrafe la ricorrente impugna il provvedimento (n. 0011288 dell’11 maggio 2006) con cui il Comune di Bacoli ha respinto la richiesta di condono edilizio (n. 10446 del 31 maggio 2004) presentata ai sensi della legge 326/2003 ed avente ad oggetto una “struttura prefabbricata con copertura a falde, posta a cm. 80 dal piano di campagna avente superficie complessiva di mq. 89,31 ed il volume di mc. 370,57” abusivamente realizzata alla via Torre di Cappella n. 47(ex 57).

Tanto in ragione del rilevato contrasto delle dette opere con il PTP dei Campi Flegrei (articoli 11, 12 e 13 delle norme di attuazione), che non consente l’incremento dei volumi esistenti.

A sostegno del gravame deduce varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

Con memoria depositata in data 9 luglio 2014 la ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame.

All’udienza pubblica del 24 settembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Oggetto della presente controversia è il provvedimento con il quale il Comune di Bacoli ha rigettato l’istanza di condono edilizio n. 10446 del 31 maggio 2004 presentata ai sensi della legge 326/2003 ed avente ad oggetto una “struttura prefabbricata con copertura a falde, posta a cm. 80 dal piano di campagna avente superficie complessiva di mq. 89,31 ed il volume di mc. 370,57” abusivamente realizzata alla via Torre di Cappella n. 47 (ex 57).

Tanto premesso va, anzitutto, disattesa la censura con cui il ricorrente lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento (articoli 7 e 10 bis della legge n. 241/1990).

L’infondatezza della censura in esame discende, invero, come già ripetutamente affermato da questa Sezione (cfr., tra le tante, sentenze n. 1847 del 30 marzo 2011 e n. 8776 del 25 maggio 2010) e dal giudice d’appello (cfr. Cons. Stato, sezione quarta, 5 marzo 2010, n. 1277), dalla ineluttabilità delle determinazioni assunte con il provvedimento impugnato, anche a cagione dell’assenza – come di seguito meglio evidenziato – di specifici e rilevanti profili di contestazione in ordine ai presupposti di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento giustificativo, sicchè alcuna alternativa sul piano decisionale si poneva all’Amministrazione procedente.

Dirimente in senso ostativo alle pretese attoree si rivelano, pertanto, le previsioni di cui all’art. 21 octies della legge 241/1990, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Allo stesso modo deve ritenersi immune dalle censure attoree l’ordito motivazionale in cui impinge il provvedimento impugnato, manifestamente idoneo ad evidenziare le ragioni dell’opposto diniego.

Com’è noto, la funzione che assolve la motivazione del provvedimento amministrativo consiste giustappunto nel consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico – giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un determinato provvedimento, così da porlo nella condizione di controllare il corretto esercizio del potere amministrativo e di far valere eventualmente nelle opportune sedi, giustiziali o giurisdizionali, le proprie ragioni.

Orbene, ad una piana lettura del provvedimento impugnato, emerge con particolare nitore che le specifiche informazioni veicolate nel corpo dell’atto finale sono ampiamente idonee a dar conto della traiettoria argomentativa seguita dall’Autorità procedente, la quale ha individuato le ragioni ostative alla rivendicata sanatoria nell’incompatibilità dell’opera, realizzata in area sottoposta a vincolo ambientale ai sensi del d.m. 15.12.1959, con il PTP (artt. 11, 12 e 13 delle norme di attuazione). In nessuna delle zone disciplinate dai predetti articoli (zona PI “Protezione Integrale, art. 11 – zona PIR “Protezione Integrale con Restauro Paesistico – Ambientale”, art. 12 – zona RUA “Recupero urbanistico edilizio e Restauro Paesistico ambientale”, art. 13) è ammesso l’incremento dei volumi così come realizzati dall’interessata. In particolare, le disposizioni di cui all’art. 12 delle norme di attuazione invocate dalla ricorrente nella memoria da ultimo depositata, consentono la realizzazione in zona PIR di nuovi volumi (nel limite dell’indice fondiario massimo dello 0,03 m.c./m.q.) unicamente su “suolo agricolo totalmente inedificato” ed esclusivamente da parte di “proprietari coltivatori diretti”, nonché di “affittuari o mezzadri coltivatori diretti” ossia in ipotesi che non ricorrono nella fattispecie (del resto nulla viene allegato al riguardo).

Il divisato contrasto delle opere realizzate con il regime urbanistico dell’area assume, invero, rilievo assorbente, avendo il legislatore introdotto una disciplina (art. 32 comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003) – più restrittiva rispetto a quelle precedenti – che in presenza di abusi realizzati in zone vincolate richiede il requisito aggiuntivo della conformità urbanistica delle opere realizzate in assenza o in difformità dal prescritto titolo abilitativo.

L’art. 32 comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003 esclude, infatti, dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando peraltro l’esclusione a due condizioni costituite: a) dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell’esecuzione delle opere abusive; b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Da tale ricostruzione emerge un sistema che consente la sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate solo in due ipotesi, previste disgiuntamente, costituite: a) dalla realizzazione delle opere abusive prima dell’imposizione dei vincoli; b) dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Deve quindi ritenersi che la novità sostanziale della suddetta previsione normativa sia costituita proprio dall’inserimento del requisito della conformità urbanistica all’interno della fattispecie del condono edilizio (cfr. ex multis T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011 , n. 164).

Quanto all’ambito operativo della disposizione in argomento – secondo la prevalente giurisprudenza – non occorre che i vincoli de quibus siano imposti su singoli immobili per effetto di un provvedimento puntuale, perché il generico riferimento ai “vincoli imposti … a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici” induce piuttosto a ritenere che il legislatore abbia optato per una più rigida tutela di beni sensibili che comprende anche quelli genericamente attinti da vincoli paesistici (cfr. da ultimo T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 164; T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, n. 1690/2007 cit.; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 16 marzo 2006, n. 3043).

Orbene, avuto riguardo al caso di specie, alcun elemento istruttorio consente di suffragare una tempistica di realizzazione dell’opera contestata in epoca antecedente all’imposizione del vincolo, circostanza questa espressamente negata nell’impugnato provvedimento e, peraltro, nemmeno dedotta nel ricorso.

Del pari, nel corpo del provvedimento impugnato, risulta chiaramente delineato, come già sopra evidenziato, il contrasto delle opere medesime con il regime urbanistico dell’area.

Sul punto, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, deve rilevarsi che i Piani territoriali paesistici, concorrono come gli altri strumenti urbanistici, ad introdurre prescrizioni per un armonioso sviluppo di intere zone che si vogliono tutelare per la particolarità ed unicità della loro bellezza, assolvendo dunque appieno una funzione anche urbanistica.

Come noto, i P.t.p. già previsti dall’articolo 5 della legge n. 1497/1939 , sono stati ulteriormente valorizzati dalla legge Galasso n.431/1985 ( che ha espressamente assimilato nella funzione regolatoria i Piani paesistici ai Piani Territoriali di Coordinamento recanti specifiche considerazioni dei valori paesistici ambientali), fino ad assumere una natura composita ed un contenuto complesso nell’attuale assetto normativo, quale delineato dagli articoli 143 e ss. del d.Lgs. 22.1.2004 n. 42, all’interno del quale l’ampia ed articolata funzione regolatoria da essi assolta resta presidiata dal principio cd. di prevalenza.

I piani territoriali paesistici infatti, sono strumenti di disciplina di uso e valorizzazione dei territori assoggettati a vincoli paesaggistici che, in attuazione del principio fondamentale di cui all’art. 9 cost., prevalgono sui piani regolatori generali e sugli altri strumenti urbanistici e possono certamente imporre limitazioni di carattere generale, ovvero puntuali prescrizioni, con efficacia immediatamente precettiva a carico dei proprietari, quando siano ravvisate ragioni di tutela dei valori paesaggistici, di cui i piani stessi debbono articolare la disciplina.(C.d.S. sez. VI 23.2.2011 n.1114). All’interno del descritto quadro di riferimento non può, dunque, essere revocata in dubbio la chiara attitudine delle disposizioni contenute nei piani territoriali paesistici – e nella specie il PTP dei Campi Flegrei – ad assurgere a parametro di riferimento ai fini della valutazione di compatibilità richiesta dal comma 27 lettera d) dell’articolo 32 sopra citato.

Quanto alla avvenuta presentazione della domanda di sanatoria ambientale ai sensi della legge n. 308 del 2004 questo Tribunale ha chiarito in numerose occasioni che tale condono soffre gli stessi limiti di cui al d.l. n. 269/2003 cossicchè con possono ritenersi sanabili, secondo il disposto dell’art. 32, comma 27, lett. d) di tale decreto, gli abusi edilizi ricadenti in aree sottoposte a vincoli paesistici istituiti in epoca anteriore all’esecuzione delle opere e costituenti interventi non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti paesistici (cfr. questa Sezione 12 novembre 2010, n. 24017, 8 marzo 2011, n. 1345 e sez. IV 3 gennaio 2013, n. 90). Per quanto riguarda il motivo concernente la mancata acquisizione del parere della commissione edilizia integrata va ribadito, da un lato, che tale parere non è necessario (ma, al più, facoltativo) nell’ambito delle procedure condonistiche, connotate da una spiccata specialità rispetto a quelle ordinarie di concessione del titolo edilizio (Consiglio Stato , sez. IV, 03 agosto 2010 , n. 5156) e, dall’altro, che, comunque, il parere non occorre qualora ci si limiti a operare delle valutazioni giuridiche e non tecniche (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14 gennaio 2008 , n. 195), com’è avvenuto nel caso di specie, poiché il rigetto del condono è fondato sul presupposto oggettivo dell’incompatibilità del manufatto abusivo con gli strumenti urbanistici vigenti.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto.

In ragione della mancata costituzione in giudizio del Comune di Bacoli nulla è dovuto per le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Renzo Conti, Presidente

Umberto Maiello, Consigliere

Paola Palmarini, Primo Referendario, Estensore