Il futuro dell’Italia sepolto dal cemento

La lotta al consumo di suolo al centro del convegno “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione”. Il Ministro Mario Catania: “Agricoltura al centro di un nuovo modello di sviluppo per il Paese”.

Dopo i campi di sterminio, stiamo assistendo allo sterminio dei campi“, diceva amaramente il poeta Andrea Zanzotto,strenuo difensore della terra dall’aggresione della speculazione. E il suono di queste parole ha accompagnato i lavori del convegno “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione”, che si è tenuto il 24 luglio presso la Biblioteca della Camera dei Deputati a Palazzo San Macuto ed è stato organizzato dal Mipaaf, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

All’incontro, nel corso del quale il Ministro Catania ha presentato un disegno di legge sul tema, hanno partecipato come relatori Sergio Rizzo, giornalista del Corriere della Sera, e Carlo Petrini, fondatore di Slow Food.

“Ogni giorno 100 ettari di terreno vanno persi”, l’allarme del Ministro “negli ultimi 40 anni parliamo di una superficie di circa 5 milioni. Siamo passati da un totale di aree coltivate di 18 milioni di ettari a meno di 13”. Dati allarmanti che testimoniano quanto il dramma del consumo del suolo nel nostro Paese debba essere una priorità assoluta da affontare.

“Dobbiamo invertire la rotta di un trend gravissimo che richiede un intervento in tempi rapidi”, prosegue Catania, “serve una battaglia di civiltà, per rimettere l’agricoltura al centro di quel modello di sviluppo che vogliamo dare al nostro Paese. Noi usciremo vincenti da questa crisi se lo faremo con un nuovo modello di crescita che passa necessariamente attraverso questi temi“.

Il nemico numero uno della terra e del suolo si chiama cementificazione, che fa spesso rima con speculazione edilizia.

È un fenomeno che ha un impatto fortissimo sulle aree agricole del nostro Paese”, aggiunge il Ministro, “ma diventa ancora di più preoccupante quando lo vediamo concentrato in quelle zone altamente produttive, ad esempio sulle pianure. È qualcosa di devastante sia per l’ambiente sia per l’impresa agricola“.

Fermare le ruspe e le gru per gettare le basi di un diverso modello di sviluppo per il Paese, più sostenibile e umano. Ma questo significa intaccare gli interessi milionari delle grandi lobby dell’edilizia, storicamente fortissime in Italia e l’inerzia della politica.

“Bisogna contrastare l’aggressività di alcuni poteri forti,” ammette Catania, “l’assenza di regole, dobbiamo modificare una certa cecità della politica. Purtroppo, su questo aspetto, ancora manca una visione complessiva da parte di molti. Questa battaglia è invece talmente importante che non la si vince con la singola iniziativa isolata, ma lavorando insieme”.

L’importanza della conservazione dei suoli liberi e delle coltivazioni non si limita, come in molti pensano, all’aspetto meramente economico, legato alla ristretta logica produzione-consumo. “Noi paghiamo poco gli agricoltori, ma quando perderemo i veri presidi da loro costituiti, e ce ne renderemo conto, sarà troppo tardi“, dice Carlo Petrini ondatore di Slow Food. “Nel nostro Paese non c’è la responsabilità di sapere cosa fa un agricoltore, mentre tutti dovrebbero sapere che non coltiva solo i frutti della terra, ma preserva l’ecosistema, la tutela del paesaggio, la memoria storica. L’agricoltura va al di là della semplice produzione di cibo”.

La terra non è solo una merce da sfruttare e sacrificare sull’altare della demenziale legge della crescita, ma costituisce l’eredità più importante che viene lasciata alla generazioni che verrano. È tessuto sociale, appartenenza, solidarietà e identità. Valori, non beni, inestimabili e non rinnovabili, una volta perduti sotto colate di cemento e asfalto. Una battaglia, quella per salvare il territorio, che non può limitarsi agli sforzi di un solo Ministero, ma deve coinvolgere Istituzioni e cittadini.

“L’Italia”, sottolinea ancora Petrini, “è sotto lo schiaffo di una situazione speculativa di proporzioni inimmaginabili, c’è bisogno che tutti avvertano la necessità di cambiare l’attuale paradigma produttivo”.

Una riflessione profonda a cui contribuisce anche il giornalista del Corriere della Sera Sergio Rizzo: “I Padri costituenti avevano già capito tutto, tanto è vero che in uno degli articoli fondamentali della Carta avevano introdotto la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Il nostro Paese non ha riserve di gas, non ha giacimenti di petrolio, non ha miniere di diamanti, ma ha un paesaggio unico. E invece che far leva su questo spesso si pensa a cementificare il territorio. Ci sono“, aggiunge Rizzo, “aree dell’Italia dove a una bassa crescita demografica si associa un alto tasso di cementificazione. Dobbiamo renderci conto e capire che si può ripartire dalla terra. Un governo che abbia un senso di quello che, da questo punto di vista, può dare il Paese deve proporre un piano straordinario di rivalutazione ambientale”.

Preservare la terra per dare un futuro, non solo economicamente, alle prossime generazioni e all’Italia. Il suolo custodisce memoria e storia, vita ed energia. Racchiude in sè molto più di qualche punto di Pil. È lo spirito delle comunità. E nessuno ha il diritto di cancellarlo in nome del profitto personale o di un meschino tornaconto elettorale. Lo spread passa, la terra deve rimanere. È una cosa seria.

Marco Bombagi
(Salviamo il Paesaggio – Roma e provincia)

9 commenti

  1. Oltre alla cementificazione selvaggia di palazzi, capannoni e aree industriali, strade e autostrade, ora in Italia assistiamo anche alla speculazione selvaggia del fotovoltaico a terra e dei mega impianti eolici, sostenuti purtroppo anche da certe associazioni ambientaliste e da quasi tutti i partiti politici … ai soldi e agli alti incentivi per un verso o per l’altro non si fa problemi nessuno … alla biodiversità perduta, agli animali, al paesaggio, alla vera agricoltura ci pensano solo in pochi purtroppo. Quelli che non si vendono!

  2. Ben venga il disegno di legge dell’attuale Ministro dell’agricoltura ma la difesa del territorio, secondo i fondamentali principi esposti nell’articolo, passa attraverso un salto ben più arduo e difficile: la modifica radicale del tipo di meccanismo economico. L’attuale crisi mostra tutti i limiti della vigente disciplina neo- liberista. I “valori” su cui si basa rendono qualsiasi attività dannosa per gli esseri umani per gli ecosistemi e per il tessuto sociale: si pensi ad esempio alla diffusione dei pennelli fotovoltaici su terreni agricoli o alla diffusione dei biocarburanti. Sono entrambe fenomeni di per sé positivi, che permettono di ridurre l’inquinamento ma, interpretati, secondo i principi neoliberisti, divengono attività speculative che adottate in larga scala e effettuate per l’arricchimento dei privati e l’accumulo di capitali, generano danni inimmaginabili a livello planetario a volte irreversibili. Questo sempre perché il neo-liberismo è assolutamente contrario a qualsiasi limitazione degli affari e del mercato e soprattutto ha come FINE ultimo l’accumulo di danaro e potere da parte di pochi, e non il benessere degli uomini che è legato indissolubilmente al benessere del pianeta.
    Quindi il disegno di legge è senz’altro un piccolo passo in avanti ma la vera soluzione , a mio avviso, passa attraverso una rivoluzione culturale che dovrebbe riguardare tutta la società civile e che ci faccia abbandonare i nostri attuali modelli di consumo ipertrofico e in quanto tale inutile, stupido, dannoso e ci riporti verso stili di vita più umani, in armonia con la natura, meno frenetici e alienanti.
    Se non ci rendiamo conto di ciò tutti i rimedi adottati saranno solo dei palliativi, delle toppe per chiudere falle troppo grosse, che non risolveranno il problema. Se non ci rendiamo conto che molti dei mali sociali ed ambientali ai quali assistiamo sono causati proprio dall’aver sostituito l’uomo con il danaro, il mercato e il PIL al vertice della scala di priorità, non avremo molte speranze in un mondo migliore, a lungo e per tutti.
    La mia preoccupazione è che, ad oggi non vi siano ancora forze politiche che abbiano al centro dei loro intenti un programma che affronti in maniera prioritaria tali cambiamenti o quantomeno un graduale processo di trasformazione economico, sociale e culturale. Ma quello che non sopporto è la cieca volontà con la quale il potere si impegna nell’escogitare tutte le misure più fantasiose per ridurre lo SPREAD, accontentare i MERCATI, trovare nuove formule per far ripartire lo SVILUPPO rifiutando il principio secondo il quale prima di tutte queste “belle” cose create artificialmente dall’uomo bisogna considerare il rispetto della natura delle sue immutabili regole, la tutela della salute del pianeta e di tutti gli esseri viventi che lo popolano uomo compreso condizione senza la quale ogni altro intento perde di significato
    Mi taccerete di idealismo, ma penso che nella storia dell’umanità, non ci sarebbe stata evoluzione senza ideali e uomini pronti a realizzarli.
    Rimbocchiamoci le maniche perché le rivoluzioni non violente passano attraverso la coerenza delle azioni dei singoli individui!

  3. La prossima volta invitate però anche quelli dell’A.N.C.E., che invece promuovono convegni con altri ministri per sostenere che in Italia, a causa della crisi, non si riesce più a costruire abbastanza. A parte quelli di loro legati alla n’drangheta, bisognerebbe fargli capire che dovrebbero rinunciare a un po’ dei loro profitti e concentrare l’attenzione sul recupero dell’esistente, anziché ottenere sempre nuove terre.

  4. E’ per questo che si è diminuita la PAC e si sono alzati i contributi in agricoltura e l’iva al 21% su riparazioi agricole e beni strumentali agrcoli, e si scovano tutte le baracche nelle cascine per applicare l’IMU?
    Poi adesso parliamo già di affitti coatti per far lavorre “i giovani”, vedi legge DeMarzi-Cipolla (ricordate?).
    Adesso che siamo alla canna del gas e tutti si sono mangiati i pezzi di carta delle banche, ci accorgiamo che l’agricoltura è importante. Quando le vacche sono grasse l’agricoltura è una cosa per dementi, quando le vacche sono magre e occorre “mangiare” allora si scopre l’agricoltura come bene strategico. Grazie. Sono capaci tutti. Quando dovremo conferire coattamente ai mercati comunali le derrate che produciamo a prezzo imposto. Tra un anno? Giacomo Cangini.

  5. Siamo ancora in tempo ?
    Il rapporto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali “ Costruire il futuro difendere l’agricoltura dalla cementificazione” presentato il 24 luglio pone con forza una riflessione su quanto sta accadendo in Italia da decenni.
    Dati impressionanti rilevano ancora una volta, le cattive politiche di pianificazione e di programmazione che hanno prodotto una forte perdita di superficie agricola e i cui effetti stanno provocando danni all’ ambiente, al paesaggio e alla produzione agricola, mettendo in serio pericolo la sicurezza alimentare della popolazione italiana.
    Tra il 1971 e il 2010 si è avuta una diminuzione di superficie agricola utilizzata (S.A.U.) di 5 milioni di ettari, pari al territorio occupato dalla Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna.
    Le cause che maggiormente incidono sulla perdita di superficie agricola sono da attribuirsi essenzialmente a due fenomeni: il continuo abbandono dei terreni, e l’impermeabilizzazione del suolo. Quest’ultimo fenomeno ogni giorno interessa 100 ettari di suolo, provocando danni irreversibili in genere ai terreni migliori ( aree pianeggianti ).
    Dal 1970 la S.A.U. è diminuita del 28% interessando soprattutto quelle superfici coltivate a seminativi (-26%) e prati permanenti (-34) vale a dire i prodotti di base dell’alimentazione degli italiani quali: pane, pasta, riso, carne, verdure, latte e tutto questo è avvenuto mentre si registra un aumento della popolazione. La continua perdita di terreno agricolo condurrà il nostro Paese a dipendere sempre di più dall’estero per l’approvvigionamento alimentare. Il Trattato di Roma del 1957, art. 33, poneva l’obiettivo prioritario di “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari” ai propri cittadini, raggiunto dopo anni, oggi è messo in serio pericolo tanto che l’insufficienza della produzione agricola possa condurre l’Italia a dover dipendere per la sua alimentazione da paesi esteri! Il rapporto presentato, allarga la sua analisi non solo ai prodotti alimentari ma all’insieme dei prodotti colturali quali: alimentari, fibre tessili, biocarburanti, evidenziando come il nostro paese consumi più di quanto il proprio suolo agricolo è in grado di produrre. Ciò è dovuto al forte “ deficit di suolo agricolo” infatti, l’Italia, è il terzo Paese nell’Unione per deficit di suolo agricolo e il quinto nel mondo. Ciò vuol dire che abbiamo appena 12 milioni di ettari a fronte di 61 milioni di ettari necessari per coprire i consumi della popolazione in termini di cibo, fibre tessili e biocarburanti. Quali sono quindi le conseguenze di un deficit di 49 milioni di ettari di suolo?
    La dipendenza alimentare dell’Italia potrebbe divenire una variabile delle dinamiche economiche, demografiche, sociali e geopolitiche dei paesi produttori di risorse alimentari che nel breve periodo avrà una forte influenza sui prezzi dei prodotti e nel medio lungo-periodo potrà accrescere il rischio di scarsità alimentare. Da una stima fatta dell’European Commission nel 2011, è stato calcolato che nel 2050, cioè tra trentasette anni, la domanda dei prodotti agricoli su scala mondiale crescerà del 70% mettendo sottopressione i sistemi ambientali agro-alimentare. Possiamo ancora permetterci di non difendere i nostri suoli, e in modo particolare quelli più produttivi, dai processi di cementificazione che da anni avvengono su tutto il territorio nazionale?
    Infatti i fattori che maggiormente provocano la sottrazione di suolo agricolo in Italia, sono essenzialmente due: l’abbandono delle terre e la cementificazione. Quest’ultimo incide notevolmente sulla minore produzione agricola poichè interessa i terreni fertili e posti in pianura, nonché quelli limitrofi alle città ricche di infrastrutture e di facile accesso. La cementificazione o impermeabilizzazione dei suoli, non è altro che il risultato delle più scellerate politiche di pianificazione del territorio fatte da anni in Italia. Essa denota la mancanza culturale attribuendo all’ambiente e all’agricoltura uno scarso valore.
    Dal 1950 a oggi la popolazione è cresciuta del 28% mentre la cementificazione del 166%, che in termini di superficie vuol dire aver coperto, un territorio grande quanto la Calabria. In Italia in 15 anni dal 1995 al 2009 i comuni hanno rilasciato complessivamente permessi per costruire 3,8 milioni di metri cubi, una urbanizzazione che in molte realtà italiane ha significato cementificare l’intera città.
    Senza volere approfondire gli effetti che la continua sottrazione di suolo ha sull’ambiente, sia in termini di alterazione del paesaggio che di compromissione dell’ecosistema, occorre sottolineare quanto denunciato dal rapporto del Ministero dell’agricoltura ovvero la continua sottrazione di suolo la quale sta creando seri problemi alle produzioni agricole minacciando la sicurezza alimentare della nostra popolazione. E’ un tema per certi aspetti inedito nel panorama culturale del nostro bel Paese, che richiede la più totale attenzione da parte delle forze politiche, istituzionali e dei cittadini per evitare di trovarsi a dipendere per il proprio fabbisogno alimentazione da paesi di altri Continenti.
    Il disegno di Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo presentato dal Ministro dell’agricoltura, rappresenta un atto di notevole importanza: esso pone fine ad un uso incontrollato del terreno da parte dei comuni, determinando “ l’estensione massima di superficie agricola edificabile sul territorio nazionale ”. Si tratta di una legge di grande valore storico in quanto a ogni comune sarà posto un limite massimo di utilizzo di suolo per funzioni diverse da quelle agricole. Siamo ancora in tempo ?
    Giuseppe Sarracino

  6. Felicemente sorpreso devo dire, di queste illuminatissime dichiariazioni di un ministro della Repubblica. E non è la prima volta che Catania si esprime così.
    Molto bene, anche se ho paura purtroppo che egli sia un po’ solo. Da parte di Ornaghi non si sente mai nulla, il vuoto pneumatico, mi pare. Quanto ai ministri che contano sul serio, non so quanto l'”infrastrutturatore” Passera sia in sintonia con l’agricolo collega… comunque, ripeto, ottimo, ottimo ministro Catania!

  7. ATTENDIAMO CON SPERANZA ULTERIORI DECISIONI CONCRETAMENTE OPERATIVE PER L’ATTUAZIONE DELLO STOP AL CONSUMO DI SUOLO IN TUTTO IL NOSTRO PAESE ANCHE NEL SENSO DI STOP ALLE DILAGANTI TRIVELLAZIONI PETROLIFERE TRAGICHE PER LA SALUTE DI MOLTI CITTADINI

  8. Splendido articolo, grazie, Marco !
    Forse la giornata di ieri, 24 Luglio 2012, rimarrà come data memorabile.
    E’stato fatto il primo importante passo a livello nazionale
    sul sentiero che ci conduce al fermo biologico di consumo di suolo.

  9. Sono particolarmente felice per questo passo che quasi non riesco a crederci! Prevedere per tutti i Piani una carta dei suoli agricoli perenni (COLTIVATI E INCOLTI). L’ulteriore passo sarà quello di decretare inalienabili i terreni agricoli e boschivi demaniali, da rendere accessibili sottoforma di affitto privilegiando i disoccopati e i giovani, al fine di avviare concreti cambiamenti dei nostri modelli di sviluppo territorili.

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