Caviamocele dalla testa. Emergenza ambientale in Italia

Il Comitato “Salviamo Il Paesaggio Casorezzo (Milano) ha organizzato lo scorso 7 febbraio un incontro pubblico in cui due Relatori impegnati in prima linea nella definizione del Piano Cave della Città Metropolitana di Milano (la Dott.ssa Francesca Boeri che per il Centro Studi per la Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana-PIM ha elaborato il Rapporto ambientale preliminare e l’Arch. Pietro Mezzi, consigliere metropolitano e Presidente della Consulta Cave di CMM) hanno illustrato l’attuale “stato dell’arte”.

Allo scopo di fare incontrare il mondo della scienza con il mondo della “politica” è stato invitato alla serata anche il professor Vittorio Ingegnoli (ESP Università di Milano, fra i fondatori a livello internazionale della disciplina dell’Ecologia del Paesaggio “Biologico-Integrata” o “Bionomia del Paesaggio” e membro del Comitato Scientifico della IAIA-International Association for Impact Assessment), chiedendogli di spiegare quale fosse il punto di vista di una scienza ambientale all’avanguardia nei confronti di una delle “industrie” più obsolete quale è l’attività estrattiva.

Dagli approfondimenti della serata è stato prodotto un documento che riassume al meglio la situazione lombarda e offre una serie infinita di spunti per riflettere anche in prospettiva nazionale sul rapporto tra ambiente e cave, che potete scaricare qui.

Il prof. Ingegnoli così suggerisce: «Rifiuti, Cave e discariche, emergenza boschi e foreste, VAS e pianificazione, confusione fra paesaggio e panorama, arretratezza della Convenzione UE sul Paesaggio, corsi d’acqua (e corpi idrici) alterati, paesaggi agrari distrutti o banalizzati, rete stradale e infrastrutture, città caotiche e rumore, polveri sottili, endocrine-disruptors,… etc….
Come reagire a tutto questo?
La Relazione è finita con le seguenti parole: “ci piacerebbe che la politica tenesse in debito conto il parere dei cittadini”. Come scienziato devo aggiungere: mi piacerebbe che sia la politica che le associazioni ambientaliste tenessero conto del parere e del contributo disciplinare degli scienziati!!!
Ad esempio, molte Associazioni Ambientaliste chiedono una legge che regoli il “consumo dei suoli”, la revisione di proposte di legge sulle foreste, etc. Non solo non basta, ma si tratta di scelte che come scienziato non posso condividere, se non per ragioni tattiche del momento.
Dobbiamo, invece, andare al più presto verso una “Ecologia Integrale”. Ha ragione il Pontefice che ha molto bene espresso la questione nella nota Enciclica “Laudato Sì”, che peraltro richiede anche una nuova Economia … Soprattutto, però, richiede una nuova Ecologia!
Gli ambientalisti e persino molti accademici che si occupano di ambiente non lo hanno ancora capito (o voluto capire…). Alla luce dei nuovi paradigmi della Scienza, i limiti dell’Ecologia tradizionale si rivelano come assai gravi e incapaci di studiare e gestire un sistema iper-complesso come “la nostra casa comune”.
Le Associazioni Ambientaliste dovrebbero chiedere, insieme agli Accademici più avanzati, una serie di seminari e work -shops di aggiornamento basati ad esempio sulla Bionomia, sull’Agroecologia, sulla Planetary Health, etc. rivolti ai Giuristi e agli Amministratori Politici, per riformare la legislazione ambientale nel suo insieme e dare possibilità di studio e controllo dell’ambiente mediante i nuovi principi e metodi, che sono spesso totalmente differenti dai  precedenti. Basti pensare che da un semplice supporto geografico sui cui vivono le comunità umane e quelle naturali, si dovrà passare a un ambiente inteso come entità vivente.
E’ quindi indispensabile preparare specialisti “medici dell’Ambiente” o Ecoiatri, che sappiano valutare le sindromi ambientali e i loro rapporti con le patologie umane.
Qualsiasi altra strada potrà essere solo un palliativo e per di più parziale».

Le cave sono regolate da leggi nazionali e regionali che hanno come strumenti operativi i Piani Cave Provinciali, i quali stabiliscono dove localizzare le cave, quanto materiale può essere estratto, come deve essere ripristinata l’area di cava, chi deve controllare l’attività produttiva e i ripristini. E vengono attualmente sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica (VAS), che consiste in una procedura di valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente naturale.

Come spesso succede, gli ottimi e virtuosi obiettivi del legislatore vengono disattesi e sviliti nella loro quotidiana applicazione che si risolve in atti burocratici formali, ma privi di reali contenuti.

Il rapporto tra attività estrattiva e consumo di suolo è intuitivo: il suolo viene “consumato” non solo perché cementificato, ma viene addirittura “mangiato” con l’attività estrattiva. Ci sono 15 tonnellate di esseri viventi in ogni ettaro di suolo: è serbatoio per il 30%della biodiversità. Per fare 2,5 cm di questo strato ci vogliono 500 anni!
Secondo il Prof. Paolo Pileri, uno dei massimi esperti in materia “È la risorsa meno rinnovabile che ci sia: l’acqua stessa, la cui fragilità è maggiormente recepita, si rinnova più facilmente del suolo”.
L’attività estrattiva è strettamente connessa alla gestione dei rifiuti, sia in modo lecito che illecito. Non ci sono leggi che vietino di “ripristinare” le cave con discariche di rifiuti.

E’, dunque, un tema che merita molta attenzione e analisi …