Addio a Francesco Ghilardi

di Carla Scarsi.

Tornando a casa da un viaggio in Germania, stasera Pieve mi ha accolta con una pessima notizia.
E’ mancato l’architetto Francesco Ghilardi, e i suoi funerali si sono celebrati sabato.

Una lunghissima vita dedicata all’ambiente e alla protezione del paese che amava più di ogni altra cosa. Se Pieve oggi non è ridotta come un qualunque quartiere genovese, in gran parte lo dobbiamo proprio a lui. Un legame di affetto e stima mi legava all’architetto Ghilardi, dal quale ho imparato infinite nozioni di urbanistica, e dal quale ho raccolto molti ricordi, tesoro della sua esperienza.

Avevo scritto di lui in un numero di Creuze a proposito di una triste storia .

Credo che oggi la maniera migliore per salutarlo sia recuperare alcuni brani di un intervento che Loredana Albieri gli aveva tributato all’epoca.

Fino a qualche decennio fa ogni Comunità si riconosceva, rendeva omaggio e rispettava il proprio “Grande Vecchio“. Ancora oggi nelle comunità rurali dell’Africa è il Consiglio degli Anziani che gestisce e decide delle risorse e dei beni comuni.
La nostra attuale società sempre più frenetica e disumanizzata non ha più il tempo di ascoltare la saggezza ed il sapere degli anziani della propria comunità; anzi, meglio dire che non si riconosce neanche più come appartenente ad una “Comunità”. Siamo sempre più lanciati verso un individualismo ed egoismo esasperato, spacciato spesso come sinonimo di libertà e quindi felicità (la pubblicità ci insegna), e gli ultimi grandi vecchi saggi (Norberto Bobbio, Indro Montanelli, Enzo Biagi…) danno fastidio perché si pongono fuori dal coro e al di sopra delle parti e soprattutto non risparmiano critiche a nessuno.
Ma siamo poi così sicuri di avere questa libertà di agire secondo i nostri bisogni innanzitutto? E siamo sicuri che questo alla fine della favola ci soddisfi veramente?

Questi pensieri e queste riflessioni mi affollavano la mente mentre (un giorno) ascoltavo parlare con estremo interesse l’architetto Ghilardi.
Infatti anche la Comunità di Pieve ha i suoi “Grandi Vecchi”: uno di loro è l’architetto Francesco Ghilardi, appunto, che con i suoi oltre 90 anni ed il suo costante e attivo impegno, in una storica associazione come Italia Nostra, ha accumulato un tale sapere e conoscenza del territorio ligure che meriterebbe di essere valorizzato come patrimonio culturale da condividere.
L’abbiamo ascoltato raccontare, discutere, scaldarsi, affascinati dalla passione con cui ci raccontava la sua esperienza professionale, il suo impegno nel difendere il paese che ama e nel continuare a perseguire ideali di equità e rispetto delle regole, con la determinazione e la caparbietà di un ventenne.

E anche la Comunità di Pieve, come il resto del Paese, ha perso il suo senso di appartenenza ed invece di valorizzare ed ascoltare un personaggio come l’architetto Ghilardi lo vive con fastidio e molti in paese pensano a lui come a un “rompiscatole”.

Ma noi pensiamo che ben vengano rompiscatole come lui, che ancora oggi conduce battaglie con una tenacia, una lucidità ed un impegno veramente invidiabili e possiamo solo ringraziarlo per tutto quello che ha fatto fino ad ora. Speriamo di riuscire, anche se con modalità e mezzi diversi, a proseguire il suo impegno in difesa del territorio pievese.

Per questo vogliamo rivolgere pubblicamente un grazie sentito ed affettuoso all’architetto Ghilardi”.

3 commenti

  1. Buongiorno, vorrei associarmi al ricordo di Francesco Ghilardi. Ricevuta la notizia (vivo a Torino) avevo scritto due righe, sperando di trovare qualcuno che le pubblicasse, ma non mi era riuscito. Mi permetto di inviarle, sperando siano accettate come un gesto di affetto e riconoscenza

    La 126 di un bel rosso squillante era da tempo ferma nella piccola rimessa della deliziosa villetta nascosta fra gli ulivi sulle pendici di Pieve Ligure, e anche la patente – pervicacemente rinnovata fin oltre i 90 anni – non la usava più. Ma Francesco Ghilardi, architetto e urbanista, straordinaria memoria di fatti, misfatti e battaglie nella Riviera di Levante, non aveva perso lucidità e impegno fin quasi all’ultimo. Poi, piegato dalla perdita della moglie e della cognata, che condividevano la sua vecchiaia vivace, tradito dalla salute pure di ferro, aveva accettato l’aiuto di chi gli voleva bene e lasciato la casa progettata con amore. Se ne è andato silenziosamente pochi giorni prima di compiere 101 anni.
    Diciamolo chiaro: a parte qualche condoglianza di rito, forse in parecchi avranno tirato un sospiro di sollievo, compreso chi aveva pensato bene di querelarlo non molto tempo fa, ormai vegliardo. Decenni di rifiuti, scontri, esposti, lettere, polemiche, battaglie (più spesso perse che vinte), non lo avevano fatto amare, almeno da molti. Nessuno, ovviamente, è esente da errori di valutazione o da eccessi di zelo, ma Francesco Ghilardi, quand’anche possa averli commessi, è sempre stato mosso da profonda onestà morale e intellettuale e da una non comune conoscenza del territorio ligure (e non solo), dei suoi problemi, delle sue bellezze troppe volte ferite e offese. La sua attenzione al grande come al piccolo, dalle strade aperte a devastazione delle pendici fino al lampione fuori posto, dal parcheggio mal realizzato fino alla persiana non tradizionale, potrebbe riempire un manuale di progettazione paesaggistica – che forse avrebbe voluto scrivere e non riuscì.
    Ma Francesco era stato anche un progettista di livello, in anni quasi persi dalla memoria, con piani di ricostruzione e opere pubbliche in varie località. Ed era, come accennato, una straordinaria testimonianza non solo della trasformazione – quasi sempre negativa – del territorio, ma di vicende personali che avrebbero meritato più attento biografo: dal dolore per l’allontanamento dai corsi universitari degli amici ebrei alle bombe su Torino viste dai presidi sulle Alpi, dal camuffamento da ragazzino in pantaloni corti per sfuggire ai soldati tedeschi (la statura non certo gigantesca aiutava) alle vacanze di famiglia col padre su una improvvisata tenda da campeggio scambiata da buoni paesani per un accampamento circense. O in campo più specifico la conoscenza con personalità del livello di Ettore Sottsass. Un mondo che non c’è più ma che in in lui riviveva, insieme a un dialetto ligure parlato più volentieri di un pur ottimo italiano, con una intonazione dimenticata ormai.
    Francesco Ghilardi è stato un grande e ha lasciato una impronta di conoscenza, di progettazione – nel segno del razionalismo architettonico e della cautela ambientale – e di azione civile che il tempo gli riconoscerà. C’è da augurarsi che qualcuno recuperi questi dati e li riordini, come c’è da sperare che la vasta mole di documentazione da lui raccolta sia, nell’ovvio rispetto dei voleri quanti gli sono stati vicini con affetto e dedizione, resa in qualche misura pubblica. A lui non sono mancati negli anni incarichi ufficiali e impegni professionali significativi, insieme ad amarezze, come trasformazioni non condivise di sue opere. Il diploma che con qualche ritardo gli era giunto da Torino per i 70 anni dalla laurea è stato fra gli ultimi, graditi riconoscimenti, mentre un Paese dove (si dice) il titolo di cavaliere non si nega a nessuno non lo ha mai voluto considerare.
    Speriamo che l’amministrazione dei Beni Culturali – a cui era legato da un rapporto che si può definire scherzosamente di amore-odio e che per anni ha martellato di segnalazioni e proteste – voglia riconoscerne l’autorevolezza ponendo attenzione alle costruzioni che portano la sua firma. Sono ormai antiche, e il progettista non c’è più.

  2. l’ho conosciuto quando era presidente di Italia Nostra .Ho una foto dell’ultimo incontro due anni fa con Clara Vachina

    La prof Clara Vachina ,è mancata una settimana dopo
    -insegnante di greco e latino, è stata un personaggio importante nel Tigullio
    Presidente di Italia Nostra, negli ultimi anni viveva a casa Carbone a Lavagna conservatrice del museo.
    Ironica, determinata, concreta ha fatto tante battaglie in difesa dell’ambiente e contro la speculazione immobiliare .Il padre ,magistrato le aveva comunicato una grande sete di giustizia e molti la temevano.
    Forse qualcuno ricorda i manifesti affissi in città da un sindaco di Chiavari contro “Italia Loro” con un linguaggio leghista incomprensibile ……. per aver presentato un esposto contro quello che sarebbe poi diventato il mostro di Preli.
    Ricordo l’impegno suo e dei collaboratori nel presentare osservazioni a strumenti urbanistici ,relazioni ,comunicati alla stampa ;le sue note a margine di documenti ,leggi e sentenze. Prima di spedire controllava tutto con meticolosità; per questo sarebbe utile che l’archivio di Italia Nostra non andasse perduto per la memoria storica di Chiavari e del Tigullio. Aveva chiesto di avvalersi di giovani obiettori di coscienza al servizio militare e alcuni di loro sono ancora soci dell’associazione.
    Ricordava una sua prozia di cui sentiva parlare in famiglia :la contessa di Castiglione che era andata alla corte di Napoleone III.
    Ricordava l’arrivo di Mussolini a Chiavari quando venne a inaugurare la colonia Fara e alla colonia Fara dedicò un convegno in merito alla architettura razionalista del ventennio.
    Ricordo quando sono andato a trovarla all’ospedale e ho chiesto della prof Vachina ma nessuno sapeva che era una prof di greco ;si alzo sui cuscini e recitò a memoria un testo poetico in greco antico.
    Le ho voluto bene e abbiamo fatto tante battaglie insieme contro i mulini a vento. Per questo sono molto triste.
    rv
    incontro

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