Comitati ambientalisti e Touring Club Italiano contro un vecchio progetto da 16 milioni che minaccia la biodiversità del crinale sul lago Scaffaiolo.
di Tino Mantarro
Le idee vecchie non sempre sono buone. Negli anni Novanta, quando Alberto Tomba accendeva gli animi degli appassionati, nella zona a cavallo dell’Appennino fra la Doganaccia, in provincia di Pistoia, e l’emiliano Corno alle Scale si parlava con insistenza di una nuova funivia che, attraversando il crinale al lago Scaffaiolo, avrebbe unito i due versanti per creare un’unica grande stazione invernale.
Un progetto futuristico, che rimase progetto: i piani urbanistici locali non lo prevedevano, la neve iniziava a scarseggiare e, in più, l’intera area fu vincolata con una Zona speciale di conservazione che comprende il territorio tra monte Spigolino-monte Gennaio, dove ricadrebbe parte del tracciato della nuova funivia, tra cui la stazione di arrivo.
Non se ne parlò per decenni, fino a quando nel 2017 le due Regioni sottoscrissero un accordo di programma per “il sostegno e la promozione congiunta degli impianti sciistici della montagna tosco-emiliano romagnola”. Come spesso accade sono solo parole, fino a quando il 9 marzo 2023 non viene depositato in Provincia, a Pistoia, lo Studio di fattibilità dell’impianto. Costo previsto: circa 16 milioni, sei pagati dallo Stato, il resto dalla Regione Toscana, tramite la Provincia di Pistoia che gestirà l’appalto.
Ma i tempi son cambiati, il territorio non ci sta. Nasce il Comitato, Un altro Appennino è possibile, di cui fa parte il Touring Club Italiano con i suoi Consoli toscani ed emiliani, che si battono perché il progetto rimanga nei cassetti. Secondo il Tci «è ritenuto inutile a sollevare le sorti economiche delle stazioni della zona, anacronistico per i mutamenti del clima, eccessivamente dispendioso, impattante sulle specie animali e vegetali protette dalla ZSC; fortemente lesivo dei fragili equilibri idrogeologici di quel crinale appenninico, oltre che incompatibile con i vincoli paesaggistici esistenti». A questo si aggiunge un appello, fortemente sostenuto dal TCI, rivolto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché si tuteli il paesaggio iconografico dell’Appennino Toscano.
Risultato? Il progetto non è stato ritirato. La prima Conferenza dei servizi nell’agosto 2024 ha richiesto approfondimenti ai progettisti: mancavano studi sugli effetti ambientali dell’opera. Con la Soprintendenza paesaggistica che ha ribadito il parere integralmente negativo. Della seconda, convocata a febbraio 2025, si attende di sapere l’esito. Perché anche davanti all’evidenza, c’è chi ancora non demorde.
Articolo pubblicato su touringclub.it.






