Appena prima di Pasqua una pioggia mai vista ha scatenato l’ennesimo inferno, questa volta nel torinese, colpendo anche il Comune amministrato in passato da Matilde Casa, sindaca processata (e poi uscita indenne) per aver tolto nuovo cemento a fini residenziali dal piano urbanistico. Una lezione sul suolo che quasi nessuno ha voluto ascoltare, dato che Casa è stata lasciata sola. L’intervento di Paolo Pileri
di Paolo Pileri
Pubblicato da Altreconomia il 24.04.2025
Vi ricordate il Comune di Lauriano, in provincia di Torino? E la sua ex sindaca, Matilde Casa, che pochi anni fa era stata accusata di aver commesso reati per aver tolto una destinazione d’uso residenziale dal piano urbanistico laddove vi era la previsione di fare quaranta villette?
Ecco, nei giorni immediatamente precedenti la Pasqua una pioggia mai vista prima ha scatenato l’ennesimo inferno alluvionale, questa volta nel torinese. Sulle colline sono stati colpiti Brusasco, Cavagnolo e soprattutto Monteu da Po e Lauriano. Proprio lui, il Comune governato per tre mandati da Matilde Casa è stato inondato da fango e acqua ovunque: un metro d’acqua e una vittima a Monteu da Po.
Nei prossimi giorni fioccheranno i commenti. Qualcuno dirà che è stata una pioggia eccezionale e imprevedibile (di solito si esprimono così i negazionisti climatici). Qualcun altro mostrerà i volti disperati e le taverne piene di fango chiedendo aiuti economici a mezza Italia. Qualcun altro ancora parlerà di centinaia di milioni di euro di danni chiedendo al governo di aprire la borsa. Ma chissà se qualcuno ricorderà che quel che è accaduto sarebbe stato di molto più grave se quelle quaranta villette che l’allora sindaca Matilde Casa spazzò via dal piano urbanistico fossero state costruite. Chissà se questa alluvione rispolvererà i ricordi e aprirà gli occhi a politici e urbanisti che a quel tempo si girarono dall’altra parte.
Nel 2017 abbiamo scritto un libro insieme per le edizioni di Altreconomia -“Il suolo sopra tutto“- per raccontare la coraggiosa scelta di Matilde Casa, sperando che quel gesto potesse indicare una via possibile per una riforma urbanistica in grado di fermare per davvero il consumo di suolo. Raccontammo il suo processo penale e la solitudine di una donna che fu abbandonata senza ricevere alcun conforto dai suoi “compagni” politici. Matilde uscì da quella vicenda a testa alta dimostrando che il mestiere del sindaco non deve e non può essere solo quello di depositare asfalto e cemento sul territorio ma deve poter andare anche nella direzione opposta, quella di rimuovere previsioni urbanistiche insensate, eredità di piani sovradimensionati e di logiche perverse dove i Comuni guadagnano dal consumo di suolo per poter mandare avanti la stessa macchina. Ma togliere previsioni deve poter essere un gesto naturale e nella piena facoltà di un sindaco, senza attraversare le forche caudine di un processo. Questa era la lezione-appello di Matilde.
Nessuno raccolse però quella vicenda per farne il punto di partenza di una riforma, di un dibattito urbanistico, di una lotta politica. È duro da dire ma l’amara conclusione è che le forze politiche non hanno imparato nulla da quella storia né hanno fatto di Casa una figura politica di riferimento. E infatti non è stata candidata al Consiglio regionale in una posizione “certa” e non dal partito politico in cui militava. Al Parlamento il Partito democratico le ha offerto una candidatura “di bandiera”, in quarta posizione. La segreteria nazionale del Pd, purtroppo, non l’ha cooptata con l’incarico di redigere una norma per fermare il consumo di suolo. Né altri partiti l’hanno cercata.
Insomma, la sua azione concretissima di stop al consumo di suolo non è diventata la buona pratica che tanto piace alle cronache urbanistiche e politiche. Zero. A un anno dalla fine del processo, tutto è finito nel dimenticatoio. E ora? Nel pieno di un’alluvione disastrosa con decine di frane, anche un politico bendato sarebbe in grado di ricordare e riconoscere il buon senso di quella decisione e, mettendo da parte inutili orgogli e colpevoli distrazioni, ricorderebbe il gesto di Matilde Casa per farne -meglio tardi che mai- il punto di partenza per dire che è urgente fermare la cementificazione del Paese, smascherando l’indifferenza di chi dovrebbe invece fare di tutto per un’urbanistica che si occupi solo di recuperare ciò che già esiste.
Invece nulla, le teste politiche e urbanistiche continuano a girarsi altrove e neppure in questo disastroso frangente che colpisce proprio il Comune simbolo della lotta al consumo di suolo hanno l’umiltà di riconoscere che oggi avremmo bisogno di centinaia e migliaia di decisioni di inedificabilità come quella di Matilde Casa. A che cosa serve avere buone storie politiche se poi ce le si tiene in tasca per dimenticarsele?
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Dalla parte del suolo” (Laterza, 2024)