Basta consumare territorio in questa regione!

Basta consumare territorio in questa regione”, così recitava, nel discorso di apertura della campagna per le regionali del 2010, Vasco Errani, attuale governatore dell’Emilia-Romagna, strappando applausi a scena aperta. Ed è andato ripetendo la stessa identica cosa in tutti i comizi, in tutte le piazze, salvo poi far sparire dall’agenda politica il problema del consumo del suolo, subito dopo aver vinto le elezioni. Guarda qui http://www.youtube.com/watch?v=RkGO9fOoTPI&feature=youtu.be
Per mandare un promemoria ad Errani, la sua giunta e tutte le amministrazioni comunali di questa regione, qualcuno ha aperto questo sito: https://consumoterritorioemiliaromagna.crowdmap.com/ andateci ed inviate anche a noi di “Salviamo il paesaggio” le segnalazioni di nuovi casi di consumo di suolo in Emilia-Romagna a partire dal 1 dicembre 2011.
Basta consumare territorio in questa regione.

In venti anni la superficie cementificata in Emilia-Romagna è raddoppiata, a parità di popolazione. Qualche domanda bisognerebbe porsela se, a Bologna ad esempio, s’è coperta di cemento una superficie pari a 6500 volte la grande Piazza Maggiore negli ultimi 10 anni, ovvero 45 CHILOMETRI quadrati!
Eppure i proclami continuano incessanti. La Giunta a guida del Comandante Errani continua a blaterare parole vuote – che per loro non hanno alcun significato: “stop al consumo del territorio” o “cemento zero” sono solo slogan da agitare in campagna elettorale o nei discorsi ufficiali, ma nella realtà si continua a costruire e distruggere il nostro territorio.

Scompare la terra a causa degli astri malefici

“Il consumo del suolo è una minaccia inarrestabile”: il lettore rilegge il titolo tre volte, incredulo, fino a dovere riconoscere che quanto legge non è illusione: la cover story dell’ultimo numero di Agricoltura (settembre, n.9), il mensile dell’Assessorato regionale dell’agricoltura, titola esattamente così. I dati con cui il solerte redattore dimostra la drammaticità del fenomeno sono obiettivamente inquietanti: “I dati di Corine Land Cover (Versione 13/2010) indicano per l’Emilia-Romagna una perdita media di suolo agricolo di circa tre ettari/giorno (2,73 nel periodo 1990-2000 e 2,51 tra il 2000 ed il 2006). Tuttavia dati più accurati prodotti a livello regionale consentono di stimare un valore di circa otto ettari/giorno, nel periodo 1976-2003, e addirittura di 10 ettari/giorno nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2008”. Scrive al proposito la sezione regionale di Italia Nostra sul sito eddyburg.it: “Conquistando un ambito primato nazionale, la regione Emilia-Romagna avrebbe coperto di cemento, nell’arco temporale compreso tra il 2003 e il 2008, dieci ettari di suoli agricoli ogni giorno. E’ sufficiente una semplice moltiplicazione per verificare che il dato corrisponde alla sottrazione, alla sola agricoltura emiliana e romagnola, ogni quattro anni, della potenzialità produttiva di un milione di quintali di frumento. Siccome il pane quotidiano degli italiani corrisponde al fabbisogno di 70 milioni di quintali annui, e la sottrazione del suolo agricolo ha privato l’agricoltura nazionale, negli ultimi venti anni, della superficie equivalente a 60 milioni di quintali (che, per non rinunciare a colture diverse, l’Italia sarà per sempre costretta a importare), il contributo emiliano romagnolo alla distruzione della risorsa necessaria alla prima esigenza di qualunque società umana è palese e inquietante. Se consideriamo la travolgente rivoluzione imposta ai mercati mondiali delle derrate dalla nuova domanda asiatica e dalla decisione americana di convertire in carburante un quarto della propria produzione cerealicola, dobbiamo riconoscere di essere di fronte a un autentico delitto contro le generazioni future”.

Il periodico ufficiale dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione proclama che la conversione dei campi sarebbe una minaccia inarrestabile; il che significa, tale che nessuno potrebbe arrestarla. Rilegge il titolo, verifica, in prima pagina chi diriga la pubblicazione, constata che è lo stesso autorevole assessore all’agricoltura. L’incredulità allora si converte in sconcerto e lo sconcerto assume le connotazioni dello sgomento. E sorge automaticamente la domanda: lo sviluppo regionale è un processo di cui è possibile il controllo? Ed è legittimo che vi sia chi proclama di indirizzarlo secondo i criteri della “sostenibilità”? O invece è fenomeno che si sottrae ad ogni umano potere, soggetto alle influenze di astri malevoli? Si dica però agli elettori che non esiste assessorato regionale in grado di controllare il divenire dell’ambiente e si riconosca, per coerenza, che chi si proclama tutore dello sviluppo “sostenibile” gioca sul soddisfacimento dei bisogni essenziali delle generazioni future.

Ma è mai possibile che l’assessore di oggi (e l’intera Giunta regionale), e prima di lui i suoi predecessori, non abbiano percepito che l’entità della progressiva sottrazione dei suoli agricoli in Emilia-Romagna costituisce un autentico delitto verso la sicurezza delle generazioni future? Che la minaccia inarrestabile fosse ignota non sembra credibile. Soprattutto, ad esempio, scendendo alla scala provinciale e arrivando a Modena, dove la Giunta provinciale ha proclamato, in diverse circostanze, la propria ferma determinazione ad arrestare la conversione in cemento dei suoli agrari (ma potremmo constatarlo per ognuna delle altre Province della regione), dichiarando che quella conversione si misura, sul territorio provinciale, in 350 ettari all’anno (2005), entità enorme per un territorio in parte rilevante montagnoso e nel quale i suoli di reale valore agrario costituiscono un capitale sicuramente prezioso. Se sono lodevoli i proclami, attraversare le campagne modenesi (ma anche quelle reggiane e parmensi) su una qualsiasi delle strade che le solcano, impone la domanda sulla coerenza di chi li emana. Per esempio, percorrendo la Fondovalle Panaro arriviamo a Marano che ha sepolto, con una sola operazione edilizia, i meravigliosi terreni su cui fiorivano orti e frutteti, raddoppiando così la superficie del proprio insediamento urbano (ma di casi analoghi ne è pieno il nostro territorio). Come è stata possibile una simile impresa dopo il solenne impegno degli amministratori provinciali a frenare la distruzione del territorio agricolo? O coloro che governano quel paese sul Panaro hanno violato regole che lo vincolavano, o chi a Modena (ma anche in Regione) ha proclamato l’arresto dell’urbanizzazione selvaggia non diceva sul serio.

2 commenti

  1. Condivido al 99% l’opinione di Emiliano, tranne quell’1% in riferimento a politici di scarso spessore. Errani dice chiaramente: “occorre investire sul sapere” cioè è necessario un cambio di mentalità nelle persone, un vero e proprio processo riformista, che lui con convinzione dice, ribadisce, quasi grida affinchè venga recepito, ma ciò non può accadere all’istante nel momento in cui viene proclamato, ci vuole tempo e lavoro difficile che a suo tempo qualcosa realizzeranno in questa direzione. Così è impensabile pretendere che se a Febbraio 2010 si diceva una cosa, a Dicembre 2011 il mondo sarebbe cambiato. Cambiare mentalità alle persone richiede il più delle volte un cambio di generazione e proprio sulle nuove generazioni si sta procedendo a un nuovo approccio di pensiero, quello che include proprio il rispetto per l’ambiente. Poi, con la recessione della politica, ben venga che qualcuno continua a fare qualcosa, meglio forse per un settore rispetto un altro, nessuno è perfetto, ma giustamente i cittadini non devono esserci solo per accusare e offendere, devono puntare su maggior capacità di presenza, di dialettica, di attività in massa e/o attraverso rappresentanze significative. Ricordo anche che Errani proviene da una formazione letteraria-filosofica significativa e fondamentale per fare politica, i tecnici potrebbero avere maggiori difficoltà ad interpretare la natura intellettuale dei suoi discorsi perchè più sintonizzati su soluzioni a breve termine. Ci vogliono tavoli di confronto che vedano la presenza sia di politici che di tecnici perchè le due posizioni, in stretta collaborazione, si compensano e si completano.

  2. Finchè la politica non inizierà ad indirizzare e a guidare l’imprenditoria, salvaguardando gli interessi della maggioranza dei cittadini, il processo appare davvero inarrestabile. Purtroppo spesso anche il cittadino è “complice” di questo sistema, non informandosi e non partecipando attivamente alla vita politica; la delega in bianco a politici di scarso spessore, che sono manovrati dal potere imprenditoriale, non può che portare ad un continuo consumo di suolo, in barba agli strumenti urbanistici vigenti. D’altronde spesso la cementificazione è ancora sinonimo di sviluppo e posti di lavoro.
    Sviluppo e posti di lavoro sono gli slogan preferiti dai “cementificatori” a cui un sindaco debole, espressione diretta della classe imprenditoriale e non della maggioranza, farà molta fatica ad opporsi.

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