Milano: per non consumare altro suolo, si costruisce in verticale. Ma in modo equo…

di Alessandro Mortarino.

Siamo a Milano, più precisamente alla Maggiolina, in via Stresa 22/24 angolo Piazzale Carbonari. Dal punto di vista urbanistico siamo in un quartiere residenziale, con villette e basse palazzine dotate di giardino (la Maggiolina), aree ad elevatissima densità abitativa (via Melchiorre Gioia) e una sviluppata area commerciale (via Cagliero).

Per molti anni anni qui è rimasto in piedi uno stabile (uso uffici/produttivo) via via inutilizzato e in progressivo stato d’abbandono. L’edificio oggi non c’è più: demolito per fare spazio ad un progetto di recupero, riuso dell’area, rigenerazione urbana (usate la terminologia che preferite…) che non prevede nuovo consumo di suolo. Al suo posto sorgerà una torre alta 86 metri per 25 piani, nella quale troveranno spazio circa cento appartamenti di ampiezze variabili tra 45 e 300 metri quadrati; accanto alla torre saranno, inoltre, realizzate due palazzine di due piani e un giardinetto condominiale. I lavori dovrebbero avviarsi nella prossima primavera e trovare completamento nel 2022.

Tutto bene, parrebbe: niente nuovo consumo di suolo, pieno recupero dell’esistente inutilizzato. Ma il progetto, come abbiamo già scritto all’inizio, insiste in un quartiere residenziale di villette e basse palazzine adiacente a una zona demograficamente già al limite. Quindi: decisamente “meno bene”.

Tanto che il Sole 24 ore nel raccontare le magnificenze del progetto parla di “una zona notoriamente residenziale, costellata di villette e basse palazzine con giardino, che avrà la sua torre. Milano cresce in altezza anche alla Maggiolina“.
Poco importa che i 25 piani della torre verranno “calati” in un quartiere di natura ben differente: Milano crescerà in altezza anche alla Maggiolina, volete per caso che una parte della città resti senza il suo piccolo o grande grattacielo ? Che permetterà alla città di ospitare tanti nuovi cittadini, evidentemente in coda da decenni in attesa di uno spazio abitativo disponibile e smaniosi di ampliare il computo totale dei residenti della megalopoli; ogni decimale in più potrà portare, chissà, al guinness! Eppure, secondo le stime del Sunia, a Milano vi sono almeno 70mila abitazioni sfitte…

Una città che non ha più suolo da consumare e (solo per questo) sceglie di crescere in altezza e non in larghezza. Ripetendo lo stesso errore di sempre: nuove costruzioni pensate per “nonluoghi” e non per l’armonia di quartieri caratterizzati da volto e memoria storica.

Oltre alla grande concessione del non consumo di suolo, ovviamente, c’è anche una mano di green e di equity: il gruppo Rusconi, storica impresa di costruzioni milanese (Ospedale Niguarda, sede Rai, Istituto Nazionale Tumori…) ha previsto un progetto pienamente ecosostenibile secondo i più moderni standard qualitativi della bioedilizia e per finanziare parte dei 45 milioni dell’investimento complessivo ha aderito a Concrete, piattaforma di equity crowdfunding alla quale è stata demandata una sperimentale raccolta di 750mila euro.

Ecosostenibile, equo, skyline di immagine: prepariamoci, questo è il futuro “rigenerato” delle nostre città.

E non è tutt’oro ciò che luccica…

 

8 commenti

  1. L’edeficio c’era fino ad oggi quando è cominciata la demolizione. Inoltre il problema è che è costruito su un fiume il Seveso.
    Perchè non dite mai questa cosa? Questo significa rischio idrogeologico elevatissimo.

  2. Penso che sia un insulto estetico, culturale e morale ad un quartiere così architettonicamente “umano”. Non conoscevo la Maggiolina prima di questo articolo, ho fatto un giro su Street View di Google Map e mi ha stupito, davvero bel quartiere.

    Anche se poi, in definitiva, partendo da Milano e andando in ogni direzione, in ogni dove in Lombardia, mia pare di stare a Indastria, la città industriale di “Conan il ragazzo del futuro”: ovunque capannoni industriali, fabbriche, autostrade. Un vero incubo per chi ama la natura, quindi, in definitiva, mi sento di dire che quasi tutta la Pianura Padana è già compromessa, Milano compresa.

    Quindi è si un peccato rovinare un quartiere così carino, ma è pura romanticheria parlare di “quartieri con volto e memoria storica”, assolutamente privo di senso stare qui a difendere un quartiere quando tutto intorno è devastato.

  3. dovremmo cambiare atteggiamento e concentrarci su quelli che sono i veri generatori di consumo di suolo e di malessere abitativo. L’altezza degli edifici non è un tema, a Milano da decenni a ogni generazione di grattacieli si sollevano voci impetuose e critiche che diventano silenti o addirittura compiaciute quando il rigenerato skyline viene contemplato da residenti e turisti sempre più numerosi (se mi avessero detto 10 anni fa che Milano sarebbe diventata città turistica mi sarei sbellicato dalle risate, e invece…). Non è vero che Milano ha finito il suolo da consumare: Milano non è Genova, stretta tra il mare e le montagne, Milano è nel bel mezzo della pianura, e se le grandi stirpi immobiliariste non si fossero giustamente estinte o ridimensionate, milano adesso starebbe continuando a costruire sui campi con la scusa delle case per giovani coppie o per gli studenti e i giovani professionisti o altro. I dati del SUNIA sullo sfitto sono verosimili, ma se sono quelli che conosco risalgono a un decennio fa: un’epoca storica per Milano. E Milano i record li ha già battuti e difficilmente tornerà a superare il milione e settecentomila abitanti degli anni ’70 (anche se la popolazione è in crescita sostenuta, ci mancano ancora 400.000 abitanti): faccio notare, 400.000 abitanti in più in una città che era molto più piccola di quella attuale (la Milano ’70) e per la metà occupata da fabbriche (eravamo una città industriale) che oggi sono quasi tutte trasformate in quartieri residenziali.
    Il fatto che Milano riesca o meno a fermare il consumo di suolo (e in questo momento, oggettivamente, ci sta abbastanza riuscendo) non dipende dall’altezza degli edifici e nemmeno dalla densità abitativa: Milano ha stazza e spazio per avere più abitanti e più ‘torri’. Non sono le persone e neanche le imprese il vero problema, c’è spazio per tutti… tranne che per le auto al seguito. Si avvicina il momento in cui il fattore limitante della città diventa il livello di motorizzazione di residenti e city users: qui i numeri delle città italiane sono impietosamente peggiori di quelle di ogni altra città europea, sono le auto e non le persone i grandi consumatori di spazio urbano, sono le auto private il principale limite allo sviluppo del benessere urbano. Se vogliamo fermare il consumo di suolo non guardiamo troppo in altro: guardiamo alle strade, ai piazzali, ai marciapiedi, ai parterre stradali. Sono questi, più ancora delle case sfitte, gli spazi sprecati della città costruita. E sono spazi immensi: se ogni auto in sosta occupa, mediamente 15 mq di superficie, moltiplicate per un milione, il numero di auto che ogni giorno ‘usa’ Milano… così, per parlare di numeri appropriati.

  4. Sono perfettamente d’accordo con l’articolo. L’edificio confina con un’area dall’altra parte della strada a città giardino dove non si sarebbe potuto costruire e fa parte di un’area a impianto aperto che non ha vincoli. Tuttavia doveva essere sottoposto a valutazione di impatto paesistico e la commissione per il paesaggio lo avrebbe dovuto bocciare in quanto supera il massimo impatto paesistico consentito dalla legge regionale della Lombardia.
    Probabilmente il progettista ha minimizzato la sensibilità del sito e l’impatto del progetto.
    Con la legge 380 viene considerato ristrutturazione edilizia e non vi è obbligo del mantenimento della sagoma perché l’edificio non è vincolato. Questi sono i guasti di questa legge. Inoltre il Municipio 2 non ha visto il progetto perché è stato eliminato il parere socio-ambientale in vigore con le vecchie zone perché dava fastidio agli uffici del Comune. Il parere socio-ambientale non sarebbe stato dato.
    Ho pubblicato l’articolo sulla mia pagina facebook e ho chiesto notizie al Municipio 2.

  5. che Milano, la grande città – traino non solo dell’economia nazionale ma di tutto,non può esimersi anche dal formulare e sostenere slogan appropriati. City Life mi accoglieva con uno striscione pre cantiere che diceva “cantiere ecologico”.In auto non volito,in autobus mi metto amridere.Ho guardato dietro allo striscione una “buca” di oltre 20 metri. Quanto è alto il nuovo intervento?80m? Il problema è tale nel momento in cui sono chiari i suoi presupposti: quali sono qui, quelli di sempre come per Unicredit,Generali,ed altre. che gli abitanti si incalzino (anche una lettera può fare molto…)per non lamentarsi poi come per il palazzo della regione che fonde con i riflessi solari le tapparelle dei vicini.E non si pensi ad una proposta diboscoverticale o simile che se da un lato porta il costo a mq.stratosferico e forse solo per gli amanti del “sole24ore”,dall’altro induce la vegetazione a sforzi sovra-naturali. Altro che rigenerazione (termine che sovente desidero contestare) perchè la ri-generazione deve partire da una altra ed alta parte.Bioarchitettura? Uhhh,si dice ma non si fa.Quando i vizi diventano di moda allora si trasformano in virtù.Basta abitazioni,”rigeneriamo” il rapporto città campagna.In salute, ovviamente.

  6. Non è ancora iniziato il percorso istituzionale di discussione della proposta di legge ispirata e studiata dal SIP che già lungimiranti urbanisti di casa nostra hanno fatto in tempo ad appropriarsi di un lessico a loro, evidentemente, estraneo. Ed allora i neo sostenitori del “consumo di suolo zero”, agitando una consapevolezza imprevedibile fino a poco tempo fa e sicuramente invidiabile, appropriandosi di termini innocenti, e riferibili principalmente alla necessità di fermare il cemento in presenza di eccedenza di vani abitativi e produttivi, mostrano la propria “saggezza” sparando le edificazione in altezza. Complimenti:proprio un uovo di Colombo!
    Spero che gli sforzi fatti in anni di lavoro dal SIP, alla fine, non partorisca questi risultati che leggo solo come uno sviamento da forti e convinti valori comuni. Grazie ma non abbiamo bisogno di altre “trovate”. Non ne possiamo più. Maurizio Mattioli, Porto San Giorgio

  7. “notoriamente” i soldi la fanno da padrone. Ho abitato a Genova e nemmeno li sono messi molto bene. Comunque, per restare a Milano, non se ne può più di belle frasi sul “consumo di suolo zero”, “le periferie al centro” e avanti così. Sembra di essere sempre in campagna elettorale e, sotto sotto, tutto continua come prima. Del resto un sindaco/manager che altro potrebbe fare? Luciana Bordin, Milano

  8. E questo sarebbe un esempio dei migliori…. Tra l’altro va notato l’uso dell’avverbio “notoriamente” da parte del giornalista del 24h (sanno in genere il fatto loro, quindi penso sia da escludere una svista lessicale) Notoriamente si usa di preferenza in contesti negativi (es. una zona notoriamente malfamata). Se ne deve dedurre che una zona residenziale costellata di villette e palazzine col giardino (che un tempo era detta il “quartiere dei giornalisti”, proprio per distinguerla dai dintorni densamente popolati e popolari) è un’anomalia negativa da ridurre al più presto e non una porzione di luogo storico che andrebbe preservata al meglio, e magari democratizzata nell’accesso, all’interno di una metropoli sempre più simile a tutte le altre metropoli (anche se “belle”, ovviamente). Ho abitato molti anni a Milano e quella zona la conosco. Alla Maggiolina facevamo, all’epoca della didattica attiva, le esercitazioni di “lettura della città” con i ragazzi della scuola media della vicina via Caliero . Claudia Petrucci, Genova

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