A cura di Giacomo Vinciguerra (portavoce del comitato “Lido Santini”).
Lettera aperta ai ministri Franceschini, Cingolani e al presidente della Regione Toscana Eugenio Giani.
Onorevoli Ministri e Presidente, con la presente, desideriamo richiamare la Vs. attenzione sull’urgenza della riqualificazione del territorio delle Colline Metallifere, area della Toscana meridionale a sostanziale connotazione socio-economica mineraria.
Il valore complessivo delle ricchezze naturali, storiche, artistiche di questa zona è stato sottolineato e sancito dalla creazione, nel 2002, del Parco Nazionale delle Colline Metallifere Grossetane (1). La sua denominazione di “Tecnologico ed archeologico” sottolinea due degli ambiti in cui si è qui espresso il rapporto uomo-ambiente nel lungo e spesso travagliato processo di trasformazione, dal Paleolitico al XXI secolo, attraverso cui le comunità locali hanno sviluppato i loro valori culturali, morali, sociali, ideali.
Particolarmente abbondanti ed ancora esplicitamente emblematiche della connotazione mineraria dell’area sono gli edifici e le strutture appartenenti all’ultimo secolo di utilizzo dell’attività estrattiva: pozzi di areazione e di movimentazione, teleferiche (qui si trovava il sistema di teleferiche più lungo d’Europa), impianti ed edifici specifici inseriti in quei “villaggi minerari” (Niccioleta, Filare di Gavorrano, Fenice Capanne) che traducono in concrete scelte urbanistiche la visione dei rapporti economici e sociali espressa dai grandi gruppi industriali dei primi del Novecento.
Le grandi società minerarie che hanno gestito le fasi di estrazione e di trasformazione del minerale hanno marcatamente inciso sul territorio (perforazioni, scavo di pozzi e gallerie, sfruttamento delle acque, scarico delle scorie di lavorazione, creazione di cave per ricavare materiale di riempimento, ecc.), stravolgendo l’effigie delle colline maremmane e dell’intero loro sistema di acque di superficie e di profondità. Non meno incisiva è stata l’azione dell’attività mineraria sulle vite degli abitanti, condizionandone i destini attraverso le diverse opportunità e modalità lavorative, compromettendone la salute fisica attraverso la piaga della silicosi polmonare, determinando un esteso e diffuso inquinamento delle acque e dei suoli che si teme irreversibile.
La tutela e valorizzazione del patrimonio territoriale
Se ogni territorio va letto nella sua complessità come testimone attivo della storia e della cultura sociale delle comunità che lo hanno abitato, anche il paesaggio delle Colline Metallifere, come tutti quei luoghi in cui il lavoro e la produzione economica sono stati anteposti alla tutela dell’ambiente e dell’uomo, racconta storie ricche di significati che oggi, peraltro, sembrano preludere ad un finale oscuro: dopo la chiusura delle miniere, l’assenza di altrettanto significativi programmi di riqualificazione del territorio ha determinato, infatti, l’incertezza delle sorti economiche dell’intera popolazione, l’impossibilita’ di previsioni a lungo termine sulle prospettive degli insediamenti umani, nello sfumare inesorabile di quei tratti specifici che, nel tempo, avevano contraddistinto l’identità del territorio e delle sue genti.
Alla luce di questa consapevolezza, la ormai decennale prospettiva di “bonifica” di cui tanto si è parlato e si parla non può che essere tradotta nel concetto di recupero del patrimonio e riqualificazione territoriale complessiva, delegando proprio al Parco, in quanto struttura di rete dei sette Comuni minerari, il ruolo di naturale incubatore di un’ottica di più ampio respiro in cui amministrazioni locali e cittadini vivano il territorio come bene comune, programmando scelte condivise, basate sulla tutela e sulla valorizzazione integrata delle risorse locali, in una prospettiva di riscatto e di proiezione verso il futuro.
Il crollo del castello di Pozzo Carlo
Sullo sfondo di queste considerazioni, si colloca la vicenda del crollo del monumentale castello del Pozzo Carlo, situato nel Borgo di Fenice Capanne (Comune di Massa Marittima ), crollo che in questi giorni ha suscitato clamore nella stampa e nell’opinione pubblica in quanto la struttura rappresenta uno dei pochi esempi di pozzo minerario in legno ancora restanti in Europa, ma anche in quanto il cedimento della costruzione viene a costituire l’emblematico campanello di allarme dello stato di degrado del patrimonio storico-culturale presente nel Parco delle Colline Metallifere Grossetane.
Le bonifiche: un’occasione di innovazione tecnologica che si intreccia con la storia e la tradizione mineraria
Molti cittadini hanno sottoscritto una petizione che chiede l’intervento degli organi competenti per il riposizionamento ed il restauro del castello di Pozzo Carlo: la richiesta va letta, però, in chiave interlocutoria ed al contempo propositiva, anche perché la tutela degli edifici e delle strutture dell’attività mineraria non va intesa come mero archeologismo finalizzato alla museificazione sterile del territorio, ma piuttosto come valorizzazione di quella che può rappresentare una sorta di icona storica della rinascita globale della zona.
Si può obiettare che, spesso, le sacrosante esigenze di bonifica e di messa in sicurezza delle aree inquinate possono collidere con la necessità di salvaguardare le testimonianze archeologico-minerarie lasciate dallo scorrere della storia. Noi riteniamo, al contrario, che tale contrapposizione scaturisca da un’ottica datata e settoriale ( corrispondente ad un’ obsoleta tipologia di progettazione ) tipica dei soggetti pubblici e privati che continuano a considerare separati due ambiti che sono invece indissolubilmente uniti: la mancata comprensione del valore storico-culturale delle testimonianze materiali potrebbe determinare la loro radicale cancellazione, con ciò andando a favorire proprio gli interessi del soggetto responsabile dell’inquinamento e del degrado che, risparmiando ampie risorse economiche, risparmierebbe anche di assumersi le reali responsabilità maturate nei confronti del territorio.
Oggi, invece, esistono tutte le condizioni per procedere ad una diversa progettazione che possa portare a bonifica e alla messa in sicurezza delle aree inquinate, provvedendo alla contemporanea salvaguardia del patrimonio archeo-industriale presente: esperienze di questo tipo sono rintracciabili in altre aree minerarie europee, come quella della Ruhr in Germania, esempio emblematico di un raggiunto equilibrio tra salvaguardia dell’ambiente naturale e tutela e valorizzazione dei beni patrimoniali.
Qui, lo si potrebbe fare coinvolgendo l’ENI, l’autorità di vigilanza sulle attività minerarie della Regione Toscana, le autorità del Parco, gli Enti Locali, la Regione e i Ministeri interessati. La valorizzazione del patrimonio storico potrebbe costituire il marchio identitario di un’attività propulsiva in termini di incoraggiamento all’imprenditorialità locale (soprattutto giovanile), alla riconversione di spazi per la convivialità e la produzione culturale (eccellente è stato l’esempio del “Teatro delle Rocce” di Gavorrano), all’incontro e alla sinergia di spinte innovative che, ripartendo dalle nostre storiche eccellenze naturali ed artistiche, dia voce e spazio alle nuove eccellenze del mondo giovanile, consentendo loro di sviluppare nuove visioni e professionalità legate al rispetto ed alla valorizzazione del patrimonio territoriale, attraverso progetti nel campo della mobilità dolce, dell’agricoltura che bandisca il ricorso alla chimica e rispetti la biodiversità, della cultura enogastronomica, nel quadro di una promozione articolata di forme sostenibili di turismo.
Il Parco promotore di un progetto di riqualificazione
L’ottica di sistema che sta alla base della struttura stessa del Parco potrebbe stimolare una propulsiva prassi di cooperazione e di integrazione tra Comuni e tra imprenditori pubblici e privati, istituendo una circolarità virtuosa sicuramente portatrice anche di interessanti opportunità occupazionali.
Ed ancora, viene da considerare che la recente esperienza della pandemia ha evidenziato una crisi della centralità urbana, stimolando il ripensamento dei rapporti tra centri e periferie, sicché il nostro territorio potrebbe offrire lo spazio in cui sperimentare e mettere in pratica nuovi modi di relazione imprenditoriale e sociale, nuove occasioni di confronto e di costruzione collaborativa, nuove opportunità per ripopolare le aree interne, ridando linfa alla dimensione attiva della cittadinanza e del senso di comunità.
Un processo partecipativo per la riqualificazione
In questo contesto, sarebbe necessario che l’Ente Parco avviasse con le comunità locali un processo partecipativo che comporti la conoscenza del patrimonio territoriale, lo stato dei luoghi e le emergenze ambientali viste anche in chiave progettuale: la costituzione, con esse, di un Laboratorio partecipato darebbe loro la possibilità di riconoscere e di riappropriarsi del patrimonio minerario dimenticato, per farne la base del proprio sviluppo futuro.
Il Piano per la ripresa dell’Europa, nella sua eccezionalità, potrebbe offrire spazi di finanziamento perfetti per avviare processi virtuosi che vadano in quella direzione. Certamente, una progettazione ed una sperimentazione in questo senso potrebbero considerarsi esperienze veramente all’altezza del prestigioso riconoscimento che l’UNESCO ha espresso nei confronti del nostro Geoparco (Tuscan Mining Unesco Global Geopark).
NOTE:
(1) Decreto n. 044 del 28 febbraio 2002 il Ministero dell’Ambiente d’intesa con il Ministero della Cultura ha stato istituito il Parco Nazionale tecnologico ed archeologico delle Colline Metallifere Grossetane.