Calabria – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Mon, 06 Mar 2023 20:59:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.5 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Calabria – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Calabria: l’energia sporca. Le ragioni della nostra opposizione all’eolico selvaggio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/02/calabria-lenergia-sporca-le-ragioni-della-nostra-opposizione-alleolico-selvaggio/ Mon, 27 Feb 2023 16:35:07 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15847 (Al fondo i firmatari di questo documento).

Come mai ci sono persone che si oppongono alle pale eoliche, laddove avanzano a scapito di ettari di bosco e di suolo libero dal cemento?
Perché il suolo e gli alberi assolvono funzioni indispensabili alla sopravvivenza della specie umana, e queste persone, prendendo le distanze dalla barbarie economica che affligge la nostra epoca, esprimono attaccamento alla vita, pensano che la salute collettiva – e in ultima istanza la loro stessa pelle – sia più importante di qualche miserabile affare finanziario riservato a pochi.

E come mai allora esistono tante altre persone favorevoli alla realizzazione di centrali eoliche anche nei luoghi in cui il bilancio ecologico dell’operazione risulta nettamente negativo, come accade nelle Serre calabresi?
Semplicemente perché costoro ritengono, in certi casi persino in buona fede, che la cosiddetta transizione ecologica possa ridursi a una mera transizione energetica e non debba invece perseguire soprattutto la rigenerazione dell’ecosistema terrestre (cioè della casa malandata in cui stiamo abitando) attraverso l’abbandono il più possibile rapido di un sistema economico fondato sullo spreco di risorse, sulla loro ingiusta distribuzione e su un eccesso di produzione responsabile dell’alterazione dei cicli geochimici e dell’avvelenamento dell’ambiente.

Sotto le insegne del cambiamento queste persone, in altri termini, sono alla ricerca di espedienti per continuare a fare quello che stavano già facendo, intendono munirsi di strumenti all’avanguardia per segare meglio il ramo su cui siamo seduti, e con sguardo svelto e fiducioso colgono nel dramma dell’uomo contemporaneo un risvolto positivo: il loro punto di vista è sintetizzato da Massimo Beccarello della Confindustria, il quale considera l’ambiente un grande driver della crescita delle aziende.

L’imperversante isteria da approvvigionamento energetico è in sostanza un gran polverone che punta a eludere la necessaria messa in discussione degli attuali assetti economici e sociali, e in questo quadro noi esponenti della società civile calabrese, mentre salutiamo con soddisfazione la ragionevole e confortante bocciatura da parte del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente regionale del progettato impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica denominato Carbonaio che voleva abbattersi su un’area forestale del comune di Monterosso Calabro (fa il paio, si noti bene, con il diniego ministeriale al progetto Primus di qualche anno fa), e mentre ringraziamo il delegato per la Calabria del WWF Angelo Calzone per il suo impegno sul fronte legale, sottoponiamo all’opinione pubblica alcune semplici domande.

In una regione come la Calabria, martoriata dal dissesto idrogeologico e al contempo già super produttrice di energia, con un’eccedenza addirittura del 180%, è sensato dedicarsi alla ulteriore produzione energetica passando per le stragi di alberi e suoli che generano ulteriore dissesto idrogeologico? È cosa buona e giusta per le tartassate tasche dei cittadini? Oppure forse è solo un beneficio per le capaci tasche di chi realizza gli impianti?

Considerando che 70 GigaWatt è la nuova potenza energetica da fonti rinnovabili da installare in Italia entro il 2030 e valutando il calcolo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale secondo il quale utilizzando i tetti (esclusi quelli dei centri storici) e le aree già impermeabilizzate e da bonificare si potrebbe generare una potenza da fotovoltaico di 77 GigaWatt, perché si insiste ancora sulla devastazione dei boschi e dei terreni utili a produrre cibo, per favorire quali interessi particolari in conflitto con l’interesse generale?

È logico concepire una produzione, anzi, per parlare alla moderna, un hub energetico in Calabria mentre l’energia serve a mille chilometri di distanza per realizzare quei frigoriferi e quelle lavatrici dall’obsolescenza programmata di cui vediamo poi le carcasse nei nostri torrenti, nei nostri mari e nelle nostre innumerevoli e abominevoli discariche abusive? Non sarebbe più giusto usare meno energia, prodotta magari nel centro del sistema piuttosto che nella colonia, per costruire prodotti durevoli, come quei frigoriferi degli anni cinquanta venuti fuori dall’industria italiana, ancora attivi in alcune nostre case e reduci da un percorso biografico immune da guasti e inefficienze?

Perché non si affronta seriamente il problema della dissipazione di energia prima di distruggere gli alberi e i suoli, infrastrutture di salute pubblica? Segnaliamo, per fare un esempio tra i tantissimi possibili, che in provincia di Reggio Calabria, a San Lorenzo e a Condofuri, il collettore della fogna, collocato con lungimiranza e sensibilità ambientalista nel cuore dell’ecosistema costiero, è pure posizionato contropendenza: si devono costruire pale eoliche pagate in parte dai cittadini per alimentare pompe di sollevamento pagate in toto dai cittadini oppure è meglio progettare una cloaca meno scellerata e risparmiare così energia e denaro pubblico?

E inoltre, se è vero che il 10% degli italiani più ricchi emette in media 18 tonnellate di co2 pro capite l’anno mentre il 40% dei più poveri ne emette in media solo 4, e se è vero che a livello mondiale il 10% della popolazione è responsabile del 50% delle emissioni climalteranti e il 50% della popolazione povera ne è responsabile per il 7%, possiamo porci a cuor leggero l’obbiettivo di incrementare l’energia rinnovabile senza affrontare il nesso tra la crisi ecologica e l’ingiustizia sociale?
Possiamo quindi dare per scontata e considerare legittima l’attuale fame di energia lasciando inalterato il dislivello dei consumi energetici?
Non è bene che la crisi ecologica venga affrontata in primo luogo ridimensionando le possibilità di acquisto di quelli che in larga misura la stanno perpetuando invece di flagellare e mortificare beni comuni che, con la loro capacità di assorbire co2 e fornire ossigeno, aiutano tutti noi in questo difficile frangente?

Possiamo ancora ammettere infine l’agricoltura e l’allevamento industriali, energivori e inquinanti? Le pale eoliche nelle Serre sono un danno per la collettività anche perché, peggiorando la qualità del territorio, vanificano gli sforzi di chi – a beneficio di tutti- si dedica alle filiere corte di un’agricoltura sana fondata su antichi prodotti locali e al turismo responsabile, come quello connesso al percorso del trekking Coast to coast.
La protezione dell’ambiente naturale e della biodiversità – usiamo parole di Paolo Cacciari – consiste nella cura di una precondizione della vita non disponibile, non negoziabile, non mercificabile, non monetizzabile. Ma bisogna aprire gli occhi e contribuire alla chiarezza visto che siamo entrati nella furbesca fase in cui tanti hanno imparato a cavalcare “l’onda verde” per fare soldi con l’ambiente e di conseguenza, come scrive Miguel Amoros, l’adozione del lessico ecologista da parte degli imprenditori accompagna logicamente questo processo, perché oggi il linguaggio ecologista è il linguaggio della politica e pertanto la lingua degli affari.

Tuttavia le parole non riescono a nascondere i fatti: i progetti vandalici di un tempo continuano imperterriti il loro compito distruttivo gomito a gomito con quelli nuovi, solo che tale compito si auto qualifica come “verde”. Gli interessi dominanti continuano a essere quelli della classe dominante, quantunque legittimati come affari di Stato e in difesa dell’ambiente: dietro TAV, linee ad alta tensione, dighe e autostrade previste nei loro piani, si manifestavano potenti interessi industriali e finanziari, gli stessi che oggi promuovono i parchi eolici o le centrali fotovoltaiche.
Sorretti da questa lucidità daremo filo da torcere al progetto che continua a incombere sul comune di San Vito, e i venti di morte, speriamo, non avranno la meglio anche in questo caso sui palpiti di vita.

Movimento Ambientalista delle Preserre
Angelo Calzone, delegato WWF Calabria
Club Alpino Italiano (CAI) sezione d’Aspromonte
Commissione Regionale Tutela Ambiente Montano (TAM) del CAI Calabria
Lipu Calabria
Laboratorio Territoriale San Lorenzo Condofuri
Centro Sociale Angelina Cartella – Reggio Calabria
Associazione Altro Sud
LiberaMente San Vito sullo Ionio
Associazione Kalibreria – Soverato
Cooperativa A Menzalora Petrizzi
Comitato Salviamo la Scarpina – Soverato
Associazione Primavera Andreolese
Italia Nostra Crotone
Italia Nostra Lamezia Terme
Italia Nostra “Paolo Orsi” Soverato-Guardavalle
Avamposto Agricolo Autonomo Santa Caterina
USB Calabria
SOS Rosarno
Codacons Calabria
Associazione culturale I Sognatori
Progetto Terre di Perré
Laboratorio Artigianale CateriSana
Associazione culturale Banda Pilusa Reggio Calabria-Bovalino
Stazione Ornitologica Calabrese
Terre di Vesìa – Serrata
Brigata Calabra
Sentieri d’Aspromonte Condofuri
Gioacchino Criaco, scrittore
Associazione Calabria Resistente e Solidale
Forum Ambientalista Calabria
Margherita Corrado, archeologa
Arturo Lavorato , regista
Felice D’Agostino, regista;
ANPI – Serrata, Laureana di Borrello e Galatro
Domenico Minuto, storico
Pino Fabiano, scrittore
Maria Teresa Muraca, docente presso Istituto Pratesi di Soverato.
Movimento 14 luglio Nicotera
Equo Sud
Cataldo Perri, musicista/scrittore
Coordinamento dei Movimenti per la Difesa del Territorio (CMDT)
Giuseppe Pisani, docente di scienze e micologo
Associazione Serre Trekking
Movimento Turismo del Vino Calabria
Alfonso Picone Chiodo, naturalista
Associazione Terra dei Morgeti – San Giorgio Morgeto
Ubimaior-Another Beach Project – Isola Capo Rizzuto
Associazione Le Cento Città – Crotone
Associazione culturale di volontariato Cotroneinforma – Cotronei
Centro sociale Nuvola rossa – Villa San Giovanni
Davhill Blues Band – Davoli
Pro loco di Polistena
Forum delle associazioni vibonesi
Alberto Ziparo, Università di Firenze
Società dei territorialisti e delle territorialiste

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La baia di Soverato è a rischio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/02/la-baia-di-soverato-e-a-rischio/ Fri, 18 Feb 2022 08:39:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15174 Tra il 2013 e il 2014 veniva approvato il Master Plan di “difesa delle coste” predisposto dall’Autorità di bacino regionale con l’obiettivo di mitigare il rischio di erosione della costa Calabra.

Tale piano redatto a seguito di studi generici delle problematiche regionali, non teneva conto delle peculiarità delle singole aree che, in funzione della posizione geografica e dei fattori ambientali specifici, non sempre sono accorpabili alle problematiche generali.

Un caso esemplare è dato dal litorale Soveratese e della sua baia che, dallo studio dell’evoluzione della costa, risulta addirittura in costruzione, in particolare all’interno della insenatura. Laddove è rilevabile un problema, non si va comunque a ricercarne le cause e rimuoverle, piuttosto si interviene con ulteriori “interventi tampone” che a loro volta potrebbero generare altri danni a catena.

Il progetto “Waterfront” di Soverato è stato redatto nell’anno 2019 e prevede ben 8 pennelli, di cui 7 a “T”, e una barriera emersa di ben 120 m di lunghezza x 55, posta in contiguità dell’area archeologica costiera della località San Nicola.

A queste opere è associato il progetto del porto turistico.

Il luogo individuato per il porto di Soverato è a nord della foce del fiume Ancinale, attualmente occupato dal depuratore consortile (comuni di Satriano, Soverato, Davoli e San Sostene) per il quale è stata trovata una nuova collocazione nella valle dell’Ancinale, peraltro teatro in passato di numerosi eventi alluvionali di entità catastrofiche.

Sono pertanto innegabili i rischi ambientali che ciò comporta per eventi naturali non calcolabili, così come è scontato il grande impatto ambientale e paesaggistico (per via dei collettamenti e attraversamenti dell’alveo in più punti).

Tornando al porto, gli esperti in geologia, biologia marina, oceanografia, interpellati dal comitato “Salviamo la scarpina” assicurano che, come è già accaduto per il porto di Badolato (12 km a sud di Soverato) anche a Soverato si andrebbe ad alterare l’equilibrio della costa con conseguente erosione. Per prevenire questa il progetto ha previsto una serie di opere cementizie che avrebbero inevitabili conseguenze sulle correnti all’interno del Parco marino “Baia di Soverato”.

I fondali di Soverato dovrebbero piuttosto essere tutelati in quanto habitat unico nel suo genere per la presenza dalla (Seagrasses) di Cymodocea nodosa che forma praterie dove trovano rifugio tre specie di signatidi rare e al tempo stesso tipiche del Mediterraneo: Hippocampus guttulatus, l’Hippocampus Hippocampus ed infine il pesce ago, il Signatus acus. I cavallucci marini sono organismi complessi delicati e minacciati dall’estinzione e le popolazioni di queste specie sono drasticamente crollate a Soverato negli ultimi anni in conseguenza dei pennelli già realizzati.

Tali opere hanno creato degli sconvolgimenti nel fenomeno delle correnti all’interno della baia che hanno sì favorito l’apporto di sedimento, ma hanno deviato – di fatto – le correnti nutritizie che giocano un ruolo chiave nella vita di piccole specie marine protette e l’insabbiamento della prateria di Cymodocea nodosa habitat delle tre specie di ippocampi presenti nella Baia di Soverato.

Oltre all’ambiente marino le ricadute negative si avrebbero anche sul paesaggio della baia e, indirettamente, sull’area archeologica di “Poliporto” (località San Nicola, a nord di Soverato): si tratta di una cava di macine di età tardo-romana che si estende per circa 1 Km i cui manufatti sono in parte visibili sul basso fondale e, in gran parte solo in casi eccezionali dopo forti mareggiate, sulla spiaggia. (Tale sito è sottoposto in parte a vincolo archeologico diretto e su tutta la fascia costiera che coincide con Parco marino, è imposto anche un vincolo archeologico indiretto). Da questo fondale provengono un aureo rarissimo di Lucio Vero (conservato al museo di Scolacium), numerosi chiodi e oggetti in bronzo, un monolite antico in marmo.

Inoltre, il porto distruggerebbe la duna e la zona umida della foce dell’Ancinale, luogo di sosta di uccelli migratori e piccola riserva di biodiversità; il tutto per una struttura portuale collocata a soli 12 Km da quella di Badolato e 20 Km da Catanzaro Marina. E come se non bastasse, il suddetto progetto interessa anche la pineta costiera di Soverato che insiste nella medesima area. Ben 180 alberi sono già stati brutalmente segnati per essere abbattuti.

A Soverato da poco sono iniziati i lavori per la realizzazione di due pennelli emersi a circa 800 m a nord dalla foce dell’Ancinale ma non è dato sapere se il progetto di riferimento è quello del 2019 oppure si tratta di una variante o altro ancora, visto che sul luogo non è stato posto il cartello di cantiere (previsto per legge). Altre opere dello stesso tipo sono previste sul litorale comprensoriale con chissà quali conseguenze visto che il porto di Badolato ha già causato l’erosione di buona parte dell’area SIC di Isca sullo Ionio e della duna marittima di Sant’Andrea Apostolo.

Per fronteggiare tale complicazione, a Isca sullo Ionio è stato realizzato un pennello a mare che in breve tempo ha accumulato sabbia a sud ma a nord ha divorato 80 m di territorio che comprende la spiaggia, una strada e buona parte del campeggio “Mimosa”.

Pertanto, nonostante il vincolo tutorio paesaggistico ex art. 136 del D.Lgs n. 42/04 (Codice dei Beni culturali e del paesaggio), la normativa in materia ambientale del D.Lgs n.152/06 (Codice dell’Ambiente), le misure di salvaguardia del Quadro territoriale con valenza paesaggistica (QTRP tomo 4), un Patrimonio naturalistico, archeologico e paesaggistico, appartenente alla collettività, sta diventando oggetto di interessi economici per pochi.

Consiglio Regionale Italia Nostra Calabria – presidente Angelo Malatacca

Italia Nostra “Paolo Orsi” Soverato – Guardavalle
Italia Nostra Alto Tirreno Cosentino
Italia Nostra Crotone
Italia Nostra Medio Basento
Italia Nostra Casabona
Italia Nostra Lamezia Terme
Italia Nostra Cirò
Italia Nostra Vibo Valentia
Italia Nostra Anna Rotella, archeologa
Italia Nostra Teresa Liguori, consigliere nazionale
Gruppo Archeologico Krotoniate
Gruppo Archeologico Valle dell’Amendolea
Associazione Mondo Libero – Lamezia Terme
Laboratorio Territoriale permanente di San Lorenzo e Condofuri
Associazione Banda Pilusa di Reggio C. e Bovalino
LIPU Calabria
Slow Food Soverato – Versante Ionico
Associazione culturale Altrosud
Oreste Montebello – fotografo
Margherita Corrado – senatrice, archeologa
Rossella Stocco – oceanografa, ecotossicologa, ingegnere ambientale, OSS Gioacchino Criaco – scrittore
Giuseppe Mantella – restauratore
Roberto Spadea – archeologo
Alberto Ziparo – Università di Firenze
Domenico Ferraro – Università di Roma Tor Vergata
Alfonso Picone Chiodo – naturalista
Rosalba Petrilli – dottoressa in biologia
Raffaele Farina – responsabile normativa Servizi di Informazioni Aeronautiche

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Calabria: incostituzionali le modifiche al Piano Casa http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/11/calabria-incostituzionali-le-modifiche-al-piano-casa/ Mon, 29 Nov 2021 09:17:41 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14943 La Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità delle modifiche e integrazioni al Piano Casa previste dalla L.R. Calabria n. 10/2020, a seguito del ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri per violazione degli artt. 9 e 117 Cost. secondo comma, lettera s) e del principio di leale collaborazione.

La Corte Costituzionale ha sottolineato la portata unitaria e complessa della nozione di territorio, su cui «gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni».

Secondo il ricorso del Consiglio dei Ministri, la Regione non aveva proceduto, preliminarmente, alla necessaria concertazione e condivisione con gli organi statali competenti e, quindi, violato la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e il principio di leale collaborazione e, altresì, disatteso l’impegno assunto nei confronti dello Stato di proseguire il percorso di collaborazione, determinando una riduzione dello standard di tutela del paesaggio che la Costituzione assegna allo Stato.

Qui potete leggere le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale.

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Salviamo una perla della costa tirrenica calabrese http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/09/salviamo-una-perla-della-costa-tirrenica-calabrese/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/09/salviamo-una-perla-della-costa-tirrenica-calabrese/#comments Sun, 05 Sep 2021 18:02:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14696 A cura dell’Associazione Pietro Porcinai APS onlus, Gruppo di lavoro Per Nicotera.

Chiuso da dieci anni l’ex villaggio Valtur di Nicotera Marina, sito di grande interesse architettonico e paesaggistico. Appello alle istituzioni e alle forze economiche e sociali: contro ogni speculazione diventi un polo di ecoturismo e sviluppo sostenibile.

Una fitta pineta e una spiaggia bianchissima, cellule residenziali immerse in cortili-giardino nel cuore di un ampio parco mediterraneo. Una galleria di 250 metri su tre livelli con passaggi pedonali protetti da una sequenza di archi ricoperti di rampicanti fioriti. Un sistema di dune a schermatura delle aree comuni (piscine, campi sportivi, arena spettacoli) e come filtro dai venti salmastri. Questa «grande perla da contemplare e da godere» – così la definì Bruno Zevi – è lasciata da un decennio all’incuria e al degrado. Il futuro di un angolo tra i più suggestivi della Calabria è ancora sospeso tra il silenzio delle istituzioni e le ambigue mire speculative dietro cui si scorge l’ombra della criminalità organizzata.

È l’estate 1971 quando a Marina di Nicotera viene inaugurato il complesso turistico Gioia del Tirreno. Finanziata dalla Cassa del Mezzogiorno, grazie alla legge 717/65, e progettata dal giovane architetto Pierfilippo Cidonio e dall’insigne paesaggista Pietro Porcinai, l’opera è decisamente innovativa per la compatibilità con una cornice ambientale di particolare pregio e unicità e per l’integrazione virtuosa con il contesto ambientale, pur rivendicando una sua decisa modernità.

L’insediamento ricettivo si estende su una superficie di 15 ettari. Porcinai, artefice della sua sistemazione paesaggistica, realizza un vero e proprio «restauro della natura» – sono parole sue – sul sito di un aeroporto militare dismesso, utilizzando soluzioni funzionali e tecniche orticolturali d’avanguardia. L’originale «paesaggio-parco» è oggi diventato, a cinquant’anni dalla sua realizzazione, un ecosistema mediterraneo consolidato, un tassello ecologico prezioso della Costa
degli Dei.

Inizialmente come Club Méditerranée, in seguito Villaggio Valtur con un’intensa attività, per quarant’anni assicura agli ospiti un soggiorno di qualità e l’immersione nelle bellezze naturali e nel patrimonio culturale di una terra in gran parte incontaminata. Si determinano effetti positivi anche sul tessuto economico: a metà anni ’70 il complesso dà lavoro a 550 persone (300 della comunità locale) e si contano fino a 1200 posti letto, sfiorando le centomila presenze annue. La proprietà passa nel 2006 alla Prelios, società di gestione e servizi immobiliari ex Pirelli Real Estate, ma la preziosa pineta è demaniale.

Nel 2011 cessa l’attività: manutenzioni interrotte, deterioramento degli edifici e delle attrezzature, incendi, danni alla vegetazione non più manutenuta. Un vulnus arrecato non solo a tutta la comunità locale che in quel villaggio si identificava, ma all’intero patrimonio culturale italiano.
Nel 2016 l’Associazione Pietro Porcinai, che documenta l’eccezionale, poliedrico percorso dell’architetto fiorentino e ne tramanda l’eredità progettuale, inizia uno studio di questa realtà anticipatrice dell’idea di turismo ecosostenibile. Il villaggio è in vendita, senza garanzie vincolanti sull’integrità dell’area, c’era il rischio concreto di demolizioni parziali o totali del complesso, di nuove costruzioni intensive e di interventi disorganici; insomma, la prospettiva di una perdita irrimediabile della qualità del disegno originario.

L’Associazione lancia l’allarme: denuncia l’incuria e chiede al Ministero della Cultura di riconoscerne il particolare interesse paesaggistico e architettonico, cosa che non tarda ad arrivare con il Decreto Ministeriale n. 186/2019.
A giugno 2020 un’interrogazione parlamentare sottoscritta da deputati di diverso orientamento politico chiede che si vigili sull’integrità del bene.

Ma la battaglia per salvare il villaggio e il suo habitat è ancora aperta.

Il decreto ministeriale da solo non basta. Occorre che le istituzioni (dal Consiglio Regionale al nuovo presidente della Giunta, che sarà scelto nelle elezioni del prossimo autunno, agli enti locali, al Comune di Nicotera), i partiti, i movimenti politici, le forze economiche e sociali, le associazioni e le energie interessate al riscatto e alla crescita della Calabria si pronuncino e si impegnino con determinazione per sottrarre all’abbandono il bene; si battano per proteggere le bellezze di questa terra e per valorizzarne le potenzialità rispettando – con scelte lungimiranti e coerenti – il suo patrimonio storico, culturale e ambientale.

Il villaggio realizzato secondo la visione innovativa di Porcinai, precursore di una sensibilità ecologica e di una sostenibilità ambientale dello sviluppo, offre oggi straordinarie opportunità di promozione del territorio. Investire nell’ecoturismo, in servizi ecosistemici, in attività improntate a preservare le risorse naturali (suolo, acqua, vegetazione) e a minimizzare gli impatti (la pista
ciclabile costiera in parte già esiste), è il futuro da perseguire per l’ex Gioia del Tirreno. Futuro che va costruito attraverso nuove progettualità, competenze e sinergie.

In linea con il Piano Strategico del Turismo nazionale e con il Green New Deal europeo, il recupero dell’area costituirebbe per la comunità locale e un territorio strategico per il turismo regionale, un volano significativo per l’occupazione in diversi comparti e – tasto assai delicato in un territorio che in passato ha visto per tre volte in un decennio lo scioglimento del Consiglio Comunale – sarebbe un argine ai pervasivi circuiti della criminalità organizzata. Come hanno documentato le indagini giudiziarie che hanno portato al processo in corso Rinascita-Scott e i mezzi di informazione Report, Presa Diretta, Tutta la città ne parla, Sole 24 Ore, L’Espresso, la ‘ndrangheta si è attivata per mettere le mani sull’ex Valtur per accaparrarsi il bene a prezzi stracciati e rivenderlo con la promessa di forti speculazioni edilizie.

Non è quindi il momento di indugiare e assistere inerti al degrado e alle manovre dell’economia criminale. È il momento di prendere piena consapevolezza dei pericoli che anche la vicenda ex Valtur segnala per la tutela di diritti costituzionali fondamentali: la difesa del patrimonio naturale e culturale e la piena libertà di goderne grazie a un sistema economico sano e sostenibile.

Per approfondimenti: (http://mailchi.mp/c6d12505d328/newsletter-01-febbraio-2021)

Per informazioni e adesioni: info@associazioneporcinai.org

L’appello, è stato già sottoscritto da un centinaio di esponenti dell’associazionismo, della cultura e dell’informazione tra cui Piero Badaloni, Leonardo Becchetti, Piero Bevilacqua, Ilaria Borletti Buitoni, Gian Carlo Caselli, Luciana Castellina, Stefano Ciafani, Enzo Ciconte, Nando Dalla Chiesa, Vittorio Emiliani, Roberta Filocamo, Beppe Giulietti, Riccardo Iacona, Daniele Lorenzi, Marcelle Padovani, Tonino Perna, Andrea Purgatori, Sigfrido Ranucci, Pierpaolo Romani, Sandro Ruotolo, Marino Sinibaldi, Giuseppe Smorto, Walter Veltroni, Dario Vergassola, Andrea Vianello, Alberto Ziparo.

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Ecodistretto di Villapiana (Cosenza): è o non è un monnezzaio? http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/07/ecodistretto-di-villapiana-cosenza-e-o-non-e-un-monnezzaio/ Thu, 15 Jul 2021 17:53:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14644 A cura di R.A.S.P.A., Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela.

Oltre 500 persone a Villapiana hanno preso parte al primo appuntamento in piazza per ribadire la contrarietà popolare alla realizzazione dell’ecodistretto. Il sindaco “preoccupato” per l’importante partecipazione dei villapianesi, in tarda serata, ha diramato sui social l’ennesimo comunicato dove, da una parte, ammorbidisce i toni spavaldi dei giorni scorsi contro cittadini e associazioni ambientaliste non meglio definite e, dall’altra, rilancia l’opportunità di costruire l’ecodistretto aprendo al confronto con la comunità. Ad ogni modo, il prossimo appuntamento cittadino, quello dinanzi al consiglio comunale del 20 luglio, servirà a ribadire la radicale contrarietà della comunità villapianese alla costruzione di questo inutile megaimpianto.

Ieri sera come in questi giorni, durante il nostro lavoro di volantinaggio e controinformazione, in molti ci hanno chiesto notizie più dettagliate sul cosiddetto ecodistretto. Sarebbe compito di un’Amministrazione Comunale attenta al suo territorio e ai suoi cittadini curare questo aspetto. Tuttavia, cerchiamo di sopperire noi a questo deficit permanente.

1) Quanto è grande l’area dove dovrà sorgere l’impianto?
In molti pensano che il cosiddetto ecodistretto sia una specie di piccola isola ecologica della grandezza di un classico capannone industriale. Nulla di più falso!

Le due aree prese in considerazione dallo studio di fattibilità della “Martini Associati” (la società alla quale la Regione Calabria ha affidato la parte tecnica e progettuale) sono rispettivamente di 50 mila metri quadrati e di 43 mila metri quadrati. Per una serie di ragionamenti “tecnici” le due aree, a parer dei tecnici, non risultano idonee per estensione e vincoli in essere. I tecnici, comunque, scartando la seconda area perché attraversata da incendio (quindi vincolata per legge), puntano sulla prima ma proponendo un consistente ampliamento perché insufficiente come estensione. Il layout proposto dai tecnici incaricati dalla Regione ne triplica l’estensione (vedi perimetro in arancione).

Nel riquadro in alto a destra viene riportato in rosso il perimetro originario (quello proposto dal Comune di Villapiana) che appartiene alla zona TDU2 (Ambito per nuovi impianti produttivi e commerciali) mentre in giallo è indicato il perimetro aggiuntivo, corrispondente alla zona TAF3 (ambiti agricoli a valenza paesaggistica). Questo comporterà un necessario passaggio in consiglio comunale per modificare la destinazione d’uso.

A questo punto basta semplicemente prendere come riferimento i capannoni di alcune note attività commerciali (segnate nei riquadri in giallo) per capirne la portata in termini di dimensioni e impatto.

2) Cosa verrà trattato in questo megaimpianto?
Anche in questo caso la relazione è abbastanza chiara. Ad ogni modo, basta leggere attentamente il Piano Regionale Generale dei Rifiuti per capire cosa si dovrà trattare nell’ecodistretto: umido, indifferenziato, condizionamento dei fanghi, produzione di ammendante per l’agricoltura, Combustibile Solido Secondario (quello che serve per l’inceneritore di Gioa Tauro), produzione di gas metano da biodigestione anaerobica, ecc. Per capire l’impatto di un tale impianto, basta farsi una passeggiata e andare a visitare impianti analoghi già esistenti o leggersi le carte di quelli per i quali si ha già il progetto definitivo. Oltre all’inquinamento ambientale e alle importanti problematiche legate alla salute (anche e soprattutto di chi ci dovrà lavorare), dovrebbe bastare per dire NO all’ecodistretto soltanto l’idea del lezzo nauseabondo che permanentemente invaderà l’area circostante e il vicinissimo centro abitato.

3) Quanti rifiuti arriveranno a Villapiana?
In teoria tutti quelli della provincia di Cosenza fatta eccezione per quelli prodotti nell’area urbana del cosentino. Nei fatti – e vista l’emergenza permanente del settore rifiuti in Calabria – arriverà di tutto e da tutte le parti della Calabria. Saranno centinaia i camion che stazioneranno in fila davanti all’impianti per poter scarica i rifiuti che poi verranno “momentaneamente” stoccati in apposite aree prima del trattamento per poi finire nella discarica di servizio.
La quantità di rifiuti trattati sarà impressionante! Il Piano Regionale prevede per il nuovo ecodistretto una capacità a regime di trattamento complessivo di 146 mila tonnellate all’anno tra rur, rd bio e rd secco. Sono 400 tonnellate al giorno di rifiuti trattati. Attenzione! Se non dovesse andare in porto il nuovo ecodistretto di Bucita (Rossano) ci saranno altre 116 MILA TONNELLATE ALL’ANNO che potrebbero quota-parte essere dirottate su Villapiana. Sono meccanismi di gestione dei rifiuti già in atto (vedi impianti di Lamezia Terme, Alli, ecc.). Nessuna fantasia ecoterrorista delle solite associazioni ambientaliste! D’altronde un impianto (privato e più piccolo di quello ipotizzato a Villapiana) come quella rendese di Calabria Maceri arriva a trattare fino a 750 tonnellate al giorno di rifiuti.

Infine, nessuno parla della discarica di servizio che dovrebbe essere annessa all’ecodistretto. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo anche in questa occasione: per l’ecodistretto in questione il PRGR ne prevede una della capienza complessiva di 350.000 mc. Conoscendo la drammatica storia del ciclo dei rifiuti in Calabria, difficilmente reggerà, da un punto di vista logistico, l’idea di sdoppiare ecodistretto e discarica perché questa ipotesi implicherebbe lo scarico dei resti prodotti dall’impianto in qualche altra nuova discarica ancora non definita. Ricordiamo che oggi, visti i livelli bassissimi di raccolta differenziata e l’esistenza di impianti obsoleti (del tutto simili a quelli che si vogliono costruire), in discarica arriva il 90% dei rifiuti in ingresso negli impianti stessi.

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Praia a Mare: l’area antistante la torre di Fiuzzi torni subito ai cittadini http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/04/praia-a-mare-larea-antistante-la-torre-di-fiuzzi-torni-subito-ai-cittadini/ Fri, 09 Apr 2021 21:18:08 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14454 A cura di Italia Nostra.

L’area antistante la torre di Fiuzzi estesa per mq 5.480 individuata dalle particelle n 622 e 870 del foglio di mappa n. 58 del comune di Praia a Mare e cinta da siepi, rivendicata come proprietà privata e come tale contrassegnata da cartelli, appartiene al Demanio Pubblico Marittimo e come tale costituisce un Bene Comune di tutti i cittadini che ne potranno godere.

E’ quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza della Sezione Seconda Civile del 16 ottobre 2020 , rigettando il ricorso presentato contro la Sentenza della Corte di Appello di Catanzaro Seconda Sezione Civile n. 927/2015 che già aveva riconosciuto l’appartenenza al Demanio di quell’area di Fiuzzi da sempre frequentata liberamente da tutti.

Plaudiamo al grande impegno con cui l’Agenzia del Demanio di Catanzaro ha difeso e sta difendendo il nostro territorio costiero di particolare rilevanza e pregio naturalistico e paesaggistico da appropriazioni che come in questo caso si sono rilevate indebite.
Già dal 2015, con la citata sentenza della Corte d’ Appello di Catanzaro, quest’area di Fiuzzi poteva essere restituita alla pubblica fruizione se solo il Comune di Praia a Mare , che per legge regionale gestisce il Demanio Marittimo , avesse voluto effettuare l’immissione in possesso del Bene come ha prontamente fatto con l’Isola Dino nel 2015.

Ci auguriamo che ora l’Amministrazione comunale provveda sollecitamente a recuperare il tempo perduto e a restituire immediatamente ai cittadini il possesso di questa parte importante del territorio praiese cara a tutti.

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Grandi opere. Poi furono soltanto i Fiordaliso… http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/03/grandi-opere-poi-furono-soltanto-i-fiordaliso/ Mon, 15 Mar 2021 23:12:36 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14385 di Claudio Giorno.

Grandi opere e interessi privati.

Ognuno ha le sue manie. A me, a distanza di anni dal ritiro dal lavoro (sono ormai in doppia cifra), continua a provocar piacere ‒ si fa per dire ‒ rovistare tra la spazzatura prodotta senza sosta da addetti ai lavori delle Grandi opere, finanzieri “privati” che “investono” denari rigorosamente pubblici e palazzinari che tengono in vita giornali decotti col solo scopo di influenzare il popolo sovrano rendendo desiderabili (e ultimamente Green) le colate di calcestruzzo (scadente) con cui consumano ogni anno il territorio residuo del Belpaese…

Così quando in periferia (oggi in punta dello stivale) esce una notizia che i quotidiani griffati pubblicano (quando la pubblicano) solo come nota di agenzia a piè di pagine interne e in forma rigorosamente anonima, vado a cercare qualche dettaglio nelle innumerevoli testate locali on line. Poi, se trovo un nome e cognome, provo a scriverlo su Google. E – sorpresa (anche questo si fa per dire)! – spesso scopro che i nomi, le circostanze, i “lavori” sono sempre gli stessi: nei decenni, se non nei secoli fedeli. Tutt’al più mi imbatto in qualche figlio d’arte che “ha preso tutto dal padre” il quale gli ha passato i manuali per intascar mazzette, un po’ come i grandi chef si passano le ricette. Annoto anche che, col passar degli anni, riemergono figure e cantieri del passato (si sa, le Grandi opere sono incompiute per definizione: cantiere eterno = tangenti infinite). Qualche volta lo denuncia persino il titolo del giornale che meno ti aspetti, quello che sorge ogni 24ore, che, nel caso di cui sto per dire, assume dignità di reperto archeologico, visto che risale addirittura a sette anni fa (quando ancora su possibili pandemie scrivevano – inascoltati – solo fisici, naturalisti e qualche medico controcorrente). E osservo che almeno qui si poteva fare un po’ di prevenzione, visto che con la medicina siamo al fallimento dichiarato e conclamato. Certo, la giustizia è lenta, ben più del saccheggiato Servizio Sanitario Nazionale, ma si potrebbe fare di priorità virtù. Ce lo ha insegnato il tribunale sabaudo che non si stanca di dimostrare che si possono celebrare processi a manetta e condannare pesantemente per molto meno; anche per niente, come dimostrano non poche sentenze della Corte di Cassazione che hanno cancellato secoli di detenzione nei confronti di chi ha avuto il torto di praticare il dissenso… Ma evidentemente deve esistere una deroga (non scritta) nel codice di procedura penale per i funzionari apicali di ministeri, bracci operativi del “parternariato pubblico-privato”. Individui che, colti a rubare nel 2016 o anche molto prima, vengono riscoperti con le mani infarinate a distanza di anni magari per essersi resi complici del crimine organizzato, perseguito da pochi coraggiosi magistrati.

Dalla Calabria alla Val Susa

Ma vengo alla notizia che, per avere una completa informazione [nome e dettagli, come scrivono sul sito], ho approfondito su Strettoweb.com (http://www.strettoweb.com/2021/03/reggio-calabria-favoriva-imprenditori-legati-ndrangheta-sequestro-700mila-euro-confronti-ex-funzionario-anas-nome-dettagli/1143602/): «Reggio Calabria: favoriva imprenditori legati alla ‘ndrangheta, sequestro per 700mila euro nei confronti di ex funzionario Anas. Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e delServizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, con il coordinamento della  Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno dato esecuzione a un provvedimento di sequestro di beni per un valore complessivo stimato in circa 700.000 euro nei confronti di Giovanni Fiordaliso, ingegnere, già funzionario Anas, indiziato di aver agevolato l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici di cartelli imprenditoriali connotati da contiguità mafiosa, a fronte di profitti e utilità di vario genere ricevuti quale contropartita». L’articolo, lungo e circostanziato, mette l’accento sul fatto che il nome dell’ex funzionario pubblico era emerso in numerose operazioni fin dal 2012 col coinvolgimento, senza soluzione di continuità, in reati contro la pubblica amministrazione.

Se si inserisce il nome di quel funzionario in un motore di ricerca si salta sulla sedia.

Si trova, infatti, un articolo del quotidiano di Confindustria pubblicato il 28 ottobre dell’anno di grazia 2016 (https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-10-28/la-rete-nascosta-grandi-opere-italia-063837.shtml?uuid=ADT39xkB) il cui sorprendente titolo ‒ La rete “nascosta” delle grandi opere in Italia ‒ sembrerebbe attribuibile al movimento No Tav del lato opposto dello stivale, il profondo nordovest, e che, nel riferirsi a indagini in corso tra Roma e Genova, sorprende ancor di più: «Nell’inchiesta delle procure emerge una rete di relazioni e incarichi che va oltre le opere prese in esame. I collegamenti tra imprenditori e manager si ramificano anche in altre infrastrutture lungo tutta l’Italia». I successivi nomi, sigle e cantieri hanno un che di familiare. «Giuliano Lorenzi, indagato a Genova per turbativa d’asta nella vicenda Tav, è stato anni fa anche direttore tecnico della Pedemontana lombarda)» ed è uscito di scena appena dopo l’avvio del contenzioso con Strabag, impresa austriaca ormai bene insediata in Italia tra i trafori alpini del Moncenisio e del Brennero.

Una carta geografica delle grandi opere di bene

Quindi, in una sorta di carta geografica delle grandi-opere-di-bene (per chi le realizza e ne favorisce l’iter), ecco emergere dal sottosuolo di Firenze la stazione Tav “Norman Foster”, maxicommessa su cui – tra gli altri – cercarono di mettere le mani Giandomenico Monorchio e Giampiero De Michelis, finiti in custodia cautelare per aver provato a piazzare come direttore dei lavori – indovinate un po’ ‒ Giovanni Fiordaliso, considerato l’uomo giusto per i subappalti giusti dati i rapporti nati e consolidati sulla A3, Salerno-Reggio Calabria! Ma la nomenclatura delle tangenti e dei “bancomat” non si ferma qui: nella stessa inchiesta emerge il nome di Pierpaolo Marcheselli («fratello di Giulio, professionista di Italferr – scrive il Sole 24Ore – che a Milano si è occupato della direzione dei lavori di Expo»), che aveva già subito una condanna in appello nel 2014 «per traffico di rifiuti illeciti» dentro il processo che ha visto coinvolto Cavet, il consorzio controllato da Impregilo costituito per i lavori dell’alta velocità tra Firenze e Bologna. L’accusa è che ci sia stato uno smaltimento di terre di scavo con certificazioni illegittime.

Nell’elenco di chi avrebbe almeno dovuto essere “attenzionato” e allontanato – ove riconosciuto colpevole – almeno con un “foglio di via” come quelli distribuiti generosamente agli attivisti No Tav in Val di Susa e con un divieto di dimora nei siti dove si spende denaro pubblico, emergevano all’epoca anche altre due vecchie conoscenze: Stefano Perotti, «già presente – scrive ancora il Sole – nell’inchiesta “Sistema” della Procura di Firenze», ed Ettore Pagani, «il direttore del consorzio Cociv, già arrestato per corruzione – a scriverlo è sempre il quotidiano rosa – che risultava anche essere direttore dei lavori della società Eurolink, il general contractor guidato da Impregilo incaricato dalla Società Stretto di Messina di progettare e costruire il ponte». Col che la geografia italica, isole comprese, si completa.

Non conosco l’esito finale dei procedimenti citati nell’articolo del Sole 24Ore ma a nessun giornalista viene la curiosità di fare un’inchiesta più dettagliata?

Tratto da: https://volerelaluna.it/tav/2021/03/15/grandi-opere-poi-furono-soltanto-i-fiordaliso/

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Abbiamo già dimenticato il disastro di Crotone. E ci assolviamo credendo alla “bomba d’acqua” http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/11/abbiamo-gia-dimenticato-il-disastro-di-crotone-e-ci-assolviamo-credendo-alla-bomba-dacqua/ Thu, 26 Nov 2020 21:11:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14134 di Paolo Pileri.

© Glenn Carstens-Peters – Unsplash

Sono passati solo quattro giorni dall’ennesimo disastro idrogeologico italiano, quello con epicentro a Crotone del 21 novembre 2020. Ma già ieri sera -24 novembre- per trovare le informazioni vecchie solo di tre giorni, sui principali quotidiani dovevi usare lo strumento della ricerca, perché ogni informazione e ogni aggiornamento erano spariti dalle prime pagine. Sparite. Capite? Una piaga italiana che anno dopo anno si ripresenta, noi dopo un paio di giorni la cancelliamo. Solo un anno e dieci giorni fa Venezia era sott’acqua e oggi neppure una riga per ricordarcelo. Neppure una. Tutto nel dimenticatoio. Covid-19 sta coprendo tutto e noi gli stiamo andando dietro come i topi seguivano il pifferaio.

Ora, non fraintendete: la questione Covid-19 è grave e deve avere spazio nel dibattito. Quel che voglio far emergere è che Covid-19 ha allentato diabolicamente la già bassissima attenzione sui mali strutturali del Paese di cui la sua classe dirigente (a partire da quella politica) dovrebbe sempre e prioritariamente occuparsi.
La fragilità territoriale del nostro Paese rimane un tema centralissimo e sopravviverà al Covid-19.
Il particolato sottile che uccide centinaia di persone al giorno in Italia non lo fermiamo con il vaccino e ce lo ritroveremo uguale a prima se non peggiorato.
L’asbestosi che si origina dall’amianto ancora sparso nei luoghi pubblici e nelle case private, continua ad ammazzare.

Torniamo a Crotone. Una pioggia importante ha liquefatto quel tratto di Calabria e di nuovo, come se nulla avessimo imparato, abbiamo letto che era una “bomba d’acqua”. Incredibile quanto tendiamo ad autoassolverci: ancora crediamo alla bomba d’acqua? Solo la fortuna ha fatto sì che non vi fossero vittime, ma i danni sono stati ingenti perché quando le bombe cadono e trovano un territorio fragile, abusato e mal curato, fanno danni dieci volte più grandi. Noi dobbiamo occuparci del territorio dove cade la pioggia e non prendercela con la pioggia.
Dobbiamo cambiare l’oggetto con cui ce la prendiamo.

Chissà quanti di quei danni riguardano edifici, strade, auto e parcheggi che sono stati improvvidamente realizzati in aree dove era meglio non fare nulla. E chissà quante opere di regolazione idrogeologica non sono state fatte o fatte male o ritardate. Chissà. Non si saprà mai, perché nessuno va a vedere, contare, fotografare. Sia chiaro che le cose che sto scrivendo non sono un dito puntato contro la Calabria, solo perché è la Calabria. Se la cementificazione in Calabria è fuori controllo, non lo è meno in Veneto o in Lombardia (le prime due Regioni italiane per inutile consumo di suolo).
Il controllo della filiera idrogeologica, ovvero la comprensione di che cosa accade oggi al nostro territorio nel momento in cui ci cade una gocciolina di pioggia, è una questione di cui non ci si occupa. Non tanto quanto ve ne è bisogno. Si improvvisa ogni volta. Si tampona alla meglio. Non si agisce preventivamente sulla pianificazione urbanistica e i suoi sodali fermando i loro appetiti ingordi di cemento e asfalto.

A Milano stanno realizzando (in un parco) una vasca di laminazione per frenare le esondazioni del fiume Seveso che da decenni esonda sempre di più perché a Nord la Brianza è sempre più una lastra di cemento completamente impermeabile e nessuno interviene per fermare quei piani urbanistici.
La Brianza e Crotone sono più parenti di quanto non immaginiate, legate dallo stesso cattivo uso del suolo che oggi dovremmo più propriamente chiamare usura del suolo. Sono temi di cui dovremmo parlare e non tombare dopo due giorni, come accaduto per Crotone. Il futuro del nostro Paese dovrà fare sempre più i conti con la sua natura fragile e i suoi vizi persistenti che fanno a pezzi il territorio.

Il suolo, il bosco, l’area agricola in collina, la natura non hanno il cellulare per telefonare al presidente del Consiglio per chiedergli di aprire un tavolo come fanno persino gli operatori dello sci in pieno Covid-19. Ma il telefono che non trilla da parte del territorio non è un buon motivo per distrarsi, per ignorare, per prendere le cose sottogamba. Il fatto che di Crotone non si parli più già dopo due giorni è da intendersi come una spia di allarme gravissima per tutto il Paese: stiamo imparando che è legittimo dimenticare, trascurare, fregarsene.

Lo diciamo da anni: chi vuole governare il territorio italiano deve stamparsi in testa che siamo un Paese inclinato, traballante, impermeabilizzato a dismisura e con un governo del territorio allo sbando. Che siamo cittadini con bassissima consapevolezza ecologica e ambientale (e la politica che ci rappresenta pure) e che questo è un difetto non un pregio che aiuta. Con Covid-19 la gravità della fragilità strutturale del nostro Paese è scivolata ancor più in fondo all’agenda. Invece dobbiamo avere la freddezza di non dimenticare. Di ripetere. Di tenere viva la priorità di mettere in sicurezza il territorio. Di re-immaginare di cosa deve occuparsi l’urbanistica. Vedremo quante risorse del Recovery fund (il cui nome vero è Next generation) saranno destinate alla manutenzione del territorio, a fermare il dissesto idrogeologico, a non consumare più suolo, a manutenere in ordine i fiumi, a gestire i boschi, etc. In base a quella percentuale giudicheremo la politica e la sua sensibilità per un futuro in cui vorremmo che alcune cose andassero a posto per davvero, perché lo vogliamo per davvero.

Tratto da: https://altreconomia.it/abbiamo-gia-dimenticato-crotone/

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Perché la cementificazione del lungomare di San Lorenzo, in Calabria, sarebbe una sconfitta per tutti http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/03/perche-la-cementificazione-del-lungomare-di-san-lorenzo-in-calabria-sarebbe-una-sconfitta-per-tutti/ Wed, 04 Mar 2020 21:06:10 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=13626 di Paolo Pileri.

Seicentocinquanta metri da asfaltare lungo costa per diciotto di larghezza, una delle ultime coste italiche permeabili e libere dal cemento. Più o meno così potrei sintetizzare, per quel che ho letto, la vicenda della pretesa di cementificazione del lungomare di San Lorenzo a oriente di Reggio Calabria. Una storia emblematica che non deve sfuggirci perché è occasione per tutti di imparare qualcosa. Una storia che ha tutti gli ingredienti dell’inerzia culturale di una modernità che continua a rimanere aggrappata con le unghie a un modello di sviluppo fallito da tempo ma che è l’unico che si sa usare: quello dell’asfalto.

Meno male che ci sono i giovani e le associazioni che spesso fanno la differenza, come qui. Pensare oggi che un lungomare spettacolare come quello di San Lorenzo possa essere cinturato da una strada in asfalto è follia paesaggistica. Non solo perché si va a consumare suolo e a impermeabilizzare un’area che è in gran parte naturale o ripristinabile in senso naturale e naturalistico. Non solo perché si va ad offendere di nuovo un paesaggio che porta su di sé le cicatrici di un passato che gli ha voltato le spalle, che lo ha massacrato di inutile cemento, che ha lasciato campo libero a tutti quelli che volevano specularci facendoci villette, stabilimenti balneari abusivi o legittimi in forza di leggi sbagliate, parcheggi abusivi, piastra di cemento per vendite temporanee e così via.

Non solo perché si perpetua una ricetta che è la stessa che fa scappare i giovani da quelle zone, stufi marci di un potere che ha abbruttito territori in cui loro non si sentono più a casa. Non solo perché si copre di indifferenza e di spregio gli atti ufficiali di tutela del paesaggio e dell’ambiente naturale che, ricordiamolo, prima di essere dispositivi di legge sono pilastri culturali che ricordano a tutti, sindaci e governanti compresi, che la bellezza dei nostri paesaggi è così bella e rara che si è ricorso a un atto pubblico per tutelarla così che tutti possano ricordarsene e capire (sempre che la politica in primis veda nelle tutele ambientali dei bicchieri mezzi pieni e non bicchieri mezzi vuoti e ostacoli a un’arrugginita idea di sviluppo). Non solo perché si sprecano denari pubblici per proporre interventi che tutti nel mondo della sostenibilità hanno capito che incorporano più problemi che soluzioni. Se porti auto, porti rifiuti, porti inquinamento, porti litigi, porti ingorghi, porti incidenti, porti rumore. Se porti cemento porti caldo, porti grigio (o altri colori assurdi), porti durezza, porti bruttezza.

Ma soprattutto perché una strada asfaltata, con tanto di parcheggi e svincoli, è il biglietto da visita di un modello di vita e società che è quello della insostenibilità, un modello che non fa crescere culturalmente nessuno e che ci trascina nell’abisso della sciatteria e della miseria con cui in questo Paese purtroppo abbiamo trattato spesso la bellezza. “Vandali in casa” diceva Antonio Cederna puntando il dito contro noi stessi, cittadini e politici che si lasciano convincere dal cemento perché è più facile da fare, perché è quel che abbiamo sempre fatto, perché è comodo; che si lasciano bendare gli occhi dalle lusinghe della insostenibilità diventando artefici del nostro stesso fallimento, autori di quella bruttezza in cui poi ci accasiamo rinunciando a elaborare progetti più belli, dignitosi e rispettosi del nostro paesaggio che i nostri padri costituenti hanno messo tra gli articoli fondamentali della nostra Carta costituzionale: articoli che sono le gambe sulle quali si regge il tavolo migliore di questo Paese. Fare una strada di asfalto, cemento e auto davanti al blu di un mare unico significa dire alla gente che al mare si va in auto e che la bellezza si può offendere senza colpe. Significa non essere capaci di dire ai cittadini che camminare non fa male, ma bene.

Significa rinunciare a proporre ai cittadini di migliorare e di far capire loro che nessuno sta negando l’accessibilità al mare, ma che quella accessibilità può essere oggetto di un progetto più ambizioso in cui la bellezza, il rispetto per la natura, un fondo permeabile e naturale, la quiete possono essere i materiali migliori per disegnare un modo di stare in quei luoghi che diviene la cifra di una modernità che vuole stare nel futuro e non, di nuovo, proporci nel presente gli errori malefici che abbiamo fatto fino a oggi. Con le nostre scelte progettuali, noi parliamo ai cittadini, gli insegniamo qualcosa di bello o di brutto, li aiutiamo a crescere o a perdersi. Si può lavorare lungo le nostre coste con progetti che le accarezzano senza sfregiarle, che sono capaci di portare migliaia di persone senza vomitare rifiuti e brutture, che rispettano l’idea che il mare, la natura, le coste sono un bene di tutti e prima di tutto dei cittadini e non certo delle auto e del cemento. Il lungomare San Lorenzo incorpora in sé un pezzo di una grande scommessa nazionale lungo la quale oggi possiamo svoltare pagina e crescere o incaponirci nelle fallimentari e cementizie abitudini che ci portano dritti nell’inferno dell’incultura, a obbedire al “così fan tutti”, a nascondersi dietro leggi ingiuste che ci offrono sempre qualche deroga, qualche scappatoia per non essere sostenibili, ma sempre legittimi.

Quel lungomare possiamo farlo diventare il biglietto da visita di una Calabria diversa, di un Sud diverso, di un’Italia diversa. Occorre coraggio: tutti i cambiamenti richiedono coraggio. Occorre volontà e senso civico per spezzare le catene dell’incultura e dell’abitudine al brutto. Abbiamo bisogno di politica che voglia questo, di intellettuali e cittadini che vogliano questo e non più il resto. Queste righe sono quindi un appello a desistere da quel cemento inutile che va a ferire mortalmente quell’ultimo scampolo di bellezza nella quale possiamo specchiarci ancora. Le cose cambiano, cambiandole.

Tratto da: https://altreconomia.it/san-lorenzo-cemento-lungomare/

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Un parco eolico incombe su Monte Coppari http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/12/un-parco-eolico-incombe-su-monte-coppari/ Tue, 10 Dec 2019 21:47:35 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=13365

Una delle faggete più belle e spettacolari di tutta la Calabria, conosciuta in questi ultimi anni perchè attraversata dal sentiero del Kalabria Coast to Coast (escursione di circa 35 chilometri, da San Vito sullo Jonio a Pizzo, lungo un suggestivo percorso interamente immerso nella natura alla presenza di molte specie sia di terra che volatili), un luogo magico che nel mese di settembre-ottobre si ricopre di uno spettacolare tappeto di ciclamini.

Siamo lungo il crinale di monte Coppari, zona inserita nei territori dei comuni di San Vito sullo Ionio, Polia, Monterosso Calabro e Capistrano, che a breve rischia di essere totalmente distrutta per fare spazio a “bellissime” ed “utilissime” pale eoliche che devasteranno una delle aree naturalistiche più importanti della nostra regione.

Sono previsti 6 generatori eolici con altezza di 150 metri, emissioni sonore da 65 decibel nelle aree limitrofe e valori fino ai 40 decibel per un’estensione non trascurabile dal punto di emissione.

Il progetto, fermo da anni, in questi ultimi mesi ha ripreso la sua prassi burocratica e molti faggi, ubicati proprio sulla zona del crinale di Monte Coppari, sono già stati “mappati” dai tecnici autorizzati dalla Regione Calabria.

L’Associazione Kalabria Trekking ha fatto richiesta di accesso agli atti presso i comuni di Monterosso Calabro e Capistrano per capire meglio la situazione e cercare di trovare una soluzione a questa imminente nuova “decapitazione” del meraviglioso “capitale ambientale” di cui, evidentemente, i governanti regionali non hanno ancora compreso l’importanza quale volano economico di attrazione turistica ecosostenibile che dovrebbe, al contrario, vedere uno sforzo per la valorizzazione di ogni area interna.

Per la realizzazione dell’opera sono previsti 80.000 metri quadri di scavo da movimentare nelle aree e sulla viabilità ordinaria, compreso un volume non trascurabile destinato a discarica; una pista di lavoro/strada di accesso per una lunghezza superiore ai 5 chilometri; ampie piazzole per l’installazione dei generatori, con la previsione di opere di sistemazione di versanti e relativa modifica orografica del territorio; opere di perforazioni e cementificazione superficiale per il deflusso delle acque con tubazioni e manufatti di cemento armato; cavidotto di diversi chilometri per il trasporto dell’energia che interessa un territorio più vasto, il quale sicuramente determinerà comunque delle modifiche orografiche e di impatto sul territorio. La superficie di territorio interessata è circa 8 ettari di territorio, con l’abbattimento di circa 2000 alberi.

«Noi non ci stiamo ad assistere a questo scempio – dicono i componenti di Kalabria Trekking – e faremo tutto quello che lecitamente e legalmente possibile per cercare di bloccare questo progetto assurdo. Ora serve la mobilitazione di tutti per aiutarci in questa lotta».

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