“La Natura dell’Italia”, conferenza su parchi e green economy: attenzione ai compromessi!

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L’11 e 12 dicembre a Roma, si tiene la Conferenza La Natura dell’Italia, Biodiversità e Aree protette: la green economy per il rilancio del Paese. Un’iniziativa importante, che ha senz’altro il pregio di riportare alla ribalta nazionale i temi della tutela ambientale e del sistema delle aree naturali protette.

Nella prima giornata saranno affrontati in 4 differenti sessioni temi diversificati, ma tutti direttamente o indirettamente collegati e connessi con la gestione delle aree protette.

I documenti preparatori messi a disposizione ci danno un’anticipazione di quali argomenti si intendono affrontare e con quale approccio; l’obiettivo è quello di puntare al rilancio dell’economia italiana ripartendo dall’immenso capitale naturale che caratterizza il nostro Paese, dalle aree protette all’agricoltura, ai prodotti tipici, all’artigianato di qualità (così si legge nella pagina appositamente dedicata nel sito web del Ministero dell’Ambiente).

Ogni tema, in sostanza, viene trattato tenendo a mente la dialettica tra visione “conservazionista” e “sviluppista” delle aree protette, di cui si propone il superamento verso un modello che coniughi sviluppo e conservazione della natura (per i rilancio dell’economia italiana…). E questa contrapposizione e ricerca di “compromesso” emerge, in particolare, proprio nel documento preparatorio della sessione 1, intitolata Aree protette e rete natura 2000 strumenti per coniugare la conservazione e lo sviluppo economico.

Che ci sia ancora molto da valorizzare, è indubbio. Che peraltro l’azione delle aree protette abbia implementato le economie locali, lo si deduce, ad esempio, dai dati sul turismo di qualità nei parchi, in continua ascesa, e dall’occupazione diretta e indiretta basata sulle attività di tutela.

Ma l’idea che nelle aree naturali protette ci sia spazio per altre attività economiche non basate sulla primaria attività di tutela, e non selezionate da questa, non ci pare convincente né attuabile senza modificare la ragion d’essere stessa delle aree protette.

Sempre che non si voglia intaccare con “compromessi” più o meno eticamente accettabili il patrimonio naturale di riconosciuto eccezionale valore ambientale che lo Stato ha affidato alla tutela delle Aree Protette. Il documento, insomma, se da un lato si propone giustamente di superare la contrapposizione tra conservazione e sviluppo – essendo i valori naturali e ambientali ben conservati l’elemento fondate per ogni possibile strategia di sviluppo – dall’altro contribuisce a rimarcare tale contrapposizione che, secondo il documento, dovrebbe essere superata, appunto, mediante “compromessi” in cui, evidentemente, la conservazione di beni comuni dovrebbe poter essere in alcuni casi “sacrificata” agli interessi particolari locali.

Migliorare l’incidenza di attività veramente compatibili con la tutela della Natura è possibile, ma ci preme far presente che i parchi italiani sono già in grande affanno per l’obiettivo primario della Legge 394/91, quello della conservazione e tutela della biodiversità, e che a nostro avviso lo sviluppo sostenibile (termine spesso banalizzato e strumentalizzato negli ultimi anni) non può essere messo alla pari delle finalità di tutela, bensì deve essere una sua conseguenza e uno strumento per il raggiungimento di tale obiettivo primario. Non pare realistico voler far carico alle Aree Protette di ulteriori responsabilità, tenuto conto della loro attuale situazione critica e difficile per garantire gli obiettivi minimi di Legge. 

Concordiamo sulla necessità di una gestione manageriale orientata ai risultati, con obiettivi strategici chiari e risultati misurabili, migliorando la percezione delle Aree Protette da parte dei cittadini e quindi favorendo la loro partecipazione e accettazione, mitigando i conflitti. Anzi, la tutela delle risorse naturali e culturali, affidata alle aree protette da convenzioni e normative internazionali e nazionali, non può che essere il punto di riferimento primario delle politiche gestionali, e non oggetto di possibili ambiguità. Auspichiamo che i lavori della Conferenza ribadiscano questo principio basilare.

La misurazione dei risultati e la valutazione dell’efficacia non possono, tra l’altro, essere conditio sine qua non per l’erogazione dei fondi (dal documento della sessione 1) e quindi per l’esistenza stessa dei parchi, la cui utilità è dimostrata in radice. Non dobbiamo dimostrare l’utilità degli ospedali, del medico di base, delle migliori conquiste della nostra civiltà contemporanea, ma caso mai rimuovere le cause delle inefficienze – ove per caso ve ne siano, ma allora il discorso deve partire da un’analisi delle difficoltà oggettive del sistema – o addirittura di mancata misurazione dei risultati o di predisposizione degli strumenti per la misurazione, a partire da quelli obbligatori.

E che ad oggi si siano investite “ingenti risorse(dal documento della sessione 1) per la gestione dei Parchi ci pare una novità assoluta. Gli enti di gestione dei parchi nazionali hanno a bilancio quasi esclusivamente fondi per la copertura delle cosiddette spese obbligatorie, mentre quelle per la tutela della biodiversità sono davvero irrisorie.

Pur apprezzando l’impegno del Ministero dell’Ambiente nel prevedere risorse destinate alla conservazione della biodiversità, il decreto di riparto relativo alle risorse del 2012 per i parchi nazionali era di € 2.180.000, ovvero una media di 95.000 euro a Parco nazionale! E i fondi per il 2013 dovrebbero essere quasi equivalenti.

Ci viene da pensare che se non fosse per i finanziamenti straordinari, come quelli comunitari (in cui i risultati peraltro si verificano eccome!) della Natura d’Italia ad oggi non resterebbe che parlare per pura accademia!

10 dicembre 2013
394 Associazione Nazionale Personale Aree Protette
www.associazione394.it

 

3 commenti

  1. Se vogliamo fare come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo,facciamo pure, ma…Marco ha colto nel segno.
    Dietro alla Green Economy, si celano sempre gli stessi personaggi provenienti dalle “primarie associazioni ambientaliste italiane”, che hanno fatto eleggere i loro ex direttori generali o ex presidenti nel PD.
    Hanno nominato presidenti di Commissione e stanno per fare un nuovo Partito puntanto sul nome Green.
    Bene, per meglio capire, chiunque può farlo cliccando: legambiente sorgenia centrale vado ligure. Buona lettura

  2. Queste conferenze sulla Green Economy applicata alle aree naturali protette sono pericolosissime e segnano una ulteriore involuzione della politica protezionistica in Italia.
    Sono il frutto della degenerazione affaristica che ha colpito alcune primarie associazioni ambientaliste italiane (2 o 3, per ora, ma grosse e molto abili a sapersi vendere alle istituzioni, ai partiti e ai media) e della enorme speculazione delle rinnovabili industriali che hanno devastato almeno mezza Italia e che hanno “insegnato” ad un sacco di gente come si fa a rovinare i territori facendo credere che si sta facendo qualcosa di “ecologico”.

  3. Purtroppo l’idea del rendimento si insinua ovunque e non si riesce a capire come la tutela per certi territori sia un valore in sè, ambientale, culturale, etico, a prescindere dalla mentalità da bottegai che tutto deve sempre e comunque essere fatto per un ritorno economico.
    Speriamo in meglio nel futuro.

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