In Puglia muretti a secco contro la desertificazione e l’erosione

Con originalità e sostenibilità è possibile far fronte alle emergenze per rilanciare e vivere profondamente il territorio. Un’interessante esperienza arriva da Ugento (LE): con muretti a secco si cattura e condensa l’umidità dei venti per dare acqua ad un suolo tra i più aridi d’Italia.

Sostenibilità ambientale, lotta alla desertificazione e all’erosione, riqualificazione territoriale: questi gli obiettivi del progetto Orto dei Tu’rat portato avanti dal 2008 dall’omonima associazione. Un’idea innovativa riconosciuta e premiata a livello locale e nazionale

Il progetto

Costruendo muretti a secco, tecnica a basso impatto ambientale e tipicità del paesaggio pugliese, dalla forma a mezzaluna, si cattura l’aria umida dei venti di libeccio e scirocco e la si trasforma in acqua alimentando il suolo. A queste opere viene affiancato il fondamentale  ripristino della macchia mediterranea con i suoi arbusti e alberi autoctoni.

Coinvolgimendo inoltre gli attori locali con un’efficace attività culturale e di sensibilizzazione (sono numerose infatti le attività dell’Associazione), si completa e si sostiene questa esperienza unica per un rilancio del territorio che escluda, finalmente, le speculazioni e l’insostenibile sfruttamento delle risorse naturali.

Scheda descrittiva del progetto (formato pdf, 130 kb) >

Maggiori informazioni sul sito www.ortodeiturat.it

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Galleria fotografica

 

9 commenti

  1. Non so se questo spazio è ancora attivo, ma l’argomento è molto interessante, io da profano sostengo il vecchio modo di fare agricoltura, l’attuale specialmente sulle nostre colline marchigiane sta portando al totale dilavamento dello strato fertile con conseguente riempimento dei bacini idroelettrici.

  2. Credo il dibattito potrebbe portare lontano. Ma vorrei sottolineare che lo scopo primario della realizzazione dell’Orto dei Tu’rat è voler incidere sul territorio sotto molti aspetti che vanno dalla salvaguardia della risorsa idrica che come è noto il Salento è la prima regione in Italia a rischio desertizzazione e desertificazione, alla costruzione di paesaggio che si mimetizza con con il paesaggio agricolo della terra di appartenenza, all’implementazione delle falde acquifere di superficie che via via si stanno erodendo per la grande quantità di acqua che l’agricoltura di importazione ha avuto bisogno in quest’ultimo mezzo secolo. Inoltre nessuno ha voluto scoprire l’acqua calda, ma semmai proseguire un discorso affettivo interrotto circa un secolo fa e cioè da quando è stato ultimato l’acquedotto pugliese, da allora tutte le fatiche che i contadini precedenti avevano fatto sono state vanificate dalla corsa all’acqua facile, tant’è che girando per il Salento è più semplice incappare in uliveti secolari con l’impianto ad aspersione o a goccia che in uliveti senza tubi che si aggrovigliano tra i rami degli ulivi. In altre parole l’Orto dei Tu’rat vuole essere una risposta alla reintroduzione di una cultura agricola autoctona in cui seppur con tempi lenti si riappropri della propria dignità, senza indignarsi se la cultura “contadina” degli ultimi cinquant’anni è stata asservita alle multinazionali della chimica, oppure per il cinque per cento in più di olio da vent’anni si introducono specie di ulivi importati dalla Toscana dove il clima è diverso e le piante Naturalmente hanno più acqua. Infine nella migliore delle ipotesi i muretti a secco in Salento vengono costruiti con leganti cementizi all’interno (vanificando quindi l’opera di micro clima, habitat della biodiversità e promotore delle pioggie occulte)senza dimenticare che molti dei nostri padri per via della sempre più crescente domanda di modernizzazione hanno eliminato i muretti a secco sostituendoli con muri in tufo o recinzioni in cemento e via dicendo. Concludo questo mio breve intervento invitando tutti quanti a venirci a trovare e ringraziando quanti faranno circolare questa stupenda idea che l’acqua si può realizzare dalle pietre e che l’aria non sarà mai privatizzata. Mettiamoci controvento e mietiamo nuvole. ciao

  3. Un bellissimo progetto, da sostenere e moltiplicare, facendo inventari locali dei muretti a secco ancora esistenti, facendo una mappa di sentieri abbandonati o magari sottobosco dove sono rimasti. Mi capita di fotografarli in Umbria, dove vivo o nel Lazio, lungo la Valle del Tevere, dove mi capita di passeggiare. Il progetto http://www.ammappalitalia.it è un buon contenitore per i collezionisti e i promotori dei muretti a secco.
    Anche le passeggiate lungo le “fasce” liguri, sopra Spotorno, Albisola e Savona, mostrano il pericoloso abbandono della capacità di costruire, restaurare, fare manutenzione dei muretti a secco. La capacità di scegliere le pietre giuste è una attività manuale, una capacità di osservazione, che fa bene a tutte le età. Forse i muri a secco nei paesi mediterranei sono un bene culturale da promuovere. Non mi ricordo se in Breviario mediterraneo se ne parla. Da rileggere.Certo sarebbe interessante anche una mappatura dei curricula degli istituti professionali per l’edilizia e per l’agraria. Chissà che il rispetto per il paesaggio non inizi proprio da quei curricula

  4. Noi dell’Associazione Culturale “L’Orto dei Tu’rat” (www.ortodeiturat.it) vi ringraziamo per essere rimasti un pò affascinati e un pò sorpresi da questo nostro interminabile lavoro. Essendo salentini e molto vicini alle tradizioni, sappiamo molto bene della funzione dei muretti a secco. I nostri studi si affacciano in modo inscindibile a quelli svolti dal prof. Laureano, ma anche alle tecniche architettoniche di quei contadini che hanno vissuto nelle campagne e dalle quali hanno tratto sostentamento e ricchezza.
    Ci pare doveroso riprendere la tradizione passata del muretto a secco, perchè crediamo che il passato sia il catalizzatore per il futuro, come in questo caso.
    La ricostruzione della macchia mediterranea attraverso questo processo è possibile e i risultati si iniziano a vedere. Venite a visitarci e rimarrete stupiti!
    Buona giornata a voi! :)

  5. Come al solito abbiamo scoperto l’acqua calda ! I muretti a secco la cui costruzione si perde nella notte dei tempi hanno sempre svolto questa azione, , oltre a rallentare il ruscellamento delle acque meteoriche e quindi rallentare il dilavamento del terreno. Inoltre costituiscono il rifugio di una ricca biodiversità faunistica (micromammiferi, rettili, insetti)e di una vegetazione altrove scomparsa, che sopravvive tra gli interstizi e le tasche di terra. La loro funzione ecologica era conosciuta da tempo tanto che in alcune aree più siccitose gli olivi venivano perimetrati da muretti in pietra a secco, oppure venivano create vere e proprie trincee tra una coltivazione e l’altra per sfruttare le cossiddete ” piogge occulte”, ossia i venti che provenivano da sud carichi di umidità attraversando i muri a secco lasciavano sulla pietra l’acqua trasportata che veniva così rilasciata al terreno goccia a goccia. Abbiamo distrutto in nome del progresso queste costruzioni che avevano anche la funzione di perimetrare le proprietà terriere.Ora si ritorna al passato per la ricostruzione di una identità e di una funzione ecologica e paesaggistica riscoperta. Speriamo che non sia un caso isolato.

  6. ci sono studi su queste ed altre tecniche per trattenere l’umindità del terreno operate nell’area nord africana e poi abbandonate.
    esiste un libro di Pietro Laureano “La piramide rovesciata” 1995 Bollati Boringhieri che tratta approfonditamente dell’argomento spiegando come si stia tentando un recupero a queste antiche conoscenze che erano sicuramente meno invasive e più efficaci di quelle operate negli ultimi decenni che hanno portato ad una maggiore desertificazione e consumo di risorse non ripristinabili.

  7. i muretti a secco devono esserefatti intorno a degli alberi resisteniti alla siccità come fichi Ulivi ecc…
    in tal modo torna anche a piovere..
    e si ricostruisce lhumus…
    e il paesaggio è più bello e naturale

    saluti
    Prof. Altieri, Agroecologo

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