Petrolio e gas – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Tue, 17 Oct 2023 08:41:40 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.5 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Petrolio e gas – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Lago del Pertusillo: un sito di interesse comunitario tra i pozzi di petrolio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/10/lago-del-pertusillo-un-sito-di-interesse-comunitario-tra-i-pozzi-di-petrolio/ Mon, 09 Oct 2023 15:38:36 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16113 di Serena Mattia

Nel cuore della Val d’Agri, in Basilicata, sorge il lago del Pertusillo, un invaso artificiale costruito tra il 1957 e il 1963 a sbarramento del fiume Agri, delimitato a sud da una diga lunga 380 metri e alta 95. 

Il lago è stato riconosciuto dall’Unione Europea come Sito di interesse comunitario (Sic) della rete Natura 2000 e si trova nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

È un’oasi di notevole interesse dal punto di vista naturalistico che ha dato vita a un ecosistema ricco di biodiversità: qui, infatti, si trovano specie rare o minacciate di estinzione, come il moscardino, il gatto selvatico, il gufo, il corvo imperiale, la lontra e la salamandra dagli occhiali; sono presenti, inoltre, anche alcune specie protette come il nibbio reale, il picchio rosso, il falco pecchiaiolo, l’upupa e lo sparviero. A fargli da cornice, alberi di faggio, cerro, castagno, nocciolo e rose selvatiche.

Questo invaso fornisce acqua destinata a uso potabile e irriguo a Puglia e Basilicata. Peccato, però, che lungo la sponda occidentale ci siano 27 pozzi di estrazione di petrolio del Centro Olio Val d’Agri di Viaggiano (COVA). 

In Val d’Agri, conosciuta come il “Texas d’Italia”, c’è la più grande  riserva di idrocarburi su terraferma d’Europa. L’80% del petrolio estratto in Italia viene proprio da qui.

E questo desta non poche preoccupazioni.

Succede, infatti, che a dicembre 2022 le acque verde-azzurro del lago si tingono di marrone scuro. L’anomalia inizia dalla sponda ovest, che dista solo un paio di chilometri da alcuni dei 27 pozzi di estrazione di petrolio del centro oli.

A seguito di diverse segnalazioni, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPAB) ha analizzato la chiazza marrone che si allarga sul lago. 

Per l’ARPAB questa colorazione anomala è dovuta a una fioritura algale che, in determinate condizioni, può dar luogo a una proliferazione fuori dal normale ma che non rappresenta un pericolo per la salute umana. Inoltre, sono state trovate quantità di azoto e fosforo superiori ai limiti di legge. 

Secondo l’Agenzia, le cause della proliferazione algale sarebbero da attribuire all’innalzamento della temperatura dell’acqua, agli scarichi industriali e ai pesticidi utilizzati dagli agricoltori. 

Queste conclusioni non hanno convinto l’associazione CovaContro che da anni monitora lo stato di salute del lago. Infatti, i risultati dei campioni prelevati dall’associazione hanno evidenziato anche la presenza di 311 microgrammi di idrocarburi pesanti per ogni litro di acqua. Un dato allarmante, visto che l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) indica 350 microgrammi come soglia oltre la quale si può parlare di contaminazione.

Questa non è la prima anomalia che si registra. Associazioni, ambientalisti e comitati di cittadini sostengono che l’inquinamento del lago sia iniziato già nei primi anni del 2000, in concomitanza con l’inizio delle estrazioni di petrolio nella valle. Nel 2017 si verificò una fioritura algale simile a quella attuale. Esclusa la presenza di idrocarburi, L’ARPAB e l’allora presidente della Regione Marcello Pittella sostennero si trattasse di un “fenomeno naturale”. Uno studio pubblicato nel 2021 dalla rivista scientifica Remote Sensing ha però sostenuto che la presenza delle alghe fosse dovuta agli idrocarburi nelle acque.

È evidente che la presenza del centro oli in prossimità di un invaso le cui acque vengono utilizzate a scopo potabile dagli abitanti della Puglia e con la quale vengono irrigati i campi della Basilicata, rappresenta un grave pericolo per l’ambiente, per la sopravvivenza delle specie che popolano il lago e per la salute umana. 

Resta da capire come sia possibile che sia concesso tutto questo in un territorio dove l’acqua rappresenta una risorsa fondamentale, in una zona da sempre vocata all’agricoltura, in un territorio contraddistinto da un’elevata ricchezza biologica, all’interno di un Parco Nazionale.

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Si scrive Pi.T.E.S.A.I., si legge piano delle aree nazionali idonee alle estrazioni petrolifere http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/09/si-scrive-pi-t-e-s-a-i-si-legge-piano-delle-aree-nazionali-idonee-alle-estrazioni-petrolifere/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/09/si-scrive-pi-t-e-s-a-i-si-legge-piano-delle-aree-nazionali-idonee-alle-estrazioni-petrolifere/#comments Wed, 08 Sep 2021 21:37:14 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14704 A cura dell’Ing. Donato Cancellara (Associazione V.A.S. Onlus per il Vulture Alto Bradano, Coordinamento locale – Forum SiP per il Vulture Alto Bradano, A.I.L. – Associazione Intercomunale Lucania).

Premessa: La Regione Basilicata è da molto tempo terra di grande interesse da parte delle società legate ad attività petrolifere, allo smaltimento di scorie nucleari ed alla sistemazione di rifiuti in generale. Purtroppo, è una Regione fin troppo martoriata dalle attività ultra ventennali di estrazione idrocarburi contribuendo, ad oggi, per il 30% alle estrazioni di gas e per il 77.45% alle estrazioni di olio greggio su scala nazionale. Una Regione che ospita i due più grandi giacimenti petroliferi europei in terraferma (Val d’Agri e Gorgoglione) presentando (al 31 dicembre 2020) permessi di ricerca per una estensione complessiva di 74.564 ettari e concessioni di estrazione per una estensione complessiva di 157.240 ettari.
Un prezzo, quello legato all’intera filiera petrolifera, troppo alto in termini di impatto ambientale e sanitario che non può lasciare indifferenti tutti coloro che rivestono un ruolo istituzionale nella nostra Regione e non solo.

  1. Dalla CNAPI al PiTESAI

Così come non si poteva rimanere indifferenti al tentativo di approvare una Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) che prevede, nella proposta ancora in itinere, svariati territori della Basilicata (tra cui Genzano di Lucania in primis) potenzialmente idonei ad ospitare il Deposito Nazionale dei Rifiuti radioattivi, così non si può rimanere indifferenti alla proposta del Piano di Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI). Quest’ultima, al di là del suggestivo nome, per nulla indicativo della sua reale portata, riguarda l’individuazione delle aree nazionali da considerarsi idonee per le attività petrolifere di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi. La proposta di Piano elaborata dal Ministero dello Sviluppo Economico ha inserito buona parte della Basilicata tra le aree idonee, compresa la zona settentrionale quindi l’intera area afferente all’Unione Comuni Alto Bradano.
Con riferimento alla imminente scadenza del 14 settembre p.v., per presentare osservazioni in senso alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) avviata dal MiSE il 2.03.2021, è stata proposta una bozza di delibera (scaricabile qui) contenente osservazioni tecniche da incardinare in un deliberato di Giunta dell’Unione dei Comuni Alto Bradano a cui afferiscono i Sindaci dei Comuni di Palazzo San Gervasio, Genzano di Lucania, Banzi, Acerenza, Tolve, Forenza, Cancellara e San Chirico Nuovo.

  1. Contenuto della proposta di Delibera

Nel deliberato viene evidenziato che il PiTESAI deve tener conto di tutte le caratteristiche del territorio: ambientali, paesaggistiche, geologiche, idrogeologico, morfologiche, urbanistiche (con particolare riferimento alle vigenti pianificazioni), senza dimenticarsi della componente sociale, economica e sanitaria.
Nella bozza di deliberato viene ripercorsa la costante azione di difesa dell’intera area, finalizzata a contrastare l’attività industriale legata alle fonti fossili (liquide e gassose), dando continuità a quanto già avvenuto in passato, da parte di svariate Associazioni, dall’Area Programma Vulture – Alto Bradano e da diversi Comuni lucani. Particolare attenzione è stata rivolta alle due istanze pendenti sull’area nord della Basilicata: l’istanza del Permesso di ricerca idrocarburi denominata “Palazzo San Gervasio” della società AleAnna Resources LLC e l’istanza del Permesso di ricerca idrocarburi denominato “La Bicocca” della società Delta Energy Ltd.
Particolare risalto è stato dato alla questione sismica evidenziando che l’area lucana, inserita nel PiTESAI, è caratterizzata da sismicità medio-elevata. Per sismicità elevata deve intendersi un’area contrassegnata da un valore previsto di picco di accelerazione (PGA – Peak Ground Acceleration) al substrato rigido, per un tempo di ritorno di 2475 anni, pari o superiore a 0,25 g. Tale valore risulta essere molto prossimo, in alcuni casi superiore, in diverse aree ricadenti nei Comuni di Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Ripacandida e Venosa. Aspetto, quello della sismicità, di particolare rilevanza se posto in relazione alla potenziale sismicità indotta o innescata da alcune tecniche di perforazione del sottosuolo e, soprattutto, dalla diffusa pratica di reiniezione delle acque di strato, come ampiamente illustrato nel Rapporto della Commissione ICHESE – Report on the Hydrocarbon Exploration and Seismicity in Emilia Region (2014) e nel recente lavoro Hydraulic-fracturing induced seismicity di R. Schultz, et al., Reviews of Geophysics (2020) con il pieno convincimento di tralasciare i “rassicuranti” lavori elaborati da coloro che hanno lavorato con alcune Società petrolifere, spesso finanziatrici degli stessi lavori di ricerca, in quanto da ritenersi (verosimilmente) in pieno conflitto di interessi.

  1. Richieste di non idoneità dell’area

Con la proposta di deliberato si vuole dichiarare la non idoneità, ad attività di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi, delle aree ricadenti in agro di Genzano di Lucania, Palazzo San Gervasio, Banzi, Acerenza, Tolve, Forenza, Cancellara, San Chirico Nuovo ed in aggiunta, la non idoneità in tutte quelle aree limitrofe rispetto alle quali vi sarebbero evidenti effetti, ambientali e paesaggistici negativi che si intende legittimamente tutelare.
È stato chiesto che non sia consentita alcuna forma di sopruso sul nostro territorio, mostrandosi coerenti con la strada di difesa della Terra e di contrasto a tutte le forme di depredazione della nostre risorse, senza distinguo tra progetti legati alle fonti fossili e progetti legati alle fonti rinnovabili in area agricola a scopo industriale, come è stato in passato per lo scellerato progetto del termodinamico, alle porte di Palazzo San Gervasio, che non presentava possibilità alcuna per poter essere definito sostenibile per l’irreversibile consumo di suolo e per i potenziali rischi ambientale che avrebbe creato un imperdonabile e devastante precedente per l’intera area.

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Tap pronta? Pronta un tubo… http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/11/tap-pronta-pronta-un-tubo/ Thu, 26 Nov 2020 21:49:32 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14137 A cura del Movimento No TAP/SNAM della Provincia di Brindisi.

“Il Tap è entrato in funzione: porterà in Europa il gas azero” intitolava qualche giorno fa il Sole24ore, “la multinazionale Tap annuncia che il gasdotto è operativo”.

Gli abitanti di Melendugno ci riferiscono invece che i cantieri di TAP lì fervono ancora di lavori; e anche a Matagiola, dove dovrebbe arrivare l’interconnessione TAP/SNAM, ci sono ancora gli scavi aperti… E comunque, come riferisce Il Sole 24ore, è già stato fatto il testing dei tubi.
Ci chiediamo: tutto il gas immesso in un tubo da 1400 millimetri di diametro per 54 KM dove è finito, visto che a Brindisi si ferma tutto e non c’è ancora il collegamento con la Rete Adriatica SNAM?

Si, perché a Matagiola non c’è nessun gasdotto che collega la stazione SNAM con la Rete Adriatica SNAM, che parte da Massafra col gasdotto Massafra-Biccari.

Eppure a Matagiola arrivano o partono per ora 6 gasdotti, oltre a TAP: arriva dalla Sicilia attraverso Bernarda il 42 pollici (1050 mm di diametro) che porta in Salento il metano che consumiamo, compreso il rifornimento per la centrale a turbogas di EniPower nella zona industriale di Brindisi, che consuma 1 milardo di metri cubo l’anno di gas; e poi parte un 18 pollici (450 mm) verso Palagiano, che rifornisce i paesi sulla via Appia.
Ma nessun 48 pollici che possa interconnettersi alla Rete SNAM a Massafra.

Tale megagasdotto di 80 km è una priorità sul sito di SNAM ed è programmato per il 2026: è addirittura un Progetto d’Interesse Comune approvato dal Parlamento Europeo con il finanziamento della Banca Europea degli Investimenti. Ma non è stato presentato a Minambiente ancora neanche lo Studio d’Impatto Ambientale o altra documentazione per l’iter autorizzativo.

Per cui, il gas di questa entrata in funzione, una volta arrivato a Brindisi, dove va a finire? Lo useremo noi di Brindisi la mattina per farci il caffè? Stiamo assistendo in questi giorni a Brindisi a un forte odore acre la sera: non vorremmo fosse dovuto a inopportune perdite del gasdotto…

E il gas di TAP come sarà portato in Europa, visto che da Brindisi manca l’interconnessione con la Rete Adriatica SNAM di Massafra, e visto che tale rete è stata realizzata solo a metà e mancano interi tronchi, come il Biccari – San Salvo, il PRT di Sulmona, il tratto Sulmona – Foligno che dovrebbe attraversare Norcia e le zone terremotate (????), e poi il Foligno – San Sestino, tutti tronconi della Rete SNAM ancora in fase autorizzativa?
Come ammesso dalla stessa SNAM, tale rete sarà completata per il 2025, data spostata poi al 2026: e intanto a Brindisi ne dovremmo bere di caffè per smaltire il gas di TAP…

Inoltre TAP doveva entrare in funzione un anno fa, e durante la fase Covid ha continuato a lavorare, eppure sono in ritardo di un anno, dicono per le proteste della popolazione e per il Covid…

Nella stessa nota TAP sottolinea che in tutto il lavoro non ci sono stati “incidenti di percorso”: ricordiamo che il 26 maggio 2020 moriva Simone Martena, operaio di 34 anni, schiacciato dai tubi a Vernole a causa dell’inosservanza della normativa sulla sicurezza da parte della azienda subappaltatrice Max Streicher.

E i vertici di TAP sono indagati dalla Procura di Lecce per disastro ambientale: la seconda udienza doveva tenersi proprio questo venerdì, il 20 novembre, ma è stata spostata al 29 gennaio 2021 causa Covid. Questo, mentre il processo contro gli oltre 100 attivisti NoTAP per reati minori e spesso ridicoli, va avanti malgrado il Covid.

L’annuncio della inverosimile entrata in funzione di TAP proprio a ridosso dell’udienza dei suoi vertici davanti ai giudici di Lecce sembra una strana coincidenza. Probabilmente la società svizzera vuole passare all’incasso anticipato dei finanziamenti europei (un miliardo e mezzo di euro) ed evitare le penali verso i partner commerciali (Enel, Hera ed Edison) per il ritardo nella fornitura del gas, se il gas non può arrivare al nord o in Europa…

Intanto il consigliere regionale PD Fabiano Amati si è prodigato in questi ultimi mesi per mettere a posto alcune malefatte di SNAM a Tuturano, prontamente denunciati dal Movimento No TAP/SNAM di Brindisi: nella posa dei tubi per il gasdotto TAP/SNAM, a fine maggio, SNAM aveva intercettato la falda di San Paolo, acqua meteorica in un territorio sotto vincolo idrogeologico, che portava acqua ai pozzi dei 400 abitanti della frazione di Torre Rossa e poi sfociava nel Canale di Siedi che alimenta la riserva regionale del Bosco di Cerano, causando un altro disastro ambientale. Amati si è prodigato per far avere ai 400 abitanti l’allaccio all’acquedotto: ma quando gli abitanti han visto che dovevano pagare diverse decine di migliaia di euro per regolarizzare le loro abitazioni, hanno rinunciato, e ancora oggi continuano ad avere i pozzi asciutti e la riserva del Bosco di Cerano è rimasta senza acqua…

Altra battaglia di Fabiano Amati: far avere ai comuni del brindisino le “compensazioni di TAP”. Ma Amati dimentica che l’interconnessione che attraversa il brindisino fino a Matagiola, che è Comune di Brindisi, è un gasdotto di SNAM, non di TAP. E SNAM ha previsto nell’autorizzazione all’opera solo l’incremento della offerta di servizi abbinati al gas: cioè qualche stazione di servizio in più per il metano per auto…

Mentre Commissione Europea e BEI hanno deciso di non finanziare più il gas metano e l’Italia ha firmato l’accordo di Parigi per uscire dai fossili e ridurre le emissioni di CO2, Brindisi vuol diventare “hub del gas” d’Europa. Siamo proprio ritardati…
E come succede da decenni, Brindisi continua ad essere terra di conquista di multinazionali che inquinano e fanno disastri senza scrupoli per il loro profitto e noi brindisini abbiamo le bollette di corrente e metano tra le più alte d’Italia e il tasso di tumore al seno e tumori alle vie respiratorie più alto d’Italia.
Poveri noi fessi….

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Trivelle, lettera al Ministro Costa di comitati ed associazioni http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/trivelle-lettera-al-ministro-costa-di-comitati-ed-associazioni/ Mon, 07 Jan 2019 21:56:48 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12571

Egregio Ministro Sergio Costa,
abbiamo molto apprezzato il Suo invito per discutere della questione delle “trivelle” in Italia e, nonostante i pochi giorni a disposizione, eravamo pronti al confronto su problemi che seguiamo ogni giorno da diversi anni, molti dei quali derivanti da scelte dei ministri che l’hanno preceduta e dalla struttura tecnica ministeriale. Per la prima volta un ministro voleva sentire direttamente un gruppo di organizzazioni e comitati del territorio che seguono la vicenda e di questo ne diamo atto.

Vogliamo anche ricordare che lanciammo un appello 6 mesi or sono, al momento della redazione dell’accordo di Governo, per inserire punti più dettagliati per rispondere alle richieste che sono arrivate in questi anni da cittadini, enti locali, regioni e da quei milioni di elettori che si recarono alle urne per il referendum sulle trivelle in mare.

Purtroppo pochi giorni dopo la convocazione è arrivata la notizia, tramite la pubblicazione sul BUIG del MISE, dei tre permessi di ricerca accordati nel mar Jonio con l’utilizzo dell’airgun, della trasformazione di un permesso di ricerca in concessione di coltivazione nell’area di Ravenna (Bagnacavallo) e della proroga di un altro titolo. Negli ultimi due casi è stata accordata anche la possibilità di perforare nuovi pozzi. Ricordiamo che nello stesso numero del BUIG è decaduto, dopo la rinuncia dell’ENI, il titolo “Carisio” nel novarese dove vi è stata una lunga lotta da parte di un comitato locale.

Una volta di dominio pubblico la notizia, oggettivamente assai rilevante per il dibattito, dei tre permessi di ricerca in mare, ci ha stupito che lo stesso Governo che ha schierato i propri partiti in favore dello svolgimento di un referendum sul tema, abbia oggi concesso questi titoli. E’ seguita, peraltro, una ridda di dichiarazioni, alcune delle quali, a nostro avviso, anche improvvide e ingenerose rispetto all’impegno degli attivisti, in considerazione dell’ufficialità e della concretezza delle decisioni governative. Ci sono stati inoltre annunci di provvedimenti volti a fermare altre istanze.

Ovviamente a noi interessa principalmente l’unico fatto per ora certo, sicuramente molto grave: il rilascio dei titoli. Allo stesso tempo, però, tutto il contesto in cui ciò sta avvenendo non fa che peggiorare il “clima” di confusione attorno alla discussione su temi anche tecnicamente complessi.

Vogliamo quindi dare la nostra solidarietà agli attivisti pugliesi, calabresi, emiliani e lucani che da anni si battono contro queste istanze. Il dialogo deve e può avvenire, per entrambe le parti, senza prese di posizioni o decisioni ormai già assunte che possono svuotare o esacerbare il confronto e renderlo meno efficace tenendo ben presente che il problema è molto vasto a scala nazionale in termini di titoli minerari da esaminare, progetti da verificare e attività da controllare.

Per questo le associazioni scriventi hanno concordato di non partecipare, per ora, a questo confronto anche per dare la possibilità di una verifica preliminare anche con il MISE e con le relative strutture tecniche dei due ministeri, su una serie di questioni non secondarie. Un chiarimento – come quello, ad esempio, sulle revisioni delle VIA già rilasciate (si vedano i commi 6 e 7 dell’Art.28 del T.U.A.), sull’ineluttabilità, a nostro avviso infondata, della conclusione di alcuni procedimenti e anche sui provvedimenti annunciati in queste ore (diniego di istanze; emendamento nel DL semplificazioni) – che sgombrerebbe intanto il campo da equivoci che non aiuterebbero un confronto in questo momento.

Approfittiamo, in attesa di un possibile dialogo su punti già più dettagliati, di segnalarLe alcuni dei molteplici temi su cui probabilmente si potrà stabilire anche a breve una discussione per la risoluzione di alcune problematiche.

Aspetti legislativi

  • reintroduzione del Piano delle Aree con moratoria del rilascio di nuovi titoli;
  • introduzione di un divieto sull’uso dell’air-gun per prospezioni e ricerche petrolifere, anche in considerazione del fatto che i tempi per la fuori-uscita dalle fossili imposti dai cambiamenti climatici sono del tutto incompatibili con lo sviluppo di progetti che devono ancora partire dalla fase di esplorazione;
  • eliminazione delle proroghe “automatiche”, rilasciate spesso ad anni dalla scadenza;
  • revisione di alcune norme sulla V.I.A.

Aspetti tecnici

  • revisione delle V.I.A. già rilasciate sulla base delle nuove informazioni scientifiche disponibili e degli impatti non valutati (come, a mero titolo di esempio, la diffusione del disturbo acustico e l’impatto sul plancton dell’air-gun oppure le emissioni clima-alteranti dai pozzi), come obbligatoriamente previsto dall’Art.28 commi 6 e 7 del T.U.A. nonché degli obblighi di notifica transfrontaliera in moltissimi casi ignorato dalle strutture ministeriali;
  • risoluzione delle problematiche relative alla surrettizia modalità di superamento del vincolo legislativo dei 750 kmq per i permessi di ricerca, che invece vengono rilasciati con un vero e proprio escamotage “a gruppi contigui” superando così il limite (due dei permessi rilasciati pochi giorni fa sono continui e assommano a poco meno di 1500 kmq);
  • questione della V.A.S., mai affrontata dal MISE nonostante variazioni delle aree aperte alla ricerca e alla coltivazione di idrocarburi – di fatto una pianificazione parziale – e il rilascio di titoli che interagendo con la pianificazione vigente determinano veri e propri effetti di piano di fatto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia da anni ritiene obbligatoriamente assoggettabili alla direttiva 42/2001/CE;
  • rotazione dei dirigenti che si occupano dei progetti petroliferi nei due ministeri, anche secondo quanto previsto dai piani anti-corruzione;
  • forme di partecipazione e trasparenza nei lavori della Commissione V.I.A.;
  •  intervento del Ministero dell’Ambiente con i poteri sostitutivi rispetto alle regioni inadempienti da 12 anni per la perimetrazione e l’adozione delle misure di tutela delle Aree di salvaguardia delle acque potabili (Art.94 del T.U.A.).

Precisiamo che sono solo alcune delle proposte che in questi anni abbiamo avanzato anche in sedi istituzionali e di dibattito pubblico e siamo pronti a scendere nei dettagli, anche su aspetti attinenti a questioni che riguardano anche il Governo e il Parlamento più in generale (si vedano ad esempio, gli altri punti contenuti nel cd “Pacchetto Volontà” già divulgato dal Coordinamento nazionale No Triv, a partire dal ripristino dell’intesa “forte” tra Stato e Regioni).

Tante sono, infatti, le questioni aperte che certamente vorremmo, dopo questa fase di chiarimento, discutere con Lei, magari anche per prendere atto che nel frattempo alcune di esse sono state risolte concretamente e positivamente.

Cordiali saluti,

Coordinamento nazionale No Triv
Ambiente e Salute nel Piceno
Stazione Ornitologica Abruzzese onlus
Trivelle Zero Molise
Trivelle Zero Marche
Mediterraneo No Triv
Coordinamento No Triv Taranto
Italia Nostra Salerno
Nuovo Senso Civico Onlus
Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela

 

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ENI si ferma: niente trivelle a Carpignano Sesia http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/eni-si-ferma-niente-trivelle-a-carpignano-sesia/ Sat, 05 Jan 2019 21:04:59 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12562

E’ dal 2012 che i cittadini del piccolo comune novarese di Carpignano Sesia e dei paesi limitrofi lottano contro un progetto dell’ENI teso all’apertura di un “pozzo esplorativo” per valutare la possibilità di estrarre petrolio “locale“, ipotizzato disponibile ad una profondità di meno 4.000 metri all’interno di un’area agricola di quasi 30mila metri quadrati a un paio di chilometri dal centro storico e dalle sponde del fiume Sesia.

Nel 2012, infatti, ENI aveva presentato il suo progetto di ricerca ed esplorazione per poi ritirarlo l’anno successivo e sostituirlo alla fine del 2014; questa volta tutti i documenti risultavano formalmente – a detta dell’azienda – in ordine, tanto che al ministero dell’Ambiente fu depositata una nuova istanza di Valutazione d’Impatto Ambientale legata al Permesso di ricerca Carisio.

Da quel momento gli sforzi del Comitato DNT (Difesa nostro territorio, http://www.comitatodnt.it) e delle amministrazioni locali hanno sollevato una serie di criticità e ingaggiato una strenua lotta a tutela del paesaggio, del territorio e del suolo che ha progressivamente spento gli “ardori” di ENI verso un progetto inizialmente stimato nella potenzialità di 80 milioni di barili di “oro nero“: una previsione davvero strabiliante, pari a poco meno di due mesi dell’intero fabbisogno italiano, per un valore economico superiore a 4 miliardi di euro.

Già all’inizio dello scorso anno, dopo infinite battaglie tra popolazione locale e il colosso energetico italiano, Eni sorprese tutti annunciando un nuovo piano industriale e la decisione di cedere le quote maggioritarie del permesso di ricerca petrolifero Carisio senza metterle materialmente sul mercato.
E lunedì 26 novembre scorso il Comune di Carpignano Sesia ha finalmente ricevuto una comunicazione ufficiale anche del Mise, che conferma le decisioni già annunciate da Eni di «rinunciare volontariamente alla quota di titolarità del 52,5% e alla rappresentanza unica del permesso di ricerca dal maggio 2018». In parole semplici, si tratta del ritiro dal progetto di trivellazione del pozzo petrolifero esplorativo.

Fine della storia? Parrebbe di sì. Ma il condizionale, per prudenza, è meglio mantenerlo …

 

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Diffida al Governo e richiesta di revoca della convocazione della conferenza di servizi per l’approvazione del gasdotto “Rete Adriatica” (tronco Sulmona – Foligno) http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/03/diffida-al-governo-e-richiesta-di-revoca-della-convocazione-della-conferenza-di-servizi-per-lapprovazione-del-gasdotto-rete-adriatica-tronco-sulmona-foligno/ Sat, 31 Mar 2018 20:20:04 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11909 di Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inoltrato (30 marzo 2018) un atto di invito formale al Presidente del Consiglio dei Ministri dimissionario Paolo Gentiloni affinchè adotti i provvedimenti necessari per la revoca della convocazione della conferenza di servizi  (art. 14 quater della legge n. 241/1990 e s.m.i.) per il superamento del dissenso manifestato da regioni per l’approvazione del tronco Sulmona – Foligno del progetto di gasdotto appenninico “Rete Adriatica” della Snam Rete Gas s.p.a.

Coinvolti anche i Presidenti delle Regioni Abruzzo, Lazio, Umbria.
Questa attività politico-amministrativa, carica di ingenti conseguenze ambientali e sociali sui territori appenninici, esorbita chiaramente da quei canoni di “ordinaria amministrazione” e del “disbrigo degli affari correnti” propri di un Governo attualmente dimissionario fin dal 24 marzo 2018 e, quindi, non nella pienezza delle funzioni, come richiesto dall’art. 94, comma 1° cost.
Inoltre, giova ricordare che gli stessi provvedimenti conclusivi dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) dei tronchi Sulmona – Foligno e Foligno – Sestino del progetto di gasdotto “Rete Adriatica” sono tuttora oggetto di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica effettuati nel 2011 (ricorrenti Provincia di Perugia, Comune di Gubbio, Mountain Wilderness Italia, Lega per l’Abolizione della Caccia, Federazione nazionale Pro Natura, interveniente Gruppo d’Intervento Giuridico onlus).

Il progetto di gasdotto “Rete Adriatica”. Gli impatti ambientali e socio-economici.

Il progetto Snam di gasdotto “Rete Adriatica” ha caratteristiche pesantemente impattanti: una lunghezza complessiva di km. 687 (tubazione di diametro 1.200 mm. a mt. 5 di profondità, servitù di mt. 40), un unico tracciato dal Sud (Massafra, Prov. Taranto) fino all’Italia settentrionale (Minerbio, Prov. Bologna).

Un progetto suddiviso in cinque tronconi (Massafra-Biccari; Biccari-Campochiaro; centrale di compressione Sulmona; Sulmona-Foligno; Foligno-Sestino; Sestino-Minerbio) che attraversa ben dieci Regioni (Puglia, Basilicata, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio, Umbria, Marche, Toscana, Emilia-Romagna), interessando aree di rilevante importanza naturalistica (3 parchi nazionali, 1 parco naturale regionale, 21 siti di importanza comunitaria), aree a gravissimo rischio sismico (Abruzzo, Lazio, Umbria, Marche) e idrogeologico, senza che sia stato effettuato un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale (direttive n. 85/337CEE e n. 97/11/CE) come richiesto da normativa e giurisprudenza comunitaria (vds. es. Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07) né una procedura di valutazione ambientale strategica (direttiva n. 01/42/CE). Disattese anche altre disposizioni normative specifiche relative al procedimento di V.I.A. e alla corretta redazione dello studio di impatto ambientale.

Avverso tale progetto sono stati presentati vari ricorsi alla Commissione europea da amministrazioni pubbliche (Province di Pesaro-Urbino e di Perugia, Comunità Montana Catria e Nerone, Comune di Gubbio, Comune di L’Aquila), associazioni ecologiste (Gruppo d’Intervento Giuridico, Comitato “No Tubo”, Federazione nazionale Pro Natura, WWF, Italia Nostra, Mountain Wilderness, Comitati cittadini per l’ambiente di Sulmona, Comitato civico Norcia per l’ambiente, La Lupus in Fabula) e venatorie (Arci Caccia – Perugia).

Non solo. Sono stati numerosi gli atti di sindacato parlamentare in sede comunitaria e nazionale, dove l’VIII Commissione permanente “Ambiente” della Camera dei Deputati aveva approvato il 26 ottobre 2011 all’unanimità la Risoluzione n. 7-00518 presentata il 15 marzo 2011 (prima firmataria on. Raffaella Mariani, P.D.) che impegnava il Governo alla modifica del tracciato del gasdotto appenninico “Rete Adriatica”.

Risoluzione tuttora inattuata, come gli analoghi atti approvati in varie occasioni dai Consigli regionali di Abruzzo, Umbria e Marche. Anzi Governo Gentiloni, pur dimissionario, e Gruppo Snam vogliono chiudere la partita quanto prima con il rilascio dell’autorizzazione definitiva.

Infatti, Il Consiglio dei Ministri, nella seduta di venerdi 22 dicembre 2017,  ha deciso “la condivisione dei pareri favorevoli, con condizioni, espressi in conferenza di servizi nel procedimento di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio nella Regione Abruzzo della Centrale di compressione gas di Sulmona, proposta dalla società Snam Rete Gas S.p.a. La delibera tiene in considerazione la rilevanza energetica e il carattere strategico dell’opera, necessaria per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici a livello italiano ed europeo”.

Alla deliberazione collegiale è seguito il decreto Ministero dello sviluppo economico (D.G. Sicurezza approvvigionamenti e infrastrutture energetiche) del 7 marzo 2018 di approvazione definitiva del progetto di centrale di compressione del gas naturale di Sulmona e connessione alla rete esistente (il campo di stoccaggio gas in sotterraneo ‘Fiume Treste Stoccaggio’, situato nel vicino Comune di Cupello, già collegato alla Rete Nazionale dei Gasdotti tramite i metanodotti ‘Vastogirardi – San Salvo’ e ‘Campochiaro – Sulmona’).

Il progetto della centrale di compressione del gas di Sulmona è una parte del gasdotto “Rete Adriatica”, il ben noto gasdotto dei terremoti,  ed è pesantemente contestato dalla popolazione.

L’area è fortemente a rischio sismico, come l’intero Appennino fra Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche.

E anche qui – insieme a comitati, associazioni, residenti – il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus continuerà a battersi, fino in fondo.

Il prossimo 21 aprile 2018 a Sulmona si terrà una manifestazione nazionale contro il folle progetto di gasdotto e tutti i cittadini di buon senso sono chiamati a far la loro parte.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Per ulteriori informazioni:  http://gruppodinterventogiuridicoweb.com

 

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Referendum trivelle : salviamo il nostro mare e il nostro futuro con un sì, per tanti buoni motivi http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/04/referendum-trivelle-salviamo-il-nostro-mare-e-il-nostro-futuro-con-un-unico-si-per-tanti-buoni-motivi/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/04/referendum-trivelle-salviamo-il-nostro-mare-e-il-nostro-futuro-con-un-unico-si-per-tanti-buoni-motivi/#comments Fri, 01 Apr 2016 22:03:42 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11257 banner-640x290

Salviamo il Paesaggio sostiene il voto Sì al referendum del 17 aprile 2016 per fermare le trivellazioni in mare entro le 12 miglia al termine delle autorizzazioni rilasciate. Un sì fondamentale per la nostra economia, la nostra salute e il nostro futuro.

L’Italia è chiamata ad esprimersi il prossimo 17 aprile 2016 per abolire la norma che consente alle concessioni già attive entro le 12 miglia dalla costa di proseguire le estrazioni di petrolio e gas anche oltre la scadenza delle autorizzazioni. Nonostante i tentativi di sminuire l’importanza del quesito, la forte campagna pubblicitaria delle compagnie petrolifere e l’invito all’astensione dell’attuale Governo, è in corso un’importante mobilitazione di comitati e cittadini che vogliono pronunciarsi sul futuro non solo del nostro mare ma di tutto il nostro Paese.  Anche Salviamo il Paesaggio sostiene il Sì.

Le ragioni del sì

Per il lavoro:

1 miliardo investito in fonti rinnovabili genere il triplo di posti lavoro rispetto ad un analogo investimento nel settore delle fonti “fossili”. Un lavoro che sarebbe pulito e duraturo ma che è stato trascurato: nell’ultimo anno e mezzo ha contato 60 mila posti di lavoro persi. La minaccia di perdita di lavoro in caso di vittoria del sì è falsa: le compagnie petrolifere non danno alcuna garanzia. Al termine delle esigue risorse l’attività è destinata comunque a cessare in poco tempo, dopo aver avvelenato e sfruttato ancora per un po’ il nostro mare.

Per i nostri bisogni energetici:

il fabbisogno energetico nazionale non sarà mai soddisfatto dalle estrazioni nel nostro territorio e nel nostro mare. Continuando a puntare sulle fonti fossili non cambieremo mai il sistema energetico e peserà sempre di più la dipendenza dall’estero. Così è stato fatto per molto tempo restando ancorati al passato (in Italia l’incidenza delle rinnovabili sul consumo di energia è più basso di Spagna, Portogallo e Grecia). Uno sviluppo diverso, innovativo, basato sulle rinnovabili e l’efficienza è possibile e il primo passo è l’abbandono di petrolio e gas.

Per l’economia:

il nostro “petrolio” sono il paesaggio, il turismo con le bellezze storiche e culturali delle nostre coste e delle nostre terre, la pesca e il settore agroalimentare. Risorse a rischio se a prevalere è l’interesse privato per le estrazioni rispetto alla tutela di questi settori e delle migliaia di posti di lavoro che generano.

Per la nostra salute:

più tempo si trivella più aumenta il rischio di incidente, presso gli impianti o durante il trasporto. In mari chiusi come l’Adriatico e in generale nel Mediterraneo sarebbe una catastrofe. Non sono eventi lontani e remoti: lo scorso 13 marzo si è registrato un incidente sulle coste della Tunisia. Vogliamo ancora poter godere delle bellezze del nostro mare e non mangiare i veleni che già oggi le piattaforme scaricano: le tecniche di estazione colpiscono la fauna e la catena alimentare. Senza alternative e strategie diverse, la ricerca continuerà anche sulla terra ferma, con impatti ambientali e sulla nostra salute.

Per una società più giusta:

lo sfruttamento del bene pubblico non può essere in mano a poche e potenti società private, italiane e straniere, che di queste risorse fanno quello che vogliono. Società che versano allo stato un piccolo importo (tra i piu bassi rispetto ad altri paesi: 7% per il petrolio estratto, 10% per il gas) a fronte di ingenti guadagni. Società agevolate ulteriormente dal fatto che entro certi limiti di estrazione (franchigia) non devono pagare proprio niente. Ulteriori trucchi e regali che ci portano al fallimento. Fanno notizia in questi giorni le indagini giudiziarie a fronte dei forti interessi in gioco sulle estrazioni di petrolio in Basilicata. Vantaggi economici che non ricadono sui territori: questa regione, da tempo al centro dell’attività estrattiva a terra, rimane tra le più povere d’Italia. È da preferire invece un modello distribuito, di piccole e medie imprese innovative.

Per rispetto e coerenza verso le generazioni future: 

non vogliamo più soffocare a causa dello smog. Gli idrocarburi sono “veleno” per i nostri polmoni. Perché non tornare al limite autorizzativo che già c’era invece di regalare ulteriore guadagno a discapito della nostra salute? I morti causa tumori ai polmoni sono già in aumento. Il metano è sì migliore del petrolio, ma comunque inquinante in fase di estrazione e fonte clima alternate. Il nostro paese deve rispettare gli impegni presi di fronte al mondo per ridurre le emissioni di CO2. Come può sostenere ancora le fonti fossili che in questo campo rappresentano il nemico numero uno? Chi pagherà gli effetti dei cambiamenti climatici che sono già realtà? Di certo non le compagnie petrolifere.

www.fermaletrivelle.it

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Pozzi Caldarosa di Calvello: per il TAR il petrolio prevale sul diritto alla salute e l’ambiente salubre http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/04/pozzi-caldarosa-di-calvello-per-il-tar-il-petrolio-prevale-sul-diritto-alla-salute-e-lambiente-salubre/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/04/pozzi-caldarosa-di-calvello-per-il-tar-il-petrolio-prevale-sul-diritto-alla-salute-e-lambiente-salubre/#comments Thu, 31 Mar 2016 22:31:30 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11249 foto-Caldarosa-2_3_-prima_dopo (2)

Con Sentenza del TAR Basilicata n. 282 del 24/3/2016, che farà certamente discutere, sul ricorso presentato da Eni contro la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, due ministeri (MiBac e Mise) e l’Ente Parco nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri e Lagonegrese (Regione Basilicata e Comune di Calvello non si sono costituiti in giudizio), si è deciso che il petrolio e il lavoro petrolifero sono un diritto prevalente sulla tutela della salute e l’ambiente salubre.

Il TAR ha quindi accolto il ricorso di Eni per le autorizzazioni ambientali relative ai pozzi Caldarosa 2 e 3 e relativi oleodotti, sentenziando che entro 45 giorni la Soprintendenza debba offrire chiarimenti e specificando anche l’ambiguità del Soprintendente che è anche “uno dei componenti della Commissione regionale per la tutela del Paesaggio, la quale aveva espresso parere favorevole ” in quella sede.

Ma per il TAR risulta infondato solo uno dei sei motivi addotti dalla compagnia petrolifera.

Il passaggio che per la OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) appare controverso nella sentenza del TAR Basilicata, che è auspicabile che i Ministeri, la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e il parco nazionale dell’Appennino Lucano impugnino “senza esitazione” innanzi al Consiglio di Stato, è l’interpretazione del “bilanciamento dei principi Costituzionali” data dal TAR.

Essa potrebbe costituire un precedente pericolosissimo per l’interesse pubblico rappresentati dai beni tutelati delle aree protette, dei siti Natura 2000 dell’Unione Europea, a vantaggio e nell’interesse privato delle compagnie petrolifere, investendo anche la legittimità delle funzioni svolte da Istituzioni di salvaguardia del territorio e dell’ambiente.

E’ come aver voluto ribadire nella sentenza che i lavoratori del petrolio hanno prevalenza rispetto a quelli del parco, ovvero agli allevatori, agli agricoltori ed agli operatori turistici, evidentemente da considerare “di serie B”, pur operando in ambito di aree protette.

Per la Ola, essendo i nuovi pozzi da ubicare in ambito di aree protette e comunque compresi nei limiti di salvaguardia della Rete Natura 2000, le misure di salvaguardia della Rete Ecologica Natura 2000 e le leggi di tutela prevalgono sugli interessi del petrolio in quanto prevalenti gli articoli 32 e 9 della Costituzione per il prevalente interesse pubblico del bene.

Appare pertanto per la Ola non coerente e illogico ritenere « che l’interesse della tutela del paesaggio prevale sempre e comunque sugli altri interessi contrapposti di analogo rango costituzionale. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto – scrive il presidente facente funzione Pasquale Mastrantuono –, va richiamato l’insegnamento della Corte Costituzionale, espresso nella Sentenza n. 85 del 9.5.2013, secondo cui i diritti costituzionali alla salute ed all’ambiente salubre devono essere bilanciati con gli altri diritti costituzionali, come quello della tutela del lavoro ex art. 4 Cost., in quanto tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri, cioè il diritto alla salute ed all’ambiente salubre non devono sempre prevalere sul diritto al lavoro. Ciò significa, che anche la tutela del paesaggio non deve sempre prevalere sugli interessi pubblici dello sviluppo delle fonti energetiche e dell’occupazione e sul diritto di impresa».

Il Tar ha dato però ragione a Eni anche sull’«eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento, in quanto il Soprintendente è uno dei componenti della Commissione regionale per la tutela del Paesaggio, la quale aveva espresso parere favorevole».

La Regione può – secondo il TAR – dunque concludere il procedimento di autorizzazione paesaggistica «senza dover più attendere il parere della Soprintendenza della Basilicata» cui spettano comunque ulteriori modifiche da presentare entro 45 giorni».

E’ auspicabile per la OLA che il Consiglio di Stato venga chiamato a dirimere una materia “delicata e prioritaria” che rischia di vanificare se non annullare il ruolo delle istituzioni di salvaguardia del territorio e dell’ambiente, ma anche i diritti dei residenti e del loro lavoro, subordinandoli ad interessi privati delle compagnie minerarie.

OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista)

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Biomasse: speculazioni ed errori portano al peggio, ma le soluzioni giuste ci sono http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/02/biomasse-speculazioni-ed-errori-portano-al-peggio-ma-le-soluzioni-giuste-ci-sono/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/02/biomasse-speculazioni-ed-errori-portano-al-peggio-ma-le-soluzioni-giuste-ci-sono/#comments Thu, 11 Feb 2016 21:38:07 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11156 Immagine

Pericolosa per la  salute e per l’agricoltura, la speculazione sulle rinnovabili, in particolare sulle biomasse, fa mettere in discussione i necessari impegni sul clima. Le strade sbagliate portano ad incentivare fonti dannose tra cui la combustione dei rifiuti, penalizzando invece l’efficienza, le fonti pulite e la biomassa più sostenibile che è quella del “vero” cippato a km zero.

L’articolo di Michele Corti pubblicato su ruralpini.it affronta in modo dettagliato il tema delle biomasse evidenziandone gli effetti e i pericoli derivati da un uso speculativo di questa risorsa.

I dati drammatici sull’inquinamento dell’aria vedono l’Italia e molte sue zone, in particolare la Pianura Padana, in testa alle poco invidiabili classifiche di morti e malattie per l’esposizione al particolato.

La combustione delle biomasse figura tra le maggiori cause di inquinamento atmosferico. Finiscono facilmente sotto accusa, come sottolineato nell’articolo, gli usi e gli impianti di carattere “civile” (come caminetti aperti e stufe). Sembrano invece spuntarla i grandi impianti, addirittura incentivati da un meccanismo perverso che facilita la speculazione e, per assurdo, spinge a produrre energia elettrica anche in aree già critiche dal punto di vista dello smog.

E’ necessaria quindi particolare attenzione ed informazione su questo tema: gli impegni per la riduzione delle emissioni clima-alteranti, scientificamente e concretamente indispensabili, non devono trasformarsi in aiuti alle lobby delle energie rinnovabili. Così facendo vengono denigrate le importanti battaglie ambientaliste, quelle che tutelano veramente la salute delle persone. Attenzione quindi ad indirizzare gli  incentivi nelle direzioni sbagliate, peggiorando la situazione invece di migliorarla.

L’abbandono delle fonti fossili resta l’obiettivo a cui inevitabilmente di deve puntare. Se in questo senso sembra opportuno il passaggio a legna di centrali a gasolio o olio combustibile (ancora presenti anche se vietate, ad esempio, in Lombardia), risulta, secondo l’articolo, meno conveniente quello da metano a legna, peggiorativo in termini di nanopolveri . Ben vengano gli incentivi per nuove fonti di energia ma, se c’è disponibilità, spesso limitata, questa deve premiare le fonti rinnovabili pulite e sostenibili (pompe di calore, pannelli fotovoltaici, solare termico).

E non ci sarà vero miglioramento se non affiancando al lavoro sulle fonti energetiche quello sui consumi: indirizzare l’edilizia, in particola le ristrutturazioni, verso edifici energeticamente efficienti, autonomi e con l’impiego congiunto delle fonti pulite sopra citate.  E’ possibile farlo anche sull’esistente: ne è un esempio la virtuosa città di Friburgo dove questo è stato fatto anche in quartieri di vecchie case popolari, dove si ricorre al teleriscaldamento ma senza speculazioni.

Il pericolo dell’eccessiva centralità delle biomasse si riflette anche sull’agricoltura: con un territorio libero sempre meno a disposizione, le coltivazioni biologiche e la sicurezza alimentare sono a rischio se schiacciate dalla coltivazione intensiva a fini energetici. Coltivazioni quest’ultime che sono le più inquinanti a causa dell’uso maggiore di concimi chimici.

cippato

Le biomasse risultano sostenibili solo con l’ulitizzo di cippato a km0. Quello vero e a basso impatto anche in termini di lavorazione e trasporto. Perchè è facile classificare come rinnovabile il pellet importato dall’estero (con il rischio che sia costituito da scarti e quindi di pessima qualità) o l’olio di palma, ma questo è senza dubbio un imbroglio da fermare.

Per non parlare poi degli effetti ancor più negativi del considerare rinnovabile la combustione dei rifiuti: un attentato alla raccolta differenziata e un’inaccettabile negazione delle disposizioni europee che prevedono il prioritario recupero “di materia”. Il compostaggio, anche degli scarti vegetali, è praticabile senza complicazioni, sia in ambito domestico che urbano.

Il messaggio conclusivo dell’articolo è chiaro e condivisibile: “la tutela della qualità dell’aria e della salute deve essere anteposta ad ogni altro obiettivo, specie se pretestuosamente finalizzato a favorire interessi lobbistici speculativi”.

Luca D’Achille (@LucaDAchille)

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Sulle trivellazioni petrolifere la Regione Puglia difenda la propria dignità e il proprio ruolo http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/01/sulle-trivellazioni-petrolifere-la-regione-puglia-difenda-la-propria-dignita-e-il-proprio-ruolo/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/01/sulle-trivellazioni-petrolifere-la-regione-puglia-difenda-la-propria-dignita-e-il-proprio-ruolo/#comments Thu, 28 Jan 2016 21:11:28 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11141 no_triv

COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO (11.1.2016)

IL GRANDE INGANNO DEL GOVERNO

Sulle trivellazioni petrolifere la Regione Puglia difenda la propria dignità e il proprio ruolo

Il nuovo anno ha portato in dono ai pugliesi un nuovo permesso di ricerca petrolifera: quello noto convenzionalmente come B.R274.EL, rilasciato alla Petroceltic Italia srl al largo delle coste del Gargano, per la durata di sei anni, che si aggiunge agli altri undici già rilasciati a partire da giugno scorso, ma non ancora attivati dal MISE. Altro che smobilitazione petrolifera.

Il permesso, che ha il grande sapore della beffa, è stato rilasciato dal MISE e pubblicato sul BUIG del 31 dicembre 2015, il giorno prima dell’entrata in vigore della Legge di Stabilità che, di fatto, ne avrebbe determinato il preavviso di rigetto e la successiva riperimetrazione (in quanto, pur di poco, parzialmente interferente con la linea delle 12 miglia marine dalla costa).

E’ questo uno degli atti che dimostra come il restyling normativo sul tema degli idrocarburi, previsto dal Governo nella Legge di Stabilità sia l’ennesima presa in giro a danno dei territori, questa volta con l’intenzione di eludere i referendum.

A questa conclusione è giunta anche la Corte di Cassazione che, con un’Ordinanza emessa l’8 gennaio, ha riammesso il referendum sul mare (quello sulle dodici miglia marine) chiarendo che l’emendamento introdotto dal Governo non soddisfa la proposta referendaria ma, anzi, tende a raggirarla. Alcuni permessi di ricerca, infatti, verrebbero “congelati” nelle stanze del Ministero, in attesa di tempi migliori e di una nuova svolta normativa (che il Governo spera possa esservi in autunno prossimo, con il referendum costituzionale che dovrebbe riconsegnare la potestà energetica nelle mani del Governo).

Per altri due quesiti (durata dei permessi e Piano delle Aree) le Regioni promotrici del referendum stanno sollevando il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti del Parlamento. Nel caso in cui la Corte Costituzionale riconoscesse il tentativo di elusione, verrebbero annullate le modifiche parlamentari su quei due argomenti e si potrebbe celebrare il referendum su tre quesiti.

Tutti elementi a conferma di una trappola ben studiata da parte del Governo, ordita alle spalle dei territori e finanche dei Consigli Regionali che, su pressione dei movimenti notriv e di duecento associazioni ambientaliste e non, avevano promosso il referendum, il cui spirito viene completamente tradito.

La Puglia, attraversata da una serie di scempi ambientali, ha visto i suoi cittadini diventare in questi anni protagonisti della richiesta di cambiamento che, sul tema delle trivellazioni petrolifere, ha portato a grandi manifestazioni di piazza, assemblee permanenti e a una deliberazione del consiglio regionale all’unanimità a pieno sostegno dei quesiti referendari.

Ecco perché, mai come in questo momento in cui le avances del Governo si fanno sottili e ambigue, è quanto mai necessario un cambio di passo sostanziale, che restituisca dignità all’ente regionale e dimostri ai pugliesi la volontà di essere protagonisti di un percorso reale di ridiscussione delle politiche energetiche, fatto senza pregiudizi ma anche senza costrizioni.

La Regione Puglia ha dato procura per promuovere il conflitto di attribuzione. Un atto importante, cui devono seguirne altri, tesi a rafforzare il peso reale dei territori e a prendere adeguate precauzioni contro gli attacchi perpetrati a due passi da casa nostra.

Chiediamo al Presidente Emiliano e al Consiglio Regionale una serie di atti urgenti e indifferibili:

  • di diffidare formalmente il Ministero dello Sviluppo Economico a provvedere all’immediata emanazione ed alla conseguente pubblicazione sul BUIG dei decreti di rigetto per i procedimenti tuttora in corso entro le dodici miglia e a dare preavviso di rigetto per quelli parzialmente interferenti (tra questi ricadono diversi permessi che riguardano la Puglia)
  • di chiedere formalmente al Ministero dello Sviluppo Economico, con riguardo al progetto “Tempa Rossa”, che le autorizzazioni necessarie per l’ampliamento delle infrastrutture, siano riviste sulla base di una reale intesa con la Regione e non secondo procedura semplificata, così come ripristinato secondo le nuove norme della Legge di Stabilità. La regione si faccia, dunque, portavoce delle istanze del territorio in maniera forte e chiara
  • di ricorrere al TAR contro il permesso di ricerca B.R274.EL, rilasciato alla Petroceltic Italia srl, al largo delle coste del Gargano

Se fosse rimasto qualche dubbio sulle reali intenzioni del Governo, ci poniamo questa domanda finale: cosa se ne fa Petroceltic di un permesso di ricerca se, per quelle stesse aree, secondo le nuove norme, non potrà mai avere un permesso per trivellare?

Comitato No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili
Comitato per la Tutela del Mare del Gargano
Comitato No Trivelle Capo di Leuca
Rete No Triv Gargano
A.B.A.P. Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi
Comitato Tutela Porto Miggiano
Movimento Stop Tempa Rossa
Legamjonici
Movimento ambientalista di tutela del Gargano
Gargano libero
Capitanata in rete
Gruppo Archeologico Garganico Silvio Ferri
No Triv Taranto
No Triv Trani
Garganistan
Coordinameno No Triv – Terra di Bari

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