Progetto di rifacimento e sopraelevazione autostrada Torino-Aosta nodo idraulico Ivrea

viadotto ivrea

Il partecipato incontro pubblico svoltosi a Ivrea il 14 aprile 2015 ha permesso di evidenziare e mettere in discussione criticità e punti deboli del progetto riguardante la sopraelevazione e il rifacimento dell’autostrada Torino-Aosta (tra i km 40 e 50 di progressiva) all’interno del nodo idraulico di Ivrea.

L’intervento strutturale viene motivato da Ativa con la necessità di impedire l’allagamento dell’autostrada nel caso di eventi di piena eccezionali; inoltre Ativa sostiene che si tratta di una richiesta dell’autorità pubblica quella di rendere “trasparente” l’autostrada tramite la realizzazione di tre viadotti.

I costi per il territorio sono di tutta evidenza. Vanno dall’enorme danno al paesaggio, al consumo di suolo, agli elevati costi (con ribaltamenti pressoché certi sulle tariffe autostradali) insieme ad una cantierizzazione pesante e duratura.

La risposta di Ativa alla richiesta di intervento dell’Autorità di Bacino ci pare incomprensibile e sovradimensionata. Evidente è il conflitto tra l’interesse di un ente concessionario e il bene pubblico più in generale. L’attuazione dell’intervento prospettato, che segue l’indirizzo progettuale con il quale è stato recentemente realizzato il viadotto Marchetti, (i) pur avendo già ottenuto la favorevole valutazione di compatibilità ambientale del MIBACT, a nostro parere comprometterebbe ulteriormente ed in modo irreversibile la connotazione di un paesaggio di riconosciuta qualità percettiva.

Territorio e paesaggio sono innanzi tutto beni comuni, componenti essenziali del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità. In democrazia ogni trasformazione di rilevante impatto che incida sul benessere individuale e sociale richiede percorsi decisionali ampiamente condivisi che intercettino le espressioni di interesse di chi vive ed opera sul territorio.

Allo stesso modo, le priorità riguardanti la messa in sicurezza di un territorio dovrebbero scaturire da scelte politiche concertate, supportate dalla conoscenza dei reali fattori di rischio e dei possibili interventi di mitigazione e contenimento dei prevedibili effetti calamitosi necessari alla salvaguardia del territorio, condivise da cittadini, detentori ed amministratori di beni pubblici e privati potenzialmente a rischio. Ma ciò purtroppo non sta accadendo.

Il progetto Ativa, in quanto opzione di un privato comprensibilmente interessato ad ottimizzare il proprio profitto, non propone un reale confronto tra possibili soluzioni.

Ad esempio, nei dati di progetto idrologico utilizzati da Ativa non c’è risposta alla domanda elementare: alzare la strada o abbassare il livello di piena? Domanda da confrontare con un elementare pacchetto di minimi interventi di laminazione o casse di espansione (ivi compresi eventuali rimodellamenti dell’incile). Nulla si dice se ciò dipenda da mutate condizioni idrologico e idrauliche del bacino di monte, mentre dovrebbe costituirne il punto di partenza.

Balza agli occhi l’assenza di una rigorosa analisi costi/benefici a livello economico, sociale, ambientale e paesaggistico. Analisi che permetta effettivamente di gerarchizzare le priorità per un territorio.

Non è sostenibile dare per scontata una chiusura dell’autostrada a causa di un’abbondante nevicata (come accade costantemente) e non per allagamenti. Un problema come quello di un possibile allagamento autostradale va comunque confrontato con tutte le necessità di un territorio (di una nazione), per poter poi decidere con razionalità sui veri bisogni primari. Non si comprende perché mai nessuno si preoccupi se ad andar sott’acqua è la ferrovia, mentre diviene inaccettabile l’allagamento temporaneo di un’autostrada, dato che si tratta di allagamento e non di distruzione del manufatto.

Com’è noto, a causa dell’alluvione, nel 2000 l’autostrada si fermò per 24 ore, mentre la ferrovia rimase chiusa per ben 2 anni, con enormi disagi per i pendolari. Si ricorda inoltre che la chiusura temporanea dell’autostrada non ha interrotto i collegamenti con la Francia grazie alla statale 26. Statale che in questi anni è stata ulteriormente potenziata.

La scelta di una piena statistica (Tempo di Ritorno) all’estremità della curva intensità /durata rende il confronto molto flessibile, essendo gli eventi estremi molto differenti e variabili tra loro oltre che non facilmente determinabili. Le opere di arginatura realizzate tengono conto di eventi alluvionali eccezionali e ora non ci sembra il caso di continuare a rincorrere le piene con strutture sempre più alte, quanto, dopo aver provato a ridurre le portate a monte, pensare ad interventi validi per le portate di maggior frequenza (ivi compresa un’adeguata manutenzione), riservando il resto ad un buon governo dell’allerta rapida.

È prioritario ultimare le analisi e gli interventi già previsti sul nodo idraulico. Il comitato di coordinamento degli interventi del nodo idraulico di Ivrea ha prescritto la predisposizione di un adeguato sistema di monitoraggio che ad oggi non è stato neppure attivato. Il piano stralcio di integrazione al PAI prescrive la difesa dell’area industriale Loranzè-Colleretto rispetto alla piena del 2000 che ad oggi non risulta né finanziato né progettato. È infine necessario dar luogo ad adeguati studi a valle dell’incile a seguito delle mutate condizioni di portata e velocità sul Ribes a seguito della costruzione delle arginature del nodo a monte. Sono queste le priorità indicate dagli amministratori oltre alla necessità di realizzare uno studio sugli effetti di una piena sulle strutture a valle dell’incile.

La concessione. Piuttosto evidente è il legame tra il progetto di sopraelevazione e il rinnovo della concessione autostradale per Ativa (gruppo Gavio e costruttore Mattioda). Concessione che, al pari delle altre, l’Unione Europea vuole venga messa a gara e che trova l’ostacolo della potente lobby dei concessionari italiani. Tra i numerosi aspetti negativi del decreto cosiddetto “Sblocca Italia”, c’è anche un articolo (art. 5) che ripropone la proroga in cambio di “interventi di potenziamento, adeguamento strutturale, tecnologico ed ambientale delle infrastrutture autostradali nazionali”. Non va però dimenticato che questi atti di proroga dovranno ancora essere approvati dal Cipe, dalle competenti commissioni parlamentari e dovrà essere sentita l’Autorità di regolazione dei Trasporti. Inoltre è stato aggiunto un importante comma dal Parlamento che richiede l’attuazione di quanto previsto solo se “subordinata al rilascio del preventivo assenso da parte dei competenti organi dell’Unione Europea”. È quindi di fondamentale importanza che gli uffici competenti di Bruxelles, informati sulla situazione italiana in materia di concessioni autostradali, prevedano anche per l’Italia la gara per la scelta del gestore, così come accade in tutto il resto dell’Europa.

In conclusione le associazioni ambientaliste, soddisfatte per l’esito della serata 14 aprile 2015, ritengono che tutta la fase in progettazione del tratto autostradale, dal viadotto Marchetti a Calea di Lessolo, debba essere sottoposta ad ulteriori verifiche idrauliche, ambientali e paesaggistiche, che debba essere aperto un confronto serio con il territorio, che non debba essere realizzato nessun intervento prima di uno studio e di una analisi complessiva dell’area e che dagli elementi oggi a conoscenza ci siano tratti di autostrada dei quali non si ravvede alcuna motivazione per dar luogo ad interventi diversi da una manutenzione ordinaria e straordinaria.

Inoltre auspicano che in tempi brevi:

  1. La Regione nella persona dell’Assessore ai Trasporti apra un tavolo con tutti i portatori di interesse per rivedere per intero la progettazione in atto;
  2. Le Autorità competenti pongano un freno al vizio tutto italiano riguardante la continua reiterazione di proroghe in materia di concessioni autostradali. In tal senso si vigilerà presso le istituzioni competenti affinché ciò non possa più accadere;
  3. Si pervenga al più presto alla creazione di un “Contratto di fiume” per il bacino della Dora Baltea con la formazione di un gruppo di lavoro che coinvolga tutte le comunità locali che vivono e operano sul fiume (dalle sorgenti alla confluenza con il Po). Il protagonismo va dai singoli cittadini alle associazioni del territorio, con ruoli e compiti diversi, ma con l’obiettivo comune di condividere l’urgenza e l’importanza della prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico su tutto il bacino, tutelando al contempo il corso d’acqua e i versanti, con una riqualificazione del territorio che possa servire da volano per il rilancio del territorio.

Ivrea, maggio 2015

Le associazioni
CIPRA Italia, FAI, Italia Nostra Piemonte e Valle d’Aosta, Legambiente, Osservatorio del Paesaggio dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea e Rete degli Osservatori del Paesaggio del Piemonte, Pro Natura Piemonte, WWF Piemonte e Valle d’Aosta

info@legambientedorabaltea.it
www.legambientedorabaltea.it


2 commenti

  1. Ormai il manufatto c’è, speriamo che venga finito al più presto, sono stufo di stare in coda prima di raggiungere la Vallèe, certo per il Ribes bastavano dei semplici sottopassi, e non quel manufatto esagerato, impattante con il resto dell’ambiente.
    Sappiamo tutti che queste ditte Gavio ecct si inventano opere faraoniche
    solo per fare ulteriori profitti. Ribelliamoci!! Penso all’autostrada Mi/To ai mega svincoli, ai continui lavori, e poi… tutti parlano solo della Salerno Reggio C..

  2. Si sono già accaniti in questa zona con i capannonifici, adesso che vanno un po’ meno di moda provano con queste opere mostruose, a poco importa che una zona ancora di pregio come l’anfiteatro morenico di Ivrea sia distrutto per sempre da un punto di vista paesaggistico e ambientale…il cemento viene prima di tutto.

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