Salvaguardia di una bellezza paesaggistica protetta nel territorio di Badia Polesine (Rovigo)

Una lettera di Corrado Carone e Claudio Vallarini all’architetto Fabrizio Magani, Sovrintendente per i beni culturali e il paesaggio delle province di Verona-Vicenza-Rovigo.

Egr. Sovrintendente, i sottoscritti Corrado Carone e Claudio Vallarini, residenti in Badia Polesine, segnalano quanto segue e si appellano alla s.v. affinchè intervenga con urgenza al fine di salvaguardare una bellezza paesaggistica protetta nel territorio di Badia Polesine: la sommità arginale dell’Adige (fiume dichiarato bellezza paesaggistica e Sito di Importanza Comunitaria IT 3210042 da Verona Est a Badia Polesine soggetto a tutela ambientale ai sensi del Testo Unico sui beni culturali e il paesaggio 42-2004) nel tratto tra l’Acquedotto e la Malopera (tra gli Stanti 27 e 33, inclusi i medesimi) per un percorso complessivo di 1200 metri (diconsi milleduecento metri).

Com’è noto, entro breve tempo dovrebbero iniziare i lavori per la realizzazione di un sottopassaggio a ridosso del ponte a tre archi e quelli per il rifacimento del sedime arginale nel tratto da Badia Polesine (dallo Stante 1, al Ponte della Rosta) fino a San Martino di Venezze, interessanti un percorso di circa 50 chilometri. Le opere verrebbero realizzate nell’ambito di un più ampio intervento di percorsi ciclabili sulle sommità arginali – da Verona Est a Badia Polesine – dall’indubbio interesse turistico che pure noi condividiamo poiché porterebbe turismo e quindi benefici all’economia locale, offrendo probabilmente nuove opportunità di lavoro anche a tanti giovani che, grazie a queste forme di economia sostenibile, avrebbero la possibilità di rimanere nel loro territorio.

Ma se da una parte vengono messe in campo ingenti somme di denaro per promuovere il turismo, dall’altra non si dovrebbero arrecare danni al paesaggio. Questo vorremmo precisarlo in quanto è ancora vivo in noi il ricordo di alcuni gravi interventi effettuati o proposti sui nostri fiumi, in modo particolare sull’Adige e l’Adigetto, il più grave dei quali rimane il tentativo – paradossalmente proposto appellandosi oltretutto al Protocollo di Kyoto che promuove la produzione di energie pulite e rinnovabili – di realizzare una pericolosissima Diga sugli argini dell’Adige tra Badia Polesine e Terrazzo, ovvero un imponente progetto per la produzione di elettricità che avrebbe potuto indebolire gli antichi argini e far esondare il secondo fiume d’Italia creando un serio pericolo alla popolazione. Inoltre sarebbe scomparsa la biodiversità fluviale presente nelle numerose golene presenti tra Legnago e Badia Polesine. Un intervento sventato appena in tempo grazie alla sinergica collaborazione di cittadini ed istituzioni, che qui desideriamo ringraziare (in primis il Comitato contro la Diga, quindi i Comuni di Castagnaro, Lusia, Barbona, San Martino di Venezze, Cavarzere ed il Consorzio di Bonifica di Rovigo).

Assistemmo quindi, attorno al 2000, ad un grande intervento denominato Il fiume e l’Abbazia, dove venne realizzato – nella golena di Villa d’Adige – un costoso quanto inutile BELVEDERE IN LEGNO. Un’infrastruttura turistica che aveva la finalità di mostrare la bellezza del fiume ma che si ritrova invece a mostrare… una barriera di Salici. Un altro aspetto inadeguato di questo belvedere è quello che, ogni tanto, qualcuno va ad appropriarsi delle sue assi di legno. Se chi ha progettato quell’infrastuttura, anziché collocarla in una zona remota, lontana dal centro abitato, l’avesse collocata in un punto presenziato, di sicuro essa sarebbe ancora usufruibile.

Fu nel 2014 invece, che venne realizzata una POSTAZIONE PER BICICLETTE ELETTRICHE (ancora in appello al Protocollo di Kyoto) in Viale della Stazione – considerato il “biglietto da visita della città” – in area paesaggistica dell’Adigetto, per realizzare la quale venne “prontamente abbattuto” (incuranti della pioggia battente) un sanissimo ed imponente Tiglio di 60 anni… per la cronaca, il quarto Tiglio che veniva abbattuto in questa strada per realizzare una pensilina. E tutto ciò nonostante lo slogan della società promotrice del progetto, che metteva bene in vista: “Save a tree” (Salva un albero). Ultimamente questa postazione offriva l’opportunità di utilizzare “ben 2 biciclette ecologiche” sulle 8 che dovevano essere disponibili.

Infine (2016), veniva approvato un progetto di “abbellimento” del paesaggio fluviale (del costo di 37.000 Euro) che comportò anche la realizzazione di un’AULA DIDATTICA con banchi e cattedra in pietrame e rete di ferro. Noi avremmo preferito – com’è stato ottimamente realizzato a Legnago dall’associazione La Verbena dell’Adige – che nella suddetta aula didattica – tra l’altro dedicata a quella delicata figura che è Bruno Munari – si realizzassero le panche e la cattedra con tronchi d’albero – come di certo sarebbe stato gradito all’insigne quanto umile designer, che aveva un profondo rispetto per la Natura – ma essa venne realizzata in pietrame dalla poco idonea fruizione e, soprattutto, nel bel mezzo della golena di Villa d’Adige, alquanto lontana, dal punto di accoglienza dei visitatori. Questa “infrastruttura culturale” sarebbe costata alla comunità qualcosa come 5.000 Euro, ma quello che ci amareggia, è il fatto che la cattedra sia lontana 7 metri dai banchi… quante volte sino ad oggi, ci chiediamo, sarà stata utilizzata quest’aula didattica? Più di una volta oppure meno di una volta?

E’ ora è la volta (2019) di una PISTA CICLABILE, un’opera con un costo – se non erriamo – di circa 40.000 Euro al chilometro. Non è però nostra intenzione entrare nel merito dei costi, quanto occuparci esclusivamente degli aspetti paesaggistici.

A nostro parere, egr. Sovrintendente, anche in questo caso, per promuovere la viabilità ambientale e il turismo sostenibile – aspetti che, lo ripetiamo, sosteniamo pure noi – si rischia di eliminare/snaturare un elemento suggestivo di quel paesaggio tradizionale che contraddistingue anch’esso il nostro fiume.

Qualsiasi opera si intenda realizzare nel tratto interessato al S.I.C., è tuttavia soggetta al Suo autorevole parere e Nulla Osta paesaggistico, ed è per questo motivo che Le chiediamo di intervenire con urgenza per salvaguardare le peculiarità paesaggistiche del nostro territorio.

Tutto ciò lo vogliamo precisare perché, il tratto arginale dall’Acquedotto alla Malopera, è un LUOGO SUGGESTIVO, frequentato quotidianamente da decine di persone – soprattutto signore – che vi si recano per passeggiare in sicurezza e tranquillità a pochi passi dalla città, e Le chiediamo perciò di intervenire con urgenza prima che questa bellezza paesaggistica scompaia per sempre. I contrari a questo intervento di salvaguardia, ovvero coloro che vorrebbero eradicare completamente il manto erboso dalla strada arginale, sostengono che esso può provocare cadute ai ciclisti, ma noi ricordiamo che in detto tratto – per non cadere dalla bicicletta – è sufficiente rallentare la corsa, anche per il fatto che il percorso è spesso frequentato da pedoni.

Noi pensiamo che anche un umile sentiero inerbito possa valorizzare il nostro antico e fragile territorio e migliorarne l’immagine, in quanto esso può esprimere la sensibilità dei suoi amministratori pubblici e dei suoi abitanti.

In conclusione, per proteggere più adeguatamente il sentiero inerbito, a nostro parere, sarebbe necessario lasciare il percorso arginale così com’è, evitando assolutamente di modificare il manto stradale esistente nel tratto in esame, ma per soli 1200 metri sui 50 chilometri previsti dall’intervento. Dallo Stante 1 allo Stante 26 e dallo Stante 34 fino a San Martino di Venezze, invece, laddove non sussistano realtà paesaggistiche di pregio analoghe a quelle segnalate in Badia Polesine, ovvero con una discreta presenza di manto erboso, si potrebbe intervenire con la posa del nuovo manto stradale.