di Patrizia Pezzuoli e Elisa Ferretti
Nel corso del 2024 a seguito del progetto di ampliamento delle casse di espansione del Fiume Secchia, tra le province di Modena e Reggio Emilia, si è compiuto il più grave ecocidio dell’Emilia Romagna, col disboscamento di una foresta rigogliosa ed estesa per 45 ettari. Il tutto attraverso i fondi del PNRR e costato 27 milioni di euro.
Il bosco esistente rappresentava una foresta ripariale e planiziale, divenuta il vero argine naturale alle piene del fiume Secchia e si trovava inoltre in parte all’interno della Riserva Naturale Orientata “Casse di espansione del Fiume Secchia”.
L’intervento, attuato da AIPO (Agenzia interregionale per il fiume PO) con l’approvazione della Regione, dell’Ente parchi Emilia Centrale e dei Comuni coinvolti (Modena, Rubiera, Campogalliano) era motivato con superiori esigenze di sicurezza idraulica. A tutt’oggi non è chiaro come l’abbattimento di centinaia di alberi possa migliorare la gestione idraulica di un fiume….

Come definito da Italia Nostra Modena, l’intervento “ha rappresentato un’alterazione permanente e interna all’alveo non compreso nella speciale esenzione dell’autorizzazione paesaggistica, col parere vincolante della Soprintendenza che aveva deciso e posto speciali condizioni: andrà garantita la massima conservazione della vegetazione presente nell’area di intervento. Le piante il cui taglio si rendesse necessario poiché interferenti con le opere di difesa idraulica andranno compensate con nuove piantumazioni di essenze arboree tipiche del paesaggio fluviale”. Una prescrizione di grande impegno, che esigeva la preventiva ricognizione di ogni pianta di cui il progetto preveda l’abbattimento e la indicazione delle vaste aree disponibili per la corrispondente piantumazione, il relativo progetto, da sottoporre poi al vaglio della stessa Soprintendenza. Una condizione cui non è stato certo dato adempimento”.
In definitiva “l’Amministrazione Comunale di Modena cui spettava il vaglio della autorizzazione paesaggistica, la Soprintendenza chiamata a rendere il parere vincolante al riguardo, la Regione Emilia-Romagna tenuta alla vigilanza sui beni paesaggistici pure attraverso l’Ente Parchi Emilia Centrale, il Gruppo Carabinieri Forestali Modena in funzione di polizia giudiziaria, avrebbero dovuto attivarsi con urgenza per fermare l’abusivo intervento in corso nella Riserva Naturale Cassa di espansione del fiume Secchia e impedire che sia portata a compimento la distruzione del bosco igrofilo”.
Solo a disastro avvenuto, perpetrato per altri 5 ettari in corso dei lavori come denunciato dal Comitato “Salviamo il Fiume Secchia”, l’assessore modenese all’Ambiente Vittorio Molinari, pur premettendo “le limitate responsabilità in capo al Comune di Modena sui fiumi, che sono in carico ad AIPO e Regione”, ha indetto un tavolo di confronto con cittadini e Comitati in data da definirsi, ribadendo però che “nel contempo non si intende disattendere al compito di tutelare e porre attenzione a sensibilità dell’ambiente naturale e sensibilità della popolazione: questa è la priorità dell’assessorato all’ambiente”.
L’episodio, non isolato poiché coinvolge anche numerosi tagli dentro i parchi pubblici della città modenese, non trova alcuna giustificazione in nome della sicurezza ma nel sospetto di speculazioni aziendali come la vendita di materia prima per la produzione di centrali a biomasse.
Soltanto ad agosto – e probabilmente a seguito dell’importante lavoro di documentazione e protesta guidato dal Comitato a cui ha aderito un gran numero di cittadini – i Comuni e l’Ente parco hanno accusato l’impresa incaricata di avere effettuato i lavori in modo difforme rispetto a quanto autorizzato, bloccando i lavori – dopo quasi 50 ettari di abbattimenti e sempre in modo ambiguo, negando i propri doveri di vigilanza e controllo.
E’ notizia degli ultimi mesi che l’impresa che ha effettuato i lavori è stata condannata a pagare una sanzione di 198.000 € al Comune di Rubiera, dopo l’indagine dei Carabinieri forestali a seguito dell’allargamento del taglio non autorizzato sulla sponda del comune reggiano.
Ma questo non rallegra nè i Comitati nè i cittadini. Il danno è enorme: un intero ecosistema spazzato via per speculare sulla vendita di legname e cippato, mentre tutti i soggetti coinvolti a vari livelli nel rilascio delle autorizzazione e nei controlli sono rimasti inermi (per incompetenza o per interesse, verrebbe da chiedersi) davanti all’attività illecita e il risultato è una perdita netta per la natura e per le comunità locali.
Solo l’attento lavoro di documentazione portato avanti dal Comitato e dai cittadini ha ridotto il danno e ha fatto sì che le responsabilità venissero a galla. Chiudiamo perciò con le parole del portavoce del Comitato “Difendiamo il parco fluviale del Secchia” a proposito di come utilizzare le somme incassate dai Comuni per la sanzione: “Sarebbe bello se si effettuasse l’esproprio di qualche ettaro di terreno agricolo al confine con le casse d’espansione per la realizzazione di un bosco ‘vergine’, che aiuterebbe il ripopolamento degli animali. Non utilizzerei questi soldi per creare qualche aiuola qua e là. Ci piacerebbe che il sindaco coinvolgesse i cittadini, magari con un’assemblea pubblica, spiegando come spenderà i soldi promessi, alla fine è un risarcimento per un danno subito da tutti noi”.
Sarebbe bello davvero.
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