L’Emilia Romagna sommersa dal cemento: il falso mito del buon governo del territorio

Bologna (foto da Wikimedia Commons)

In Emilia Romagna c’è un dibattito che riguarda l’urbanistica rivolto al passato, che non riesce a fare i conti col fallimento del modello emiliano, sommerso dal cemento.

Una premessa è d’obbligo. Nelle scorse settimane si è acceso sulle pagine bolognesi di Repubblica un dibattito fra alcuni dei protagonisti delle vicende urbanistiche che hanno interessato l’Emilia Romagna e Bologna e che hanno anche avuto riflesso nelle politiche nazionali.

Tutti coloro che sono intervenuti, Cucinella, Felicia Bottino, Campos Venuti, Cervellati, solo per citarne alcuni, hanno attaccato dapprima la speculazione edilizia e poi hanno iniziato ad incolpare questo o quello per gli esiti devastanti che il consumo di suolo, ormai senza alcun limite, ha provocato anche in questa Regione.

Cucinella grida “basta speculazioni” mentre progetta grattacieli in riva al mare a Milano Marittima e nel contempo sostiene che si deve cominciare a demolire, Bottino confessa di aver approvato piani, come quello di Bologna , sovradimensionati perché dietro c’erano interessi di costruttori e coop e di non aver avuto la forza di dimettersi.

Campos dice che non serve più costruire nulla,  ma che lui ha dovuto accettare di sovradimensionare il piano di Bologna del 30% per le pressioni dei Socialisti. Però sostiene che la legge urbanistica dell’ Emilia Romagna è un capolavoro ed accusa Cervellati di aver fatto ferali alleanze per bloccare il Civis .

Tutte queste prese di posizione ed altre che vi risparmio sono la rappresentazione reale del fallimento dell’urbanistica e del mito del buon governo del territorio in Emilia, cancellato da immense distese di capannoni, sommerso da progetti di nuove autostrade (cinque), sconvolto da una dilagante crosta di villette e condomini, imbarbarito dalla pratica ormai totale della contrattazione e degli accordi.

E le stesse ventilate iniziative per contrastare il consumo del suolo sono comunque solo di facciata, di presa d’atto della crisi del mattone ma volte a conservare e garantire interessi , sostenendo che non è possibile ridurre le (enormi) previsioni edificatorie, ancora non attuate contenute nei piani.

In questo dibattito mi sono inserito anch’io con l’articolo che segue e, con il limite impostomi dalla redazione del giornale di 2600 battute, ho cercato di mettere in evidenza un punto di vista che mi auguro possiate condividere

Sauro Turroni

 

E’ UTILE ESAMINARE GLI ERRORI DEL PASSATO MA E’ ANCOR PIU’ UTILE UNA NUOVA LEGGE REGIONALE CHE BLOCCHI IL CONSUMO DEL SUOLO E CANCELLI LA DEREGULATION

Il dibattito su urbanistica e cemento con Bottino, Cervellati, Portoghesi e Campos è rivolto al passato e a vecchie ruggini,  incapace di misurarsi con i drammatici problemi del presente, fatti di esagerato consumo del territorio.

Il tema centrale della discussione è senz’altro una incontrollata produzione edilizia fatta di case e capannoni, che hanno ricoperto di cemento e asfalto gran parte della regione, ma il perché di tutto ciò non emerge con chiarezza.

La vicenda del PRG di Bologna dell’85, che fu approvato dalla Regione nonostante il contrasto con la legge urbanistica, perché il peso “politico” messo in campo  dagli interessi immobiliari garantiti dal piano era di gran lunga superiore a quello di chi voleva il rispetto della legge e minori quantità edificabili è emblematica . Campos dice che subì il ricatto dei socialisti aumentando le cubature del 30%,  in un piano dal quale era stata tolta la parte dei trasporti. C’è da chiedersi perché non si sia dimesso lui piuttosto che cedere a quelli che chiama eufemisticamente “ritardi culturali“.

Bottino fece un buon Piano paesaggistico che inizialmente suscitò grande interesse e speranze ma quel piano, fin dalle riscritture successive alla pubblicazione andò via via attenuando la sua capacità di tutela del territorio per arrivare al proprio sostanziale autoannullamento, consentendo agli enti sottordinati di introdurvi varianti, ovviamente non solo per migliorare le tutele ma anche per consentire affari immobiliari. Cervellati si alleò con la Lega per bloccare il Civis ? Fece benissimo, la retorica resistenziale invocata da Campos non regge in questo caso. Io stesso non esitai ad allearmi con i senatori di Alleanza Nazionale per bloccare la famigerata legge Lupi, di totale deregulation, spiegando loro che non potevano consentire la cancellazione dell’ancora ottima la legge del ’42, fatta dal regime a loro caro.

La legge urbanistica regionale, che Campos definisce una grande riforma, in realtà è la principale responsabile del dilagare del cemento in regione, dell’ urbanistica contrattata, degli accordi di programma, delle cancellazione delle regole, della suscettibilità edificatoria di tutto il territorio . Se a ciò si aggiunge il fatto che l’approvazione dei piani è stata trasferita prima alle province poi agli stessi comuni, sempre più deboli di fronte alle clientele, con la pianificazione regionale sempre più fatta di pallini e cerchietti, incapace di scelte e di limiti, si capisce come l’urbanistica in Emilia non esista più, mentre si registra un grande impegno nei confronti di nuove autostrade con un trasporto ferroviario regionale da terzo mondo.

Mentre sorgono e si rafforzano gruppi e associazioni contro il consumo del suolo non si vede alcun reale ripensamento nelle politiche regionali e se vi sono accenni di non introdurre nuove espansioni,  mai è presa in considerazione la necessità di ridurre le previsioni già esistenti, che interessano migliaia di ettari di suolo agricolo.

Anche se non tutti coloro che impugnano la bandiera contro il consumo del suolo lo fanno per sincera convinzione e vi è chi, come l’arch. Cucinella che, mentre si scaglia contro la speculazione, progetta grattacieli in riva al mare a Milano Marittima, è necessario cogliere il cambiamento di sensibilità che si sta registrando per cercare di salvare dal cemento l’Emilia Romagna ( e anche i suoi centri storici). Inviterei quindi tutti ad uscire da sterili querelle e ad impegnarsi a fare approvare una legge che impedisca l’ulteriore consumo di suolo e ridia senso alla parola urbanistica.

Sauro Turroni

 

2 commenti

  1. Purtroppo è una storia antica che risale al dopoguerra, alla DC e poi al PSI e al PCI del compromesso storico come compartecipazione esterna (con ricambio di favori). Mentre nel Mezzogiorno e in particolare in Sicilia, Calabria, Campania e molto meno in Puglia il crescere della malavita organizzata trovava compiacenze facili passando dalla mafia sui terreni agricoli a quella della rendita fondiaria edilizia, per poi allargarsi alla droga, ai rifiuti urbani e speciali e poi agli imperi finanziari coinvolgendo anche le banche. Resta ancora quella fondiaria diversificatasi e inglobando le politiche locali, i professionisti, le imprese, i professori universitari che cercano il potere e i soldi e purtroppo dopo il ventennio berlusconiano della libertà individuale che deve superare i beni collettivi, la situazione complice anche il diffondersi delle mafie verso il nord Italia e con tentativi verso gli altri paesi della sponda mediterranea, è divenuta quantitativamente meno evidente ma sempre molto dannosa per la finanza pubblica e per la cultura che importa favorendo i conflitti di interesse e in generale la “corruzione” che è dilagata anche nel centro e nel nord italiano.
    Cosa si può fare? Chiedere a gran voce e coralmente una nuova legge non soltanto sul consumo di suolo zero, ma soprattutto di riforma anche istituzionale e politica del governo del territorio. Chi fosse interessato alla nostra proposta dell’associazione asiter.org può andare al sito, Home e Attività esterne e in data 19-9-2013 troverà il nostro contributo per tale legge di riforma.

  2. Prima i socialisti e i comunisti, ora il PD che non è da meno, e come dice Grillo, è il PDL senza la lettera L, ovvero una grande pappatoia.

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