C’è chi pensa che un nuovo governo, “populista” come sprezzantemente lo definiscono molti mass media, cioè del Movimento 5 Stelle, per intenderci, cambierebbe radicalmente lo status quo. È una visione un po’ ingenua, che non fa i conti con la realtà in cui un governo a qualsiasi livello si trova a operare. Ma lo è anche in considerazione del lascito, del fardello, dell’eredità che derivano da chi governava prima. Due esempi relativi al territorio, legati alle due giunte M5S che governano grandi città, Torino e Roma, chiariscono meglio il concetto.
Nella capitale subalpina uno dei fardelli è lo zoo che la giunta Fassino deliberò che dovesse ritornare a Torino. “Ritornare” perché lo zoo Torino ce l’aveva, ma fu chiuso il 31 marzo 1987, dopo infinite polemiche. Ma si sa, in quest’epoca in cui il privato la fa da padrone, ecco il Bioparco Zoom di Cumiana (To) chiedere di riaprire lo zoo su un terreno pubblico, al Parco Michelotti, ed ecco il Comune dire “prego, accomodatevi”.
Di fatto è ciò che è successo quando il Comune ha deciso di fare cassa (non dimentichiamoci il debito contratto dalla giunta Chiamparino con le Olimpiadi invernali) mettendo all’asta la fruizione di tale area pubblica, asta vinta infine dal Bioparco. Ma guai parlare di zoo, potrebbe spaventare, e allora ecco che esso a Torino si chiamerà “Fattoria didattica”.
Il M5S sarebbe probabilmente contrario alla riapertura di uno zoo proprio sotto il suo governo, ma rinunciarvi adesso significherebbe dover pagare un salato risarcimento danni, almeno così afferma l’attuale governo cittadino. Tutta la vicenda non è piaciuta affatto alle associazioni animaliste e Pro Natura Torino: davanti al Tar Piemonte hanno impugnato la “concessione di valorizzazione” (sic!) evidenziando le criticità della procedura di assegnazione. Resta lo squallido aspetto che la precedente giunta, pur di fare cassa, non aveva messo dei paletti all’asta, proprio al fine di evitare che ritornasse quello zoo che la popolazione volle chiuso anni fa, e certamente non vorrebbe neppure oggi.
E veniamo a Roma, dove l’eredità molto più pesante (anche letteralmente) è costituita dal nuovo stadio della Roma. Si sa, dopo che la Juventus ha avuto una sorta di regalo dal Comune di Torino (concessione di 99 anni a fronte di un canone di appena venticinque milioni di euro) e ha potuto realizzare lo Juventus Stadium, migliorando in tal modo anche i propri bilanci societari, è nata una corsa da parte delle maggiori società calcistiche a possedere un proprio campo, e non già più un campo comunale.
Si è mossa celermente la Roma che ha dato incarico a una grossa società privata di individuare l’area su cui erigerlo, individuata in Tor di Valle. E poi ha presentato il progetto al Comune (tenuto sempre opportunamente fuori dalla procedura) affinché lo approvasse. Ovviamente la giunta Marino ha detto: “Sì, accomodatevi”. Ma ecco succedere la giunta Raggi, con un assessore all’urbanistica attento al territorio e al consumo di suolo, Paolo Berdini.
E Berdini ribadisce la propria contrarietà allo stadio, specie in quella ubicazione, perché l’area è soggetta a esondazione, tant’è che è previsto l’uso di un’idrovora, tra l’altro con costi di utilizzo a carico della comunità: “(Lo stadio) lo si poteva progettare in altri mille luoghi. Nei Paesi civili non si mette un’idrovora per costruire lo stadio. Il disastro sarà per il sindaco di Roma, non per Pallotta. In quale altra città del mondo si fa una cosa del genere? Scegli un’area sbagliata, che è sottoposta a esondazione, dopodiché metto una pompa che vi faccio pagare e ve la do in gestione. È pazzia”.
Ma Berdini è anche nettamente contrario al consumo di suolo che si vorrebbe mettere in atto a corredo dello stadio, e che comporterebbe 220 milioni di costi.
Ma, anche qui, la frittata ormai è fatta e l’opera, anzi, le opere, sono in sede regionale per il via libera definitivo, tramite conferenza di servizi. Cosa farà il Comune? Accontenterà il proprio assessore (ma anche qui andando incontro al rischio di arrecare un danno, nel caso alla società calcistica)? Oppure andrà avanti sulla strada segnata dalla giunta Marino, rischiando però di perdere l’assessore?
E ricordiamo che Berdini ha il sostegno di tutto il movimento ambientalista, e soprattutto di Salviamo il Paesaggio, che racchiude al proprio interno tutto il mondo che ha a cuore la difesa del territorio. Insomma, le eredità a Torino e Roma non riguardano solo la qualità dell’aria e la gestione dei rifiuti.
P.S. Mentre scrivo scoppia in Campidoglio lo scandalo Marra: un’altra eredità del passato, a cui si poteva ben rinunciare!
Fabio Balocco
(da Il Fatto Quotidiano)