Catania: lungomare ancora ostaggio di interessi privati

Vegetazione alofila e preziose scogliere laviche che stanno per essere trasformate in un comunissimo prato inglese da villetta.

E’ l’ennesimo sacrificio che il lungomare catanese dovrà sostenere per dare spazio ad un altro lido privato, il Buy2Build, quello che con i suoi 3930 mq si aggiunge alla lista di solarium che in questi anni hanno saccheggiato il lungomare della città.

Stavolta, accanto a recinzioni, strutture e opere di privatizzazione che stanno privando la cittadinanza del proprio mare, si è arrivati a sostituire la vegetazione tipica di quel luogo e le scogliere laviche in un comunissimo paesaggio da prato all’inglese.

Una scellerata operazione, visto che Catania è l’unico comune d’Italia a possedere scogliere di colate laviche e vegetazione alofila a picco sul mare.

Un’unicità che altre amministrazioni d’Italia avrebbero furbamente valorizzato, e che invece viene ignorata, nascosta e danneggiata, mostrando una radicata “insensibilità verso il proprio paesaggio e la propria cultura”.

I lavori in questione disattendono quanto comunicato tempo fa dall’amministratore della società proprietaria del lido, la Buy2Build, che aveva assicurato che avrebbe mantenuto le caratteristiche originarie della scogliera, e che non avrebbe previsto altro che passerelle e piattaforme del tutto smontabili.

In particolare, “i lavori per la realizzazione del lido – denunciano in una nota le associazioni catanesi Lipu, WWF, Comitato cittadino Porto del sole, CittàInsime e Forum Salviamo il Paesaggio – hanno comportato il ricoprimento con suolo vegetale di parte della scogliera e della sua tipica vegetazione alofila, adatta a vivere su un substrato estremamente povero di suolo e sedimenti, nelle fessure delle rocce o nelle piccole conche dove si accumulano piccole quantità di terreno.

Il terreno vegetale riportato, invece, dello spessore di una ventina di centimetri, quello che è servito da supporto per l’impianto di intere superfici definite con prato all’inglese, se dovesse essere lasciato sul posto, comporterebbe l’insediamento di una vegetazione di tipo ruderale adatta ad un suolo più profondo di quello della vegetazione alofila sostituita”.

Ma non solo. Le associazioni si scagliano anche contro “la recinzione metallica posta sulla ringhiera, le staccionate di protezione (siamo critici anche sulle eventuali vetrate in loro sostituzione), i gazebo che occultano la vista del mare, le antenne televisive, i bagni chimici e la siepe con canne di bambù fra il marciapiede e le aree a prato in pieno dispregio della vegetazione mediterranea”.

Tutti tasselli che si aggiungono all’opera di trasformazione di Catania in una città di mare senza mare.

La nota delle associazioni si collega al recente ricorso presentato dalla società Buy2Build contro i pareri della Soprintendenza, che vietava una recinzione superiore al metro e 40. Ricorso rigettato dall’avvocatura dell’Ente perché “improcedibile”, visto che il parere in questione è propedeutico al rilascio della concessione da parte del Demanio marittimo.

Un botta e risposta consueto e significativo, perché mostra ancora una volta le pecche di una gestione territoriale priva di strumenti di pianificazione locale, regole e vincoli, in grado di limitare quel classico accavallamento tra tra poteri e soggetti che finisce per dare carta bianca all’imprenditore di turno.

Mancanza di pianificazione che potrebbe essere mitigata dal buon senso dell’amministrazione locale, che invece mostra un’estrema facilità nell’autorizzare usi e progetti privati su zone dall’enorme interesse generale.

Valentina Vella

 Leggi la nota originale di denuncia inviata dalla rete di associazioni (formato pdf, 66 kb) >

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2 commenti

  1. Il problema è però che il partito lo fanno sempre quelle stesse persone, di cui parte è inevitabilmente stupida.

  2. Credo che dovremmo studiare qualche metodo efficiente per fermare la stupidità umana. Io avrei un’idea: fondiamo e sosteniamo un partito che dia il giusto valore all’ambiente

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