Beni culturali – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Tue, 14 Nov 2023 16:03:24 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.5 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Beni culturali – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Metro C Piazza Venezia, Biblioteca di Palazzo Venezia: due versi della stessa medaglia http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/11/metro-c-piazza-venezia-biblioteca-di-palazzo-venezia-due-versi-della-stessa-medaglia/ Fri, 03 Nov 2023 08:25:14 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16182 di Italia Nostra Sezione Roma

Comunicato Stampa del 2 novembre 2023

La fermata della Metro C di piazza Venezia dice che serve alla diffusione della cultura e intanto si distrugge la meravigliosa biblioteca di Palazzo Venezia che funzionava a meraviglia ed è stato vanto di Roma. L’una e l’altra cosa non sono disgiunte! Si blocca il traffico infatti e si riportano le auto su via dei fori. Si riporta l’archeologia alla luce, ma la si tratta quasi fosse una boutique di soprammobili esposti a piacere dove fa più moda. Il Passato è ridotto ad una quinta secondaria di comodo all’arredo, in un’insensata competizione internazionale alla stazione più Glamour; condizione tipica delle città costrette nei sotterranei in carenza di sole e non per Roma la cui solarità ha sempre accompagnato la vita dei monumenti antichi. Con 700 milioni si sistemava il traffico dell’intera città. Basterebbe fare degli ingressi e delle uscite e si risparmierebbero metà dei soldi e tre quarti del tempo, ma soprattutto si libererebbe Roma dalla lercia atmosfera dei cantieri portuali che la stanno uccidendo!

In questa ultima settimana a Roma è tornata perentoriamente di gran moda la questione del traffico. Motivo sono questa volta i ciclopici lavori di piazza Venezia: il cantiere di una fermata della Metro C che si vorrebbe costruire come una “reception” turistica sottoterra; grande come un terminal di un aeroporto. Qualcuno lo ha già definito il “piccolo Louvre romano” trattandosi di un sistema di ascensori e di scale mobili – come quelle sotto la piramide disegnata dall’architetto Ieoh Ming Pei per il museo parigino – questa volta “rovesciata”.

I numeri sono sconvolgenti: 48 metri di profondità; 4.000 mq di area occupata; 8 livelli di piani interrati; 585.000 metri cubi di materiale scavato; 27 scale mobili. Tra le cose previste vi è anche lo smontaggio di un complesso pluristratificato archeologico: muro dopo muro, pietra su pietra, e la successiva ricostruzione sopra il solettone di cemento armato che chiuderà i tunnel. Questa opera darebbe vita ad una archeostazione: un ibrido di alta tecnologia meccanica e di passato sommerso. “I treni correranno nel cuore di Roma antica” recita una propaganda dei costruttori. Un nuovo “paradigma” tra archeologia e infrastruttura, che mette così “in luce” il passato. E qui è naturale che sorga una battuta: ma quale luce potrebbe rivelarsi, nel confuso e distratto passeggero alle prese con file e biglietterie, in una sotterranea e continua condanna alla rincorsa?

Il risultato che comunque si è già bello che profilato è ancora una volta la “grande confusione”, più della “grande bellezza”, generata da un’arresa a dei programmi di trasformazione i cui autori e le cui finalità non sono mai pubblicamente comparsi.

La trasformazione del cuore di Roma, la piazza del grande palazzo di Venezia, sopravvissuto alle demolizioni e ampiamente ridefinita dalla fine dell’Ottocento, subirà dunque il “colpo decisivo” in favore di una suicida politica turistica che consegnerà definitivamente il luogo simbolico della città, ai flussi del viaggio “guarda e fuggi”. Alla sempre più fitta invasione ed all’allontanamento dei suoi cittadini.

Anche la Biblioteca di Palazzo Venezia, l’ultimo avamposto di una fruizione civica, frequentato da studenti, studiosi e cultori della città, sarà cancellata. Per lei è previsto un nuovo sito in via della Dataria; in un palazzo utilizzato un tempo dal Quirinale per le residenze dei suoi impiegati. Divenuta onerosa la sua sussistenza, si è deciso di “sbolognarlo” al Ministero della Cultura. L’edificio è infatti un caseggiato per abitazioni. Una famosa Archistar chiamata a compiere il miracolo ha gratuitamente prodotto la sua “idea”, trasformandolo in una proposta assai dubbia.

Intanto è da quasi 10 anni che le collezioni bibliografiche, le riviste, non sono più state aggiornate ed il totale abbandono ha distrutto ciò che rimaneva del celebre luogo di studio fondato e voluto da Benedetto Croce. Contenuto e contenitore, unità inscindibili, non sono però separabili. È solo l’ignoranza di una cattiva gestione che li ha desolati così improvvidamente. Una incapacità di cogliere nelle balconate delle straordinarie ebanisterie fatte fare da Pietro Toesca nel 1945, nella luminosità dei grandi finestroni e nei tavoloni dell’arredo raffinato, fin sopra le ordinate scaffalature cosparse di volumi preziosi, l’unicità di un luogo che ha formato generazioni di studiosi.

QUID ERGO

Basterebbe forse che per la metropolitana ci si limitasse ad una semplice stazione di arrivo e partenza. Servita di ogni ausilio di sicurezza per emergere all’aria aperta o per ritombarsi nel circuito della mobilità dura come quella di una metro pesante. Sarebbero sufficienti appena 3 anni (TRE), invece dei 10 (DIECI) previsti che tuttavia potrebbero essere 20 (VENTI) come per le trascorse analoghe sistemazioni vissute. Costerebbe la metà dei 700 milioni previsti invece che le solite quadruplicate sommatorie realizzate. Che senso ha! Tutto questo? Se non, come la celebre espressione latina ci insegna: l’ostinata, grande e inevitabile MENTULATA!?

Pensate: bisognerà riaprire la via dei Fori Imperiali al traffico delle automobili! Per chissà quanti anni depositare d’accapo le scorie delle combustioni degli autoveicoli, sui monumenti appena adesso salvati dalle alterazioni delle superfici marmoree; vivere in mezzo ad una disastrata atmosfera megalopolitana, sottoposta all’inferno di uno stress incontrollabile.

roma@italianostra.org

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Il Semaforo di Capo Figari (Golfo Aranci), ennesima mercificazione dei beni culturali e ambientali http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/07/il-semaforo-di-capo-figari-golfo-aranci-ennesima-mercificazione-dei-beni-culturali-e-ambientali/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/07/il-semaforo-di-capo-figari-golfo-aranci-ennesima-mercificazione-dei-beni-culturali-e-ambientali/#comments Fri, 21 Jul 2023 14:01:54 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16034 Tratto da Gruppo d’Intervento Giuridico

Il Semaforo – Vedetta di Capo Figari domina Golfo Aranci e un’ampia parte della Gallura.

E’ in area tutelata con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), rientra nel S.I.C. “Capo Figari e Isola Figarolo e nella Z.P.S. “Capo Figari, Cala Sabina, Punta Canigione e Isola Figarolo della Rete Natura 2000.

Realizzato nel 1890, venne gestito per lungo tempo dalla Marina Militare e fu teatro degli esperimenti sulle telecomunicazioni condotti da Guglielmo Marconi nel 1932.

Dismesso l’utilizzo militare, è stato trasferito dal demanio statale a quello regionale (2006) e, in seguito, assegnato all’Agenzia della Conservatoria delle Coste.

Gabbiano reale (Larus michahellis) – ph Gruppo d’Intervento Giuridico

Nel 2014, dopo una lunga preparazione, l’Agenzia avviava un processo per un nuovo futuro dei Farie Semafori lungo le coste dell’Isola.  

Si trattava di un piano di recupero e valorizzazione (allegato 1 e allegato 2) connesso al progetto di cooperazione transfrontaliera MED-PHARES, finanziato con fondi comunitari, chiamato a delineare – per la prima volta su scala internazionale – lestrategie per conservare, recuperare e valorizzare i fari e le stazioni semaforiche del Mediterraneo.

Nel giugno 2017 la Regione autonoma della Sardegna decise di affittare fari e semafori in accordo con l’Agenzia del Demanio senza ben chiarire finalità, criteri d’uso e garanzie per la fruibilità pubblica.

l Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) fin da allora, in un assordante silenzio generale, chiese a gran voce trasparenza di procedure e obiettivi.

Non si sa se in conseguenza di adeguata procedura selettiva di scelta del contraente, lo scorso 28 giugno 2023 è stato firmato il contratto di concessione trentennale del Semaforo – Vedetta fra la Regione e la New Fari s.r.l. dell’imprenditore Alessio Raggio, società che già gestisce il Faro di Capo Spartivento (Chia) e che sta riqualificando a fini ricettivi anche l’Isola di San Secondo (Venezia), il Faro della Guardia (Ponza) e il Semaforo Nuovo di Portofino.

Nel Semaforo – Vedetta il progetto vedeil Semaforo, costituito da 6 suite, sala da pranzo e tè, cantina, terrazza, vasche idromassaggio, mediateca digitale; la Batteria Serra, che prevede 2 suite, area benessere/spa ed eventi e una piscina emozionale”.

Ora, a contratto siglato, le sacrosante proteste e una petizione da parte del locale Comitato Maremosso sorto nella popolazione tenuta piuttosto all’oscuro delle intenzioni regionali, un’altra petizione promossa dal consigliere comunale di opposizione Andrea Viola, il plauso dell’Assessore regionale del bilancio Giuseppe Fasolino, già sindaco di Golfo Aranci, in quanto “un importante bene viene messo al servizio della comunità in chiave di sviluppo e crescita futura del territorio”, un’interrogazione parlamentare da parte dell’on. Roberto Giachetti.

In particolare, emerge la triste sciatteria di un’amministrazione comunale che, a parole, ha rivendicato per anni la consegna del bene per una generica e imprecisata valorizzazione, vagheggiandocentinaia di posti di lavoro diretti e dell’indotto” nella zona di Golfo Aranci, mentre, nel concreto, spendeva un bel po’ di soldi pubblici per sirenette, statue sottomarine, casette di Babbo Natale e giulive amenità simili per la felicità dei semplici.

Falco della Regina (Falco eleonorae) – ph Gruppo d’Intervento Giuridico

Sempre che sia legittima la procedura concessoria, in ogni caso, il Semaforo – Vedetta è stato dichiarato bene culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) con decreto Commissione regionale Patrimonio culturale Sardegna n. 65 del 22 maggio 2018, (la dismessa Batteria costiera Serra con decreto Commissione regionale Patrimonio culturale Sardegna del 16 luglio 2020), mentre con successivo decreto Commissione regionale Patrimonio culturale Sardegna n. 77 del 26 giugno 2019 è stata autorizzata la concessione in uso a privati del bene (art. 57 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) con svariate incisive prescrizioni, fra cui il mantenimento della pubblica fruizione con modalità concordate con la competente Soprintendenza sassarese.

Il progetto di riqualificazione dovrà, poi, acquisire le necessarie, preventive e vincolanti autorizzazioni paesaggistiche e culturali, nonchè conseguenti alla procedura di valutazione di incidenza ambientale (V.Inc.A.), in quanto rientrante in area della Rete Natura 2000.

Resta il fatto – analogamente a quanto già visto relativamente alla batteria costiera dismessa di Punta Giglio (Alghero) – di un bene pubblico ambientale e culturale riguardo cui le amministrazioni pubbliche competenti (in primo luogo Regione e Comuni) abdicano al loro ruolo gestionale per favorire l’ingresso di Soggetti privati non certo giunti per fare i disinteressati benefattori.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Domus de Maria, faro di Capo Spartivento (prima della “trasformazione”) – ph Gruppo d’Intervento Giuridico
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Campagna nazionale a tutela delle Mura urbiche http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/10/campagna-nazionale-a-tutela-delle-mura-urbiche/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/10/campagna-nazionale-a-tutela-delle-mura-urbiche/#comments Mon, 17 Oct 2022 17:09:55 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15583 A cura di Italia Nostra.

Cinte murarie cingevano le polis fin dall’antichità ma si sono imposte come soluzione di vitale importanza nel tardo Impero Romano/alto Medioevo e da allora sono state un elemento imprescindibile del paesaggio urbano, fino all’Unità d’Italia. Per millenni sono stati il limes che definiva l’urbe e allo stesso tempo stabiliva lo status delle persone: coloro che vivevano all’interno della cerchia muraria erano cittadini, in antitesi rispetto al contado. Ancora oggi continuano a definire lo spazio urbano – stabilendo il confine tra centro e periferia, tra borgo e agro, tra antico e moderno – nonostante siano venute meno le loro funzioni difensive e, addirittura, nella seconda metà del secolo scorso, fossero percepite come limite allo sviluppo. Riuscire a rendere sostenibile la tutela e la valorizzazione di questi manufatti è una scommessa che potrebbe aprire nuove vie e nuove soluzioni ad un problema essenziale per il nostro Paese: la gestione sostenibile del nostro enorme patrimonio, tra cui le mura urbiche.

Perché una campagna sulle mura urbiche storiche?

Molte sono state negli anni le segnalazioni delle Sezioni di Italia Nostra sulle situazioni critiche in cui versano questi importanti monumenti.

Le minacce alle mura urbiche delle città italiane sono molteplici: incuria, abbandono, mancata gestione delle aree di rispetto o mancata individuazione delle competenze amministrative e di proprietà, crolli, smottamenti, interventi sbagliati, scarsa fruizione e valorizzazione.

In molte delle nostre città le mura sono lì, da secoli, a ricordare il nostro passato. Non dobbiamo dimenticarle, lasciandole nell’abbandono. Sono l’ennesima opportunità per rendere più bello l’ambiente urbano servendosi della nostra storia.

I STEP

La preparazione: l’incontro tra le Sezioni.

Il 13 settembre p.v. alle ore 16.00 è previsto un incontro on-line sulla campagna nazionale dedicata alla tutela delle Mura Urbiche. Si tratta di un importante momento di coordinamento nazionale in cui sono invitate a partecipare tutte le Sezioni di Italia Nostra, sia per avere supporto specifico e chiarimenti per quelle Sezioni che parteciperanno alla campagna delle Giornate Europee del Patrimonio – GEP 2022, che per avviare uno stimolante confronto fra tutte le Sezioni sul tema delle mura urbiche.

Per il link e il programma: clicca qui

II STEP

GEP 2022 – eventi dedicati alle mura.

Durante le Giornate Europee del Patrimonio, nel mese di settembre le Sezioni di Italia Nostra organizzeranno eventi sul territorio per far conoscere e rendere più evidenti le condizioni delle mura urbiche nelle città d’Italia.

Gli eventi saranno registrati anche sulla piattaforma del Consiglio d’Europa dedicata agli European Heritage Days e verranno divulgati attraverso Europa Nostra. 

Italia Nostra vuole così accendere un faro su questo tema e arrivare alla pubblicazione di un documento, una sorta di “Carta della salvaguardia delle mura urbiche”: un compendio di modelli di restauro, recupero e gestione delle cinte murarie e delle porte per le Amministrazioni Locali e gli Enti preposti, che faciliti l’adozione di scelte responsabili e condivise per trasferire alle generazioni future questo patrimonio.

Per tutte le iniziative: clicca qui

III STEP

Convegno nazionale e workshop (1 ottobre 2022).

La “Carta” sarà redatta con i contributi che usciranno dal convegno nazionale dal titolo: “Mura, limes e urbe: L’impegno di Italia Nostra per le mura urbiche”, in programma alla Rocca Malatestiana di Santarcangelo di Romagna. Il convegno sarà anche occasione per divulgare il materiale raccolto dalle Sezioni di Italia Nostra durante le GEP 2022.

Il programma del convegno prevede tra i relatori numerosi professori e specialisti del settore della conservazione e del restauro quali Arch. Francesco Scoppola, già direttore generale del MiBAC; Prof. Matteo Felitti, docente Calcolo Automatico delle Strutture, Università degli Studi di Napoli Federico II; Prof. Arch. Pietro Matracchi, docente Restauro, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze; Prof. Mario Bencivenni, docente Scuola specializzazione restauro monumenti, giardini storici e paesaggio, Sapienza – Università di Roma; Prof.ssa Marina Docci, Dipartimento di Storia Disegno e Restauro dell’Architettura, Sapienza –  Università di Roma; Prof. Ing. Arch. Enzo Siviero Rettore “eCampus”, già docente di tecnica delle costruzioni allo IUAV di Venezia. 

Per maggiori informazioni e il programma: clicca qui

IV STEP

Realizzazione di un Dossier finale.

Gli atti del convegno verranno pubblicati dalla rivista scientifica Galileo e inseriti in un Dossier che illustrerà le problematiche legate alla tutela e valorizzazione delle mura. Il dossier sarà pronto per fine anno, già è in fase di realizzazione e contiene le segnalazioni fino ad oggi giunte grazie alla Lista Rossa. Si tratta di una raccolta, ancora in forma di bozza, di decine di segnalazioni da integrare con i contributi delle sezioni che parteciperanno alla campagna della GEP 2022 o che presenteranno all’interno dei workshop del convegno del 1° ottobre. 

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ENTI PATROCINANTI E SPONSOR:

La campagna ha il patrocinio di Associazione Dimore Storiche Italiane – ADSI Associazione Borghi Autentici d’Italia

Il Convegno ha il patrocinio di: Ministero della Cultura, Ministero del Turismo, Consiglio d’Europa, ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani, Associazione Dimore Storiche Italiane – ADSI, Associazione internazionale Città Murate Lions, Associazione Borghi Autentici d’Italia, Regione Emilia-Romagna, Provincia di Rimini, Comune di Santarcangelo di Romagna, Fondazione Rete Professioni Tecniche Rimini

Tratto da: https://www.italianostra.org/nazionale/campagna-nazionale-per-la-tutela-delle-mura-urbiche/

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A Napoli si vuole privatizzare il patrimonio culturale http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/04/a-napoli-si-vuole-privatizzare-il-patrimonio-culturale/ Mon, 11 Apr 2022 08:22:08 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15303 Petizione del gruppo campano di “Mi Riconosci”, per opporsi alla gestione privatistica del patrimonio culturale nel Comune di Napoli.

Il 14 marzo il Comune di Napoli ha presentato al Teatro Mercadante le linee di indirizzo del Piano della Cultura 2022-2026. La forma di gestione individuata per i beni culturali della città sarebbe quella di una fondazione per la cultura. 

L’istituto della fondazione sancisce una gestione pubblico-privata; come dimostrato però, una gestione privatistica del settore culturale porterebbe nel tempo molti benefici al privato e perdite per il pubblico. Tra i beni che finirebbero in questa fondazione spiccano Castel dell’Ovo, Castel Nuovo, il Pan. Il Cimitero delle Fontanelle, chiuso da due anni, viene citato tra i siti da gestire tramite un partenariato pubblico-privato, un cimitero che è chiaramente sempre stato comunale, pubblico e gratuito.

Il sindaco guarda con favore al modello della Fondazione Musei Civici di Venezia: un esempio fortemente criticato per la dichiarata priorità data agli introiti derivanti dal turismo di massa, a discapito della fruizione pubblica; una fondazione che, al pari di un’azienda, ha chiuso i battenti per mancanza di introiti durante la pandemia e che, anche quando avrebbe potuto riaprire, ha prorogato le chiusure e ha continuato a tenere in cassa integrazione i lavoratori, perché continuavano a mancare i turisti.

Non appoggiamo il modello della fondazione. Queste fondazioni infatti, una volta preso in gestione un bene culturale, tendono sempre ad alzare i prezzi dei biglietti e a risparmiare sul costo del lavoro: inseguendo tendenzialmente l’obiettivo del pareggio di bilancio e avendo dei margini maggiori di flessibilità quanto alla gestione del personale, ricorrono al volontariato sostitutivo, adottano contratti non adeguati, spesso a chiamata e senza le necessarie tutele, e in caso di perdita chiedono aiuti allo Stato. Il regime privato in cui operano permette loro di non ricorrere a concorsi pubblici trasparenti per assumere personale, facilitando assunzioni spesso clientelari e arbitrarie, che tagliano fuori professionisti qualificati e innescano favoritismi. In più, a causa dell’opacità stessa dello strumento giuridico della fondazione, rimangono problematiche le possibilità di recesso degli enti pubblici, per cui ogni conferimento si configura di fatto come perpetuo.

Riteniamo che finora sia stato fatto troppo poco e male per i cittadini nel settore culturale: troppo spesso beni storico artistici, un tempo gratuiti o chiusi al pubblico, sono stati affidati in gestione a enti privati o appartenenti al terzo settore che hanno adottato strategie imprenditoriali svantaggiose per i lavoratori, per i visitatori e per l’istituzione pubblica, dando prova di poca trasparenza. Questo ha portato nel tempo a un’estrema parcellizzazione del sistema e all’impossibilità di fruire di quei beni se non a pagamento, piegando la natura civica del patrimonio culturale alla logica dell’economia turistica, per sua natura fragile e veicolo di precarizzazione del lavoro.

Troppo spesso queste politiche di turistificazione e privatizzazione sono state presentate come partecipative o frutto di co-progettazione, con l’obiettivo di neutralizzare in partenza critiche e conflitti da parte della cittadinanza attiva e realmente vitale per il territorio. Una retorica opportunista che ha favorito la progressiva deresponsabilizzazione delle istituzioni cittadine nei confronti del patrimonio culturale, nel quadro di una mancanza di visione pubblica sistemica per la gestione della cultura sull’intero tessuto urbano, che ha accentuato l’esclusione delle aree esterne al circuito turistico.

Riuscire a sfruttare la chiave partecipativa, la co-progettazione e i movimenti spontanei di rivendicazione delle politiche urbane creando nuove istituzioni e difendendo i beni comuni è possibile, come mostra questa città, a patto di tenere ben distinte le sfere del pubblico e del privato, resistendo alla retorica dell’impresa sociale e all’imperativo della sostenibilità economica, del marketing urbano e della generazione del consenso.

Il popolo napoletano merita che i beni culturali del Comune restino liberi e gratuiti, o a prezzi molto accessibili: vanno evitati fenomeni come l’innalzamento improvviso dei biglietti, la conseguente inaccessibilità economica e l’ulteriore marginalizzazione sociale di cui soffre una città come Napoli.
Sottoscrivendo questa petizione, chiediamo pertanto:

  1. Che Castel dell’Ovo e il Cimitero delle Fontanelle restino gratuiti; che il Pan e Castel Nuovo rimangano a gestione pubblica e aperti alla cittadinanza, senza alcuna maggiorazione di biglietti d’ingresso;
  2. Che nessuna nuova fondazione di partecipazione venga creata per gestire il patrimonio pubblico, né venga messa in atto alcuna altra forma di privatizzazione dei beni culturali del Comune;
  3. Che l’amministrazione comunale si impegni in una riflessione su come garantire l’interesse pubblico nella gestione dei luoghi della cultura e la dignità del lavoro culturale, senza sfociare nella turistificazione;
  4. Che si guardi al futuro con un approccio sistemico e integrato della gestione dei beni culturali, per favorire una maggiore chiarezza, agevolazioni per i pubblici, e partecipazione da parte dei cittadini; che si garantisca produzione e fruizione culturale sull’intero territorio cittadino.

Promotori:

Mi Riconosci – Campania
Napoli Monitor
Villa Medusa – Casa del Popolo
Comitato San Martino Napoli
Ex OPG – Je so’ pazzo
Potere al popolo – Napoli
Emergenza Cultura
Circolo Legambiente La gabbianella e il gatto – Napoli
Lavoratrici e Lavoratori dello spettacolo Campania (LLSC)
Italia Nostra Napoli
Rete Set (Sud Europa Turistificazione)
Scugnizzo Liberato
GRIDAS – Gruppo risveglio dal sonno
Chi rom e…chi no
Ecomuseo Urbano di Scampia
L’Asilo

Firmatari:

Federazione provinciale napoletana del Partito della Rifondazione Comunista
Santa Fede liberata
Sergio Staino
Fabio Tirelli – Consigliere Municipalità
Gennaro Ferrillo – Altro Modo Flegreo
Concetta Casolaro
Anna Stefanelli
Luigi De Magistris
demA – Democrazia e Autonomia
Alessandra Clemente
Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli
Quelli del Maggio
Stefano De Caro
Annalisa Porzio
Nicola Spinosa
Luigi Abetti
Gruppo parlamentare “ManifestA”

Le associazioni che desiderano firmare questa petizione possono inviare mail a campania.miriconosci@gmail.com

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Ministero della Cultura: a rischio l’attuazione del PNRR? http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/11/ministero-della-cultura-a-rischio-lattuazione-del-pnrr/ Mon, 29 Nov 2021 09:29:28 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14947 A cura di FP CGIL – CISL FP – UIL PA.

Come è noto il PNRR impegna ingenti risorse nel settore Cultura e Turismo, 6 miliardi e 680 milioni di euro complessivi di cui 4 miliardi 289 milioni di euro per interventi diretti sul patrimonio culturale e paesaggistico. Accanto a questo il MIC è chiamato ad una intensissima attività istruttoria relativa alle valutazioni di impatto ambientale in particolare rispetto agli interventi volti alla transizione energetica. 

Abbiamo assistito in questo periodo a polemiche e attacchi strumentali rivolti al settore della tutela del patrimonio culturale che hanno esplicitato la volontà, anche da parte di esponenti governativi di relativizzare ruolo e funzioni di chi si occupa della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico. 

Questo ha portato alla creazione di una Soprintendenza Unica nazionale, finalizzata all’attuazione del PNRR, un Ufficio attualmente del tutto privo di personale, con l’intenzione esplicita di andare verso una “semplificazione” delle procedure tramite un accentramento delle stesse in capo alla Soprintendenza Unica, con poteri di sostituzione e avocazione dei procedimenti in capo alle Soprintendenze.

Ci chiediamo, e lo facciamo adesso prima che sia troppo tardi, con quali risorse umane il Ministero intende affrontare una sfida così complessa. La risposta che abbiamo avuto sinora è una attribuzione di questi carichi lavorativi ai pochi lavoratori rimasti nella struttura centrale ed in quelle periferiche.

Abbiamo chiesto già da tempo di avviare un confronto con il Soprintendente Nazionale, architetto Galloni, al fine di verificare le condizioni organizzative che diano garanzie di funzionamento alla nuova struttura, ci siamo trovati di fronte ad un muro di silenzio ed ad a una disposizione di servizio che sostanzialmente scarica tutto il carico di lavoro su un nucleo di personale incardinato nella Direzione Generale Archeologia e Belle Arti che è del tutto impossibilitato, per la grave carenza di personale e per i carichi ordinari già pesantissimi, ad assolvere questi compiti. 

In sostanza si pensa di trattare questa materia come se fosse un adempimento burocratico e non come una sfida che mette in discussione, nel caso gli obiettivi del Piano non fossero raggiunti, l’immagine internazionale del nostro Paese con soluzioni che sono solo funzionali a chi vorrebbe marginalizzare il ruolo della tutela del patrimonio paesaggistico perché considerata di ostacolo ai piani di innovazione energetica.

Per questi motivi oggi abbiamo chiesto un incontro urgente al Ministro Franceschini: serve un impegno politico che sia coerente con la straordinarietà degli impegni richiesti, e di questo purtroppo non troviamo traccia nel disegno di legge Stabilità per il 2022, e serve richiamare la dirigenza amministrativa, ed in particolare la Soprintendente Galloni, al confronto con le rappresentanze dei lavoratori.

Non è con la logica dello scaricabarile e della vessazione verso lavoratori che fanno già tantissima fatica ad assolvere a compiti ordinari con un organico ridotto a meno della metà di quello previsto che si risolvono problemi della dimensione prevista nel PNRR. Occorrono soluzioni ed impegni concreti e la consapevolezza della loro complessità, in assenza dei quali ci pare inevitabile avviare una fase di mobilitazione nazionale e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Ed è quanto chiederemo direttamente al Ministro, al quale abbiamo anche sollecitato il pagamento della produttività al personale: 30 milioni che rischiano di essere liquidati a giugno prossimo a causa dei ritardi del MEF. Servono risposte immediate.

FP CGIL – Claudio Meloni
CISL FP – Giuseppe Nolè, Valentina Di Stefano
UIL PA – Federico Trastulli

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La semplificazione che sospende la tutela http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/05/la-semplificazione-che-sospende-la-tutela/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/05/la-semplificazione-che-sospende-la-tutela/#comments Sun, 16 May 2021 19:29:01 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14551 È notizia dei giorni scorsi l’attacco mosso alla tutela del paesaggio e del patrimonio archeologico del nostro Paese attraverso una proposta di decreto legge. Le associazioni di categoria e le consulte universitarie che operano nel settore dell’archeologia hanno messo in campo azioni diverse per provare a bloccare queste norme che sospendono la tutela del paesaggio e del patrimonio.

Sono le bozze del decreto presentato dal Ministero per la Transizione Ecologica e riguardante indicazioni per la semplificazione delle procedure autorizzative per i lavori di costruzione di impianti per le energie rinnovabili finanziati con il Recovery Plan.

In questi testi viene praticamente sospesa la tutela del patrimonio ambientale, paesaggistico e archeologico.

Mentre stiamo lavorando con i Deputati e i Senatori per spiegare loro quali gravissimi rischi correrebbe il nostro Paese se queste norme venissero approvate, abbiamo scritto due lettere, una al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e un’altra ai ministri della Cultura, Dario Franceschini, della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, e delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, per segnalare le criticità nella formulazione di queste nuove norme e chiedere la loro revoca. La semplificazione e la velocizzazione delle procedure è un obiettivo pienamente raggiungibile senza passare sopra al nostro patrimonio e senza danneggiare il paesaggio.

Ci auguriamo che chi ci governa riesca finalmente a capire che la tutela del nostro patrimonio, archeologico e paesaggistico non sono un ostacolo allo sviluppo del Paese bensì la vera risorsa per un futuro che punti realmente sulla sostenibilità ecologica e culturale dello sviluppo economico.

ANA – Associazione Nazionale Archeologi
API – Archeologi Pubblico Impiego MiBACT
ARCHEOIMPRESE – Associazione delle imprese archeologiche
ASSOTECNICI – Associazione Nazionale dei Tecnici per il Patrimonio Culturale
CIA – Confederazione Italiana Archeologi
Consulta di Topografia Antica
FAP – Federazione Archeologi Professionisti
Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia (Consulte di: Preistoria e Protostoria; Archeologia del mondo classico; Archeologie postclassiche; Numismatica; Studi dell’Asia e dell’Africa; Antropologia)
LEGACOOP Produzione & Servizi
Mi Riconosci? sono un professionista dei Beni Culturali

Qui trovate la Lettera al Presidente della Repubblica.

E qui trovate la Lettera ai ministri Franceschini, Cingolani e Giovannini.

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Abbandonarsi nell’abbandono http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/01/abbandonarsi-nellabbandono/ Thu, 21 Jan 2021 21:10:42 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14263 di Marisa Pessione.

In questo tempo sospeso e spaesato, dove gli spostamenti e la socialità diventano sempre più virtuali, si aprono spazi per vagare liberamente con i propri pensieri smanettando in modo un po’ compulsivo su tasti neri, alla ricerca di qualcosa che, per lo meno, desti sentimenti ed emozioni ormai un po’ addormentati.
Vagando, anzi direi più correttamente navigando, sono approdata su un sito (caldamente segnalato in un articolo pubblicato su Altreconomia dal prof. Tomaso Montanari) che è una fotografia e una esplorazione accurata degli innumerevoli luoghi abbandonati, non solo in Italia ma in tutto il mondo…

Ascosi Lasciti è un progetto che nasce per condividere, meravigliare e far prendere coscienza dell‘immenso patrimonio immobiliare sommerso, facendoci entrare in punta di piedi dentro e fuori a borghi, ville, chiese, fabbriche, castelli, cimiteri ecc. pericolanti, inagibili, nascosti e ormai solo più dominio della natura e della semplice indifferenza dell’uomo che li ha creati, vissuti e poi dimenticati.

Scorrendo le pagine e soffermandosi nella lettura delle storie o delle leggende che stanno dietro a questi splendidi siti ormai inesorabilmente perduti, sono affiorate alla mia mente immagini di piccoli pezzi di abbandono che solo il cammino, la curiosità e l’attenzione hanno saputo farmi incontrare.
La scoperta inaspettata di una borgata sperduta in montagna o di una casa isolata nell’intricato intreccio di un bosco hanno da sempre destato in me reazioni ed emozioni che in modo quasi sequenziale vanno dallo stupore misto a curiosità, alla malinconia e, per ultimo, a quello che io definirei l’ “abbandonarsi nell’abbandono“.

Lo stupore è il trovarsi davanti a qualcosa di inaspettato, una scoperta che ha quasi il sapore del ritrovamento di un tesoro nascosto e segreto. Uno stupore che si tramuta in curiosità nell’eplorare ciò che hai davanti, girandoci attorno e chiedendo con discrezione il permesso di entrarci senza bussare, nello stesso modo che il vento, la pioggia, il sole e la natura stanno facendo ormai da tanto tempo, levigando e avvolgendo ciò che rimane.

Il dare importanza a ogni particolare ancora sopravvissuto alle intemperie, alla sottrazione vandalica e all’indifferenza di chi è passato di lì prima di te, è un atto dovuto di rispetto alla memoria del luogo. Un groviglio di rovi, alberi e sterpaglie avvolgono e creano un insolito quadro naif di quello che è rimasto e sembrano essere, insieme alla curiosità degli animali, gli unici custodi di questi tesori dimenticati.

Ed ecco il sopraggiungere della malinconia, perchè tutto ciò è andato perso e finito nell’oblio, con la consapevolezza che l’abbandono sia stato il frutto certamente di una rassegnazione, di un recidere i legami con la propria terra, comunità e tradizioni, per l’arrivo inaspettato di leggi naturali ed economiche legate alla sopravvivenza.

Non resta che abbandonarsi nell’abbandono. Un lasciarsi andare con il corpo e la mente in armonia con ciò che è stato e non è più. Un farsi trasportare nell’immaginario e anche, solo per un istante, dare vita con la fantasia a ciò che è rimasto. Un gioco fanciullesco ma che desta emozioni, ricalcando le impronte di chi ha vissuto intensamente dietro a quei muri, quelle porte, quelle finestre.

L’illusione, per un attimo, che qualcuno vi possa fare ritorno per preservarli e farli tornare a nuova vita con attenzione, amore e cura.

E nel silenzio dell’illusione sorge spontanea una domanda: è possibile abbandonarsi nell’abbandono in quei luoghi dove l’insensata azione dell’uomo li ha dapprima costruiti e poi lasciati come opere incompiute, abbandonate al loro destino?
Luoghi che non hanno visto neanche un giorno di vita. La natura ha il diritto, anzi il dovere, di riprenderseli e nasconderli definitivamente.
Non varrà la pena preservarli, perchè non hanno nulla da raccontarci. Non sono doni nascosti e non rappresentano il “terzo paesaggio“, ma opere da lasciare nell’oblio.
Semplicemente da dimenticare.

Ascoso vuol dire “nascosto, segreto“. E chi, nella propria infanzia, non ha costruito il suo nascondiglio, il suo posto ascoso come culla dei propri giochi?

Ora è il tempo di farlo tornare alla memoria.

(Immagini tratte dal sito Ascosi Lasciti).

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Lucca: è un monumento ma un progetto vuole trasformarlo in insediamenti residenziali http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/01/lucca-e-un-monumento-ma-un-progetto-vuole-trasformarlo-in-insediamenti-residenziali/ Tue, 19 Jan 2021 20:30:04 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14254 No alla vendita della ex Manifattura Tabacchi di Lucca.
Si ad una sua valorizzazione pubblica, al servizio della città.

Appello di comitati e associazioni di Lucca.

Il dibattito che si è aperto recentemente intorno al progetto della ex Manifattura Tabacchi di Lucca dimostra quanto la vicenda stia a cuore alla cittadinanza che riconosce in quegli spazi una memoria viva della propria comunità ed un luogo storico originale della prima industrializzazione, dove migliaia di donne, attraverso il lavoro, hanno potuto maturare la loro dignità e consapevolezza sociale. La proposta pervenuta quest’anno, targata Coima/Fondazione Cassa di Risparmio, e recentemente modificata solo in alcuni dettagli ma non nella
sostanza, è stata presentata come unica opportunità possibile ed occasione da non perdere.

Al contrario noi pensiamo che questo progetto vada fermato ed azzerato per questi motivi:

  • Lo strumento che viene proposto, cioè il Project financing, per la ristrutturazione dei quattro parcheggi già presenti in loco è uno strumento che confligge con l’avvenuta declaratoria della Manifattura – tra l’altro su richiesta dello stesso Comune di Lucca – come bene culturale.
  • La cessione della Manifattura, tra l’altro, ad un valore che riteniamo del tutto inadeguato, costituisce la quota di partecipazione del Comune alla ristrutturazione dei quattro parcheggi già esistenti in loco, cui si aggiunge – ma non solo – la perdita per le casse comunali, per 40 anni, degli introiti di tali parcheggi, la cui gestione passerebbe dal Comune al privato.
  • Il progetto inoltre prevede che l’Amministrazione Comunale perda per questi 40 anni qualunque autonomia di programmazione sui piani della mobilità legandosi mani e piedi agli interessi ed alle volontà del soggetto privato, proprio nel momento in cui sempre di più è urgente ed universalmente riconosciuta l’importanza inderogabile di programmare a livello locale e nazionale un piano alternativo ed ecologico della mobilità delle merci e delle persone.
  • Anche sulle funzioni individuate per il complesso della Manifattura manca la necessaria chiarezza. La destinazione individuata come prioritaria si configura come mero investimento immobiliare, che non definisce il numero né la tipologia degli appartamenti, né il loro uso e poco ha a che fare con i bisogni reali della città, che ha visto negli ultimi decenni uno spopolamento progressivo e centinaia di immobili vuoti.

Per questi motivi chiediamo l’azzeramento di questo progetto e l’avvio di un percorso di partecipazione popolare e di ascolto da parte dell’Amministrazione comunale, che coinvolga tutte le componenti rappresentative della nostra comunità ed i cittadini tutti, i quali alla fine, anche con strumenti di democrazia diretta e partecipata, dovranno avere diritto di ultima parola su soluzioni urbanistiche e progetti anche tra di loro alternativi. Soluzioni e progetti che non escludano a priori nuovi soggetti e nuovi strumenti economici e finanziari, in grado di evitare la privatizzazione di un patrimonio pubblico di così alto valore storico, urbanistico e strategico per la città di Lucca.

Per quanto ci riguarda, noi abbiamo a cuore uno sviluppo equo e sostenibile, una visione volta a costruire progetti che colleghino storia e bellezza della nostra città, dando nel contempo risposte ai principali bisogni sociali e culturali della comunità, cioè esattamente il contrario di quello che ci viene proposto e che non siamo disposti a subire.

Per aderire all’appello invia una email a: unitiperlamanifattura@gmail.com

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Le città d’arte alla prova del Covid. Ripensare un modello: il caso di Gubbio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/01/le-citta-darte-alla-prova-del-covid-ripensare-un-modello-il-caso-di-gubbio/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/01/le-citta-darte-alla-prova-del-covid-ripensare-un-modello-il-caso-di-gubbio/#comments Mon, 11 Jan 2021 10:20:53 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14229 di Paolo Berdini.

Le città dell’Umbria sono ammirate per la bellezza, per i tesori che contengono, per una profonda cultura di accoglienza che caratterizza la popolazione. Intorno a questa preziosa stratificazione storica, si è costruito in questi ultimi decenni un sistema economico che ha saputo coniugare la leva turistica con produzioni agricole locali e con un artigianato diffuso. Un modello che sembrava destinato a non interrompersi mai e che è stato invece colpito al cuore dalla pandemia del Covid-19.

Quel sistema si rimetterà in moto. Ci vorrà un anno. O un altro ancora, come dicono i più pessimisti. Ma, anche con questa certezza, fa un effetto estraniante girare per le strade deserte di Assisi o di Orvieto. Proprio in questo momento di crisi più acuta, quel vuoto urbano deve essere colmato da un pensiero lungimirante che sappia far tesoro dei nodi irrisolti che erano emersi già prima della pandemia e che abbiamo fatto finta di non vedere perché il modello economico generato dal turismo di massa funzionava, creava lavoro e prospettive di vita. Nella millenaria storia delle città, sono stati sempre i momenti di crisi ad aprire a nuove fasi di vita urbana. Per compiere questo passo ci sarebbe bisogno di una classe dirigente economica in grado di cogliere gli elementi del salto culturale da compiere. Il caso di Gubbio ci dice che la crisi potrebbe produrre conseguenze molto negative.

Gubbio è stata per secoli una città importante e ciò ha comportato una straordinaria sedimentazione di bellezze urbanistiche, architettoniche e artistiche. Nei primi anni della ricostruzione postbellica, essa era caratterizzata da una diffusa povertà dovuta dalla difficoltà di accessibilità e si decise che essa dovesse essere sorvegliata da due cementifici tanto vicini al centro antico quanto fuori contesto per dimensione e caratteristiche. Una vicenda di industrializzazione analoga a tante altre in quel momento storico. Gubbio, insomma, era una delle tante città ad economia marginale che inseguiva il sogno industriale.

Alla fine degli anni Ottanta, la produzione di cemento ha iniziato a scendere in tutta Italia. Così, il relativo benessere messo in moto dai due opifici ha iniziato ad entrare in crisi. Un grande lavoro di riscoperta delle radici culturali avviato nei decenni precedenti da lungimiranti amministratori pubblici e da tanti cittadini e associazioni, hanno riscoperto il giacimento di arte e cultura eugubina. E cercato anche di cancellare -nei tempi e nei modi possibili- le offese portate negli anni della ricostruzione al paesaggio e alla salute dei cittadini. I cementifici generano insalubrità. Insieme alla bruttezza creano malattie nelle maestranze e in tutta la città. È noto che a Gubbio alcuni dati epidemiologici superano le medie regionali.

Oggi Gubbio rischia di tornare ad un passato doloroso. I due cementifici -grazie ad una legge scellerata voluta qualche anno fa dai governi nazionali di centrosinistra- vorrebbero utilizzare come risorsa energetica il “combustibile solido secondario”, termine anodino, che significa una frazione della produzione di rifiuti solidi urbani. Tempestivo è stato, purtroppo, l’aiuto da parte della regione Umbria e di alcuni -pochi in verità- esperti che hanno tentato di convincere la popolazione che il CSS non fa male alla salute. Anzi, l’aiuta. È in questo senso di grande importanza l’azione di sensibilizzazione che gli otto comitati eugubini hanno svolto in questi mesi e che è da ultimo sfociata nel convegno “Prima di tutto la salute“ dello scorso 17 ottobre. Opinioni mature e convincenti di scienziati e ricercatori che hanno a cuore il bene comune, hanno dimostrato l’insensatezza della proposta. E fa piacere sottolineare la limpida presa di posizione del sindaco Stirati, che si oppone allo sciagurato progetto.
Due idee di città si stanno dunque confrontando a Gubbio. Chi vuole continuare ad estrarre ricchezza anche a scapito del principio di cautela per la salute pubblica e far arrivare -su gomma!- migliaia di tonnellate di Css per poi bruciarle. E chi ha compreso che la ricchezza del futuro sta nella difesa della bellezza e dell’integrità ambientale.

Questo confronto tra due differenti culture sussiste anche nel ripensamento del modello economico delle città d’arte entrato in crisi a causa della pandemia. Come accennavamo, quel modello funzionava e per questo non ci si accorgeva che generava effetti gravissimi sulla vita urbana che oggi è indispensabile affrontare.
Il primo effetto riguarda la perdita di residenti nei centri antichi. Conviene più affidarsi a B&B che promettevano guadagni più elevati, piuttosto che affittare a nuclei familiari. Questo fenomeno non riguarda tutte le città umbre, Orvieto e Gubbio, ad esempio, hanno ancora un sufficiente numero di abitanti. Ma se si guarda ai luoghi presi maggiormente d’assalto dal turismo mordi e fuggi –Assisi ne è l’esempio paradigmatico– si comprende bene che se non torniamo ai ripari al più presto, corriamo il rischio di desertificazione dei centri antichi. Occorre dunque avviare una rigorosa politica di creazione di alloggi pubblici da destinare a famiglie che non potrebbero altrimenti, dato il livello degli affitti, abitarvi.

Il secondo problema creato dal liberismo selvaggio è la rarefazione del commercio di vicinato. Le città sono nate dalle esigenze di scambio ma da trenta anni l’economia dominante ha fatto nascere nella pianura umbra un numero enorme di centri commerciali che hanno portato alla chiusura di migliaia di negozi che garantivano relazioni sociali e vivibilità. In questo caso servono leggi di incentivazione all’apertura di nuove attività commerciali legate alla filiere produttive corte. Solo così si potrà rivitalizzare il commercio urbano diffuso e aiutare i piccoli produttori agricoli.

La terza contraddizione è legata alla cancellazione del sistema dei servizi urbani che ha garantito il mantenimento della vita sociale nei piccoli centri collinari. Come non citare le leggi che hanno falcidiato il sistema scolastico con la giustificazione che “costava troppo”. Lo smantellamento del sistema sanitario diffuso a favore delle grandi concentrazioni ospedaliere. O la chiusura degli uffici postali in base soltanto ad un ragionamento economicistico. Ridare vigore al welfare urbano è dunque una grande priorità e l’occasione del Recovery fund è in questo senso un’occasione da non perdere.

Infine, le città che hanno vissuto la fase della monocultura del turismo, soffrono di congestione automobilistica. Il ritorno alla vivibilità e alla bellezza dei centri urbani necessita di una svolta tecnologica. Dobbiamo ripensare i sistemi di accesso alle città storiche: bloccare le auto in luoghi più accessibili e collegarli ai centri collinari con moderni vettori collettivi che permettano una vita silenziosa e bella anche nei momenti di grandi afflussi di turisti.

Si tratta, in sintesi, di ripensare le città dell’Umbria nella chiave dell’attuazione del concetto di “Ecologia integrale” coniato cinque anni fa da Papa Francesco. Le città devono orientarsi verso una nuova fase di sviluppo che risolva le contraddizioni create da un modello economico insostenibile e crei le premesse per uno sviluppo duraturo. Questa fase di rinnovo urbano può prendere avvio dall’Umbria, la terra di Francesco d’Assisi, e in particolare dalla sua città d’origine proprio perché Assisi soffre maggiormente gli effetti della pandemia.

L’Umbria ha dunque la straordinaria occasione di guidare il rinnovamento urbano dei piccoli centri. Un’occasione preziosa da non perdere.

Tratto da: Micropolis – Dicembre 2020.

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Corte dei Conti: la tutela del patrimonio è basata su una logica dell’emergenza http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/12/corte-dei-conti-la-tutela-del-patrimonio-e-basata-su-una-logica-dellemergenza/ Mon, 28 Dec 2020 21:08:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14197 Pur considerando la natura, la tipologia e la complessità della tutela e conservazione del bene pubblico, la gestione degli interventi è apparsa per lo più contrassegnata da una logica dell’emergenza non legata a quel circuito virtuoso di una programmazione pluriennale che aveva originato l’istituzione del Fondo stesso”, ma il “carattere esclusivamente manutentivo dei beni culturali” è un profilo critico non imputabile a coloro che hanno in cura i Beni artistici, quanto, piuttosto, “a scarse risorse finanziarie, esigue a fronte dell’entità del patrimonio culturale presente nel nostro Paese”.

E’ quanto emerge dall’indagine sul “Fondo per la tutela del patrimonio culturale”, approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato con delibera n. 15/2020/G, che ricostruisce il panorama normativo dedicato alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e identifica le risorse finanziarie ed essa destinate a carico del bilancio statale, del Mibact e dei fondi Strutturali e di investimento europei.

Il Fondo, istituito dall’art. 1, c. 9 e 10, della legge n. 190/2014 (Legge di stabilità 2015) nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è stato dotato, inizialmente, di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020, poi implementati ed allocati sul capitolo 8099 del bilancio dello Stato, con l’obiettivo di proseguire – previo parere delle Commissioni parlamentari e trasmissione al CIPE – l’attività di manutenzione e conservazione dell’ingente patrimonio culturale del nostro Paese. Il programma ha il compito di individuare gli interventi prioritari da realizzare, le risorse da destinare a ciascuno di essi ed il relativo cronoprogramma.

Si riscontrano, tuttavia, criticità relative all’alimentazione della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche, al fine di una unitaria rilevazione delle opere programmate, e carenze nell’attività di monitoraggio e controllo dell’esecuzione degli interventi.

Per la Corte si impone un necessario e stretto coordinamento tra i diversi livelli di governo (Stato e Regioni), soprattutto nella fase della programmazione degli interventi e nelle modalità operative di rilevazione dei fabbisogni sul territorio, intraprendendo un percorso di condivisione con le autonomie locali ispirato ad una visione strategica nazionale tale da “riconsegnare al Paese e alla collettività un patrimonio culturale risanato” anche grazie “ad una minore frammentazione delle risorse finanziarie destinate”.

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