Pubblichiamo un’interessante e provocatoria lettera di Gaia Baracetti
Il 27 aprile di quest’anno ho partecipato a una manifestazione contro il consumo di suolo a Orgnano, piccolo paese in provincia di Udine. Si protestava contro un progetto di lottizzazione di lusso ai margini del borgo, su una piccola altura di terra fertilissima affacciata su uno degli ultimi scorci di campagna intatta rimasti nella pianura friulana. Con me c’erano ambientalisti, abitanti dei paesi vicini, attivisti. Ero l’unica tra tutti a non essere arrivata in macchina.
In questi giorni, invece, sto protestando a Udine contro il progetto di un mega parcheggio in centro città, accanto a una via già trafficatissima e in mezzo a due luoghi simbolo di Udine: la collina del castello e il Giardin Grande di piazza Primo Maggio. Molte persone sono venute al nostro presidio per firmare contro l’opera o esprimere la propria contrarietà. Spesso arrivavano in macchina; alcuni addirittura lasciando l’auto in divieto senza il minimo senso di colpa (semmai un po’ di apprensione per l’eventuale arrivo del vigile). Ironia della sorte, non trovavano parcheggio andando a protestare contro la costruzione di un parcheggio.
Esiste uno scollamento quasi surreale tra le idee e le pratiche di chi manifesta per l’ambiente e, in questi casi, contro il consumo di suolo; come se cercare di fermare una strada o un parcheggio e muoversi in automobile non fossero due comportamenti in contraddizione tra loro.
Ma si sa, è più facile protestare contro gli altri che contro noi stessi.
L’Italia è uno dei paesi più motorizzati del mondo. Secondo una classifica compilata da wikipedia sulla base di dati ufficiali, in Italia nel 2010 c’erano 679 veicoli a motore, due ruote escluse, ogni mille abitanti. Siamo i decimi in assoluto ma, togliendo dalla classifica paesi minuscoli e ricchissimi come San Marino, Monaco, Liechtenstein e Lussemburgo, saliamo al sesto posto, davanti a quasi tutto il resto d’Europa.
Di questi tempi si sente tanto parlare di automobili ecologiche, non rendendosi conto che si tratta di un ossimoro. L’automobile ecologica non esiste. Tralasciamo per un attimo il fatto che anche produrre energia, per lo meno al momento, inquina, che le fonti rinnovabili non bastano per i trasporti e che il consumo delle materie prime e dell’energia necessarie per dotare di un’auto, per quanto ecologica, ogni essere umano del pianeta ci porterebbe ancora più velocemente al collasso; soffermiamoci invece su quello che ogni auto, per quanto “ecologica”, non può non fare: occupare spazio.
Proviamo a fare un calcolo partendo dal dato di un rapporto Istat del 2010: in Italia ci sono oltre 600 auto ogni mille abitanti. Questo significa 35 milioni di automobili (arrotondando per difetto). Le dimensioni medie di un parcheggio si aggirano sui 12,5 metri quadri; per cui, senza nemmeno circolare, le automobili possedute dalla collettività degli italiani coprono già 437,5 chilometri quadrati: due volte e mezzo l’area dell’intero comune di Milano. Questo è uno dei motivi principali per cui le città italiane si sono espanse così tanto: bisognava fare posto alle macchine.
Ogni auto, inoltre, non occupa solo il proprio parcheggio notturno, quando i proprietari la lasciano ferma vicino a casa, su strada o in garage: ha bisogno di strade per spostarsi, tanto più larghe quanto più traffico c’è, e di disponibilità di parcheggi ovunque vada, nonché di stazioni di servizio, autogrill, autolavaggi, concessionarie e carrozzerie – tutti più ingombranti dei loro equivalenti per biciclette.
Non si può costruire o ristrutturare nulla senza pensare a un relativo parcheggio annesso. E i parcheggi, in qualsiasi modo li si realizzi, sono una delle cose più brutte che esistono – come sono brutti i centri storici, le piazzette, i monumenti, quando le automobili li coprono visivamente e spezzano l’armonia d’insieme. Sono brutti anche i luoghi naturali, come fiumi, spiagge, parchi o angoli di campagna, nel momento in cui si riempiono di automobili: la città che fugge da se stessa portandosi dietro la sua parte peggiore.
Inoltre, rendendo velocemente (o così pare) raggiungibili posti lontani, la diffusione dell’auto ha incoraggiato lo sviluppo di centri commerciali e servizi fuori città, contribuendo all’asfaltatura dell’Italia e all’abbandono di centri storici dove, ahimè, “non si trova parcheggio”.
Tutto questo può sembrare banale: le auto occupano spazio, è ovvio. Eppure questa banalità sembra assente dal dibattito sul consumo di suolo. Soprattutto, a me pare assente dai comportamenti di chi si batte per l’ambiente.
La bicicletta, ormai, è quasi di moda, tra ambientalisti e non – ma lo slogan più frequente è: lascia a casa l’auto, non: vendila.
Ma liberandosi dell’auto le si impedisce di occupare spazio anche quando non viene utilizzata, cioè quasi sempre, e soprattutto si inizia a creare un paese diverso, in cui la domanda di trasporto pubblico e di intermodalità è autentica, quasi disperata: chi sa di poter comunque contare sull’auto in casi di emergenza o per la solita gita della domenica (o protesta contro la lottizzazione) difficilmente si batterà per un trasporto pubblico decente. Con il sole, la bici. Con la pioggia, la macchina. Gli altri si arrangino.
La battaglia per la sola ciclabilità non ha senso, è la battaglia dei privilegiati, di quelli che godono della buona salute necessaria per pedalare, e che se non hanno voglia di sudare o di prendere la pioggia possono sempre ricorrere all’auto. Ma chi non può permettersi la macchina e non ce la fa a pedalare per distanze lunghe, chi è in carrozzina, è molto vecchio o è malato come deve muoversi se i trasporti pubblici sono insufficienti? Lo stiamo vedendo con gli anziani rimasti nei piccoli paesi della montagna friulana, che non possono più guidare, non hanno servizi vicini e hanno visto tagliare le corse di trasporto pubblico: sono rimasti come in trappola.
È vero: anche i mezzi pubblici occupano spazio. Ma possono portare decine o centinaia di persone per corsa, e anziché stare fermi per la maggior parte delle loro vite, come le auto, passano la giornata a spostare persone, risparmiando un’enormità di viaggi singoli e relative necessità di strade e parcheggi.
Per convinzione personale e anche come esperimento, da quasi nove mesi mi rifiuto di salire su un’automobile, anche se piena, anche se condivisa (a chi mi dice che non potrebbe fare come me neanche volendo, consiglio il sito senzauto.it, che raccoglie storie vere di persone che vivono senz’auto ma hanno figli piccoli, animali domestici, lavori lontani, carichi da portare…). È un’esperienza molto istruttiva: solo da fuori si può capire la potenza, l’invasività, il dominio assoluto della civiltà dell’automobile.
Faccio un esempio tra i tanti possibili. La settimana scorsa volevo partecipare a una sagra in un paesino della montagna carnica. Nonostante l’evento, non c’era nessun tipo di trasporto pubblico. Sono scesa alla fermata più vicina, otto chilometri più in giù, e ho camminato due ore in salita sulla strada asfaltata (sentieri non ce n’erano). Quando sono finalmente arrivata in cima, il bellissimo borgo di Pesariis era circondato da un enorme parcheggio improvvisato. E io che speravo di respirare un po’ di aria pulita… Quando ho fatto presente il mio problema a una degli organizzatori, mi ha quasi riso in faccia e mi ha risposto che l’auto la fa da padrona.
Pazienza per le sagre, ma anche la mia vita sociale è cambiata, ho offeso amici perché non potevo partecipare alle loro feste-parcheggio, per non parlare di quanti lavori non potrei accettare, di quanti insulti ricevo per il mio radicalismo – eppure, se ci fossero più persone che cambiano vita come me, sarebbe per tutti più facile.
Nonostante i proclami, nessuno degli ambientalisti friulani e triestini che conosco è veramente interessato ai trasporti pubblici. Mi dicono che costano troppo.
E l’automobile, quanto ci costa? Quante strade, parcheggi, quanto rumore, quanto inquinamento, quanti incidenti, quante morti per cancro e malattie respiratorie? Quanto consumo di suolo?
Gaia Baracetti
Ringrazio Gaia per le riflessioni: per me e’ stato importante usare l’auto veramente poco imparando a spostarmi con i mezzi.
Tengo in ordine la mia piccola vettura, usandola con parsimonia, cercando di rispettare i luoghi e le persone.
Concordo con tante cose ma, in questo stato incredibile, vi sono difficoltà enormi per l’applicazione di alcune idee. Io abito in Polesine dove i servizi di trasporto sono di fatto quasi inesistenti e insegno in provincia di Padova, sono quindi costretto all’uso dell’auto. Certamente alla mattina vedo in quale stato disgraziato siano ridotti i nostri comuni soffocati dal traffico di mezzi pesanti e auto: molti cittadini sembrano non farci più caso. Da noi le strade sono diventate arterie per l’inferno dove, per esempio, per alimentare un grande stabilimento vicino al Po arrivano ogni giorno 300 mezzi pesanti carichi di mais: uma follia anche perchè non si è mai giunti alla organizzazione di trasporti tramite vie d’acqua. Il problema, e lo dice chi fa ambientalismo da 30 anni; è veramente non risolvibile con la classe politica e dirigenziale multicolorata che ci troviamo e con la scarsa sensibilità dei cittadini
si Verzola, però non abbiamo bisogno della ‘classe politica’ per fare “jungo”! vd jungo.it “accosta-e-imbarcami”
si Verzola, però non abbiamo bisogno della ‘classe politica’ per fare la strategia “accosta-e-imbarcami” (sta già funzionando in Trentino con tempi medi di attesa di 6.5 min!!!)
MENO AUTO: TUTTI PIU’ VELOCI
Noi dichiariamo finita la cultura dell’ “auto-a-tutti-i-costi”.
L’intelligenza si ribella all’idea di bruciare quello che resta del petrolio, per stare fermi dentro a un fiume di auto ferme. Non ci stiamo a considerare il nostro prossimo come un “ostacolo stradale”.
L’auto non definisce più uno “status”, risponde a un semplice bisogno di mobilità personale. Ma la mobilità complessiva è lenta a causa del sovrannumero di auto vuote.
Non siamo più interessati alla cultura della quantità, della fretta, dell’insoddisfazione permanente. Siamo per una cultura della “qualità”: virtù dei gesti quotidiani, vivibilità dei luoghi, sostenibilità del viaggiare.
Aspiriamo a città in cui il centro ideale sia la piazza, non uno spartitraffico. I “luoghi significanti” contengono sempre un’anima: mai un parcheggio.
La velocità è un valore, ma oggi viene dopo il rispetto, la sicurezza, l’educazione, il desiderio di bellezza. Non c’è bellezza nello sfrecciare senza nulla vedere, mentre c’è molta ricchezza nel camminare e nell’indugiare stupito. Il sovrannumero di auto è come il colesterolo in eccesso: un di più inutile e dannoso. Più auto, più congestione, più lentezza.
Non ha senso percorrere 500 km in tre ore, per poi rimanere fermi tre ore per fare gli ultimi 5 km. Neppure ha senso osannare la velocità dell’auto, quando una bicicletta, in città, va più forte. La bicicletta è metafora di una nuova qualità della vita: chi pedala non si arrabbia, non inquina; chi pedala di propria forza, riempie e guadagna il suo tempo, perché mentre si sposta tonifica il corpo e riduce la quota della palestra.
Non ha più senso il “tour automobilistico”: chi viaggia non desidera vedere illusoriamente il mondo da un finestrino, vuole calcarlo a piedi battenti. La pubblicità per la vendita di auto, con la sua perfezione formale e con il suo spreco di intelligenze, rende manifesta la disperazione dei fabbricanti e insieme l’abilità di chi, per obbligo contrattuale, deve sostenere la desiderabilità forzata dell’oggetto.
Si compra un’automobile per acquistare velocità individuale, e l’effetto paradossale è quello di un rallentamento collettivo: un esempio di come la “razionalità individuale”, trasposta sui grandi numeri, può divenire “irrazionalità collettiva”. Non ha più senso progettare nuove circonvallazioni, nuovi parcheggi, nuove corsie e tunnel, per la semplice ragione che fra pochi anni il trasporto pubblico e privato sarà molto più ‘aggregato’, e siccome un minor numero di mezzi in movimento riduce l’effetto “onde di traffico” e le occasioni di inciampo della circolazione, i pochi momenti di “piena” automobilistica, oggi problematici, saranno facilmente controllabili con le dotazioni esistenti.
L’uso solitario dell’automobile ingobbisce la schiena e immiserisce lo spirito, mentre aprire la portiera ad estranei è un atto che fa sussultare il cuore, e ringiovanisce, e apre alla “serendipità”.
Toglieremo i dormitori per le auto, e “le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze, e i vecchi e le vecchie siederanno ancora nelle piazze, ognuno con il suo bastone in mano per la loro longevità” (AT – Zaccaria 8, 1-8). Lo sguardo allora spazierà da soglia a soglia, e torneranno i pavoni sui culmini delle fontane.
Da subito vogliamo ridurre la nostra responsabilità di essere complici della de-forestazione causata dalla coltivazione di bio-carburanti sostitutivi dei carburanti fossili, e affermiamo che la “via breve” per togliere questo “assurdo razionale”, il sovrannumero di auto, è di imparare a sfruttare i sedili vuoti: carpooling, car-sharing, e jungo.
Non lasceremo nulla di intentato per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio, per ridare spazio, aria e bellezza alle nostre città, e per fare ciò ci impegnamo a convertire sempre di più la mobilità solitaria in mobilità aggregativa.
Ass.Jungo
Gaia, hai ancora più ragione di quello che hai scritto. L’automobile E’ il consumo di suolo. Lo ha generato, lo genera, e continua ad alimentarlo, e se vogliamo fermare il consumo di suolo, se lo vogliamo davvero e se siamo in buona fede, iniziamo a uccidere l’auto che è nella nostra mente e nella nostra vita. Si può fare, si deve fare. Chi non uccide l’auto, non potrà mai davvero prescindere dal consumo di suolo che l’auto porta con sè. Abbiamo il coraggio di essere i primi, i fondatori della generazione senz’auto, l’unica generazione che può pensare ottimisticamente al futuro. Abbracci, damiano
Sono perfettamente d’accordo. Aggiungo che l’auto privata è solo una delle espressioni della societa’. Mi fa ridere l’idea che una delle parole del momento sia “social”, ma che invece nei fatti la societa’ è fondata sull’isolamento e l’individualismo.
condivido in toto preoccupazioni e alternative proposte,ma stiamo
coi piedi per terra considerando che il già consumato è difficilissimo possa ridiventare vergine.per di più l’abnorme reticolo di spargimento
delle migliaia di paesini e frazioni impedisce di pensare che in un tempo
ragionevole vi arrivi il trasporto pubblico.Consideriamo esigenze diventate primarie,ad esempio genitori anziani a 10 km di distanza bisognosi di attenzioni. Almeno per questi spostamenti indispensabili si usino auto elettriche come fase intermedia di un cambiamento più radicale.
Troppa gente , non troppe automobili . L’automobile è una delle cose più belle e più utili che abbia inventato l’uomo ( il dramma è che quasi nessuno le guida bene )
un paese che dismette la propria rete ferroviaria e privilegia brevi tratte per viaggiatori di lusso, che sega i “rami secchi” agli spostamenti dei pendolari, che incrementa la duplicazione di strade extra urbane, bretelle, rotonde ecc a beneficio più clientelare che collettivo, che taglia risorse ai comuni che tagliano i servizi e per primi i trasporti pubblici urbani, che invece investe miliardi per far viaggiare veloci le merci fra pochi paesi europei, in un paese con tale politica dei trasporti pubblici come debbono reagire i cittadini, se non usando il mezzo privato?
da qui inquinamento intasamento consumo di suolo costi altissimi per la salute e anche per assicurazione contro incidenti città invivibili …
E’ vero, ci sono troppe automobili, ed è vero che non sempre i comportamenti di chi crede nell’ambientalismo sono conformi ad esso. Ma. Ma. Io vivo a Roma, ho 55 anni e da sempre, da sempre, mi sposto con i mezzi pubblici. Con grande sacrificio, sì con dispendio enorme di tempo ed energie. In questa città i mezzi pubblici sono ridicoli. La prima metropolitana a Roma è stata inaugurata nel 1955, la seconda nel 1979! Quante linee ha, per esempio, Lisbona? E come funzionano! La linea B a Roma è uno scandalo, degna del quinto mondo. Piste ciclabili: poche e mal tenute. Beh, io continuo a prendere i mezzi pubblici, ma, credetemi, è una follia. Per questo, dico: no all’automobile, ma cerchiamo di affrontare seriamente il tema dei mezzi alternativi, programmando e destinando risorse adeguate.
La penso anch’io come te avendo ben presente gli effetti nefasti di questa urbanizzazione sfrenata al fine di servire la “divinità” auto. Così come è vero che vivo anch’io questa enorme contraddizione nel voler un mondo privo di automobili salvo servirmene con una certa frequenza. Però tutto sommato non demonizzerei le richieste sempre più frequenti dei cittadini(almeno qui, proprio in Friuli) di piste ciclabili, di incrementi di trasporti pubblici, di potenziamenti di reti ferroviarie, ecc. Li considero comunque dei segnali positivi di voglia di cambiamento. E credo che al momento l’importante è proprio iniziare a muoversi. E proprio nella direzione che tu indichi.
Io non volevo assolutamente demonizzare le richieste dei cittadini per vari tipi di mobilità sostenibile, anzi: è proprio quello che ci vuole! Volevo solo dire che a queste richieste deve corrispondere un utilizzo effettivo di piste ciclabili, autobus, treni… ho visto una sperimentazione di estensione della linea 1 fallire qui a Udine non solo perché fatta male, ma anche perché le stesse persone che l’avevano chiesta poi non la utilizzavano.
E poi sembra una banalità ma dove arrivano le auto arrivano più facilmente e copiosamente i rifiuti. È vero che si possono trovare lattine vuote anche in un sentiero montano ma non capiterà mai di trovarci un frigorifero o un metro cubo di macerie.
Tutto vero, ma continuiamo a vedere enorme pubblicità di auto sui palazzo in restauro al centro storico e sui mezzi pubblici. Per cambiare la cultura bisogna cambiare anche questo.
Di provocatorio non c’è proprio nulla in questa lettera: solo una grande e triste verità. Il decadimento estetico e sociale che stiamo vivendo è figlio della malsana identificazione dell’uomo con la sua automobile. Le città sono ormai dominate dalle auto. Tutto deve essere strutturato, pensato e progettato per consentire a quelle gabbie su ruote di occupare ogni spazio disponibile.
Ciao Gaia, come sai sono molto vicino alla tua visione per una società quanto più possibile senz’auto. Però con scarsa coerenza, sull’auto non solo ci salgo, ma la guido regolarmente. Il che, se mai servisse, conferma il senso della tua lettera.
Comunque, complimenti per la tua scrittura così efficace e pulita. Hai pensato mai a fare la reporter di materie ambientali per una solida testata cartacea?
Grazie. Ho scritto qualcosa in passato, ora non più, non saprei neanche a chi chiedere. Secondo me comunque uno dei problemi in Italia è che gli articoli che si leggono su carta sono sempre più brevi e tendono ad avere, anche in materia ambientale, quasi sempre toni allarmistici e semplicistici al tempo stesso.
condivido tutto quello che dice Gaia. E non ci trovo proprio niente di provocatorio. Vivere senza automobile è molto più bello ed è stato ancor più bello scoprire che lo abbiano capito i miei tre figli quasi senza che io lo volessi o glielo spiegassi.
Carissima Gaia,chel’aumento del consumo di suolo sia direttamente proporzionale all’aumento delle automobili e che, ahimè,quest’ultimo sia incentivato dall’abbandono del trasporto pubblico sempre piu’ taglieggiato e privatizzato come la scuola e la sanità ,è una triste verità contro la quale da tempo siamo impegnati sostenendo la necessità di una mobilità equa e sostenibile come indispensabile corollario della nostra lotta contro il consumo del suolo e contro le trivelle.GIOVEDI 3 OTTOBRE 2013 ,PRESSO LA STAZIONE DI PORTICI (NA),ORE 11.00, E POI ,ALLE 16.00, A PAESTUM(SA), PRIMA GIORNATA NAZIONALE DELLE FERROVIE PER UNA MOBILITA’ SOSTENIBILE.
SEGUITECI IN QUESTA DIFFICILE BATTAGLIA TROPPO INCOMPRESA E SOVENTE SNOBBATA ED EMARGINATA SU http://WWW.CIUFER.IT E,CONTRO LE TRIVELLAZIONI DELLE SORGENTI IN BASILICATA, FIRMATE LA PETIZIONE GHANGE-ORG.SULLA PAGINA FACEBOOK DI MARIA VITACCA ASSOCIAZIONE”ARTICOLO9″-mariavitacca@tiscali.it
Sono d’accordo con Gaia, il problema è cambiare le proprie abitudini, scambiamo la comodità(?) che l’auto privata ci offre per infilarci in asfissianti centri commerciali e parcheggi da incubo.In estate credo sarebbe più salutare il deserto del Sahara che certe distese di cemento chiamate parcheggi.Se non cambiamo questa mentalità nessuno si impegnerà per rendere efficenti i mezzi pubblici.