Per un rilancio dell’Italia dopo l’emergenza

Lettera Aperta di Italia Nostra al Presidente del Consiglio.

L’emergenza sanitaria mette a dura prova il sistema Italia, peraltro combattivo e capace di determinazione e coerenza, dimostrati meglio che di altri Stati nazionali e potenze mondiali; richiamando alle responsabilità politiche e individuali. Si condivide la tensione verso possibili condizioni di politiche alternative a livello europeo, dall’armonizzazione fiscale a nuovi piani d’investimento pubblico. Si considera la salubrità ambientale come parametro non derogabile.

Affrontare l’oggi mettendo in sicurezza la coesione del tessuto sociale ci proietta verso un domani che va fortificato e riprogettato sulla base degli inalienabili principi democratici – in un probabile scenario di sempre maggiori povertà – facendo tesoro delle peculiarità del nostro territorio; ma anche degli errori commessi. Non solo relativamente al sostenere situazioni di emergenza, quanto al pianificare e gestire le risorse al fine del bene comune. E se, con sguardo attento alla green economy, non possiamo che manifestare il nostro plauso ad una riconversione consapevole dell’accesso alle fonti energetiche nella logica prioritaria di riduzione degli sprechi, altresì manifestiamo le nostre preoccupazioni quando si intenda intervenire con impianti produttivi – se pur da fonti rinnovabili – in paesaggi preziosi e fragili o nel nostro mare chiuso. Beni questi non rinnovabili! E ne è testimonianza la Grecia con le sue isole manomesse di cui ne è stato fatto scempio nel dover corrispondere agli esattori di un pesantissimo debito pubblico.

Si conviene con il Capo del Governo che, indicando le sfide del futuro, ha detto i prossimi provvedimenti dovranno semplificare il sistema, la PA, la burocrazia, per dare impulso a investimenti pubblici e privati. Ma altresì siamo preoccupati sul come e con quali garanzie di certezza del diritto superare le rigidità strutturali che hanno impedito di dispiegare tutto il potenziale del Paese, ad esempio nel settore dell’edilizia e delle opere pubbliche.

La logica del bypassare regole per favorire l’impresa ha già avuto riscontri pesanti, in conflitto con i principi di tutela, di qualità dell’abitare e di sicurezza dell’ambiente. E anche l’impulso post bellico, che ha portato ad un iniziale boom economico, declinato nel tempo ha comportato cementificazione, sprawl urbano, non luoghi, abbandoni del costruito storico per periferie alienanti, deficit dei servizi, carenza di manutenzione delle infrastrutture, rendita urbana in mano ai privati, impoverimento.

Gli elementi distorsivi che hanno connotato le nostre città e il nostro vivere civile possono essere stigmatizzati in: una crescita incontrollata, la carenza di pianificazione, la perdita di paesaggio e di risorse, l’invasività delle urbanizzazioni e territori agricoli infiltrati con modelli edilizi impropri, le villettopoli e l’isolamento sociale, le teorie di capannoni vuoti; il business dei fondi comunitari non gestiti, il degrado della città storica, decontestualizzata, sfregiata da interventi impropri, la perdita del patrimonio di cultura e storia, privatizzazione, alienazione, alterazione del patrimonio storico, la perdita dell’archeologia industriale come sottrazione di identità, il riempimento dei vuoti urbani in carenza di un progetto complessivo, la delocalizzazione delle attività produttive per la più redditizia riconversione edilizia, ed ora gli alloggi vuoti e la carenza di edilizia pubblica, nuove periferie anonime, mal costruite e senza servizi, vecchie periferie con perdita di identità e di poli di socializzazione, il sacrificio del verde con l’impermeabilizzazione del territorio e i conseguenti dissesti, mobilità pubblica carente e congestione da traffico, inquinamento atmosferico, rendita speculativa come matrice della città, servizi ritagliati negli spazi di risulta, marginalizzazione delle persone e dei luoghi, riciclaggio del denaro sporco e imprenditorialità di mafia in ambito edilizio, la debolezza delle Amministrazioni, tra debito pubblico, collusioni, carenza di strumenti e conoscenza, la deregolazione: piani casa, condoni, assenza di controllo, gli inquinamenti e le mancate bonifiche, i grandi centri di vendita e la morte del piccolo commercio, i costi sociali del nuovo urbanizzato a carico della collettività e …altro ancora.

Mettiamocelo alle spalle. Chiediamo oggi per domani l’impegno per una strategia in mano pubblica con apporto dei privati volta a coniugare economia e tutela ambientale. Bisogna risanare la “cosa pubblica”, appoggiando le azioni dei magistrati che cercano di interrompere le reti collusive e mafiose. Occorre formare competenze e implementare il ruolo delle Soprintendenze. Occorre partecipare e allargare la cultura del bene comune. Occorre investire sull’ambiente urbano, sia nella componente fisica che in quella sociale, peraltro fortemente interrelate; investire sul recupero, sul riuso con attenzione ai valori identitari della città, sulla riconversione delle aree dismesse per saturare la domanda pregressa di servizi, senza consumare le ultime risorse di territori ancora disponibili. Disegnare la linea rossa per il non più costruibile.

C’è tanto da fare, tante opportunità di lavoro qualificato, tanto bisogno di competenze amministrative non delegate, ma esercitate, tanto bisogno di trasparenza e di certezza del diritto.

In qualità di Associazione Nazionale per la tutela del Patrimonio Storico, Artistico e Naturale della Nazione – posta la priorità di arrestare il consumo di suolo[i] e di rilanciare l’economia – chiediamo quindi un progetto lungimirante di:

tutela delle identità storiche dei nostri territori attivando e formando adeguate professionalità;

pianificazione di recupero dei centri storici e dei borghi in abbandono, favorendo iniziative locali e artigianato;

supporto e adeguamento delle Soprintendenze a garanzia di apporti adeguati e controlli;

incentivi per nuove tecnologie volte al recupero, riuso e adeguamento dell’esistente per edilizia sociale, attività produttive e di commercio;

messa in sicurezza del territorio con tecniche di ingegneria naturalistica;

valorizzazione dei paesaggi nel rispetto delle diversità fisiche e culturali, in osservanza ai piani paesaggistici;

salvaguardia dei terreni liberi a favore del comparto agricolo: agricoltura biologica e tutela delle biodiversità;

incentivi al contrasto dell’abbandono dei territori montani come alternativa alla disoccupazione giovanile e come presidi del territorio;

controllo pubblico delle amministrazioni e della comunità nella pianificazione degli interventi di rigenerazione urbana;

alternative di sburocratizzazione: controllo della “comunità” e quindi trasparenza dei processi ante, in itinere e post, nel corretto rapporto pubblico/privato.

Questa per noi è la new economy che può garantire l’indicatore BES- Benessere equo e sostenibile e favorire il PIL, che può garantire il futuro delle nuove generazioni.

Tutto ciò nella consapevolezza dell’unicità del nostro patrimonio storico, ambientale, monumentale, vero tesoro di identità e ricchezza della nostra Nazione.

Un commento

  1. Complimenti per la lettera e la presa di posizione. In un momento in cui vanno di moda le “semplificazioni mediatiche” in tutti i sensi, mi domando perché l’affermazione “Disegnare la linea rossa per il non più costruibile”, non riesca ancora a permeare. Il fatto è che oltre a Italia Nostra e Salviamo il Paesaggio, tante altre componenti sociali stanno inviando lettere al Presidente del Consiglio, strumentalizzando ed interpretando a proprio piacimento frammenti di un discorso per più ampio e coraggioso. Continuiamo a lottare.
    Maurizio Mattioli

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