Oneri di urbanizzazione: il tossicodipendente cambia la droga…

cementificazione

(di Alessandro Mortarino)

Mi scuso, ma non riesco a trovare nessuna altra immagine più adatta per commentare la decisione del Governo Renzi – donataci a fine anno, all’interno della legge “omnibus” di Stabilità – a proposito degli oneri di urbanizzazione e al loro utilizzo da parte dei nostri Comuni.

Il 31 dicembre scadeva l’ennesima proroga e ci attendevamo un decreto che andasse, finalmente, ad annullare la possibilità di destinare le somme versate da chi realizza un intervento edilizio per sostenere la spesa corrente delle magre casse comunali (anzichè essere correttamente riservate alle sole effettive opere di urbanizzazione).

Il Governo ci ha regalato una bizzarra “polpetta avvelenata” da cui traiamo la consapevolezza che gli oneri di urbanizzazione non potranno più essere utilizzati per la “spesa corrente” del Comune, ma solo per “spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per le spese di progettazione delle opere pubbliche” …

Sembrerebbe la norma che tutti desideravamo. Ma, a ben leggere il testo della legge di Stabilità, la nostra gioia dura pochi istanti, in virtù anche di questa affermazione, discretamente sibillina, presente all’interno dei suoi 999 commi (ci riferiamo al comma 737 dell’art. 1 della L. 28/12/2015 n. 208): “… possono essere utilizzati per una quota pari al 100 % per le spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per le spese di progettazione delle opere pubbliche“.

La nuova disposizione prevede, insomma, che i proventi “possano essere utilizzati”, ma non necessariamente che “debbono essere utilizzati” per gli scopi indicati.

In parole semplici, significa che lo Stato centrale ha deciso di non decidere e di lasciare ai Comuni il potere di stabilire come e dove utilizzare i denari freschi che chi intende costruire verserà nelle casse comunali.

Fino, addirittura, al 100 % della somma incassata con gli oneri di urbanizzazione mentre, attualmente, vi era un limite al 75% del totale, che per i due terzi (il 50% del totale) potevano coprire in maniera indistinta le spese correnti del Comune e per il restante 25% le spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

In virtù di questa decisione, nel 2016 e 2017 tutta la liquidità incassata dagli enti locali attraverso gli oneri di urbanizzazione potrà quindi essere spesa al di fuori dell’ambito di intervento edilizio relativo.

Facile prevedere che un nuovo quartiere, una nuova lottizzazione, un nuovo centro residenziale non vedranno interventi da parte dei Comuni, poiché le somme incassate potranno essere utilizzate per altro, anche se non più per il funzionamento dell’intera macchina comunale (ad esempio stipendi e servizi primari ai cittadini).

Per “le spese di progettazione delle opere pubbliche“, invece, sì! Dunque in maniera diretta per la realizzazione di infrastrutture, nuovi interventi sulla viabilità, tangenziali e chi più ne ha più ne metta.

Il “Sole 24 Ore” così commenta: «Di certo non sarà difficile trovare la richiesta corrispondenza tra entrate e uscite, perché sotto la voce “manutenzioni del patrimonio” vi può rientrare pressoché tutto, dall’illuminazione pubblica all’edilizia scolastica, dagli automezzi agli edifici in genere».

Resta per noi positivo, certamente, il fatto che gli Enti locali non potranno più finanziare l’intera “macchina comunale” con il denaro fresco incassato attraverso gli oneri di urbanizzazione.

Ma lo spazio decisionale lasciato ora in mano ai Comuni è pericoloso, sbagliato, pura eutanasia. Che provocherà enormi guai e non intacca il vero nodo del problema: il flusso di cassa fa (ancora e sempre) “gola” ai Comuni, che continueranno ad essere “costretti” a svendere ulteriori porzioni di territorio libero pur di finanziarsi. E gli enormi stock di edifici vuoti, sfitti, non utilizzati resteranno – immobili … – a puntellare le nostre sempre più desolate città.

Nei prossimi anni, quindi, sarà ancora più necessario che in ogni Comune i cittadini si impegnino a “decifrare” i bilanci consuntivi e previsionali del loro ente locale e ingaggino una concreta battaglia o una vera alleanza finalizzata ad azzerare preventivamente costi inutili, sprechi, disutilità, proponendo alternative.

Il nostro tossicodipendente ci aveva giurato che quello di ieri sarebbe stato il suo ultimo “buco”. In realtà ha solo smesso di prepararsi la siringa con la sua solita “roba”, sostituendola con un’altra sostanza. Probabilmente ancora più micidiale.

Il pusher è sempre lo stesso: lo Stato/Parlamento che mette a disposizione del tossicodipendente (il nostro Comune) norme che gli consentono di drogarsi ed acquistare la “roba” (risorse finanziarie da mettere in circolo per alimentare e sostenere la spesa corrente, svendendo il territorio …).

E il Comune ha ora una nuova norma dietro cui salvaguardarsi per evitare guai …

(Per chi volesse conoscere un po’ meglio la “storia” dell’utilizzo degli oneri di urbanizzazione, rimandiamo a questa sintetica traccia:

http://www.altritasti.it/index.php/archivio/ambiente-e-territori-mainmenu-45/1257-le-casse-dei-comuni-gli-oneri-di-urbanizzazione-e-la-legge-bucalossi).

 

2 commenti

  1. Sono assolutamente d’accordo. Ed i comuni dal canto loro sono”costretti” ad usare quella leva per non sforare con i conti, con il rischio che l’urbanistica e la pianificazione territoriale diventino non lo strumento per governare il proprio territorio ma lo strumento per sanare bilanci. E ciò è tutta un’altra ottica….

  2. Credo che questa sia una delle battaglie più importanti da combattere per la capillarità delle sue ricadute, dobbiamo costringere i comuni a utilizzare gli enormi volumi abbandonati disseminati per ogni dove, con un doppio vantaggio: quello del riutilizzo e riqualificazione dell’esistente con evidenti vantaggi anche estetici e quello della mancata sottrazione di ulteriori terreni agricoli. Quindi prima di tutto riutilizzo dell’esistente, volendo si potrebbe anche stabilire un legame obbligatorio tra nuove costruzione ( dove possibili e permesse ) e demolizione di volumi esistenti corrispondenti.

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