Expo 2015: una scommessa già persa

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Mancano poco meno di undici mesi ad Expo e finalmente – complice il fragore di un’inchiesta che ha portato in carcere 7 persone per corruzione – l’Esposizione universale in programma a Milano dal primo maggio 2015 può essere letta anche dai grandi media con spirito “critico”.

C’è da dire, però, che si arriva in grave e palese ritardo. Rendendo inutile, o sterile, il portato di editoriali o di inchieste giornalistiche (perché quando sono imbeccate dalle carte di una Procura, significa che il “danno” c’è già stato).

Avrebbero potuto, in particolare “Il Corriere della Sera” e “la Repubblica”, incalzare il “sistema Expo” nel lungo intervallo di una luna di miele iniziata nel marzo del 2008, dopo l’assegnazione a Milano dell’organizzazione di Expo 2015 e maggio 2014, con gli arresti che provano ciò che molti a Milano e non solo sostengono da tempo: questo Expo senz’anima (come lo ha definito Carlin Petrini di Slow Food nel corso di un convegno ospitato dall’ISPI) è stata solo una “grande opera”, anzi un insieme di grandi opere che costeranno almeno 11 miliardi di euro.

Le parole di Petrini sono lo spunto per un corsivo pubblicato il primo giugno dal Corriere della Sera, ma chi lo firma – Giangiacomo Schiavi – meno di tre mesi fa sedeva a intervistare Sala, AD di Expo, Pisapia, sindaco di Milano, Maroni, presidente di Regione Lombardia, e Martina, ministro dell’agricoltura a Milano, e non ha incalzato nessuno dei quattro su ritardi (la cancellazione della linea metropolitana M4, la mancata inaugurazione di M5; i cantieri “indietro tutta” di Pedemontana), né sul rischio di una Expo “dimezzata”: come scrive Lorenzo Bagnoli su Altreconomia di maggio 2014, i Paesi ospiti no dovranno pagare alcuna penale se rinunciano a realizzare il loro padiglione, e se continua così – per i cantieri “preliminari” della Piastra espositiva siamo a quasi due anni di ritardo – alcuni potrebbero rinunciare.

Schiavi, pur con distinguo, continua però a difendere Expo, definisce “rubagalline” gli arrestati, ma basterebbero due collegamenti – il dovere del giornalista è quello della “memoria” – per evidenziare la debolezza di questa lettura.

In aiuto, arriva uno scoop di Repubblica, sugli extracosti legati a una gestione “commissariale” ed “emergenziale” degli appalti. L’imbeccata è – oggi – della Corte dei Conti, ma sarebbe bastato ascoltare in questi anni la voce dei No Expo per capire “dove saremmo andati a parare”. A meno di non rinunciare a questa mega-macchina mangia soldi, pagando -fino ad aprile 2013- una penale di poche decine di milioni di euro, irrisoria rispetto allo spreco di denaro pubblico che è già stata e sarà Expo.

Invece, siamo ancora qui, a 11 mesi dall’evento, ad ascoltare senza colpo ferire un ministro in carica parlare di Expo come di una “scommessa”. Se è davvero tale, dopo sei anni, è già persa. Avvertite Maurizio Martina (ministro dell’agricoltura a Milano).

Luca Martinelli
(Altreconomia)

4 commenti

  1. Sinceramente il rischio di un’EXPO dimezzata non lo chiamereri “rischio”.
    Visto che ormai EXPO non si può evitare un flop colossale e tante teste metaforiche che cadono sarebbero una minima soddisfazione.
    Ma l’intreccio di interessi (Bancaintesa, banca di EXPO e azionista determinante di Corsera per fare un esempio)… impedirà che si parli di flop, in ogni caso.
    E Carlin Petrini, che fa la foglia di fico di EXPO con il suo Expo dei Popoli, farebbe meglio ad avere un po’ più di pudore.
    Almeno fino a quando, nel Suo infinito altalenare, non si sia deciso a mollarlo.
    Wolf

  2. Se non cambia rotta, questa nave chiamata Italia affonda. Questo è poco ma sicuro. Tuttavia, finché resiste, sarebbe doveroso ragionare sull’inutilità intrinseca dell’opera chiamata EXPO, così come si dovrebbe ragionare sulla nocività e sulla inutilità del motore a scoppio, la cosa più vecchia che abbiamo, come dice sempre un docente di Verona, iniziando le sue lezioni accademiche. Expo de che? Quella ottocentesca della Torre Eiffel? Sì, ancora quella! Ma a che serve allineare padiglioni per le mostre? A creare mostri. Perché non ci mostriamo reciprocamente via Skype? Abbiamo ancora bisognoso di toccare? Forse sì, finché in molti si affidano al ragazzo del dire, del fare, del baciare, lettera testamento.

  3. In genere i potenti e i loro amici dicono che in Italia non si può fare nulla perchè gli “ecologisti” lo impediscono.
    In realtà ad impedirlo sono spessissimo lo stessi a causa delle loro commistioni col malaffare, con la mafia, con gli speculatori, con i corruttori, con i lobbisti.
    Per fortuna ogni tanto interviene la magistratura e li becca con le mani nella torta….
    Intanto questi signori dovrebbero iniziare a ripulirsi dallo sterco che li insozza e poi potrebbero magari pure lamentarsi degli “ecologisti”.

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