Prato: l’agricoltura scende in piazza per la famiglia Giuliani

PRATO. Chi ha il trattore porti il trattore, chi possiede una zappa faccia con quella e chi viaggia al seguito di cavalli e mucche non esiti a far sentire a tutti i passanti il loro robusto passo.

Domenica 15 gennaio Prato si sveglierà con un’insolita manifestazione di protesta degli agricoltori.

(la manifestazione inizierà alle 11, da via Arcivescovo Martini)

“Portiamo l’agricoltura in piazza”, è lo slogan della manifestazione.

A sostegno di un caso sì particolare – lo “sfratto” della famiglia Giuliani dal podere di Capezzana – ma che diventa emblematico di come determinate scelte politiche e urbanistiche possano “sacrificare” e sottrarre terreni all’agricoltura a svantaggio delle produzioni locali (il pane prodotto con grano Verna e messo in vendita al panificio Fogacci è una specialità coltivata nei terreni dei Giuliani).

Fitto l’elenco delle adesioni alla manifestazione che promette di richiamare tanti cittadini e… animali: associazione Parco Agricolo, Coldiretti, Cia, i Gas, associazione Pegaso, Acat Pratese, Legambiente, Terra Rara, Maneggio Chiavacci e personalità singole come Marco Ciani, presidente dell’Unione dei Comuni della Val di Bisenzio.

Il corteo servirà a sensibilizzare e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica anche sui sacrifici che stanno facendo tanti agricoltori pratesi che devono competere con il mercato globale e fare i conti con il rialzo dei prezzi, ad esempio, per il gasolio che serve ad alimentare i trattori. «Portiamo l’agricoltura in piazza – dicono gli organizzatori – per favorire l’ingresso dei giovani in agricoltura, per lasciare loro un ambiente più sano e un futuro migliore».

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Un’arca di Noè a rischio sfratto

In un terreno vicino a Capezzana il Comune vuole costruire 180 appartamenti

(di MARIA LARDARA)
da Il Tirreno, Cronaca di Prato

PRATO. L’Arca di Noè di Giuliana Giuliani vuole rimanere a galla. È un’Arca in mezzo alla città, dove una femmina di pastore Maremmano ha partorito prima di Natale cinque splendidi cuccioli. E dove una vitellina di poche settimana non si separa mai dalla mamma, una pregiata razza Calvanina. E poi cavalli, conigli, galline. Ma non è l’Arca di Noè. E non siamo nemmeno in campagna. Si sentono camion sfrecciare a tutta velocità lungo la Declassata: il borgo di Capezzana è poco distante da lì. Su quella stalla che è cuore pulsante di nuova vita pende una sorte incerta.

La “colpa” della famiglia Giuliani (lì dal 1961 con un antico contratto di mezzadria) che l’11 gennaio prossimo riceverà la seconda visita dell’ufficiale giudiziario, sarebbe quella di alloggiare in una vecchia proprietà dell’opera pia Salvi Cristiani, passata nelle mani del Comune nel 1999. E da lì dovrebbe fare le valigie. Via la fattoria con gli animali (Giuliana, che è tra le fondatrici dell’associazione Parco Agricolo di Prato, è una veterinaria specializzata in cavalli e bovini), spezzati i sogni di una terra agricola coltivata che ha sempre dispensato tanti frutti (come la produzione del pane Verna, uno dei progetti di filiera corta, oltre alle esperienze di fattoria didattica per le scuole della zona).

L’11 novembre scorso l’amministrazione ha chiesto il rilascio dell’immobile con i 9 ettari di terra annessa, ma la controrichiesta dei legali che assistono i Giuliani è la sospensione dell’esecuzione perché, a sentire la famiglia, il Comune dovrebbe prima indennizzare la famiglia per gli investimenti fatti in questo lungo arco di tempo e la perdita di 11 ettari di terreno che originariamente facevano parte della proprietà (in tutto 20 ettari) e riacquisiti dal Comune dal 2001 in poi (i terreni si estendevano fra l’attuale parcheggio Nenni, l’Ippodromo, la zona dell’attuale Omnia Center e via Reggiana dove ha comprato Coop).

Ma cerchiamo di ricapitolare le tappe di una vicenda che risale all’epoca dell’ultima giunta Mattei e poi giunta Romagnoli.

L’equivoco sul poter costruire. I primi guai per la famiglia arrivarono nel 2002 quando un accordo firmato con il Comune imponeva al padre di Giuliana, mezzadro giunto a Prato nel 1961, la chiusura dell’azienda agricola in cambio di un centinaio di metri quadri di edificabile e un migliaio di resede.

«Mio padre restituì la partita Iva ma la concessione edilizia non fu mai rilasciata finché nel 2004 l’accordo siglato nei due anni precedenti fu riconosciuto nullo, in quanto non si poteva impegnare un atto nei confronti del privato “regalandogli” terreno edificabile. Non avendo nessun titolo, dovevamo insomma andarcene – racconta Giuliana – Ma fu mio padre, in una lettera datata 1982 e poi ritrovata, a chiedere a suo tempo la conversione del contratto di mezzadria in affitto. Non fu accordata perché il Comune di Firenze (da cui dipendevano prima del 1999 le proprietà dei Salvi Cristiani, ndr) era amministratore e non proprietario di quelle terre. Secondo il giudice, l’accordo del 2002 fu riconosciuto sì nullo ma noi stavamo in questa casa con tutti i diritti».

Variante urbanistica. Per uscire dall’empasse, nel 2006 l’ex mezzadro fu a un passo dall’accettare l’offerta del Comune per comprare la casa. Valore dichiarato dal catasto: 450mila euro. Operazione fattibile, insomma. «Fummo convocati dall’allora vicesindaco Bencini: il prezzo dell’immobile era lievitato a 720mila euro, una volta modificata la destinazione d’uso da agricola e residenziale. La vendita saltò».

Nel 2007 s’iniziò a discutere di Variante sulla Declassata, poi approvata nell’aprile 2009. La previsione urbanistica (ripresa nell’ultimo Piano strutturale) parlava in modo chiaro. «Vogliono costruire 180 appartamenti sull’area dove insistono oggi i recinti dei cavalli, in tutto 1 ettaro e 6mila metri quadri».

 

Info e contatti:

Legambiente Prato: paolo_balestri@libero.it
Giuliana Giuliani: giuliani.giuliana@libero.it

 

9 commenti

  1. Grazie a tutti per il sostegno, la condivisione, l’amicizia; domenica 15 gennaio oltre agli agricoltori anche tante altre persone sono scese in piazza a Prato non solo per sostenere la nostra causa ma per prendere una posizione contro le scelte politiche locali, che poi rispecchiano quelle nazionali. Dopo l’evento vi è stata una sola secca risposta da parte dell’Assessore al Patrimonio, che afferma di voler andare avanti per l’iter giudiziario già intrapreso. ( I terreni da noi coltivati erano proprietà dell’Opera Pia Salvi Cristiani, ente dichiarato inutile dalla Regione Toscana nel 1997 e passati di proprietà al Comune di Prato, che, dal 1999 sta facendo di tutto per rientrarne in possesso a pieno titolo e “valorizzarli” vendendoli all’asta a chi è in grado di competere, cioè a grosse imprese).
    Condivido con chi ha scritto che bisogna entrare in politica per coagulare il malessere dilagante, dopo aver manifestato!
    Vi informerò sugli sviluppi della vicenda…
    Intanto potete trovare sulla mia bacheca quanto i media hanno detto e scritto sulla manifestazione, mentre ringrazio pubblicamente Maria Lardara, la giornalista che coraggiosamente ha iniziato da luglio scorso a rendere pubblica questa vicenda sulle pagine locali del Tirreno. Un caro Saluto a tutti Giuliana Giuliani

  2. Cosa dire?
    Credo che si dovrebbe riflettere bene su una cosa di questo genere….la famiglia Giuliani dovrebbe essere risarcita ma non solo della eventuale perdita del terreno ma per il lavoro che hanno fatto in tutti questi anni “PIU’ DI MEZZO SECOLO” dove loro hanno messo il sudore per mantenere un territorio con la sua coltura e cultura mentre nel frattempo c’è chi continua a distruggere il pianeta a scapito di loro che continuano a conservarlo.
    Queste situazioni vanno conservate , aiutate e appoggiate, perchè non possiamo vivere di solo cemento.
    Domanderei a chi pensa di saperne di più……: quando un giorno avremo bisogno di un pezzo di pane chissà se possiamo mangiare un pezzo di cemento?
    In bocca al lupo e che qualcuno molto più in alto di come possiamo immaginare possa far capire a questo mondo che quando avremo distrutto tutto, ci accorceremo solo in quel momento che non possiamo mangiare il denaro!

  3. E’ una vergogna che in Comune si comporti in questo modo, perche’ non ristrutturano i tanti edifici in abbandono invece di rubare “verde” ai cittadini e al privato!
    Ma e’ colpa nostra; infatti, chi li ha votati i nostri politici??
    Chi mette ancora i soldi in Banca e da quindi loro il potere?
    Possibile che gli arabi siano piu’ capaci di noi a scrollarsi di dosso le “zecche”?

    FACCIAMO UNA RACCOLTA FIRME PER QUESTA VICENDA.
    Paola Pavanelli LUCCA

  4. aiutiamo chi lavora per il futuro,l’agricoltura a km 0,non per chi lavora per il passato,le colate di cemento..!!

  5. Non ho capito a fondo la vicenda, ma è chiaro dove si vuole arrivare: altro inutile cemento su terreno agricolo, in un paesaggio senza pari al mondo.
    Siamo alla mercè di una classe politica e amministrativa asservita a palazzinari senza scrupoli, che da anni stanno rovinando il paese erodendo il territorio.
    Manifestare e denunciare va bene ma non basta, bisogna scendere in politica e coagulare il malessere che tanti avvertono davanti allo scempio.
    In quanto alla famiglia Giuliani penso che ogni attività agricola sia in definitiva un baluardo contro la barbarie, bene primario che va difeso più di ogni altro lavoro, perchè ci da il pane, tutela l’ambiente e il paesaggio.
    Gli agricoltori andrebbero salvaguardati in tutti i modi, sono loro alla base della piramide sociale: senza di loro il futuro è davvero a rischio.

  6. penso che un Comune che pensa ancora a fare cassa con il Cemento a spese del terreno agricolo è perfettamente in linea con gli interessi degli speculatori che ci stanno portando alla rovina morale ed economica.

  7. Esistono delle responsabilità collettive e delle responsabilità individuali. Se non interveniva un cavillo legale il sig Giuliani avrebbe venduto il terreno (un suo diritto!) e un pezzo di terreno in meno. Fortunatamente molti contadini non vendono e pensando che venduta la terra non hanno più alcun mezzo di produzione. L’artigiano vende il frutto del proprio lavoro, vende l’azienda e ne fa un’altra, il contadino vende la terra e finisce tutto! Forse per questo la proprietà di edificabilità dei suoli non dovrebbe essere nelle mani di pochi, singoli individui ma della collettività.

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