Liguria – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Wed, 06 Mar 2024 13:57:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.5 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Liguria – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Piemonte e Liguria in difesa del Monte Cerchio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/03/piemonte-e-liguria-in-difesa-del-monte-cerchio/ Wed, 06 Mar 2024 13:56:57 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16414 Gli enti locali liguri e piemontesi d’accordo: «Gestire insieme le iniziative di contrasto al progetto eolico di Monte Cerchio». Nasce il coordinamento delle associazioni. Con l’incontro di mercoledì 28 febbraio presso il Comune di Saliceto, organizzato dalla consigliera di zona della Provincia di Cuneo Annamaria Molinari, il caso del progetto di impianto eolico sulle alture del Monte Cerchio ha conquistato una nuova condizione: è diventato a tutti gli effetti un assalto che offende il territorio, unanimemente riconosciuto, che gli enti istituzionali che rappresentano i cittadini si sono convinti a contrastare…

Un coro unanime di considerazioni e pareri contrari all’iniziativa, infatti, si è levato fra gli amministratori regionali, provinciali, delle comunità e delle municipalità che hanno riempito la sala, insieme ai rappresentanti delle associazioni locali e nazionali che già avevano posto l’accento sulla controversa questione.
L’avvocato Nadia Brignone di Cairo Montenotte, che ha condotto un corposo studio sulla documentazione – invero confusa, con errori e incompleta – presentata al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e alla Commissione Tecnica per la Valutazione di Impatto Ambientale, ha esposto con considerazioni chiare ed efficaci le prospettive che la realizzazione comporterebbe. Sette pale di considerevoli dimensioni, alte oltre 200 metri, che l’azienda Windtek di Torino vorrebbe collocare al confine fra la Liguria e il Piemonte, nei territori dei Comuni di Cairo Montenotte (SV), Cengio (SV) e Saliceto (CN), non lontano dai ruderi del castello del Carretto.

Consumo di suolo e sbancamento collinare, un cantiere di trenta mesi con incremento significativo del traffico pesante, creazione di strade, piazzole e opere accessorie su terreni calanchivi con rischio idrogeologico, distruzione permanente di ecosistemi. Per di più, con la certezza della carenza di venti adeguati: cosa che non consente nemmeno di cercare di comprendere, se non accettare o giustificare, sacrifici in nome della produzione energetica rinnovabile.
Un’aggressione che è destinata a stravolgere del tutto la percezione paesaggistica di luoghi già da tempo apprezzati per la gradevolezza degli orizzonti e per un modello di sviluppo improntato alla qualità della vita a diretto contatto con l’ambiente naturale. In collegamento telefonico con la sala, con il preciso compito di affiancare le preoccupazioni dei residenti e di sostenere le iniziative che si vorranno adottare, lo stesso presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha definito con decisione l’approccio come «violenza territoriale».

Riuniti nel salone polifunzionale di Saliceto, si sono ritrovati rappresentanti piemontesi e liguri. Erano presenti il vicepresidente del Consiglio regionale subalpino Franco Graglia e il consigliere Matteo Gagliasso, il presidente della Provincia di Cuneo Luca Robaldo, la consigliera cuneese di zona Annamaria Molinari, i sindaci dei territori interessati in maniera rilevante e diretta dal posizionamento degli aerogeneratori, il padrone di casa Luciano Grignolo e i colleghi liguri Paolo Lambertini di Cairo Montenotte, con un ruolo duplice di primo cittadino e consigliere provinciale savonese, e Francesco Dotta di Cengio; oltre ad una ventina di amministrazioni comunali e alle unioni montane dell’Alta Langa e del Cebano.
Tutti si sono dichiarati contrari e sono stati invitati a sottoscrivere la segnalazione all’autorità competente, che è stata predisposta per sollecitare un approfondimento delle incongruenze, delle informazioni non corrispondenti al vero e delle omissioni rilevate nel progetto Windtek. I tempi ristretti delle procedure ministeriali ed una normativa semplificata, per favorire sia gli interventi finanziati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sia le iniziative rivolte alla transizione energetica e allo sfruttamento di risorse rinnovabili, fanno rilevare quanto sia necessario un riscontro rapido delle comunità e della politica locale.

Commentando le considerazioni espresse e i contenuti dell’incontro, anche i comitati promotori delle associazioni locali e nazionali – che già avevano cercato di sottolineare la pericolosità e i danni dell’impianto e che firmano questo comunicato – hanno espresso cauto ottimismo e soddisfazione per le prese di posizione convinte raccolte intorno al tema.
È in corso di creazione un coordinamento formale dei diversi sodalizi, che comprendono al loro interno consistenti competenze tecniche in materia legale, geologica, paesaggistica, culturale, ambientale, faunistica e naturalistica. Circoscrivere queste risorse e metterle a disposizione degli uffici delle amministrazioni come un unico interlocutore costituisce un beneficio coerente, al fine di contribuire a far fronte comune alla complessa questione.

Sostenendo le loro posizioni anche supportati da studi di approfondimento, che sono stati portati alla conoscenza dei rappresentanti istituzionali riuniti, gli esponenti delle associazioni hanno subito chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Direzione Generale Valutazioni Ambientali, inclusa la Commissione Tecnica Verifica Impatto Ambientale, di esprimere parere negativo e/o comunque respingere l’istanza presentata dalla società Windtek per il progetto di parco eolico denominato “Monte Cerchio”.
Sapendo inoltre quale importanza assuma la sostenibilità dei modelli di sviluppo in un territorio, i sodalizi firmatari del presente comunicato stampa si sono altresì incaricati di farsi proponenti di una ragionevole alternativa. Hanno pertanto chiesto alle istituzioni piemontesi e liguri di attivarsi in qualità di Enti promotori per la costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili – CER a livello locale, sulla base della normativa vigente e del recente decreto ministeriale che prevede, tra l’altro, contributi sino al 40% dei costi ammissibili. Le CER rappresentano una modalità di produzione energetica rinnovabile maggiormente sostenibile a livello economico, ambientale e sociale, con il coinvolgimento delle comunità locali, evitando speculazioni di soggetti privati e la sopraffazione sui luoghi e sulla collettività.

Tra le alternative possibili, nei giorni scorsi Pier Giorgio Giacchino – presidente dell’associazione Ala ed ex sindaco di Camerana – ha suggerito di considerare l’opzione della realizzazione di un vasto campo fotovoltaico nelle aree ex Acna di Cengio, zona che la legge 199 del 2001 potrebbe favorire offrendo “corsie privilegiate” nell’utilizzo di aree industriali dismesse o bonificate.

Tutti i principali dati del progetto

• 43,4 megawatt: è la potenza complessiva dell’impianto eolico;
• 7 aerogeneratori, ciascuno di potenza di 6,2 MW, altezza sommitale 206 metri e diametro rotore 162 metri;
• 650-760 metri sul livello del mare: fascia delle altitudini interessate dalle installazioni, che sovrasterebbero la cima più elevata dell’Alta Langa, cioè gli 896 metri sul livello del mare di Mombarcaro;
• 4 cabine elettriche;
• 208.000 metri cubi: l’entità degli scavi nel terreno ritenuti necessari alla realizzazione;
• 12 chilometri: estensione opere di connessione, piazzole, strade di accesso all’impianto e alle singole pale;
• 3.750 metri lineari: la lunghezza di un nuovo tratto di strada da realizzare su versante calanchivo
• 185 metri: lunghezza delle piazzole adibite all’installazione delle 7 pale;
• 7-10 metri: larghezza delle strade di accesso all’impianto e di collegamento delle singole pale
• +100: i proprietari di terreni coinvolti, eventualmente da esproprio, nel solo Comune di Cairo Montenotte;
• “modifica dell’orizzonte delle aree interessate”: dichiarazione testuale della società proponente Windtek;
• 36 Comuni certamente interessati dall’impatto panoramico del progetto, in Liguria e Piemonte
• trasformazione dei luoghi di interesse naturalistico e faunistico, danni agli habitat, consumo di suolo;
• prossimità a beni storico-culturali, vincolo paesaggistico che interessa il complesso dell’Alta Langa.

Le Associazioni Locali:
Associazione Ambiente 21 SdB
Associazione Culturale ODV “Il paese” – periodico roerino
Associazione Laboratorio Synthesis
Associazione per la Difesa della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro
Associazione per la Rinascita della Valle Bormida ODV
Associazione PiediXTerra
Associazione Progetto Vita e Ambiente
Canale Ecologia
Comitato CulturAmbiente
ComuneRoero ODV
Forum Salviamo il Paesaggio
L’Arvàngia – Alba, Langhe e Roero
La Porta sulle Langhe Società Cooperativa di Comunità
La Prima Langa – Osservatorio per il Paesaggio delle Valli Alta Bormida e Uzzone
La Via Aleramica APS
Laudato Si’ Bra 2 ODV
Osservatorio per la Tutela del Paesaggio di Langhe e Roero
Parco Culturale Alta Langa associazione no-profit
Valle Bormida Pulita
Valle della Scienza Onlus

Le Associazioni Nazionali:
ARI – Associazione Rurale Italiana
Associazione Nazionale Italiabio
Italia Nostra – Consiglio Regionale del Piemonte
Italia Nostra – Sezione di Alba
LIPU – Lega Italiana Protezione Uccelli – Delegazione Genova
Pro Natura – Alessandria
Pro Natura – Piemonte
WWF Italia – Delegato Liguria

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Una concezione distorta di transizione ecologica ed energetica: i grandi impianti eolici e l’Appennino nord-occidentale http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/11/una-concezione-distorta-di-transizione-ecologica-ed-energetica-i-grandi-impianti-eolici-e-lappennino-nord-occidentale/ Fri, 10 Nov 2023 10:20:04 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16195 Pubblichiamo il documento elaborato da un numeroso e vario gruppo di associazioni radicate nel territorio della catena appenninica compresa nelle province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza, in cui vengono espresse forti critiche e preoccupazioni su tre progetti di grandi impianti eolici.

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In questo ultimo scorcio del 2023 anche per la porzione nord-occidentale della catena appenninica (compresa nelle quattro province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza) torna purtroppo di attualità il tema dell’impiantistica eolica industriale sui crinali.

Nel comune di Isola del Cantone la regione Liguria ha autorizzato la costruzione di un “parco” composto da 4 aerogeneratori da 4,20 MW l’uno, per complessivi 16,80 MW di potenza, in località costa Popein, sul crinale tra valle Scrivia ligure e val Lemme piemontese. I lavori non sono ancora iniziati.

Pochi chilometri più a sud, sullo stesso confine regionale, al passo della Bocchetta, ancora la regione Liguria ha appena stabilito che non occorre sottoporre a valutazione ambientale (“VIA”) il progetto dell’impianto eolico “Monte Poggio”, in comune di Mignanego, composto da 5 aerogeneratori da 3,22 MW l’uno, per una potenza complessiva pari a 16,1 MW.

Infine, presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica è in corso la verifica amministrativa del progetto di un parco eolico, denominato “Monte Giarolo”, composto da 20 aerogeneratori, per una potenza massima complessiva di ben 124 MW, da realizzarsi nei comuni di Albera Ligure, Cabella Ligure (entrambi nell’alessandrina val Borbera) Fabbrica Curone (in val Curone, provincia di Alessandria) e Santa Margherita di Staffora (in valle Staffora, provincia di Pavia).

Parco eolico “Monte Poggio”

Per quanto riguarda il progetto di impianto eolico del “Monte Poggio”, originariamente gli aerogeneratori dovevano essere collocati in territorio piemontese, a ridosso della Zona di Protezione Speciale (“ZPS”) “Capanne di Marcarolo”. Per tutelare il più importante corridoio di migrazione primaverile dell’avifauna in ambito regionale, la regione Piemonte ha però incluso tra le misure di conservazione della ZPS il divieto di realizzare nuovi impianti eolici sia all’interno dei confini della zona di protezione, sia in un buffer di 1 km al loro esterno. L’ente gestore della ZPS aveva perciò espresso parere negativo alla richiesta di realizzare l’impianto eolico. Dopo che anche il TAR Piemonte aveva considerato legittima la delibera istitutiva del “buffer”, l’impresa ha sottoposto lo stesso progetto alla regione Liguria, con il solo accorgimento di spostare la collocazione dei macchinari di poche decine di metri, sempre entro la zona “buffer”, ma in modo da far ricadere l’impianto entro i confini del comune ligure di Mignanego. E, con il suo recente provvedimento, la regione Liguria ha affermato che le misure di conservazione e il conseguente divieto non possono trovare applicazione al di fuori del territorio piemontese.

Parco eolico “Popein”

Sempre Liguria e Piemonte sono chiamate in causa per la costruzione dell’impianto di costa Popein. Il progetto che da tempo ha ottenuto l’autorizzazione lo colloca in territorio ligure, ma prevede pesanti interventi anche nel comune piemontese di Voltaggio, per realizzarvi la viabilità di cantiere e di servizio che dovrebbe interessare la val Barca, ambiente di notevole pregio ambientale anche se privo di forme di tutela. Avallata in modo frettoloso dall’Unione montana con il rilascio di una “autorizzazione paesaggistica semplificata”, sotto molti profili questa soluzione progettuale si rivela del tutto inappropriata, tanto più se si considera che, a seguito di una sostanziale modifica etichettata come “adeguamento tecnico migliorativo”, sono cresciuti peso e volumi dei macchinari destinati al trasporto verso il crinale (i 5 aerogeneratori da 2 MW ciascuno sono diventati 4 aerogeneratori da 4,20 MW l’uno).

Parco eolico “Monte Giarolo”

Il pubblico non può ancora consultare i documenti progettuali del parco eolico “monte Giarolo”, del quale, ad oggi, sono note soltanto le caratteristiche generali, ossia potenza e numero degli aerogeneratori e coinvolgimento di due regioni, Piemonte e Lombardia, caratteristiche simili a quelle di analoghi progetti riferiti allo stesso ambito montano proposti negli anni tra il 2010 e il 2011 (nessuno ha superato la fase di valutazione ambientale). Nel 2015 la regione Lombardia ha poi approvato il Programma Energetico Ambientale Regionale (“PEAR”), in base al quale le aree dichiarate di notevole interesse pubblico (ex art. 136 del D.Lgs. 42/2004) sono considerate non idonee ad ospitare impianti eolici di grande taglia. E l’intero territorio montano del comune di Santa Margherita di Staffora, unico comune lombardo interessato sia dai precedenti progetti sia dal progetto “monte Giarolo”, fin dal 1968 è sottoposto a vincolo ex art. 136. In Piemonte, nel 2017, le norme tecniche del Piano Paesaggistico Regionale hanno stabilito che, su territori vincolati ex art. 136, possano essere realizzati impianti eolici soltanto collocando gli aerogeneratori oltre i 50 metri per lato dalle vette e dai sistemi di crinali. Una prescrizione molto importante rispetto al progetto “monte Giarolo”: infatti, anche per le alte valli del Curone e del Borbera esiste un vincolo ex. art. 136, apposto nel 1986 ed efficace su gran parte del territorio montano dei tre comuni piemontesi interessati dal progetto: Albera Ligure, Cabella Ligure e Fabbrica Curone. Tra questi ultimi due comuni, inoltre, la “Dorsale Monte Ebro Monte Chiappo” è individuata come ZPS, e dal 2007 una norma statale vieta la realizzazione di nuovi impianti eolici nelle ZPS (fatta eccezione per impianti di autoproduzione di potenza non superiore a 20 kw). Nel 2022 la regione Piemonte ha approvato la revisione del PEAR e ha voluto dare un “segnale”: pur ammettendo che si tratterebbe di una produzione assolutamente trascurabile a fronte del complessivo “bilancio energetico” piemontese, ha inserito nella programmazione anche la realizzazione di nuovi impianti per l’energia eolica ed ha individuato alcune aree “vocate” a questo scopo. I crinali tra Borbera, Curone e Staffora sono una di esse. L’autore del PEAR, constatato che esistono i vincoli normativi sopra citati, ha auspicato interventi normativi volti a superarli.

Aree idonee

A tal proposito, occorre tener conto che il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha in corso di emanazione un decreto (noto come “decreto aree idonee”) destinato a fornire alle regioni criteri uniformi per definire un’area come “idonea” all’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili. Al momento in cui scriviamo, il testo è ancora al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Per quanto riguarda l’eolico, si prevede che proprio le aree “ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42” siano escluse dal novero di quelle idonee, rispetto alle quali la bozza di decreto prevede anche il requisito di una adeguata ventosità, tale da garantire una producibilità maggiore di 2.150 ore equivalenti a 100 metri di altezza (le ore equivalenti rappresentano il “capacity factor” o fattore di capacità, ossia il rapporto tra l’energia elettrica effettivamente prodotta in un determinato periodo di tempo e l’energia che un impianto potrebbe generare funzionando sempre alla massima potenza). Notiamo che nella “Relazione tecnica” acclusa al progetto di parco eolico “Monte Poggio” la producibilità annuale stimata viene indicata in 2.112 ore equivalenti. Dieci anni fa, nel 2013, secondo il proponente, il medesimo dato riferito al parco eolico “Costa Popein” era di “circa 2.400 ore equivalenti”.

A questo punto si impongono alcune riflessioni

L’aggravarsi della crisi climatica ha reso inderogabile l’avvio del processo di “decarbonizzazione” rispetto alla produzione di energia. I più accorti tra gli studiosi hanno avvertito però che, se le energie rinnovabili hanno un ruolo indiscutibile per giungere a una transizione ecologica, l’intero processo, per essere efficace, dovrà fondarsi sulla decisa riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali accompagnata dalla massima efficienza nel loro impiego. Nessuna fonte energetica può infatti soddisfare una crescita sfrenata e continua come quella che abbiamo conosciuto finora con “l’era degli idrocarburi” poiché “una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito” (Nicholas Georgescu-Roegen, 1906 – 1994).

La transizione ecologica deve dunque compiersi all’interno di una politica di razionalizzazione dei consumi e degli sprechi, perseguendo un radicale cambio di paradigma rispetto al mito della crescita infinita

Nel caso degli impianti eolici e di quelli fotovoltaici, essa deve accompagnarsi alla tutela del paesaggio, inteso come valore ambientale, storico, sociale ed economico. In caso contrario fallirà i propri obiettivi e si trasformerà nell’ennesimo attacco all’ambiente, alla biodiversità (ancor più grave poiché la tutela dell’ambiente è principio inserito all’articolo 9 della Costituzione Italiana e il ripristino della biodiversità è obiettivo fissato dall’Ue) e, in ultima istanza, ai fondamenti stessi della presenza umana sulla terra. Dopo che l’intero territorio italiano, nel corso degli anni, è stato caratterizzato da una gigantesca riduzione degli spazi di naturalità e bellezza, con scelte di “esternalizzazione” di funzioni e di impianti rivelatesi insostenibili per l’ambiente e per i cittadini, appare quasi incredibile che si pensi oggi di continuare in questa direzione modificando con pesanti infrastrutture anche gli ultimi crinali “selvaggi” del nostro Appennino.

L’associazione confindustriale che riunisce gli imprenditori del settore delle energie rinnovabili ha affermato che si dovrebbe eliminare il requisito dell’adeguata ventosità previsto per l’eolico dalla bozza del decreto aree idonee “lasciando in capo all’investitore il rischio commerciale di performance dell’impianto e relativo investimento”. Un’affermazione sintomatica della distorta logica secondo cui l’urgenza della crisi climatica impone di procedere a realizzare i grandi impianti “senza se e senza ma”. Non è invece possibile tralasciare gli impatti che derivano dalla loro costruzione e dal loro funzionamento.  Richiamando quanto scritto sopra circa gli “spazi di naturalità” e riferendoci all’impiantistica eolica, ricordiamo che i crinali appenninici sono tra gli ultimi rifugi di specie ornitiche ormai sempre più rare in collina e pianura perché sfrattate dall’invadenza umana, e che quegli stessi crinali costituiscono da sempre fondamentali riferimenti per le rotte migratorie dei rapaci e di altri migratori già minacciati su più fronti, mentre numerosi studi in tutto il mondo dimostrano ampiamente l’incidenza pesantemente negativa delle torri eoliche sulle popolazioni ornitiche e dei chirotteri. Sono tante e diverse in ogni caso le ragioni per cui è non solo legittimo ma necessario da parte dei governanti e dei cittadini vigilare ed esigere il rispetto delle normative, e porre e chiedere attenzione alla dislocazione degli impianti, al numero e alla taglia dei macchinari, e valutarne le ricadute non solo economiche, ma ecologiche, paesaggistiche, sociali e lavorative. Gli impianti di produzione di energia rinnovabile devono essere progettati e realizzati in aree già artificializzate, impiegando le tecnologie più aggiornate tra quelle esistenti, prima di dare il via in modo acritico a una sregolata proliferazione sui territori più fragili di opere di enorme impatto ambientale, che finiscono per favorire l’interesse di pochi a danno delle comunità locali e di tutti i cittadini.

Hanno sottoscritto il documento:

  • le seguenti realtà che partecipano al coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”: Club Alpino Italiano sezione di Novi Ligure – Club Alpino Italiano sezione di Tortona – Club Alpino Italiano sezione di Voghera – Club Alpino Italiano commissione TAM di Tortona
  • Federazione nazionale Pro Natura,
  • Comitato per il territorio delle Quattro Province
  • Gruppo Micologico Vogherese
  • l’associazione “Il cammino dei ribelli”
  • l’associazione “Pro loco di Caldirola”.

Ulteriori informazioni nel blog e sulla pagina FB del coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”.

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Firmato il Decreto Ministeriale che limita il Parco Nazionale di Portofino a soli tre Comuni http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/10/firmato-il-decreto-ministeriale-che-limita-il-parco-nazionale-di-portofino-a-soli-tre-comuni/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/10/firmato-il-decreto-ministeriale-che-limita-il-parco-nazionale-di-portofino-a-soli-tre-comuni/#comments Wed, 18 Oct 2023 06:00:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16134 Cittadini e associazioni rivolgono un appello al Presidente della Repubblica per dire no al mini-Parco. Disponibile anche la petizione online

Dando seguito all’annuncio dell’inizio del mese e accogliendo la richiesta della Regione Liguria, il 10 ottobre 2023 il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha firmato il Decreto che limita al territorio di tre comuni il Parco Nazionale di Portofino (che era stato istituito con la Legge n 205 del 2017). In base al decreto ministeriale il Parco comprende Camogli, Portofino e Santa Margherita, sostanzialmente i confini del precedente Parco Regionale.

Viene così accantonata la perimetrazione provvisoria che interessava invece 11 comuni, proposta dal precedente Ministro dell’Ambiente Cingolani e corrispondente a quella individuata dal parere dell’ISPRA. Anche la richiesta dell’ANCI riguardava un’area estesa, ma a 7 comuni, includendo Rapallo, Chiavari, Zoagli e Coreglia Ligure.

La decisione del Ministero ha quindi ignorato le richieste di alcuni comuni e di molti cittadini e associazioni che da tempo mettono in evidenza la necessità di un Parco nazionale il più esteso possibile. In questo modo si garantirebbero la tutela ambientale, la valorizzazione, i finanziamenti e il sostegno alle imprese locali anche nei Comuni limitrofi, alcuni dell’entroterra, e ad una più vasta zona ad alto pregio naturalistico.

Di seguito riportiamo il testo della Petizione online (che è possibile sottoscrivere qui) e l’Appello al Presidente della Repubblica.

Petizione online: “Salviamo l’allargamento del parco nazionale di Portofino, no ad un mini parco Nazionale”

Perchè sì al Parco Nazionale di Portofino?

A seguito dei cambiamenti climatici in atto l’Europa ha riconosciuto con la recente approvazione della nuova strategia per il 2030, che l’umanità ha necessità di più natura: per questo prevede, tra le altre cose, nella propria Strategia per il 2030 non solo il ripristino degli habitat e degli ambienti urbani degradati, la creazione di parchi urbani all’interno delle città, ma altresì l’aumento delle aree protette ad almeno il 30% di ogni nazione con un investimento economico enorme per raggiungere tali obbiettivi di decine di miliardi di Euro.

All’interno di tale contesto, si svolge la battaglia per l’istituzione del Parco Nazionale di Portofino previsto dalla legge sin dal 2017, legge mai attuata per precisa scelta di politica regionale.           

L’attuale perimetrazione provvisorio del Parco è il frutto di studi scientifici effettuati da ISPRA, l’istituto statale deputato a fornire i pareri tecnici in materia ambientale. 

Tralasciando le regioni di natura ecosistemica relativa all’importanza dell’inclusione nell’area protetta della zona di crinale che comprende tre SIC quali Rio Tuia (Rapallo Zoagli) e lecceta di (chiavari) i vantaggi del parco sono i seguenti:

Migliora la qualità di vita dei residenti
Il Parco migliora la qualità della vita dei residenti, non il contrario.

Nel parco infatti è possibile raccogliere i funghi, pescare, fare legna, ricostruire i muretti a secco, manutenere e ristrutturare le proprie abitazioni, costruire nuovi manufatti edilizi, se relativi allo svolgimento della attività agricola.

A regime il parco sarà suddiviso in quattro aree contraddistinte da diversi gradi di tutela: dalle aree più selvagge a quelle abitate.                                                                                                                                         Sarà possibile accedere anche da parte dei privati residenti a finanziamenti erogati direttamente da Parco Nazionale sia per quanto riguarda le attività di miglioramento ambientale ed urbano sia per le attività economiche ed artigianali compatibili con le finalità del Parco.                                               Infatti, dal 2019 i parchi nazionali sono diventati ZEA (Zone economiche ambientali) nelle quali sono previste forme di sostegno alle imprese locali: i parchi nazionali sono diventati veri laboratori di sperimentazione per promuovere l’economia circolare, l’uso delle energie rinnovabili e favorire la coesione sociale e la cura del territorio.

Crea nuove imprese e posti di lavoro qualificati e ben retribuiti.
Nuovi posti di lavoro non solo all’interno del Parco ma soprattutto legati allo sviluppo dell’economia circolare all’interno del Parco, incentivando lo sviluppo delle attività produttive agro-silvo-pastorali e agrituristiche e di attività connesse.

Aumenta la coesione sociale ed identitaria degli Enti Locali e delle relative popolazioni.

Fare parte di un Parco Nazionale crea sistema tra gli Enti locali che vi fanno parte: una coesione territoriale e sociale ed una identità di obbiettivi che rende le amministrazioni che fanno parte del Parco più efficienti a gestire progetti di sviluppo di interesse comune per le proprie popolazioni residenti.

Nuovi flussi turistici e sviluppo del relativo indotto 
L’entrata di territori – oggi ai margini quali ad esempio i nuclei frazionali – all’interno del Parco porterà alla scoperta e alla valorizzazione di tali zone attraverso la rete sentieristica del parco con ulteriori possibilità di sviluppo economico di tali zone.

Appello al Presidente della Repubblica

Coordinamento per il Parco Nazionale di Portofino Osservatorio Ambientale

Il Coordinamento per il Parco Nazionale di Portofino è un’associazione di fatto costituita il 19 gennaio 2019, alla quale hanno aderito associazioni e movimenti ambientalisti, associazioni culturali, associazioni sportive e singoli cittadini.

Il Coordinamento persegue lo scopo, in collaborazione con l’attuale Comitato di gestione provvisoria del Parco Nazionale di Portofino, con l’Ente Parco Regionale, con le istituzioni locali, regionali e statali, di seguire l’iter di perfezionamento dell’istituzione del Parco Nazionale di Portofino, formulando proposte per addivenire all’effettiva realizzazione del Parco. Una volta istituito il Parco, il Coordinamento ne seguirà la gestione, anche come “Osservatorio ambientale”, in collaborazione con le istituzioni competenti.

Il Coordinamento è apartitico, ma dialoga con tutte le forze politiche locali e nazionali al fine di raggiungere lo scopo.

A seguito della manifestazione svoltasi il 23 settembre 2023 tra Rapallo e Santa Margherita Ligure
per ottenere l’istituzione del Parco Nazionale di Portofino allargato al territorio di sette Comuni
come proposto dall’ANCI, il Coordinamento per il Parco Nazionale di Portofino e le Associazioni
partecipanti – Italia Nostra, Legambiente, WWF, LIPU ed altre Associazioni e Comitati di cittadini –
hanno convenuto di formulare il seguente Appello a Lei, Signor Presidente.

APPELLO
al Presidente della Repubblica

Con la riforma dell’art. 9 della Costituzione, approvata quasi all’unanimità dal Parlamento, “la Repubblica … tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell’interesse delle future
generazioni”.
“La Repubblica” viene, pertanto, resa garante dell’equità intergenerazionale in materia ambientale.
“La Repubblica” è lo Stato, le Regioni, i Comuni, le associazioni, i cittadini, ma, in primo luogo è Lei, il suo Presidente.

Caro Presidente, la Costituzione Le intesta, ora, questa funzione di tutela e garanzia.
La perimetrazione definitiva del Parco Nazionale di Portofino, istituito con la legge 27 dicembre
2017, n. 205, dopo l’inerzia protrattasi per quasi sei anni da parte di Regione Liguria e dei Comuni
interessati, dopo contenziosi amministrativi, dopo che la perimetrazione provvisoria, adottata dal
precedente Ministro dell’Ambiente, Roberto Cingolani, in adesione al parere di ISPRA, aveva interessato il territorio di 11 comuni, viene ora decisa (rectius: proposta a Lei, Signor Presidente)
dal nuovo Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, d’intesa con Regione Liguria,
limitandola al territorio di tre comuni, in spregio ai principi di tutela ambientale e di equità
intergenerazionale, che anche Regione Liguria, gli Enti locali e, soprattutto, il Ministero
dell’Ambiente (variamente denominato nel tempo) sono chiamati ad applicare.

Viene individuato come area protetta il territorio più piccolo possibile, corrispondente a quello
dell’attuale Parco Regionale, reso ancora meno esteso dalla recente abolizione, ad opera di Regione Liguria, delle “aree contigue.” Viene estesa la “zona 3”, che consente un’“elevata antropizzazione”.

Tutto questo avviene per ragioni esclusivamente politiche, senza tener conto della voce dei
cittadini, della volontà dei comuni potenzialmente interessati (che chiedono di entrare) e, soprattutto, degli studi istruttori e dei pareri di ISPRA, che vengono del tutto disattesi. Ed avviene in spregio, anche, all’Accordo di Durban del 2003 e, soprattutto, alla “Strategia Europea per la Biodiversità”, che prevede la creazione, entro il 2030, di una rete coerente e ben gestita di zone protette comprendenti almeno il 30% della superficie terrestre e marina dell’UE, di cui almeno un
terzo sottoposte a tutela rigorosa (mancano solo 7 anni al 2030 e ne abbiamo impiegato ben sei per non arrivare neppure a perimetrare in via definitiva un solo parco nazionale!).

Da questa situazione nasce l’appello a Lei, nostro Presidente, l’appello di associazioni ambientaliste e cittadini, affinché Lei – nell’esercizio dell’attribuzione che la legge (art. 8 della legge 394/1991) specificamente Le riserva, di adozione del provvedimento definitivo (D.P.R.) di delimitazione del Parco Nazionale di Portofino – respinga la proposta del Ministro dell’Ambiente, chiedendogli di riformularla, adeguandosi al parere di ISPRA e soprattutto alla Costituzione, alla normativa europea, agli accordi internazionali ed alla volontà espressa dai territori.

Certi della Sua attenzione per un tema che riguarda il futuro dei cittadini di questo Paese (e del
Mondo), la ringraziamo anticipatamente per quanto farà.

Genova, 8 ottobre 2023

Il Coordinatore Antonio Leverone

Il Presidente del Coordinamento Ermete Bogetti

Associazione di fatto costituita il 19.1.2019 – Presidente Ermete Bogetti- Coordinatore : Antonio
Leverone antonio.leverone@gmail.com

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http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/10/firmato-il-decreto-ministeriale-che-limita-il-parco-nazionale-di-portofino-a-soli-tre-comuni/feed/ 7
La folle legge regionale che in Liguria fa edificare nelle aree a pericolosità idraulica http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/06/la-folle-legge-regionale-che-in-liguria-fa-edificare-nelle-aree-a-pericolosita-idraulica/ Thu, 29 Jun 2023 16:02:53 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16008 di Paolo Pileri*.

Sembra una storia che arriva da un altro Pianeta. Non sono bastate tre alluvioni e 41 morti per far capire che non bisogna aggiungere un solo metro cubo nelle aree a pericolosità idraulica ma semmai togliere, decostruire, liberare dal cemento e dall’asfalto, ridare agio ai fiumi, diminuire l’esposizione di persone e cose ai potenziali danni, aumentare la permeabilità ovunque.

E chi non l’ha capito? La Liguria o, meglio, in Liguria, una Regione massacrata dal cemento, dove già il 23,2% dell’urbanizzato è in aree a elevata pericolosità idraulica, il 29,1% in media pericolosità e il 33,1% in bassa pericolosità (Ispra, 2022). Praticamente in Liguria è dura trovare suolo già urbanizzato non minacciato da una qualche pericolosità idraulica. Con dei numeri del genere un buon padre di famiglia -per citare il Codice civile- che farebbe? Forse si inventerebbe una legge regionale per edificare nelle aree a pericolosità idraulica? No o magari lo avrebbe fatto, incautamente, prima dei fatti di Ischia, Marche e Romagna. Ma oggi, davanti a 41 morti e ancora dei dispersi, davanti a miliardi di euro di danni e migliaia di famiglia e imprese a cui è saltato tutto, non gli dovrebbe passare per la testa neppure l’ombra di una proposta di legge per urbanizzare là dove le acque, stanche della nostra stupidità cementizia, porteranno via tutto alla prossima pioggia. E invece la Liguria ci sorprende perché nel forno della Giunta regionale sta per uscire una torta al vetriolo che prevede -reggetevi forte- una serie di vari interventi di nuova edificazione e di ampliamento degli edifici esistenti proprio dentro le aree a pericolosità idraulica elevata e media.

Per smorzare le cose si sono rivolti alle pericolosità relative, delle foglie di fico urbanistico-idrauliche fatte per urbanizzare nonostante l’assurdità. Le assurdità sono previste dallo Schema di regolamento regionale recante “Disposizioni concernenti l’attuazione dei Piani di bacino distrettuali, anche stralcio, per le aree a pericolosità da alluvione fluviale e costiera in attuazione dell’articolo 91, comma 1 ter 2 della legge regionale 21 giugno 1999, n. 18” incluso nell’atto di Giunta regionale del 12 maggio 2023 (prot-2023-0383440).

Stupefacente persino nella data: a metà tra le due alluvioni romagnole (3 e 16 maggio 2023), proprio come se nulla fosse accaduto. Come se la Liguria fosse un continente a sé, dall’altra parte dell’emisfero. Dire che è un provvedimento inopportuno oltre che pericoloso è dire poco. Però lo è, inopportuno. Lo è perché ci mostra che chi governa parti di questo Paese non ha capito la portata del cambiamento climatico e che l’accumulo di malgoverno del territorio subìto negli ultimi due, tre decenni ha reso buona parte del nostro territorio estremamente fragile: è esaurito lo spazio per nuovo consumo di suolo. Fine del cemento. Che senso può mai avere, andare a costruire in Liguria proprio nelle aree pericolose? Semmai, la storia di fragilità della Liguria e le recenti nonché antiche notizie di sgretolamento degli Appennini (su cui è gran parte di quella Regione) avrebbero dovuto far precipitare quei governanti a scrivere di getto una proposta di legge all’opposto di quanto vogliono approvare nei prossimi giorni.

Quel che occorre in Liguria e non solo sono norme che prevedono la sola desigillazione di cemento e asfalto nelle aree pericolose e di fare spazio tra edifici eliminando piastre di parcheggio e aree dismesse ma impermeabili. E invece no. Propongono il contrario. Ad esempio, all’articolo 5 di quello Schema di regolamento si arriva a dire che “all’interno di ambiti di tessuto urbano consolidato in aree a minor pericolosità relativa P3_0 […], sono consentiti: a) interventi di nuova edificazione e di ampliamento degli edifici esistenti, purché non interrati e non riguardanti servizi essenziali, che prevedano le opportune misure od accorgimenti tecnico-costruttivi […] b) nuovi parcheggi a raso”.

Le aree P3_0 sono aree ad alta pericolosità idraulica dove l’acqua rimane un po’ più bassa e scorre meno rapida delle aree P3, ma pur sempre si tratta di alta pericolosità; stanno dicendo che ci potranno stare nuove abitazioni, con dentro persone che dovranno subire una potenziale esposizione a quella pericolosità. Se gli andrà bene si salveranno ma potrebbe anche non andargli bene. E comunque non saranno evitati danni alle cose, e comunque la collettività si addosserà il costo della protezione civile e degli interventi di salvataggio e delle ricostruzioni.

Ma abbiamo proprio bisogno di questo? Sempre all’articolo 5 si dice ancora che “Nel caso di interventi di demolizione con ricostruzione senza ampliamento di edifici/manufatti esistenti deve essere assicurata la riduzione della vulnerabilità…”. Ecco vorrei spiegare a chi legge che la vulnerabilità è qualcosa che ha a che fare con le caratteristiche intrinseche della struttura edilizia e non con le persone danneggiabili. Stando a quel che si capisce dalla proposta, il legislatore sta dicendo di continuare a costruire ma con l’avvertenza di fare edifici più robusti o stagni ai piani bassi (ad esempio). Siccome il rischio idraulico è dato dal prodotto tra vulnerabilità, pericolosità ed esposizione, sicuramente se si migliora la vulnerabilità, il rischio si abbasserà. Peccato però che una buona legge dovrebbe abbassare il rischio riducendo o eliminando del tutto l’esposizione di persone e cose piuttosto che la vulnerabilità (sulla pericolosità non si può agire perché è la probabilità che piova o esondi il torrente). Capite che la sostituzione degli addendi non è proprio indifferente al risultato? Se riduco l’esposizione salvo vite e riduco i costi pubblici. Se riduco la vulnerabilità, non è detto che salvi vite né che riduca i costi pubblici legati alla protezione civile.

E allora, mi chiedo: che senso ha? Nessuno, se non quello di garantire al mondo del cemento di poter fare i propri affari liberamente e perfino nelle aree più pericolose. Ovviamente le gravità previste aumentano nelle aree a minor pericolosità idraulica relativa (le P2_0) dove sono consentiti gli “interventi di nuova edificazione e di ampliamento degli edifici esistenti, purché prevedano le opportune misure od accorgimenti tecnico-costruttivi […], e risultino assunte le misure di protezione civile” (art. 6). Di nuovo una proposta improponibile. Stanno suggerendo di fare case allagabili se si accerta che la protezione civile (spesata dal pubblico) è in grado di intervenire per tempo. Addirittura, nelle aree P2 relative si possono realizzare cantine e depositi interrati che sappiamo si riempiono d’acqua subito e la gente muore come topi.

Certo, il legislatore dice che non è ammessa la permanenza di persone, ma è solo una formula per cavarsi fuori dalle responsabilità perché sappiamo tutti che poi le persone là sotto ci vanno e ci restano o ci possono capitare ed essere travolte dall’onda. Queste cose hanno senso? Con quale coraggio vengono proposte cose del genere? E per di più con 41 morti alle spalle e miliardi di danni generatisi in poco meno di 10 mesi tra Ischia e Romagna?

Qualcuno fermi queste proposte. Lo faccia lei, presidente Mattarella: non credo abbia voglia di farsi un giro in elicottero tra qualche anno per contare nuove vittime e piangere un’Italia che si sgretola di più sotto l’insipienza politica e affaristica oltre che sotto i colpi del cambiamento climatico. Non ci dica che i danni che vedrà erano imprevedibili, perché le stiamo dicendo ora che non solo lo sono, ma stanno disegnando le condizioni di legge perché avvengano di sicuro. Progetti di legge del genere sono irricevibili e ci confermano l’impreparazione della classe politica alla questione ecologico-climatica. Una classe politica così non può e non deve governare nessun territorio, perché non è sostenibile in nulla. E poi, chi andrà a dire agli acquirenti che quelle case sono state costruite in aree inondabili e loro le stanno comprando a migliaia di euro al metro quadrato? Saranno gli assessori regionali ad avvisarli a uno a uno? Perché sulla legge non c’è scritto nulla al riguardo. Fermate quella proposta prima che apra la strada a proposte simili in altre parti d’Italia, facendo sprofondare sempre più nella insostenibilità al cubo.

* Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. L’articolo originale è apparso su www.altreconomia.it

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Nuova diga di Genova: un progetto insostenibile http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/05/nuova-diga-di-genova-un-progetto-insostenibile/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/05/nuova-diga-di-genova-un-progetto-insostenibile/#comments Fri, 19 May 2023 08:07:32 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15948 di Serena Mattia.

La prima pietra è stata posata, con un getto di ghiaia in mare è stato ufficialmente inaugurato il cantiere.  Parliamo della nuova diga foranea del porto di Genova, l’opera più costosa del PNRR, dal valore complessivo di 1,3 miliardi.

Lo scopo della diga è quello di proteggere il porto della città dal moto ondoso e andrà a sostituire quella attuale che, a causa della sua posizione di prossimità alle banchine, non permette l’accesso delle navi cargo più grandi.

L’opera sarà infatti realizzata a circa 450 metri più a largo di quella attuale, a una distanza di 800 metri dalla costa in modo da poter far entrare in porto enormi navi portacontainer (lunghe circa 400 metri) consentendo a queste uno spazio di manovra maggiore.

La lunghezza complessiva sarà di circa 6,2 chilometri. Per realizzare il basamento, che poggerà su fondali fino a una profondità di 50 metri, saranno impiegati 7 milioni di tonnellate di materiale roccioso, su cui verranno posati un centinaio di cassoni prefabbricati in cemento armato alti circa 33 metri. Sopra i cassoni verrà elevato un muro di coronamento che raggiungerà una quota sommitale di 7 metri, come la diga attuale.

Ma è davvero necessaria un’opera così grande? Secondo Piero Silva, uno dei massimi esperti di progettazioni portuali a livello internazionale e professore universitario di pianificazione portuale in Francia, la posa della prima pietra segna l’inizio di un progetto sbagliato.

Nella sua lettera pubblica spiega perché questo progetto “segnerà l’inizio di un incubo”. “Non essendo riuscito a convincere a modificare il progetto – pur avendo proposto un’alternativa tecnicamente sicura, a costi e tempi dimezzati e con tutti i vantaggi della soluzione dell’Autorità Portuale – desidero con questa lettera aperta mettere la mia lunga esperienza a disposizione dei cittadini affinché almeno siano coscienti di cosa li aspetta”.

Le critiche mosse da Silva riguardano diversi aspetti:

  • Costi e tempi: sia i costi (1,3 miliardi) che i tempi (fine dei lavori stimata entro la fine del 2026) sono assolutamente sottodimensionati. Secondo Silva saranno necessari tra i 2 miliardi e i 2 miliardi e mezzo di euro prevedendo almeno 12 anni per portare a termine i lavori
  • Layout inadeguato: la diga ha grossi problemi dal punto di vista della sicurezza della navigazione. La rotta di ingresso e uscita delle navi non è parallela alla diga, questo difetto, in caso di condizioni avverse, potrebbe causare impatti tra navi e diga stessa
  • Rischio tecnico: secondo Silva risulta essere altissimo, la diga infatti sarà costruita su uno spesso strato limo-argilloso inconsistente, a profondità dove la consolidazione di tale strato è indispensabile ma considerata impossibile dagli esperti
  • Conflitto porto e città: il progetto è in controtendenza con l’attuale impegno di realizzare “Green Ports”, a causa dello sviluppo di un terminale per grandi navi contenitori davanti ad un centro urbano e a causa della lunga durata di un cantiere marittimo di questa portata all’interno della città, che comporterà inevitabilmente gravi impatti (sonori, visivi, ambientali)

Alla luce di queste considerazioni Silva ritiene che la diga foranea proposta per il porto di Genova non abbia garanzie di fattibilità tecnica adeguate ritenendo indispensabile correggere questo progetto in una diga diversa avente una fattibilità sicura, costi e tempi dimezzati.

Diverse perplessità arrivano anche da alcune associazioni ambientaliste secondo le quali la diga rischia di avere un grande impatto ambientale, interferendo con funzioni fondamentali dell’ecosistema dell’intero Mediterraneo.

Anche la trasmissione RAI Report ha dedicato parte del suo spazio ad un approfondimento sul porto di Genova, secondo gli esperti, il nuovo progetto potrebbe sconvolgere l’equilibrio marino del santuario dei cetacei, area marina protetta di Interesse Internazionale compresa tra il golfo ligure e la Costa Azzurra dove si stima la presenza di circa un migliaio di balene.

Del resto, aggiunge il biologo marino Maurizio Wurtz: “si ha l’impressione, leggendo il PNRR, che il mare non è stato considerato come ecosistema ma come strada per i grandi traffici oceanici. Quando si parla di ambiente ed ecologia insieme all’economia, di solito vince l’economia”.  

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Fermare pista ciclabile e abbattimento alberi in Via Don Bosco a Vallecrosia http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/11/fermare-pista-ciclabile-e-abbattimento-alberi-in-via-don-bosco-a-vallecrosia/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/11/fermare-pista-ciclabile-e-abbattimento-alberi-in-via-don-bosco-a-vallecrosia/#comments Tue, 29 Nov 2022 15:59:06 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15659 A Vallecrosia, in Liguria, è già in corso l’abbattimento di tutta la storica alberata di aranci ed oleandri che hanno circa sessant’anni, ed è prevista la copertura di un antico pozzo freatico, il tutto per la creazione di una pista ciclabile.

I lavori relativi alla pista ciclabile di Via Don Bosco (da via Romana a ex Casa Comunale) presentano molte criticità:

  • è già in corso l’abbattimento di tutta la storica alberata di Via Don Bosco; l’alberata di aranci ed oleandri ha circa sessant’anni: in termini ambientali, la sua perdita è irrimediabile e non compensabile con nuove piantumazioni di alberi più giovani;
  • è prevista la copertura di un antico pozzo freatico, tuttora funzionante, nel parcheggio adiacente a Via Don Bosco;
  • la perdita di 75 alberi pluridecennali e di un pozzo d’acqua privano la zona di efficaci presidi contro l’inquinamento e la crisi climatica, con il pretesto di incrementare la mobilità sostenibile;
  • la pista ciclabile si situerebbe in zona ad alta densità abitativa, innestandosi con undici passi carrabili e svariate attività commerciali;
  • non risponde alle reali esigenze dei residenti, perché diminuisce fortemente i parcheggi lungo la via;
  • restringe il marciapiede più utile, rendendolo più difficilmente percorribile;
  • molti aspetti del progetto esecutivo approvato (tra cui le misure di marciapiedi e carreggiata) non corrispondono ai rilievi effettuati sul posto;
  • si teme l’abbattimento dei tigli del secondo tratto di Via Don Bosco per la prosecuzione della pista ciclabile.

Questi interventi cancellerebbero quello che rimane del patrimonio storico, culturale e ambientale di Vallecrosia del quartiere.

Contribuiamo a impedire questo ennesimo danno sociale e ambientale sottoscrivendo questa petizione on line.

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Il Comune di Porto Venere cancella il Parco http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/04/il-comune-di-porto-venere-cancella-il-parco/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/04/il-comune-di-porto-venere-cancella-il-parco/#comments Mon, 04 Apr 2022 07:29:56 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15279 Come associazioni e movimenti che si curano dell’ambiente siamo molto preoccupati da quanto sta accadendo a Porto Venere, dove il Comune a guida Cozzani sta letteralmente smantellando, colpo dopo colpo, il Parco Naturale Regionale di Porto Venere, il quale tutela anche le isole del Golfo della Spezia.
Il Parco esiste ancora ma non ha più personale tecnico né finanziamenti dedicati, e questo favorisce l’adozione di provvedimenti che giudichiamo fuori dal mandato che la legge conferisce ad un’area protetta, in special modo quando questa coincide con siti di interesse comunitario (SIC) come quello della Palmaria, contraddistinto da habitat e specie di notevole interesse.

Ci riferiamo al progetto di stabilimento balneare previsto a Carlo Alberto, dove la normativa del Parco viene interpretata in senso estremamente permissivo, per cui la finalità di “Potenziare l’offerta turistico-ricreativa, sportiva e culturale del Parco” ha come esito finale la realizzazione di uno stabilimento balneare di lusso, dotato di area relax, centro fitness e ben due piscine.

Ma ancora più grave è quanto sta succedendo in merito al processo di attuazione del Masterplan dell’Isola Palmaria; dal momento che il Piano del Parco non avrebbe permesso tutta una serie di interventi si è elaborata una variante allo stesso in modo da adattarlo alle previsioni del Masterplan, contraddicendo il principio di legge che vuole il Piano del Parco sovraordinato agli altri strumenti pianificatori. Quindi mortificando le sue funzioni di strumento di previsione e controllo.

L’utilizzo distorto delle misure di legge è ancora più evidente nel momento in cui si mette mano ad un Piano più vecchio di 10 anni (per il quale sarebbe dovuto di norma un intero aggiornamento) solo per accogliere una variante parziale, senza considerare il contesto territoriale dell’intero Parco e (cosa ancor più grave) senza aggiornare le analisi conoscitive, per cui si vanno a valutare modifiche sulla base di un quadro concettuale e di conoscenze ormai ampiamente superato.

Non solo: invece di tener conto dei nuovi elaborati del Piano di Gestione del SIC della Palmaria, di cui il Comune di Porto Venere è in possesso dall’estate scorsa, che forniscono dati, chiavi interpretative, strumenti di gestione e programmazione, gli uffici del Parco si affidano ad un semplice studio di incidenza, molto meno approfondito e aggiornato, per valutare le modifiche imposte dal Masterplan. Ci chiediamo se sia regolare che un elaborato la cui adozione è obbligatoria, riguardo al quale il Comune di Porto Venere è già colpevolmente in ritardo, venga mantenuto nei cassetti mentre vengono approvate misure che proprio quel Piano di Gestione è incaricato di normare…

Le associazioni Legambiente, Italia Nostra, Posidonia Porto Venere e il movimento “Palmaria SI, Masterplan NO!” ritengono il caso di interesse nazionale, in quanto esempio di cattiva pratica nel campo della pianificazione; per cui interesseranno tutti quegli organi che potrebbero non solo agire in termini di legge, ma anche solo stigmatizzare questo modus operandi, in modo da attivare tutte le possibili misure volte a impedirne la reiterazione.

Sin da subito invieremo tale nota alla Commissione Petizioni della UE, dove è aperta una procedura da noi stessi avviata e accettata e mantenuta attiva dalla Commissione stessa, riservandoci di ricorre ad altri organismi interessati all’argomento sia per gli aspetti urbanistici che ambientali.

Legambiente Circolo La Spezia
Italia Nostra Spezia
Associazione Posidonia Porto Venere
Movimento Palmaria SI Masterplan NO

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Portofino: la chiesa di San Martino merita più attenzione http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/01/portofino-la-chiesa-di-san-martino-merita-piu-attenzione/ Sat, 29 Jan 2022 08:14:57 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15119 A tutte le Autorità competenti per la tutela del patrimonio culturale e del territorio della Repubblica Italiana…

Il borgo e il territorio di Portofino costituiscono notoriamente una delle località più apprezzate del Mondo, una vera “perla” dove natura ed architettura si valorizzano a vicenda. È quindi fondamentale rispettare quegli antichi equilibri tra paesaggio e opera dell’uomo che hanno consegnato ai contemporanei un territorio incantevole ma fragile.

La consapevolezza che il Borgo incastonato nel golfo sulle cui acque si immergono ripidi i monti che lo circondano è “una perla in un gioiello”, impone che ogni intervento urbanistico sia attentamente valutato.

Recentemente sono stati avviati lavori di scavo nella collina a monte della Chiesa Parrocchiale di San Martino in Portofino, per la realizzazione di due ascensori interrati ad uso esclusivo di due edifici. Il pendio dove verranno eseguiti i lavori è soggetto a fenomeni franosi, documentati da eventi storici e dalla cartografia ufficiale.

Gli scavi sono adiacenti la Chiesa Parrocchiale (monumento storico e artistico di pregio e conosciuto dal Ministero della Cultura della Repubblica Italiana e soggetto a vincolo architettonico con potenzialità archeologica molto alta) e rischiano di dare avvio a un pesante dissesto idrogeologico nell’area circostante all’antico luogo di culto e a conseguenti danni irreversibili alle strutture murarie e alle decorazioni che lo caratterizzano.

Le giuste esigenze di rendere fruibili edifici e borghi storici secondo le moderne concezioni abitative, onde evitarne abbandono e spopolamento, non possono mai essere realizzate anteponendo queste richieste alla più attenta conservazione di quel patrimonio storico-artistico-architettonico e paesaggistico che rende l’Italia un Paese unico.

Nello specifico, i sottoscrittori chiedono alle Autorità preposte alla tutela del patrimonio di porre in essere tutti i provvedimenti necessari onde evitare danni irreparabili all’intero contesto paesaggistico e ambientale.

Con l’appoggio di:

ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE AMICI DEL MONTE DI PORTOFINO
ASSOCIAZIONE PER IL MONTE DI PORTOFINO
COORDINAMENTO PER IL PARCO NAZIONALE DI PORTOFINO
ASSOCIAZIONE “TUTTI PER IL PARCO”
FRIDAYS FOR FUTURE – LIGURIA
ISTITUTO INTERNAZIONALE DI STUDI LIGURI – SEZIONE TIGULLIA
ITALIA NOSTRA – LIGURIA
LEGAMBIENTE – LIGURIA
TIGULLIANA

E’ possibile sottoscrivere on line questa petizione (qui).

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Non si vende il Paradiso http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/01/non-si-vende-il-paradiso/ Tue, 11 Jan 2022 10:03:24 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15068 A cura dell’Associazione Poseidonia.

Il Comune di Porto Venere prosegue nella sua politica di vendita di beni della comunità. Un terreno qui, un fabbricato là, un rudere o un luogo degradato, un pezzo alla volta stiamo perdendo beni che non sono vecchiume inutile di cui disfarsi, ma frammenti di storia.

Ultimo in ordine di tempo un terreno di circa 10.000 mq sopra il Castello Doria, lungo il sentiero ex n. 1, che ha al suo interno una fabbricato diruto su due piani di circa 100 mq. La particolarità di questo sito, oltre la splendida vista sul promontorio di San Pietro, le isole e il mare aperto che da lì si gode, è data da un ciclopico muro a secco, di forma semicircolare, costruito per proteggere i secolari olivi retrostanti dai venti di libeccio e di maestrale creando quello che viene definito “giardino pantesco”. Negli anni le chiome degli alberi hanno fatto un tutt’uno con la sommità del muro e formano una sorta di cupola che protegge il terreno all’interno.

Un’altra amministrazione nel 1982 lo acquistò da privati, i proprietari delle cave di marmo portoro che utilizzavano il terreno e il fabbricato per la loro attività estrattiva, per farne patrimonio di tutti e salvare il sito dalla speculazione.

Il fabbricato e il terreno, compreso il “giardino pantesco”, sono ora messi all’asta e verranno battuti il 31 gennaio 2022.

Domenica 9 gennaio si è svolta in Piazza San Pietro una Manifestazione contro la politica delle vendite attuata dall’Amministrazione di Porto Venere. La manifestazione, molto partecipata, era indetta dal gruppo consiliare di opposizione con l’appoggio di molte associazioni e comitati del territorio tra cui l’Associazione Posidonia. Precedentemente era stata lanciata una petizione su change.org che in pochi giorni ha raggiunto e superato le 5.000 firme.
Abbiamo voluto manifestare la nostra totale contrarietà alla vendita di territorio che non appartiene solo alla comunità di Porto Venere ma, in quanto Sito Unesco, è Patrimonio mondiale dell’umanità. Riteniamo che vendere sia un impoverimento per la comunità, oggi e per le generazioni future. Non importa a quanto e a chi vengono venduti terreni e fabbricati, non lo citiamo nemmeno, quello cui ci opponiamo è il concetto stesso di fare di beni dei cittadini operazione di mercanteggiamento.

C’è un altro modo subdolo di privare i cittadini di loro beni, ed è il non esercitare il diritto di prelazione. Anche questo sta avvenendo a Porto Venere su parti importanti del territorio, terreni e fabbricati che potrebbero generare lavoro e quindi ricchezza per la comunità locale. Stiamo parlando dell’area della ex Cava Carlo Alberto sull’isola Palmaria per la quale è stato presentato un progetto di Stabilimento Balneare di cui abbiamo trattato nel post precedente e di un piccolo appezzamento sopra la casa del Capitano, con vista sulla grotta Arpaia. Le due Delibere con cui si rinuncia al diritto di prelazione su questi due beni sono del 22 dicembre 2021.

Altri beni compaiono nel piano delle alienazioni per i prossimi anni e tra questi, ne abbiamo già trattato e ne tratteremo ancora, i beni restituiti sull’isola Palmaria dalla Marina Militare e quelli, sull’isola e sulla terra ferma, trasferiti dal Demanio.

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La sanatoria delle occupazioni illecite degli usi civici in Liguria finisca davanti alla Corte costituzionale http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/01/la-sanatoria-delle-occupazioni-illecite-degli-usi-civici-in-liguria-finisca-davanti-alla-corte-costituzionale/ Tue, 11 Jan 2022 09:37:46 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15062 A cura del Gruppo d’Intervento Giuridico odv.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha inoltrato (3 gennaio 2022) una specifica istanza al Governo perché promuova ricorso davanti alla Corte costituzionale (art. 127 cost.) avverso le disposizioni contenute nella legge regionale Liguria 29 dicembre 2021, n. 21 (legge di stabilità 2022) che promuovono una vera e propria sanatoria delle occupazioni illecite dei terreni a uso civico abusivamente occupati.

La legge regionale Liguria n. 21/2021, recentemente pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione, all’art. 15, consente di “sanare l’occupazione senza titolo o senza valido titolo di beni del demanio civico, anche a definizione di contenziosi pendenti, mediante conciliazione stragiudiziale conclusa dal comune, acquisito il parere favorevole dell’amministrazione separata dei beni di uso civico … , se esistente, e previa autorizzazione della Giunta regionale”.

In estrema sintesi, viene introdotta la possibilità di sanare le occupazioni illegittime dei terreni a uso civico e, addirittura, la possibilità di sdemanializzazione per importi decisamente molto contenuti in base ai criteri posti dalla norma stessa e che saranno individuati dalla Giunta regionale.

L’art. 15 della legge regionale Liguria n. 21/2021 introduce nell’Ordinamento regionale ligure un’abnorme ipotesi di sanatoria in via di conciliazione delle occupazioni abusive di terreni a uso civico in palese danno dei valori ambientali del territorio e delle collettività locali.

Come noto, i terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i.legge n. 168/2017regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.) costituiscono un patrimonio di grandissimo rilievo per le Collettività locali, sia sotto il profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale (valore riconosciuto sistematicamente in giurisprudenza).

Si stimano cinque milioni di ettari di terreni rientranti nei demani civici in tutta Italia. Boschi, pascoli, litorali, terreni agricoli, zone umide.

I diritti di uso civico sono inalienabili, indivisibili, inusucapibili e imprescrittibili (artt. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e 2, 9, 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.). I demani civici sono tutelati ex lege con il vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1°, lettera h, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).  Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto a particolari condizioni, previa autorizzazione regionale e verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato a opere permanenti di interesse pubblico generale (artt. 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).

Nel caso di specie, i cittadini residenti nei Comuni della Liguria ove sono presenti demani civici sono gli unici titolari dei diritti di uso civico nei rispettivi demani civici (artt. 2, commi 3° e 4°, e 3, commi 1° e 2°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.).

La Giunta regionale ligure, presieduta da Giovanni Toti, anziché promuovere finalmente un completo censimento delle aree ricadenti nei demani civici e il recupero ai demani stessi dei terreni occupati abusivamente, ha invece inteso premiare le occupazioni illegittime, danneggiando le comunità locali titolari dei diritti di uso civico.

La medesima presentazione e inserimento in sordina della disposizione, senza alcun dibattito pubblico, fa purtroppo pensar male e fa supporre l’esistenza di parecchie situazioni illecite, nelle quali le terre collettive sono state colpevolmente lasciate nelle mani di occupanti senza titolo e di speculatori.

In caso di terreni a uso civico occupati illegittimamente e irreversibilmente trasformati, devono, in ogni caso, applicarsi le disposizioni nazionali in materia di usi civici poste dall’art. 63 bis della legge n. 108 del 29 luglio 2021 di conversione con modificazioni e integrazioni del decreto-legge n. 77/2021, il c.d. decreto governance PNRR) che consente il trasferimento dei diritti di uso civico da terreni ormai irrimediabilmente compromessi (es. perché edificati) ad aree provenienti dal patrimonio comunale o regionale di valore ambientale (es. boschi, coste, zone umide, ecc.).

Il tema meriterebbe una forte attenzione da parte delle forze sociali e politiche.

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