La gravissima siccità in Puglia l’anno scorso ha pesantemente colpito il Conservatorio botanico “I Giardini di Pomona”, che custodisce e tramanda migliaia di varietà di frutto storiche. È aperta la raccolta fondi per la costruzione del pozzo artesiano necessario per l’approvvigionamento idrico. Ogni goccia conta, ogni radice è un pezzo di storia. L’appello di Paolo Belloni, creatore e curatore dei Giardini di Pomona
In valle d’Itria, all’incrocio fra i borghi di Cisternino (BR), Locorotondo (BA) e Martina Franca (TA), si trova il Conservatorio botanico “I giardini di Pomona”. 10 ettari di terreno su cui, dal 2003, l’associazione Pomona Aps ha messo a dimora 1.200 varietà di alberi da frutto antiche provenienti da tutto il mondo (molte delle quali salvate dall’estinzione), con l’obiettivo di custodirle e trasmetterle alle generazioni future.
Un catalogo in campo aperto non solo di specie, ma anche di buone pratiche disponibili, basate sull’agricoltura naturale.
Visitando i Giardini si incontrano le collezioni di fico, melograno, meli, peri e agrumi ma anche uve, ciliegie, susine, albicocche, mandorle, amelanchier, cotogne, gelsi, giuggiole, sorbe e corniole, cachi, kiwi, noci, pistacchi, nocciole, erbe aromatiche, cachi di Nagasaki.
La collezione di Ficus carica è una delle più importanti d’Europa e del Mediterraneo. 600 varietà tra fichi afgani, bosniaci, francesi, portoghesi, albanesi, israeliani e naturalmente italiani e pugliesi che stanno in pacifica convivenza fra loro.
L’emergenza siccità in Puglia è sempre più grave e l’anno scorso ha colpito gravemente i Giardini di Pomona, che per evitare ulteriori danni dovranno affidarsi ad un pozzo artesiano. I costi per la sua realizzazione sono elevati e c’è bisogno del sostegno di più persone possibili.
Affidiamo l’appello ad attivarsi per salvare l’inestimabile patrimonio biologico del conservatorio botanico alle efficaci parole di Paolo Belloni, creatore e curatore dei Giardini di Pomona. Segue un approfondimento su come si effettua il recupero di una varietà e sul Ficus carica.
Caro lettore, a causa di una terribile siccità e della mancanza dei ragazzi del Servizio Civile Volontario che ci aiutavano negli anni precedenti, l’anno scorso il Conservatorio botanico “I Giardini di Pomona” sito in Cisternino – Puglia, ha perso circa 200 varietà di fichi, frutto dei cinque anni di lavoro precedenti. Un terzo della nostra collezione di fichi, costituita in oltre trent’anni di ricerche, è scomparsa. Di queste varietà a mala pena una cinquantina si possono acquistare tra tutti i vivai d’Europa. Il che significa che 150 varietà sono scomparse per sempre. 150 sapori non saranno mai più presenti ad arricchire le nostre tavole e non potremo mai più avvalerci di 150 soldati addestrati a combattere le diverse avversità presenti e future. Leggere le targhette con i nomi delle varietà perdute, ripensare a come ciascuna di esse fosse giunta in nostro possesso, attraverso le persone che ce le avevano donate e i loro luoghi di origine, è stata una sorta di via crucis. Ad ogni stazione un rinnovato dolore!
Non vogliamo mai più trovarci in una simile situazione. Per questo abbiamo deciso di lanciare un crowdfunding per la creazione di un pozzo artesiano. Purtroppo, la falda si trova a 400 metri di roccia sotto i nostri piedi e raggiungerla è molto costoso. Ci vogliono € 37.000,00 e da soli non potremmo mai farcela. Per questo chiediamo il tuo aiuto e quello dei tuoi amici. Salvare la biodiversità non è solo la nostra battaglia. E’ la battaglia di tutti. E’ l’eredità che dobbiamo lasciare ai nostri figli e nipoti. Quella che i nostri padri e i nostri nonni hanno lasciato a noi.
Sostieni i Giardini di Pomona e scopri le ricompense su Produzioni dal basso. Dona ora, non aspettare. Leggi il crono-programma della raccolta fondi in fondo all’articolo.
Come si effettua il recupero di una varietà
Se ti piacciono i fichi e vorresti saperne di più posso raccontarti del nostro lavoro e introdurti alla conoscenza di questa pianta meravigliosa. Cominciamo da come si effettua il recupero di una varietà. Un lavoro che è andato raffinandosi negli oltre trent’anni di ricerca.

Innanzi tutto, consiste nell’individuare una varietà di fico locale diversa da quelle che abbiamo già. Spesso arriviamo ai contadini su segnalazione di amici. A volte anche vedendo per strada fichi con foglie particolari. Ormai cerchiamo di raccogliere solo varietà con sapore che va da buono a ottimo.
Fondamentale per noi è farci raccontare dagli agricoltori tutte le informazioni possibili su quella varietà, a partire dal nome, spesso nel dialetto locale. Poi ci interessa sapere se la varietà è unifera o bifera cioé se porta solo fichi o se fa anche i fioroni; ci informiamo a proposito della maturazione per sapere se è precoce, media o tardiva. Ci facciamo descrivere il colore della buccia e della polpa, se la fruttificazione è scarsa o abbondante, se è adatta al consumo fresco o si può anche essiccare, qual è la foma e la pezzatura dei frutti, qual è il suo uso in cucina, se ci sono ricette particolari legate a quella specifica varietà o sistemi di conservazione particolari. I contadini capiscono immediatamente quello che stiamo facendo e sono spesso orgogliosi di poterci dare non solo le talee ma anche tutte le informazioni sulle loro piante.

A questo punto preleviamo dall’apice dei rami le talee da far radicare. Si tagliano le punte dei rami più vigorose e di bell’aspetto della lunghezza di 25/ 30 cm. Le talee che radicano più facilmente hanno un diametro che oscilla tra cm. 0,7 e cm 1,2. Normalmente si preleva il legno di un anno oppure di due o tre anni. La crescita dell’anno si distingue dal colore diverso del legno. In condizioni ideali le talee si prelevano a gemma dormiente.
Il periodo migliore per riprodurre il fico è l’inverno quando le giornate cominciano ad allungarsi. Fine gennaio, tutto febbraio e inizi marzo. E’ molto importante che le gemme siano chiuse per dare il tempo al legno di emettere radici prima di dover alimentare le prime foglioline. Noi usiamo vasetti molto piccoli di circa 10 cm. di diametro. E’ importante che la talea sia tagliata appena sotto il nodo e venga inserita nel terriccio con almeno un nodo dentro la terra, da lì spunteranno le radichette.
Nel caso si moltiplichino più varietà l’unico sistema per sapere con esattezza qual è la varietà in vaso è quello di scrivere con un buon pennarello a vernice direttamente sul vaso di plastica il nome della varietà contenuta. Tutti gli altri sistemi rischiano di farti buttar via il lavoro. Soprattutto le etichette legate alla pianta che volano via col vento, si spezzano ecc.
Naturalmente è importante il verso. La gemma apicale deve stare verso l’alto. Ma la talea si può tagliare in più sezioni, naturalmente sempre mantenendo il verso. Si faranno in questo modo attive le gemme dormienti disposte in prossimità di tutti i nodi. L’importante è che ci sia almeno un nodo sotto la terra e un nodo fuori terra. Circa metà della talea deve stare sottoterra e metà fuori terra.
La talea radica sia sul legno di un anno, sia sul legno di due anni. Se si interra anche il legno di tre anni si lascia una riserva. In questa fase lunga e delicata ci sono alcune accortezze da tener presenti: Il caldo favorisce il radicamento, il terriccio deve essere leggero, deve trattenere l’umidità. I vasetti devono avere la giusta quantità d’acqua: troppa fa marcire il legno, troppo poca non gli permette di attivarsi a produrre le radici. Questa fase dura da febbraio-marzo fino a maggio-giugno. Richiede attenzioni quotidiane. Il vasetto piccolo consente notevoli risparmi di terra, di spazi, di acqua ma è anche molto più fragile. Basta che l’acqua manchi per due o tre giorni consecutivi di forte caldo e tutto il lavoro andrà perduto. Se si tengono i vasetti sotto la serra bisogna stare attenti al troppo sole che potrebbe bruciare le foglie.

Quando sono spuntate le prime due o tre foglioline si verifica lo stato delle radichette e se queste si sono ben sviluppate si deve cambiare vaso mettendone uno un poco più grande (diametro cm.14/16) Naturalmente la prima operazione sarà quella di scrivere il nome a vernice sul nuovo vaso. Appena è finito il rischio delle gelate tardive si possono mettere le piantine in vivaio e mettere un beccuccio di irrigazione in ogni vaso passando all’irrigazione automatica (da verificare saltuariamente, ma non troppo, assicurandosi che la piccola canna collegata al beccuccio non si sia ostruita o non sia stata mangiata dai topi). Incidenti di questo tipo, non sono poi così rari, si possono individuare vedendo le foglie andare in sofferenza inclinandosi verso il basso.

Da qui bisognerà aspettare un paio d’anni e almeno un altro cambio di vaso più grande prima di mettere a dimora le piante in piena terra con un apparato radicale ben sviluppato e bisognerà innaffiare per altri due anni finchè le potenti radici del fico non si saranno insinuate in ogni anfratto del terreno, anche roccioso. Le innaffiature saranno sempre più rare. Rare non vuol dire scarse. Anzi, devono sempre essere molto abbondanti ma poi bisogna aspettare che la pianta chieda nuovamente l’acqua abbassando le foglie. Solo dopo questo lungo periodo il fico diventa adatto all’aridocoltura e non è più necessario innaffiarlo.
Il Fico
Ora passiamo a qualche considerazione sulla specie Ficus carica. Che non vuol dire “carica” di fichi come ho sempre pensato. Il nome deriva dalla Caria regione della Turchia da cui gli antichi romani pensavano fosse originaria.
Il fico è una pianta facile: facile da moltiplicare infatti può essere riprodotta per talea, per pollone radicato, per propaggine, per margotta, per meristema. Una volta che sta nella terra con la giusta umidità sviluppa le proprie radici. E’ anche una pianta facile da coltivare: non è particolarmente esigente in fatto di suoli, può crescere in aree marginali con suoli superficiali, aridi e pietrosi, ma ben si sviluppa in suoli ricchi e profondi.

La pianta di fico ha la necessità di essere innaffiata nei primi tre/cinque anni di vita finché le sue potenti radici non si sono sviluppate abbastanza. Odia i ristagni d’acqua e quindi il suolo dove vive deve essere ben drenato. Ha pochi nemici ed è molto rustica. Ben si adatta ai cambiamenti climatici. Infatti le piante ben lignificate sopportano temperature invernali che vanno dai -10°ai -20° e temperature estive dai +40° ai +47° a seconda delle varietà e del tempo di durata del freddo o del caldo. Un albero di fico può superare il secolo di vita e nutrire diverse generazioni.
Il fico permette anche gli errori di potatura. Sbagli a potare e produce lo stesso. Non poti per niente e produce lo stesso. E’ una pianta generosa e un po’ anarchica. Ha dato cibo ai pastori nella transumanza. A volte nasce ai bordi delle strade senza padroni e offre i propri frutti deliziosi, energetici e estremamente salutari ai passanti senza chiedere nulla in cambio.
Tuttavia facile non vuol dire semplice. La specie Ficus carica fa parte delle famiglia delle moracee ed è quindi parente stretta del gelso. Per capire meglio il fico basta prendere una mora e rovesciarla come un calzino, dentro fuori, fuori dentro. Quello che è l’esterno della mora è l’interno del fico. Il fico è una infiorescenza che, col passare del tempo, diventa una infruttescenza ma tutto si svolge all’interno di un contenitore che si chiama siconio. In realtà un ricettacolo carnoso, contenente fiori e frutticini veri e propri, detti “acheni” che sono i frutti veri del fico, quei pallini che ci troviamo tra i denti quando degustiamo la sua polpa.
Se riusciamo ad immaginare che il fuori della mora diventa il dentro del fico e che fiori e frutti sono nascosti dentro il siconio abbiamo fatto un bel passo avanti per addentrarci nel mondo complesso di questa pianta meravigliosa
Molti pensano che fichi e fioroni siano sinonimi, cioè che con termini diversi si parli dello stesso siconio.
Al contrario sono siconi diversi, che maturano in tempi diversi sullo stesso albero. I fioroni detti columbri in Italia del Sud, e fillacciani in Italia centrale, maturano a giugno-luglio mentre i fichi autunnali, detti fòrniti, maturano a partire dal mese di agosto e possono continuare, nella famiglia delle varietà molto tardive, dette Nataline fino a ottobre – novembre ed ora si stanno cercando varietà di fichi freschi che maturano a Natale.
Si tratta quindi di frutti diversi, con forme diverse (a volte anche decisamente diverse) che maturano in tempi diversi sullo stesso albero.
Alcune varietà portano solo i forniti o fichi autunnali, o, molto più raramente solo i fioroni e sono dette unìfere, mentre altre varietà portano sia i fioroni che i fichi veri e propri e sono dette bìfere dal verbo latino ferere “portare”. In letteratura troviamo anche le trìfere che tra i fioroni e i fichi autunnali producono i cimaruòli che maturano a marzo. Per me un frutto mitico perché in trent’anni non ne ho mai visto uno!
Paolo Belloni
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