Articolo 9 della Costituzione: paesaggio e patrimonio artistico non sono più soli

di Alessandro Mortarino.

L’8 febbraio 2022 la Camera dei Deputati ha approvato – con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti – la Proposta di legge costituzionale che inserisce la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi fra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana. E’ la prima modifica apportata al contributo della legislazione costituente, dunque un atto di particolare rilevanza. Essendo stata approvata a maggioranza dei due terzi del Parlamento non dovrà essere sottoposta a referendum confermativo.

Gli articoli della Costituzione modificati sono i seguenti (in corsivo e grassetto le modifiche approvate):

Articolo 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

Articolo 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.

La decisione del Parlamento ha suscitato reazioni differenti all’interno dello stesso schieramento “ambientalista”. Perchè se, da un lato, il richiamo costituzionale al valore della tutela ambientale, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali risulta da tutti apprezzato come (ulteriore) impegno della Repubblica, dall’altro lato non mancano perplessità legate al dubbio che questo passaggio istituzionale possa configurarsi come una sorta di “atto di facciata”, se non addirittura di salvifico “greenwashing”.

Già nell’aprile dello scorso anno il nostro Claudio Arbib aveva sensatamente riassunto alcune considerazioni sull’opportunità di inserire l’Ambiente fra i principi fondamentali della Carta aggiungendo un comma all’Articolo 9, riportando così il Paesaggio a un’aggettivazione dell’Ambiente, ad ambiente strutturato: una posizione configurabile come scientificamente riduttiva e politicamente inopportuna.

Arbib si domandava se in una proposta di modifica costituzionale che, fornendo anche alti riferimenti di carattere religioso e morale stabilisce il primato dell’Ambiente su ogni attività dell’uomo, non fosse opportuno intervenire sull’Articolo 2, inserendovi i diritti della natura e degli esseri viventi. Oppure sull’Articolo 4, visto che il diritto al lavoro contrasta spesso e volentieri con l’integrità dell’ambiente naturale.

Diversi giuristi ritengono che la Costituzione, nel testo attualmente vigente, già tuteli l’ambiente attraverso l’art. 117, secondo comma, lett. s), che assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali». La previsione fu introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la c.d. riforma del Titolo V: il che non sarebbe stato possibile se non vi fosse stata già una copiosa giurisprudenza costituzionale che, appunto, affermava che la tutela dell’ambiente era già implicitamente presente nella Costituzione (es. Corte cost., n. 238/1982; 210/1987; 641/1987; ecc.).

I giuristi Giuseppe Severini e Paolo Carpentieri hanno sostenuto che «affiancare la tutela dell’ambiente alla tutela del paesaggio della Nazione, significa porre sullo stesso piano, dunque equiordinare nella forma e nella sostanza, l’una nozione e funzione all’altra. L’effetto reale è di dequotare senz’altro, in pratica vanificare, il rilievo del paesaggio e della sua protezione di fronte a nuove opere che si assumono di difesa dell’ambiente-quantità: in pratica, espungendolo dalla primaria e icastica collocazione tra i principi fondamentali della Costituzione ogniqualvolta la sua difesa si ponga in concreto contrasto con la sua alterazione provocata da interventi mitigatori dell’inquinamento e dunque di contrasto al cambiamento climatico: tali o solo asseriti tali che siano. Come dire che – contro ogni ragionevolezza – il vulnus al paesaggio va non più valutato in concreto ma ora, e per categorie generali, presunto in questi casi come senz’altro inesistente».

C’è, insomma, il pericolo che, con la modifica costituzionale, la tutela del paesaggio possa trovarsi in subordine rispetto a quella ambientale e desta qualche preoccupazione il fatto che l’aggiunta «anche nell’interesse delle future generazioni» sia riferita solo alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e non a quella del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Il collegamento con uno sviluppo “forsennato” degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico a terra in primis) a danno del paesaggio stesso, è abbastanza automatico…

Va aggiunto che la modifica costituzionale stride con i continui processi di “semplificazione” delle norme autorizzative (cioè tempi più rapidi), tanto a livello centrale quanto a livello regionale, e con il continuo e progressivo indebolimento delle Soprintendenze, cioè di coloro che dovrebbero controllare e autorizzare (che sono sempre più ridotti di numero e sempre più oberati, dunque meno in grado di tutelare).

Di fondo – diciamocelo – resta la consapevolezza che nonostante il nostro “bellissimo” attuale articolo 9, in questi 75 anni il paesaggio italico abbia subito, ogni giorno, sfregi inenarrabili. Come poter pensare che la stessa sorte non subiscano anche l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi? (E senza scordarci degli animali, che la modifica costituzionale considera ma, come ricorda Mario Tozzi, in un’accezione che fa pensare esclusivamente all’animale domestico. E pone, inevitabilmente, le piante come eterne seconde anziché come la pelle viva del mondo che ci consente di respirare…).

Luca Mercalli ritiene che, come sempre accade con i grandi principi, un conto è metterli nero su bianco, un altro è renderli operativi nella vita quotidiana. «Penso soprattutto alla modifica dell’articolo 41 che tutela l’iniziativa economica privata. Teoricamente, e sottolineo teoricamente, da oggi l’iniziativa privata non potrà nuocere all’ambiente. Aspettarsi che ora questo principio venga applicato immediatamente è pura utopia. Sappiamo già che, come accade con “la pace”, con “i diritti dell’uomo”, con “l’uguaglianza”, da oggi andremo incontro solo a ulteriori violazioni della Costituzione. Sarà l’ennesimo bel principio scritto sulla carta e l’ennesima asimmetria tra quanto dichiariamo, o in questo caso scriviamo, e quanto facciamo».

Sì, la vera sfida è ora (anche) questa: fare applicare correttamente la scelta costituzionale. Tiriamoci su le maniche.

Un commento

  1. Sono d’accordo con Mercalli, le dichiarazioni di principio sono una cosa, la loro applicazione un’altra. Lo vediamo ogni giorno, e in troppi casi i “ma, però, in fondo”, permettono ogni danno ad ambiente e paesaggio. Ma NON sopporto i barocchismi dei giuristi, il fare un capello in 4, in 8, in 16, la casistica estremizzata che alla fine impedisce anche alle sane dichiarazioni di principio di essere dichiarate. Se ci sono i principi, poi facciamo di tutto perchè non restino sogni o paraventi.

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