Emilia Romagna – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Wed, 31 Jan 2024 11:53:53 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.5 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Emilia Romagna – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Bocciato il futuro del Mugello e dell’Appennino http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/01/bocciato-il-futuro-del-mugello-e-dellappennino/ Mon, 29 Jan 2024 17:07:24 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16320 del Comitato Tutela Crinale Mugellano – Crinali Liberi

La sentenza del TAR non ha bocciato gli ambientalisti ma il futuro del Mugello e dell’Appennino tosco emiliano-romagnolo

All’indomani della Sentenza del TAR del 10 gennaio 2024, il Comitato per la Tutela dei
Crinali Mugellani – Crinali Liberi, esprime il massimo disappunto per le sentenze emesse: il
ricorso di Italia Nostra e del C.A.I. viene dichiarato “improcedibile” per motivi procedurali
in quanto presentato prima del pronunciamento del Consiglio dei Ministri, che nel
settembre 2022 superava il parere negativo delle Sovrintendenze e del suo stesso Ministero
della Cultura, approvando definitivamente il PAUR della Regione Toscana Impianto eolico
Monte Giogo di Villore; il ricorso del Comune di San Godenzo che viene invece “respinto”
in quanto le contestazioni riportate sono giudicate infondate a seguito dell’analisi della
documentazione avanzata dai diversi settori tecnici della Regione Toscana in approvazione
del PAUR.
In poche parole il TAR ha sposato in toto le ragioni della Regione Toscana per
l’approvazione del progetto di AGSM-AIM e per l’opposizione ai ricorsi. Nel primo caso,
infatti, evitando di entrare nel merito non ha preso in considerazione nessuna delle
consistenti ragioni per cui le associazioni ambientaliste chiedevano l’annullamento
dell’autorizzazione del PAUR; nel secondo caso ha interpretato le innumerevoli richieste
d’integrazione, la copiosa ma spesso insufficiente documentazione presentata dal
proponente, e per finire le giravolte procedurali e i numerosi aggiramenti della normativa
attuati nella Conferenza dei Servizi, come sintomo di grande accuratezza e precisione nel
voler realizzare l’opera al meglio, compatibilmente ai problemi ambientali grazie
all’inserimento di improbabili accorgimenti tecnici volti alla presunta mitigazione dei danni.
Giudizio del tutto errato per chi ha seguito passo passo tutto l’iter lungo e travagliato della
Conferenza dei Servizi e conosce bene le numerose osservazioni dei cittadini, delle
associazioni ambientaliste e quelle dei diversi enti tecnici e amministrativi, che hanno
dimostrato solo e soltanto l’inconsistenza del progetto per l’impianto eolico, la mancanza di
documentazione importante e imprescindibile (da cui l’inchiesta penale), il pericolo per la
biodiversità dell’area, i rischi ambientali per il territorio. Tutto ciò dimostra che di fatto il
dissenso consapevole – costruito sugli studi indipendenti della fauna a rischio di
estinzione, sulla biodiversità della zona, sulla presenza di acque superficiali e sotterrane a
rischio sparizione, sulle forti criticità sismiche e idrogeologiche che caratterizzano tutto
questo tratto di Appennino – non ha spazio e voce in una procedura giudiziaria
amministrativa regionale.

Per difendere l’Appennino e le sue montagne alla Regione Toscana sarebbe bastato
accogliere fin dall’inizio i numerosi pareri contrari all’impianto industriale eolico Monte
Giogo di Villore, perché è un progetto sbagliato fin dalla nascita, cioè dalla scelta della sua
collocazione. Ma chi governa la Regione l’ha voluto politicamente e l’ha fatto approvare
tecnicamente contro ogni ragionevole dubbio, contro il volere del territorio mugellano,
contro l’interesse dei propri cittadini e la propria millenaria cultura della bellezza e del
paesaggio!
Il Comitato Crinali Liberi è sempre più convinto della fondatezza delle proprie ragioni ed
esprime ancora una volta il netto dissenso rispetto al modo di procedere di forzatura in
forzatura, non solo in sede di Conferenza dei Servizi, ma anche nei lavori, fin dall’apertura
del cantiere. È “inspiegabile” come l’Amministrazione regionale abbia consentito l’inizio
dei lavori in assenza del progetto esecutivo, della relazione sismica e della relativa
autorizzazione. Altrettanto “inspiegabile” è l’assenza totale di vigilanza degli enti preposti
sull’avanzamento dei lavori, già costata alle ditte esecutrici fior di sanzioni, denunce e
“ingiunzioni al ripristino” grazie soltanto alle segnalazioni di semplici cittadini che hanno,
loro sì, attentamente osservato cosa stava succedendo, e all’intervento seguente della forza
pubblica allertata. Questo modo di fare delle imprese, nell’esecuzione di tutte le grandi
opere, è diventata ormai la norma: procedere al di fuori delle regole e pagare le penali per
i problemi causati, se individuati; tanto i soldi in ballo sono tanti e ci sono anche per questo
genere di spese. Per le imprese costruttrici è più conveniente fare così che rispettare la
normativa ambientale.
Forse anche per questo malcostume tutto italiano, insieme al clima, anche l’aria è
cambiata: tante persone in Mugello e ovunque nel nostro Belpaese si sono svegliate,
hanno aperto gli occhi sulla realtà e si sono rese conto che i “super-eroi del green”, i
decantati promotori della transizione energetica, non sono altro che avidi speculatori e
colonizzatori di territori “lontani dal loro giardino”. Sono loro i veri Nimby, espropriatori di
terre altrui, conquistadores dell’Appennino Mugellano.

Se davvero crollerà il baluardo del Giogo di Villore seguirà la colonizzazione industriale di
tutta la dorsale appenninica tosco emiliano-romagnola, come già dichiarato dal proponente
durante l’inchiesta pubblica. Alle comunità resteranno solo i danni: perdita di spazi agricoli
e produttivi, di biodiversità e di bellezza, degradazione del territorio, scomparsa e
inquinamento degli approvvigionamenti idrici, incremento del rischio di frane in montagna
e allagamenti a valle; di contro nessun vantaggio energetico fruibile. Per questo è iniziata la
collegiale e determinata battaglia dei Comitati e delle Associazioni a difesa di tutto
l’Appennino.
Il Monte Giogo di Villore è diventato in questi anni uno dei simboli toscani della lotta in
difesa della terra e dei beni comuni, della vita delle comunità montane, delle specie rare e
protette, minacciate di estinzione, che popolano i crinali e i torrenti mugellani, delle
foreste e dell’acqua, dei produttori che vivono e si prendono rispettosamente cura ogni
giorno della montagna.
La voce dei crinali si leverà sempre più forte e non si lascerà silenziare. Sappiamo bene
quanto questo progetto sottrarrà i territori alle comunità, quanto i suoi sentieri – tra cui il
Sentiero 00 Italia, GEA ed E1 Europa – verranno interdetti al passaggio dei camminatori,
quanto saranno compromessi per sempre da cemento, rumore a livello 5, infrasuoni, onde
elettromagnetiche fortissime e degrado industriale. Ogni cantiere e ogni operazione, ogni
prelievo e ogni manomissione verranno attentamente osservati, documentati e resi
pubblici.
Degli esiti di queste sentenze del TAR può esultare e rallegrarsi solo chi non vive e non
ama questi territori, vocati all’escursionismo, al turismo, alle produzioni tipiche locali, alla
conservazione e alla protezione degli ultimi ecosistemi naturali ricchi di biodiversità
autoctona. Può gioire chi non ha capito che la transizione ecologica ha in questi territori,
così come sono, i migliori alleati per la mitigazione climatica, per la presenza di boschi
secolari e sorgenti di acque di alta qualità, di pratiche di produzione virtuose e rispettose
degli equilibri ambientali per ottenere prodotti di eccellenza. Può gioire soltanto chi vuole
confondere le persone spacciando la speculazione e il land grabbing (furto di territorio)
come transizione energetica.

Per tali motivi il Comitato chiamerà a nuove forme di protesta tutta la cittadinanza e tutte le
realtà attive sul fronte dei beni comuni.

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Aeroporto di Parma, il Parlamento Europeo apre il fascicolo e chiede approfondimenti http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/01/aeroporto-di-parma-il-parlamento-europeo-apre-il-fascicolo-e-chiede-approfondimenti/ Wed, 24 Jan 2024 15:36:51 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16310 di NoCargoParma e I cittadini e le associazioni firmatari della Petizione

Comunicato stampa del 23 gennaio 2024

Discussa il 22 gennaio 2024 a Bruxelles la Petizione presentata da cittadini e associazioni. Accolti i rilievi su emissioni inquinanti e aiuti di Stato. La Commissione Europea presenterà risposta scritta

Come firmatari della Petizione contro l’allungamento della pista dell’aeroporto di Parma siamo molto soddisfatti dell’esito dell’audizione presso la competente Commissione del Parlamento Europeo avvenuta ieri a Bruxelles. I rilievi sollevati di natura ambientale e di rispetto delle norme sugli aiuti di Stato sono stati sostanzialmente accolti e la Commissione ha deciso di mantenere aperto il fascicolo della petizione per condurre ulteriori approfondimenti.

Il rappresentante della Commissione Europea, intervenuto dopo la presentazione dei contenuti della petizione da parte del primo firmatario, ha riconosciuto i problemi in materia di raggiungimento degli obiettivi di qualità dell’aria fissati dalle direttive europee in un’area, quella dove ricade l’aeroporto, per la quale l’Italia è già stata condannata due volte per il superamento dei limiti di inquinanti quali pm10 e NOx. Su questo ed altri aspetti, la Commissione Europea si impegna a presentare una propria risposta scritta.

Rosa D’Amato, deputata dei Verdi Europei che ha sostenuto fin dal principio la petizione, nel suo intervento ha chiesto ed ottenuto dalla presidente della Commissione di scrivere al Ministero dei trasporti italiano per chiedere chiarimenti in merito al numero di passeggeri previsti per lo scalo di Parma. Il regolamento UE sugli Aiuti di Stato stabilisce infatti un limite di 200.000 passeggeri all’anno per la concessione di finanziamenti statali ad aeroporti ubicati a meno di 100 km di distanza da altri scali, come nel caso di Parma e Bologna. In base ai numeri riportati nelle carte del progetto, tale limite, che deve essere rispettato nei due anni precedenti e successivi alla concessione dell’aiuto, non parrebbe rispettato.

Da segnalare anche l’intervento del deputato tedesco Jahr, decano del Parlamento Europeo, che ha evidenziato come gli aeroporti provinciali vengono spesso tenuti in vita per ragioni di campanile anche quando non vi è domanda di mercato e non sono sostenibili finanziariamente. Per questo motivo non dovrebbero ricevere finanziamenti statali.

Auspichiamo che questa presa in carico da parte del Parlamento possa portare ad una revoca del finanziamento statale per l’allungamento della pista e lo sviluppo dei voli cargo, un progetto insensato ed incoerente con gli obiettivi di neutralità climatica del Comune di Parma, che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto fermare in Conferenza dei Servizi, come promesso dal Sindaco in campagna elettorale.

Il testo della petizione sarà presto pubblicato on-line in tutte le lingue dall’UE sul portale dedicato del Parlamento Europeo e potrà essere quindi condivisa e sottoscritta da tutti i cittadini interessati.

I CITTADINI E LE ASSOCIAZIONI FIRMATARI DELLA PETIZIONE

Qui il video della discussione alla Commissione Petizioni del Parlamento Europeo.

Qui tutti gli approfondimenti.

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Leggi il precedente articolo di Salviamo il Paesaggio sull’argomento.

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Fallisce la legge regionale sul Consumo di suolo nel Piacentino http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/01/fallisce-la-legge-regionale-sul-consumo-di-suolo-nel-piacentino/ Mon, 08 Jan 2024 15:23:08 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16287 Piani urbanistici approvati solo in quattro Comuni (su 46)

di Massimo Mortarino

A fine novembre scorso, solo quattro Comuni piacentini su 46 (8,6% del totale per gli amanti delle statistiche) risultavano avere adottato o assunto il proprio Piano Urbanistico Generale (PUG), mentre tutti gli altri non avevano assolutamente concluso (la maggior parte di essi non lo avevano neppure iniziato) l’iter di adozione di questo indispensabile strumento, che secondo le prescrizioni della Legge Regionale Emilia Romagna sul consumo di suolo avrebbe dovuto concludersi obbligatoriamente entro il 1° gennaio 2024.

Tutto questo in una delle Regioni italiane maggiormente colpite da devastanti alluvioni, i cui amministratori si sono succeduti per settimane davanti alle telecamere dei media di ogni colorazione politica evocando (solo a parole) l’arresto del consumo di suolo: anzi, il rallentamento e il contenimento, come se si trattasse di un fenomeno ancora “lieve”, correggibile tramite interventi semplici e indolori e senza particolare fretta, anziché di un intervento di emergenza, in colpevole reiterato ritardo dopo anni e anni di vuote parole, senza alcun intervento concreto verso la soluzione del problema.

Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da commentare di fronte a questa ennesima dimostrazione di assoluta inefficacia delle Leggi Regionali sul consumo di suolo, che su questo sito abbiamo già definito varie volte come potenziali “salvacondotti” in grado di offrire l’opportunità a tutti i principali consumatori di suolo libero di ottenere l’autorizzazione ad avviare qualunque progetto potenzialmente in grado di consumare tutto il consumabile…e anche di più.

Uno strumento normativo che se fosse stato totalmente inefficace avrebbe fatto meno danni, e che certamente non riuscirà a ostacolare l’avanzata del consumo di suolo nella provincia piacentina, secondo i dati ISPRA leader a livello regionale nel consumo di suolo, visto l’incremento registrato negli ultimi 12 mesi di circa 129 ettari…!

In attesa che la Regione Emilia Romagna diffonda i dati ufficiali, citiamo, per completezza d’informazione, i Comuni che finora risultano aver soddisfatto la Legge Regionale: si tratta di Besenzone, Bettola e Rottofreno, nei quali i PUG sono stati adottati, e di Gazzola, Comune nel quale il PUG è stato soltanto assunto. Nei Comuni che alla data del 1° gennaio 2024 non avranno approvato il PUG, i vecchi piani particolareggiati decadranno, ma ciò non fermerà le amministrazioni comunali, che potranno continuare ad autorizzare, ad esempio, l’espansione di insediamenti produttivi già esistenti e che non rientreranno neppure nella deroga del 3%.

Il contrasto al cambiamento climatico in continuo incremento necessita di strumenti realmente efficaci, non di provvedimenti di facciata o, addirittura, volti in modo occulto ad autorizzare proprio ciò che non avrebbe mai avuto alcuna possibilità di passare secondo le vecchie leggi.

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L’aeroporto di Parma atterra al Parlamento Europeo http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/12/laeroporto-di-parma-atterra-al-parlamento-europeo/ Thu, 07 Dec 2023 14:22:41 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16244 Prevista per il 22 gennaio a Bruxelles l’audizione dei firmatari della Petizione contro l’allungamento della pista

Il progetto di trasformazione dell’aereoporto Verdi di Parma, approvato dal Consiglio Comunale lo scorso ottobre, prevede l’allungamento della pista, l’ampliamento dello scalo per ospitare il traffico aereo cargo (con l’abilitazione ad aerei per il trasporto merci con una maggiore apertura alare e maggior peso al decollo), un aumento considerevole del numero di decolli-atterraggi e pesanti modifiche della viabilità. Un’area di 350.000 metri quadrati sarà cementificata per costruire la nuova porzione di pista, nuovi piazzali, hangar, capannoni della logistica al posto di terreni agricoli.

Dal 2017 NO Cargo Parma (comitato spontaneo di cittadini, che nel 2020 ha costituito anche una Associazione di promozione sociale) cerca di contrastare il progetto, che distrugge ulteriormente il territorio e aumenta l’inquinamento acustico e dell’aria su una vasta area della città. Un progetto che consentirebbe alla società proponente SO.GE.A.P. S.p.A. (controllata col 60,2% dall’Unione Parmense Industriali), che gestisce lo scalo in perdita da tantissimi anni, di accedere a milioni di fondi pubblici.

Si riporta qui il Comunicato Stampa di No Cargo Parma relativo alla Petizione al Parlamento Europeo.

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L’aeroporto di Parma atterra al Parlamento Europeo: prevista per il 22 gennaio a Bruxelles l’audizione dei firmatari della petizione contro l’allungamento della pista.

Sarà discussa il 22 gennaio, in audizione al Parlamento Europeo, la petizione presentata dai cittadini e dai rappresentanti delle associazioni che si erano riuniti il 6 novembre in occasione della fiaccolata contro il progetto di allungamento della pista dell’aeroporto di Parma.

Attraverso questa iniziativa, i firmatari chiedono alla competente Commissione Petizioni di verificare se il finanziamento di 12 milioni di euro stanziato per il piano di sviluppo dell’aeroporto rispetta le norme in materia di aiuti di Stato e se il progetto è coerente con gli obiettivi di qualità dell’aria e di riduzione delle emissioni fissati dalla legislazione europea, nonché con l’impegno preso dall’amministrazione comunale con il Contratto per la neutralità climatica.

Le petizioni sono uno dei diritti fondamentali previsti dai trattati della UE: chiunque, in qualsiasi momento, può esercitare questo diritto, individualmente o in associazione con altri, e presentare una petizione al Parlamento Europeo su materie che lo concernono e che rientrano nel campo di attività dell’Unione Europea.

E’ questo il caso delle norme europee sugli aiuti di Stato e di quelle relative alle emissioni e alla qualità dell’aria, per la quale l’Italia sconta già una condanna da parte della Corte di Giustizia Europea per i ripetuti superamenti delle soglie di inquinamento, in particolare nelle zone della pianura padana.

Per quanto concerne gli aiuti di Stato, lo specifico regolamento europeo vieta la concessione di finanziamenti statali per aeroporti ubicati a meno di 100 chilometri di distanza da altri aeroporti, come è il caso tra quelli di Parma e Bologna, a meno che il traffico non sia inferiore ai 200.000 passeggeri all’anno. In base ai documenti presentati dalla stessa società di gestione So.Ge.A.P., tale limite non pare essere rispettato per i due anni successivi a quello di concessione del finanziamento.

Nella petizione si evidenzia che i rappresentanti di So.Ge.A.P., in più occasioni, compreso in sede di audizione presso la conferenza dei capigruppo del consiglio comunale di Parma del 24/07/2023, hanno dichiarato di puntare ad un obiettivo di più di 1 milione di passeggeri dopo il 2025, come riportato dalla stampa locale e registrato nei verbali della conferenza. I firmatari ritengono quindi palese la volontà da parte della società di gestione di sviluppare, grazie al finanziamento statale, il traffico passeggeri ben oltre il limite di esenzione dal divieto di concessione di aiuti di Stato di 200.000.

Segnalano inoltre che So.Ge.A.P. in vent’anni ha accumulato perdite per oltre 70 milioni di euro e che tra i principali soci c’è ancora, con il 27% delle quote, la Meinl Bank (ora AAB Bank) a cui nel 2019 la Banca Centrale Europea ha ritirato la licenza bancaria per ripetute e gravi violazioni delle norme in materia di anti-riciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.

Grazie al sostegno del gruppo dei verdi europei, la petizione è stata calendarizzata con procedura d’urgenza nella prima seduta utile della Commissione Petizioni che si terrà appunto il 22 gennaio presso il Parlamento Europeo a Bruxelles. In quella sede, una rappresentanza dei firmatari potrà esporre contenuti e ragioni della petizione e la Commissione Europea sarà chiamata a rispondere, per quanto di competenza, sui rilievi presentati.

Non appena tradotta in tutte le lingue della UE, la petizione sarà anche pubblicata sul portale on-line del Parlamento Europeo e potrà essere continuamente alimentata con nuove evidenze e dati e sostenuta dalle cittadine e cittadini interessati con un semplice click.

I cittadini e le associazioni firmatari della petizione

Per maggiori informazioni è possibile seguire No Cargo Parma sul sito, oltre che su Facebook e Instagram.

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Una concezione distorta di transizione ecologica ed energetica: i grandi impianti eolici e l’Appennino nord-occidentale http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/11/una-concezione-distorta-di-transizione-ecologica-ed-energetica-i-grandi-impianti-eolici-e-lappennino-nord-occidentale/ Fri, 10 Nov 2023 10:20:04 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16195 Pubblichiamo il documento elaborato da un numeroso e vario gruppo di associazioni radicate nel territorio della catena appenninica compresa nelle province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza, in cui vengono espresse forti critiche e preoccupazioni su tre progetti di grandi impianti eolici.

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In questo ultimo scorcio del 2023 anche per la porzione nord-occidentale della catena appenninica (compresa nelle quattro province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza) torna purtroppo di attualità il tema dell’impiantistica eolica industriale sui crinali.

Nel comune di Isola del Cantone la regione Liguria ha autorizzato la costruzione di un “parco” composto da 4 aerogeneratori da 4,20 MW l’uno, per complessivi 16,80 MW di potenza, in località costa Popein, sul crinale tra valle Scrivia ligure e val Lemme piemontese. I lavori non sono ancora iniziati.

Pochi chilometri più a sud, sullo stesso confine regionale, al passo della Bocchetta, ancora la regione Liguria ha appena stabilito che non occorre sottoporre a valutazione ambientale (“VIA”) il progetto dell’impianto eolico “Monte Poggio”, in comune di Mignanego, composto da 5 aerogeneratori da 3,22 MW l’uno, per una potenza complessiva pari a 16,1 MW.

Infine, presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica è in corso la verifica amministrativa del progetto di un parco eolico, denominato “Monte Giarolo”, composto da 20 aerogeneratori, per una potenza massima complessiva di ben 124 MW, da realizzarsi nei comuni di Albera Ligure, Cabella Ligure (entrambi nell’alessandrina val Borbera) Fabbrica Curone (in val Curone, provincia di Alessandria) e Santa Margherita di Staffora (in valle Staffora, provincia di Pavia).

Parco eolico “Monte Poggio”

Per quanto riguarda il progetto di impianto eolico del “Monte Poggio”, originariamente gli aerogeneratori dovevano essere collocati in territorio piemontese, a ridosso della Zona di Protezione Speciale (“ZPS”) “Capanne di Marcarolo”. Per tutelare il più importante corridoio di migrazione primaverile dell’avifauna in ambito regionale, la regione Piemonte ha però incluso tra le misure di conservazione della ZPS il divieto di realizzare nuovi impianti eolici sia all’interno dei confini della zona di protezione, sia in un buffer di 1 km al loro esterno. L’ente gestore della ZPS aveva perciò espresso parere negativo alla richiesta di realizzare l’impianto eolico. Dopo che anche il TAR Piemonte aveva considerato legittima la delibera istitutiva del “buffer”, l’impresa ha sottoposto lo stesso progetto alla regione Liguria, con il solo accorgimento di spostare la collocazione dei macchinari di poche decine di metri, sempre entro la zona “buffer”, ma in modo da far ricadere l’impianto entro i confini del comune ligure di Mignanego. E, con il suo recente provvedimento, la regione Liguria ha affermato che le misure di conservazione e il conseguente divieto non possono trovare applicazione al di fuori del territorio piemontese.

Parco eolico “Popein”

Sempre Liguria e Piemonte sono chiamate in causa per la costruzione dell’impianto di costa Popein. Il progetto che da tempo ha ottenuto l’autorizzazione lo colloca in territorio ligure, ma prevede pesanti interventi anche nel comune piemontese di Voltaggio, per realizzarvi la viabilità di cantiere e di servizio che dovrebbe interessare la val Barca, ambiente di notevole pregio ambientale anche se privo di forme di tutela. Avallata in modo frettoloso dall’Unione montana con il rilascio di una “autorizzazione paesaggistica semplificata”, sotto molti profili questa soluzione progettuale si rivela del tutto inappropriata, tanto più se si considera che, a seguito di una sostanziale modifica etichettata come “adeguamento tecnico migliorativo”, sono cresciuti peso e volumi dei macchinari destinati al trasporto verso il crinale (i 5 aerogeneratori da 2 MW ciascuno sono diventati 4 aerogeneratori da 4,20 MW l’uno).

Parco eolico “Monte Giarolo”

Il pubblico non può ancora consultare i documenti progettuali del parco eolico “monte Giarolo”, del quale, ad oggi, sono note soltanto le caratteristiche generali, ossia potenza e numero degli aerogeneratori e coinvolgimento di due regioni, Piemonte e Lombardia, caratteristiche simili a quelle di analoghi progetti riferiti allo stesso ambito montano proposti negli anni tra il 2010 e il 2011 (nessuno ha superato la fase di valutazione ambientale). Nel 2015 la regione Lombardia ha poi approvato il Programma Energetico Ambientale Regionale (“PEAR”), in base al quale le aree dichiarate di notevole interesse pubblico (ex art. 136 del D.Lgs. 42/2004) sono considerate non idonee ad ospitare impianti eolici di grande taglia. E l’intero territorio montano del comune di Santa Margherita di Staffora, unico comune lombardo interessato sia dai precedenti progetti sia dal progetto “monte Giarolo”, fin dal 1968 è sottoposto a vincolo ex art. 136. In Piemonte, nel 2017, le norme tecniche del Piano Paesaggistico Regionale hanno stabilito che, su territori vincolati ex art. 136, possano essere realizzati impianti eolici soltanto collocando gli aerogeneratori oltre i 50 metri per lato dalle vette e dai sistemi di crinali. Una prescrizione molto importante rispetto al progetto “monte Giarolo”: infatti, anche per le alte valli del Curone e del Borbera esiste un vincolo ex. art. 136, apposto nel 1986 ed efficace su gran parte del territorio montano dei tre comuni piemontesi interessati dal progetto: Albera Ligure, Cabella Ligure e Fabbrica Curone. Tra questi ultimi due comuni, inoltre, la “Dorsale Monte Ebro Monte Chiappo” è individuata come ZPS, e dal 2007 una norma statale vieta la realizzazione di nuovi impianti eolici nelle ZPS (fatta eccezione per impianti di autoproduzione di potenza non superiore a 20 kw). Nel 2022 la regione Piemonte ha approvato la revisione del PEAR e ha voluto dare un “segnale”: pur ammettendo che si tratterebbe di una produzione assolutamente trascurabile a fronte del complessivo “bilancio energetico” piemontese, ha inserito nella programmazione anche la realizzazione di nuovi impianti per l’energia eolica ed ha individuato alcune aree “vocate” a questo scopo. I crinali tra Borbera, Curone e Staffora sono una di esse. L’autore del PEAR, constatato che esistono i vincoli normativi sopra citati, ha auspicato interventi normativi volti a superarli.

Aree idonee

A tal proposito, occorre tener conto che il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha in corso di emanazione un decreto (noto come “decreto aree idonee”) destinato a fornire alle regioni criteri uniformi per definire un’area come “idonea” all’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili. Al momento in cui scriviamo, il testo è ancora al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Per quanto riguarda l’eolico, si prevede che proprio le aree “ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42” siano escluse dal novero di quelle idonee, rispetto alle quali la bozza di decreto prevede anche il requisito di una adeguata ventosità, tale da garantire una producibilità maggiore di 2.150 ore equivalenti a 100 metri di altezza (le ore equivalenti rappresentano il “capacity factor” o fattore di capacità, ossia il rapporto tra l’energia elettrica effettivamente prodotta in un determinato periodo di tempo e l’energia che un impianto potrebbe generare funzionando sempre alla massima potenza). Notiamo che nella “Relazione tecnica” acclusa al progetto di parco eolico “Monte Poggio” la producibilità annuale stimata viene indicata in 2.112 ore equivalenti. Dieci anni fa, nel 2013, secondo il proponente, il medesimo dato riferito al parco eolico “Costa Popein” era di “circa 2.400 ore equivalenti”.

A questo punto si impongono alcune riflessioni

L’aggravarsi della crisi climatica ha reso inderogabile l’avvio del processo di “decarbonizzazione” rispetto alla produzione di energia. I più accorti tra gli studiosi hanno avvertito però che, se le energie rinnovabili hanno un ruolo indiscutibile per giungere a una transizione ecologica, l’intero processo, per essere efficace, dovrà fondarsi sulla decisa riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali accompagnata dalla massima efficienza nel loro impiego. Nessuna fonte energetica può infatti soddisfare una crescita sfrenata e continua come quella che abbiamo conosciuto finora con “l’era degli idrocarburi” poiché “una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito” (Nicholas Georgescu-Roegen, 1906 – 1994).

La transizione ecologica deve dunque compiersi all’interno di una politica di razionalizzazione dei consumi e degli sprechi, perseguendo un radicale cambio di paradigma rispetto al mito della crescita infinita

Nel caso degli impianti eolici e di quelli fotovoltaici, essa deve accompagnarsi alla tutela del paesaggio, inteso come valore ambientale, storico, sociale ed economico. In caso contrario fallirà i propri obiettivi e si trasformerà nell’ennesimo attacco all’ambiente, alla biodiversità (ancor più grave poiché la tutela dell’ambiente è principio inserito all’articolo 9 della Costituzione Italiana e il ripristino della biodiversità è obiettivo fissato dall’Ue) e, in ultima istanza, ai fondamenti stessi della presenza umana sulla terra. Dopo che l’intero territorio italiano, nel corso degli anni, è stato caratterizzato da una gigantesca riduzione degli spazi di naturalità e bellezza, con scelte di “esternalizzazione” di funzioni e di impianti rivelatesi insostenibili per l’ambiente e per i cittadini, appare quasi incredibile che si pensi oggi di continuare in questa direzione modificando con pesanti infrastrutture anche gli ultimi crinali “selvaggi” del nostro Appennino.

L’associazione confindustriale che riunisce gli imprenditori del settore delle energie rinnovabili ha affermato che si dovrebbe eliminare il requisito dell’adeguata ventosità previsto per l’eolico dalla bozza del decreto aree idonee “lasciando in capo all’investitore il rischio commerciale di performance dell’impianto e relativo investimento”. Un’affermazione sintomatica della distorta logica secondo cui l’urgenza della crisi climatica impone di procedere a realizzare i grandi impianti “senza se e senza ma”. Non è invece possibile tralasciare gli impatti che derivano dalla loro costruzione e dal loro funzionamento.  Richiamando quanto scritto sopra circa gli “spazi di naturalità” e riferendoci all’impiantistica eolica, ricordiamo che i crinali appenninici sono tra gli ultimi rifugi di specie ornitiche ormai sempre più rare in collina e pianura perché sfrattate dall’invadenza umana, e che quegli stessi crinali costituiscono da sempre fondamentali riferimenti per le rotte migratorie dei rapaci e di altri migratori già minacciati su più fronti, mentre numerosi studi in tutto il mondo dimostrano ampiamente l’incidenza pesantemente negativa delle torri eoliche sulle popolazioni ornitiche e dei chirotteri. Sono tante e diverse in ogni caso le ragioni per cui è non solo legittimo ma necessario da parte dei governanti e dei cittadini vigilare ed esigere il rispetto delle normative, e porre e chiedere attenzione alla dislocazione degli impianti, al numero e alla taglia dei macchinari, e valutarne le ricadute non solo economiche, ma ecologiche, paesaggistiche, sociali e lavorative. Gli impianti di produzione di energia rinnovabile devono essere progettati e realizzati in aree già artificializzate, impiegando le tecnologie più aggiornate tra quelle esistenti, prima di dare il via in modo acritico a una sregolata proliferazione sui territori più fragili di opere di enorme impatto ambientale, che finiscono per favorire l’interesse di pochi a danno delle comunità locali e di tutti i cittadini.

Hanno sottoscritto il documento:

  • le seguenti realtà che partecipano al coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”: Club Alpino Italiano sezione di Novi Ligure – Club Alpino Italiano sezione di Tortona – Club Alpino Italiano sezione di Voghera – Club Alpino Italiano commissione TAM di Tortona
  • Federazione nazionale Pro Natura,
  • Comitato per il territorio delle Quattro Province
  • Gruppo Micologico Vogherese
  • l’associazione “Il cammino dei ribelli”
  • l’associazione “Pro loco di Caldirola”.

Ulteriori informazioni nel blog e sulla pagina FB del coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”.

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L’Emilia-Romagna cancella la Valutazione ambientale strategica: il cemento governa http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/09/lemilia-romagna-cancella-la-valutazione-ambientale-strategica-il-cemento-governa/ Wed, 13 Sep 2023 15:27:59 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16061 di Paolo Pileri, da Altreconomia

All’Emilia-Romagna non sono bastati gli argini dei fiumi spazzati via dall’alluvione. La Giunta Bonaccini ha voluto con le sue mani abbattere altri argini, gli unici rimasti a frapporsi tra le ragioni della natura e del suolo e gli artigli del cemento: quelli cioè della Valutazione ambientale strategica (Vas). Il 7 agosto il governo regionale ha infatti approvato una delibera che toglie competenza all’Agenzia ambientale regionale (Arpae): non si pronuncerà più sulle Valutazioni ambientali strategiche dei piani urbanistici comunali (Valsat). Gravissimo. Hanno messo il lucchetto all’agenzia ambientale dove lavorano geologi, agronomi, biologi, ecologi, climatologi, fisici dell’ambiente, insomma tutte quelle competenze preziose per la transizione ecologica che mancano a Province e Comuni e che quindi possono accompagnare, correggere e/o, se occorre, respingere le proposte di trasformazione del suolo fatte dai Comuni.

Un vero e proprio bavaglio, anche umiliante per tutti quegli esperti pubblici che dovrebbero essere valorizzati e ai quali, anzi, andrebbe dato più spazio proprio nelle fasi in cui il piano si forma, per limitare i danni che l’uomo-betoniera continua a fare. La decisione di azzerare la funzione di Arpae è ancor più grave perché avviene qualche mese dopo lo sfascio alluvionale che, sappiamo bene, è stato aggravato di parecchio a causa proprio del super consumo di suolo in questa Regione, nonostante la millantata legge 24/2017 che, solo a detta di quel governo regionale, è la migliore di sempre (ma non è affatto così). Grave anche perché frutto di una Regione governata dal presidente del più grande partito di opposizione teorica alle destre e quindi c’è pure il rischio che venga presa come “buona pratica” politica. Come buona pratica ci saremmo aspettati un rafforzamento degli staff tecnici ed ecologici dell’agenzia ambientale regionale, una stretta ai cordoni dell’urbanistica consumista, un’autoverifica dopo i fatti delle alluvioni, un nuovo corso politico ed ecologico. E invece è arrivata la mannaia della semplificazione (cioè della deroga) che decapita nei fatti la Valutazione ambientale strategica (peraltro voluta dall’Unione europea).

Italia Nostra regionale, onorando la sua missione statutaria e il suo buon nome, ha scritto pochi giorni fa una lettera al presidente Stefano Bonaccini invitandolo ad annullare quella delibera (lo farà? Ne parlerà? Altre associazioni ambientaliste si uniranno alla richiesta di Italia Nostra? Le voci della cultura si faranno sentire?). Nell’attesa andiamo a vedere nel dettaglio i fatti.

Partiamo dalla legge regionale 24/2017 e per la precisione dall’art. 19 comma 4 (scritto in burocratese) nel quale, traduco, si legge che chi fa un piano urbanistico (ad esempio un Comune) deve acquisire il parere di Arpae proprio sui temi della sostenibilità ambientale riguardanti le previsioni di piano. In soldoni, la legge obbliga gli enti locali a tener conto, come è corretto che sia, del parere esterno e qualificato in materia ambientale dell’Agenzia. Se gli enti locali non sono d’accordo con le valutazioni di Arpae devono prendere carta, penna e responsabilità tecnica e politica per motivare il disaccordo. Un atto che obbliga il valutato a prendersi una forte responsabilità qualora voglia opporsi. Tutto questo che, come vedete, è già poca roba per incamminarsi nell’era della conversione ecologica, è stato spazzato via d’imperio dalla Giunta regionale il 7 agosto 2023 con la delibera 1407.

Nel concreto, i punti uno e due della delibera dicono (sempre in burocratese) che gli eventuali pareri di Arpae su piani e varianti non devono comprendere la “valutazione circa la positività o negatività” dei pareri dati da Province e dalla Città metropolitana di Bologna le quali, purtroppo, hanno meno “expertise” ecologico-ambientali rispetto ai tecnici di Arpae e, sappiamo tutti, sono affaticate da un processo di depotenziamento amministrativo dopo l’infelice riforma del Governo Renzi. Insomma: non ce la fanno. La valutazione di Arpae era quindi ancor più fondamentale e, invece, viene silenziata. L’Agenzia non può dire né sì né no, il che equivale a non dire più nulla. Ma la spallata decisiva arriva al punto tre, dove espressamente si mette fuori gioco Arpae dicendo che “nei procedimenti di approvazione dei piani urbanistici comunali e delle loro varianti attivati ai sensi della L.R. n. 24/2017, la previa istruttoria di Arpae ai fini del rilascio del parere motivato di Valsat da parte della Città metropolitana di Bologna e delle Province non è dovuta”. Disastro: fine dell’esistenza di Arpae, fine dell’esistenza di un controllore qualificato e indipendente (e già faticava a esserlo per le pressioni politiche a cui era sottoposto), via libera ai pruriti di cemento locali. Se non è grave questo non so più che cosa lo sia.

A onor del vero una piccola porta l’hanno lasciata aperta: se le Province e la Città metropolitana fanno una convenzione onerosa (tradotto, soldi) con Arpae, allora l’Agenzia può dare dei pareri. Ma sappiamo tutti che le Province sono in sofferenza finanziaria e che ci vogliono mesi per avviare una convenzione. Insomma, è come dire a un indigente che se vuole trovare una casa deve pagare un consulente e pagare pure chi redige la convenzione con il consulente. La porta che hanno lasciato aperta ma di fatto è chiusissima dalla burocrazia e dalla mancanza di denaro, una tattica che conosciamo per dire no nei fatti, ma apparentemente non del tutto.

Detto tutto ciò -che ritengo essere un attacco vero e proprio alla natura, alla cultura della valutazione ambientale e alla cultura ecologica in politica-, c’è da chiedersi che cosa spinga una Regione come l’Emilia-Romagna a uccidere l’ultimo baluardo ambientale che ancora abbiamo. Come possono andare in giro a farci lezioni di transizione ecologica, di leggi perfette e di non consumo di suolo? Anziché usare la loro storia infelice di disastri romagnoli per far girare pagina al governo del territorio ed essere di esempio per tutti, gettano in una stanza buia quel poco di argine al declino che avevano e buttano pure le chiavi a mare. In fondo è proprio vero che il cemento è una livella politica: rende uguali i governi della Lega a quelli del Partito democratico, quelli della destra a quelli della sinistra (o centrosinistra, o come li si chiami). Ultimissima cosa: perché non discutere un fatto di tale grave portata in Consiglio regionale? Vuoi dire che in tutto questo possiamo leggere anche un’erosione della democrazia?

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022). Questo articolo è stato pubblicato da Altreconomia.it

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Eolico selvaggio: attacco sul crinale appenninico del Mugello e dell’Aretino http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/07/eolico-selvaggio-attacco-sul-crinale-appenninico-del-mugello-e-dellaretino/ Thu, 06 Jul 2023 13:33:36 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16011 di Serena Mattia

“Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato”, scriveva Goethe nel suo “Viaggio in Italia”.
Chissà cosa scriverebbe oggi se potesse vedere quel pezzo meraviglioso del creato martoriato, disboscato, cementificato, con giganti pale eoliche al posto degli alberi. Questo è esattamente quello che si prospetta sul crinale appenninico del Mugello e dell’Aretino.
È stato infatti autorizzato il nuovo impianto eolico Monte Giogo di Villore, che interesserà il territorio sul crinale dei comuni di Vicchio e Dicomano, a pochi chilometri dal confine con l’Emilia-Romagna e in prossimità del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
La superficie destinata all’impianto è di 5,4 ettari e prevede la realizzazione di 7 aerogeneratori alti circa 180 metri per una potenza di 29,6 megawatt ma anche le infrastrutture necessarie come la costruzione di una strada di 12 chilometri, che sale sul crinale con una pendenza del 20-25%, indispensabile per trasportare a 1000 m s.l.m. tonnellate di ferro e cemento e allestire i cantieri, nonché un cavidotto interrato lungo 21 chilometri per portare l’energia prodotta ad una nuova centralina elettrica di collegamento alla rete di distribuzione.
Se gli impianti saranno realizzati, il paesaggio di questo tratto d’Appennino sarà irrimediabilmente
cambiato.
L’impianto, posto a 1000 metri di quota, ricade per opere accessorie in Siti protetti della Rete Natura 2000, sia in territorio toscano che in quello dell’Emilia-Romagna.
I crinali appenninici del Mugello sono infatti territori ricchi di biodiversità, è proprio in questo tratto di crinale che è tornata di recente a stabilirsi l’aquila reale ed abita da sempre il biancone, specie rapaci protette, particolarmente sensibili al disturbo antropico. Qui si snodano, inoltre, numerosi sentieri nazionali ed europei: il Sentiero 00 Italia, il Sentiero GEA Grande Escursione Appenninica, il Sentiero Europa E1 che collega Capo Nord a Capo Passero in Sicilia, il Cammino di Sant’Antonio.
Nonostante la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Firenze Prato e Pistoia e il Ministero della cultura, con l’allora ministro Dario Franceschini, abbiano dato parere negativo giudicando il progetto non compatibile con il territorio e i 3 ricorsi al Tar, presentati uno da Italia Nostra Nazionale e Club Alpino Italiano sezione di Firenze con la collaborazione della LIPU (lega italiana protezione uccelli), il secondo dal comune di S. Godenzo (Fi), il terzo da alcuni cittadini a cui è arrivata l’ ingiunzione di esproprio dei terreni, il governo Draghi, superando tutti nella gerarchia autorizzatoria, ma non nelle competenze tecniche, ha approvato il progetto d’impero, annullando i pareri tecnici negativi.
Crinali Liberi, Comitato per la Tutela del Crinale Mugellano (CTCM), alla luce dei disastri dell’alluvione di maggio occorsi in Romagna e in Toscana ha redatto un appello per chiedere alle amministrazioni il ritiro delle autorizzazioni e il blocco del proseguimento dei progetti di impianti eolici industriali sul crinale appenninico del Mugello e dell’Aretino. Molti cittadini e associazioni, tra cui diverse aderenti al Forum Salviamo il Paesaggio, hanno aderito all’appello.
Per l’associazione i danni provocati dal progetto saranno superiori ai benefici.
Le nostre ragioni, dice il Comitato, sono le medesime dal nord al sud: difesa idrogeologica dei territori fragili a rischio frane e smottamenti; difesa della flora spontanea e della fauna selvatica, degli uccelli stanziali e quelli di passo, tutela dei boschi, dei prati e pascoli della montagna, tutela e valorizzazione della biodiversità vegetale e animale in Appennino; difesa delle popolazioni e delle aziende agricole che abitano e ricavano il proprio reddito sul territorio e in armonia con esso, prendendosene cura, senza metterne a rischio le risorse; tutela del paesaggio italiano. “Questi sono i principi fondanti del movimento a cui tutti ci rifacciamo e sono anche i principi fortemente rappresentati e affermati nella costituzione italiana, in quell’art. 9 di recente aggiornato e completato proprio al fine di rafforzare nei cittadini il senso di responsabilità verso l’ambiente in cui si vive”.
Per aderire all’appello scrivere a: libericrinali2021@gmail.com

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Ora è scientificamente provato che a causare il disastro in Emilia-Romagna sia stato il consumo di suolo http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/06/ora-e-scientificamente-provato-che-a-causare-il-disastro-in-emilia-romagna-sia-stato-il-consumo-di-suolo/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/06/ora-e-scientificamente-provato-che-a-causare-il-disastro-in-emilia-romagna-sia-stato-il-consumo-di-suolo/#comments Tue, 13 Jun 2023 07:54:13 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15974 di Serena Mattia.

È passato quasi un mese dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna e, con il sole, è arrivato il rapporto del World Weather Attribution, l’ente che studia i rapporti tra cambiamenti climatici ed eventi metereologici estremi, dal titolo “Il cambiamento climatico ha avuto un ruolo netto limitato nelle intense piogge primaverili in Emilia-Romagna”. 

Fermandosi al titolo, qualcuno potrebbe gridare alle teorie negazioniste o, peggio ancora, il rapporto rischierebbe di essere strumentalizzato dagli scettici del cambiamento climatico.

In realtà i ricercatori hanno osservato i dati storici a partire dagli anni Sessanta e simulato i trend futuri sulla base di 19 modelli climatici per vedere se la probabilità che cadesse quella stessa quantità di pioggia in un intervallo accumulato di 21 giorni di primavera sarebbe stata diversa in assenza del cambiamento climatico: in questa analisi gli autori dello studio non hanno rilevato un legame significativo tra i cambiamenti climatici e l’evento meteorologico estremo che ha colpito l’Emilia-Romagna.

È importante però sottolineare che la scienza dell’attribuzione, che cerca di identificare il ruolo del cambiamento climatico in eventi estremi, non può ancora fornire risposte definitive su ogni evento (Clarke et all. 2022)

Si tratta infatti di uno studio preliminare che non smentisce l’esistenza della crisi climatica ma punta i riflettori su un altro aspetto: il consumo di suolo.

Il rapporto spiega che negli ultimi decenni, infatti, la rapida urbanizzazione e il tessuto urbano sempre più denso hanno limitato lo spazio per il drenaggio dell’acqua e aumentato il rischio di inondazioni, il che ha esacerbato gli impatti delle forti piogge. 

Nonostante la regione abbia approvato nel 2017 una legge sulla tutela e l’uso del suolo che intendeva ridurre il consumo a zero entro il 2050, i dati dell’ultimo rapporto ISPRA sul consumo di suolo posizionano l’Emilia-Romagna al terzo posto per suolo consumato e al primo posto per cementificazione in aree alluvionali. 

Quasi il 9% del territorio regionale è impermeabilizzato, un valore altissimo considerando che la media nazionale è del 7%. Un valore ancora più alto considerando che si tratta di un territorio fragile dove quasi la metà della regione ricade in aree a pericolosità idraulica media.

Insomma, dati allarmanti. Viene spontaneo chiedersi quale contributo abbia dato la legge regionale 24/2017. A quanto pare nessuno. Tra interessi privati, deroghe e proroghe dei piani urbanistici generali la regione ha continuato a gettare cemento su centinaia di ettari, quanto accaduto in Emilia-Romagna è la cronaca di un “disastro annunciato”.

Aggiornamento della redazione: una lista di cittadini ha inviato una lettera all’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna dall’eloquente titolo “Non si può costruire come prima”. Al seguente link è possibile leggere il testo: https://www.telestense.it/non-si-puo-costruire-come-prima-appello-allassemblea-legislativa-e-r-20230617.html

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http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/06/ora-e-scientificamente-provato-che-a-causare-il-disastro-in-emilia-romagna-sia-stato-il-consumo-di-suolo/feed/ 1
Che cosa ci dice la Giornata della biodiversità nel pieno della tragica alluvione della Romagna http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/05/che-cosa-ci-dice-la-giornata-della-biodiversita-nel-pieno-della-tragica-alluvione-della-romagna/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/05/che-cosa-ci-dice-la-giornata-della-biodiversita-nel-pieno-della-tragica-alluvione-della-romagna/#comments Tue, 23 May 2023 12:23:15 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15959 di Paolo Pileri.

Pubblicato originariamente su Altreconomia.

Quest’anno la Giornata mondiale della biodiversità cade nel bel mezzo della tragica alluvione della Romagna. Sarà curioso vedere se e come la ricorderanno i politici che abbiamo sentito sperticarsi sulla festa della mamma e su quella degli alpini.

Pensate: la biodiversità è al tempo stesso il complesso di risorse più vitale per il Pianeta e anche il più minacciato e degradato. E molto ha a che fare con l’uso del suolo, visto che il 30% della biodiversità sta nei primi centimetri di terra non asfaltata. Vedremo se e quali connessioni faranno con i fatti terribili delle alluvioni della Romagna. Ricordiamo che da decenni le nazioni europee si sono impegnate non solo a fermare il degrado della biodiversità ma addirittura a incrementarla. E anche l’Italia ha firmato la Strategia europea per la biodiversità. L’ha inserita addirittura in Costituzione (all’articolo 9).

Però non posso rinunciare a domandarmi che cosa sappiano sulla biodiversità. Chi ha incarichi di governo del territorio, a qualsiasi livello, che cosa sa di biodiversità? Perdonatemi se indosso i panni del professore antipatico e saputello ma siccome sono convinto che ognuno di noi difende quel che conosce, capite bene che non sapere nulla o poco di biodiversità e sedere nella “stanza dei bottoni” è una combinazione ad altissimo rischio. Quindi sapere di biodiversità è un punto chiave della questione. Davanti alle sfide ecologiche e climatiche mi chiedo e chiedo da anni se abbiamo un programma di formazione alla biodiversità per i decisori politici, o se invece continuiamo a cavarcela con sporadici micro-seminari per le scuole elementari e medie, lasciando alle povere future generazioni il compito di cambiare il mondo, mentre le attuali glielo stanno distruggendo.

È dura dirselo ma non andiamo molto lontano se continuiamo ad avere davanti a noi sfide ecologiche che affidiamo a decisori che di ecologia non solo non sanno nulla o poco, ma non neppur sono chiamati a imparare qualcosa pur decidendo tutto. E ultimamente sono pure tornati a prendersela con gli ambientalisti apostrofandoli ancora come “quelli del no” (basta: aggiornatevi). La contraddizione bruciante tra che cosa è la biodiversità e che cosa ne sanno i decisori annulla quasi tutte le migliori intenzioni o, se siamo fortunati, le confina entro recinti strettissimi di qualche parco dove i decisori inscenano inaugurazioni e finti discorsi ecologici per poi uscire da quei parchi e difendere strenuamente il “liberi tutti” e chiudere gli occhi davanti al consumo di suolo, all’agricoltura intensiva, alla deforestazione di pianura, all’inquinamento delle acque e tutto quel che porta voti e consensi.

Anche le poche buone cose che si sono fatte ultimamente diventano inguardabili se allarghiamo lo sguardo. Ad esempio, se mettiamo fianco a fianco i quattro milioni e mezzo di alberi che l’Emilia-Romagna vuole piantare nei prossimi anni, con le faraoniche opere stradali degli ultimi mesi, ci si attorciglia lo stomaco. In quella martoriata Regione sono iniziati i lavori per la costruzione della quarta corsia della A14 a Bologna, la diramazione autostradale a Ravenna (120 ettari di cementificazione assieme a migliaia di alberi abbattuti che non verranno ripristinati), la costruzione della terza corsia Bologna-Ferrara (93 ettari di nuovo asfalto con altre migliaia di alberi tagliati), il passante della città di Bologna (20 ettari). Tutto questo si aggiunge alla già costruita quarta corsia sulla Bologna-Modena (50 ettari), alla previsione di un’autostrada cispadana Parma-Ferrara e ad altre superstrade emiliano-romagnole. È chiara la contraddizione o devo aggiungere altro?

Si tratta di consumi di suolo dolorosissimi in una Regione che sta contando i morti e i danni che qualcuno ha avuto la bella idea di attribuire alle nutrie o che ha immaginato comodamente di attribuire a un clima cattivo e imprevedibile che se l’è presa con una Regione bella e virtuosa. Ma quelle strade, secondo voi, attenueranno i cambiamenti climatici? Miglioreranno l’idea popolare di sostenibilità? Aumenteranno la capacità di resistenza dei nostri territori? Si riducono i futuri danni alluvionali alle persone, alle aziende agricole e alle imprese se il territorio continua a essere ferito a morte?

Ma non è politicamente corretto citare solo la lista emiliano-romagnola di opere spacca-biodiversità. Ecco allora la recente e tronfia proposta ligure di urbanizzare nelle aree alluvionali (non solo inguardabile, ma pure fatta nel momento più sbagliato. Chissà se la politica romagnola che ha i piedi nell’acqua tirerà fuori la voce per dire alla Liguria di rimangiarsi questa decisione); gli inutili 30 chilometri della superstrada Eboli-Agropoli nella piana cilentana a due passi dalla meraviglia di Paestum (due miliardi che sfasceranno un paesaggio già altamente compromesso ma ancora bellissimo); il nuovo casello autostradale Pesaro-Sud che ha distrutto ettari ed ettari di aree agricole e naturali per strizzare l’occhiolino a chissà quale logistica che aumenterà ulteriormente il consumo di suolo; l’ampliamento dell’aeroporto di Malpensa di 44 ettari in pieno parco del Ticino (possiamo parlare di tutela della biodiversità?); la cementificazione logistica di Pernate (NO); le centinaia di chilometri di gallerie per alta velocità ferroviaria che si vogliono realizzare con il Pnrr tra Salerno e Reggio Calabria (non so neppure dove metteranno la terra che estrarranno) o l’assurdo consumo di suolo della futura linea AV che passerà in Irpinia sfasciandola completamente; i criteri scriteriati della pannelizzazione solare a terra che mangeranno decine di migliaia di ettari di suoli agricoli, quando abbiamo sconfinati tetti di capannoni a disposizione e immense aree a parcheggio da coprire, etc..

Ora, capite bene che questo elenco, che interrompo qui per decenza e che è l’eredità di un pensiero politico-culturale unico che ci ha governato e ci governa da decenni, non si chiama solo consumo di suolo ma anche distruzione di biodiversità e peggioramento climatico ed è quindi la messa in onda di una galattica contraddizione. Un esempio plastico di quanto le politiche siano sconnesse da quella che è l’urgenza di rispettare l’ambiente. Quella roba è solo omicidio di biodiversità. E forse nessun politico dirà qualcosa nella Giornata della biodiversità perché effettivamente è dura metterci la faccia con quella lista in tasca, dove non è riconoscibile alcun cambiamento di cultura politica. Nulla che ci dica che stiamo facendo cose diverse da quelle fatte fino a ieri per il clima e la natura che, poi, vuol dire anche per noi e il futuro.

Possiamo, allora, fidarci di chi decide con quella lista in mano? Certamente non è facile mettere la natura a capo delle nostre agende politiche e culturali. Nessuno sta dicendo che sia facile. Ma è necessario. Urgentemente necessario. E, come dice la Strategia europea per la biodiversità, occorrono necessari cambiamenti radicali e questi, a mio avviso, non possono partire da menti che non sanno e non capiscono che cosa è la biodiversità, che non abbracciano il pensiero ecologico profondo come forma mentis, come discorso politico.

Nei giorni scorsi ho avuto l’onore di presentare “L’intelligenza del suolo” alla biblioteca Erica di Capaccio Scalo (SA): ho incontrato persone meravigliose che lottano contro decisioni inconciliabili con il futuro. Persone che piangono i figli che scappano da quelle terre nonostante trasudino di storia e bellezza da ogni poro, terre dove la grecità ha dato origine a pezzi di filosofia fondamentali. Ebbene, quella biblioteca ci ha regalato quattro parole che disegnano l’unico programma possibile per il futuro: “capire”, “partecipare”, “cambiare”, “crescere”. Come a dirci che gli spazi per cambiare ci sono ma hanno proprio bisogno di investire in conoscenza (e le cose di scienza vanno studiate a fondo, soprattutto da chi decide) e in partecipazione altrimenti cambiamento e crescita culturali non arriveranno. Dobbiamo urgentemente formare donne e uomini che sappiano dare voce alla biodiversità nei ruoli che ognuno ricopre, non solo quelli politici; donne e uomini che sappiano spiegare che il rispetto dell’ambiente salva tutto e tutti e realizza pure nuova occupazione, inclusione sociale e benessere. L’attuale cultura politica, men che meno questo governo, fatica a fare questo, allora facciamolo dal basso: prepariamoci qui e ora per farci trovare pronti. Mettiamoci sulle spalle quelle parole: capire, partecipare, cambiare e crescere.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)

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L’alluvione in Emilia-Romagna: le lacrime di coccodrillo sopra un consumo di suolo senza argine http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/05/lalluvione-in-emilia-romagna-le-lacrime-di-coccodrillo-sopra-un-consumo-di-suolo-senza-argine/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/05/lalluvione-in-emilia-romagna-le-lacrime-di-coccodrillo-sopra-un-consumo-di-suolo-senza-argine/#comments Mon, 08 May 2023 11:42:54 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15937 di Paolo Pileri*.

La Regione sconvolta in questi giorni è la prima in Italia per cementificazione in aree alluvionali, come mostrano i dati dell’Ispra, ignorati dai più fino a ogni disastro: più 78,6 ettari nel 2021 nelle aree ad elevata pericolosità idraulica; più 501,9 in quelle a media pericolosità. Altro che “è colpa delle nutrie”, osserva il prof. Paolo Pileri su Altreconomia

Non mancando di rispetto alle vittime delle esondazioni nel ravennate, è corretto ricordare quel che l’ipocrisia di molte parole politiche in queste ore nasconde: l’Emilia-Romagna, da anni, consuma suolo come se non ci fosse un domani, parandosi dietro a una legge urbanistica regionale del 2017 (la numero 24) che fa letteralmente acqua da tutte le parti per quanto riguarda la tutela del suolo. E i nodi vengono al pettine.

Insopportabili le lacrime dei politici e delle varie autorità civili o di alcune organizzazioni dell’agricoltura che riescono a prendersela perfino con le nutrie che bucano gli argini, tanta è la miopia o la svogliatezza di vedere che il clima è cambiato per causa nostra e siamo noi i soli responsabili di tutto ciò. La nostra urbanistica, la nostra agricoltura, la nostra mobilità autocentrica, la nostra idea di crescita e sviluppo. Siamo noi le nutrie, noi i sapiens che non vogliamo smettere di consumare suolo, di cementificare in ogni dove, di tenere in piedi questo modello sociale ed economico dilapidatore di natura. Oggi sono tutti a piangere ma ieri erano tutti schierati a deridere e non considerare quanti di noi, pochi ahinoi, sostenevano pubblicamente che la legge urbanistica della Emilia-Romagna, con il suo maledetto 3% di consumo di suolo sempre possibile, non avrebbe che aggravato la situazione, aumentato le metastasi.

Tanto per ricordare i numeri e non le opinioni, e cito dati tratti dal rapporto Ispra sul Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici del 2022 a cura di Michele Munafò. Tra il 2020 e il 2021 l’Emilia-Romagna è stata la terza Regione italiana per consumo di suolo, più 658 ettari cementificati in un solo anno, pari al 10,4% di tutto il consumo di suolo nazionale. In pochi anni -e con questi governanti- la Regione è arrivata ad avere una superficie impermeabile dell’8,9% contro una media nazionale del 7,1%. E tutti sappiamo perfettamente che sull’asfalto l’acqua non si infiltra e scorre veloce accumulandosi in quantità ed energia, ovvero provocando danni e vittime.

Tutti noi sappiamo che tra un suolo libero e uno cementificato la quantità d’acqua che scorre violentemente in superficie aumenta di oltre cinque volte. Tutti noi sappiamo che le piogge saranno sempre peggiori, eppure continuiamo a prendercela con le “bombe d’acqua” e non con quelle di cemento che nel frattempo e ogni giorno noi sapiens sganciamo sul nostro territorio, rendendolo più vulnerabile. La provincia di Ravenna è stata la seconda provincia regionale per consumo di suolo nel 2020-2021 (più 114 ettari, pari al 17,3% del consumo regionale) con un consumo procapite altissimo (2,95 metri quadrati per abitante all’anno); è quarta per suolo impermeabilizzato procapite (488,6 m²/ab).

La città di Ravenna è stato il capoluogo più consumatore di suolo dell’intera Regione nello scorso anno (più 69 ettari). E che cosa si fa? Si va avanti. In Regione si consuma perfino nelle aree protette (più 2,1 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità di frana (più 11,8 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità idraulica dove l’Emilia-Romagna vanta un vero e proprio record essendo la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali: più 78,6 ettari nelle aree ad elevata pericolosità idraulica; più 501,9 in quelle a media pericolosità che è poi più della metà del consumo di suolo nazionale con quel grado di pericolosità idraulica: pazzesco.

Come si fa a dire che è colpa delle nutrie? O a piangere quando qualche anno prima si approvava una legge che faceva acqua ovunque e quando il tema dello stop al consumo di suolo non fa parte dei propri discorsi politici tutti i giorni? Come si fa a piangere quando l’Emilia-Romagna non ha fatto nulla negli anni passati per portare al tavolo di tutte le Regioni una proposta di legge nazionale contro il consumo di suolo? Come si fa a piangere quando non si è capaci di parlare di biodiversità, di cambiamenti climatici e di altri modelli economici e sociali? E tanto per concludere con le ipocrisie, l’Emilia-Romagna si è costruita una legge urbanistica talmente ingannevole da autoprodursi assoluzioni come quella che si può vedere sul sito della città metropolitana di Bologna dove, come per incanto, dal 2018 fino a oggi i consumi di suolo sono magicamente diventati zero. Ma non perché hanno smesso di consumare (tutt’altro), solo perché hanno manomesso le definizioni urbanistiche al punto tale da riuscire a non conteggiare più le cementificazioni e risultare così tutti virtuosi e contenti per legge, non per virtù.

Capite fin dove arriva l’ipocrisia? Capite l’urgenza di svoltare pagina? Capite che abbiamo bisogno di politici e urbanisti che siano in grado di ipotizzare un futuro possibile senza consumare suolo, senza una transizione energetica mangiando aree agricole, senza immense colate di cemento per la logistica e le autostrade e così via. Capite che la lacuna è culturale? Capite che non abbiamo bisogno di ministri che girano la testa dall’altra parte o ministri che si occupano di alte velocità inutili o ponti impossibili davanti a un paese che affoga a ogni pioggia o di ministri che si permettono di dire che esistono consumi di suolo buoni, come è capitato durante la presentazione dell’ultimo rapporto nazionale? Qui non c’è nulla di buono. È un diritto di noi tutti avere un governo regionale e nazionale che tutela il suolo e la natura e ferma questo saccheggio continuo, questi “vandali in casa” come disse più di 50 anni fa Antonio Cederna, profeta inascoltato.

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