Nel padovano chiude Italcementi, i politici a corto di idee incolpano gli ambientalisti, che rilanciano: “denunciateci tutti”!

monselice

Nel padovano chiude l’Italcementi. La crisi dell’edilizia e le numerose problematiche collegate a quest’impianto sono la vera causa della chiusura. Non certo i comitati che si battono per la salute pubblica come qualcuno prova a sostenere.

Questa la segnalazione pervenuta dai comitati “E noi?” e “Lasciateci Respirare

L’industria cementiera bergamasca Italcementi ha annunciato che il 31 dicembre chiuderà i battenti dello stabilimento di Monselice (PD). 400 lavoratori resteranno senza lavoro.

Una manovra per mettere a posto i conti dell’azienda, a seguito della crisi dell’edilizia e soprattutto per il fatto che le cave si trovano a 40 km dallo stabilimento, sui Colli Berici vicentini.

La notizia è comunque inattesa, poichè poco tempo fa l’azienda aveva annunciato il “revamping” del cementificio, destando non poco preoccupazione tra i residenti di Monselice, un’area già molto inquinata a causa della presenza sia dei cementifici che di altri impianti, origine di notevoli emissioni in atmosfera.

In più non bisogna dimenticare che il cementificio, anzi i cementifici, sono collocato niente di meno che in un Parco Regionale, con un piano ambientale, che la Regione sta pensando di cambiare, ma che al momento prevede specifiche prescrizioni.

Quando il revamping è stato annunciato, i cittadini non sono rimasti a guardare, e hanno organizzato una fiaccolata di protesta a settembre dello scorso anno.

Ciò che è desolante sono le dichiarazioni di questi giorni del vicesindaco di Monselice Gianni Mamprin, dell’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan e del presidente di Confindustria Padova, che stanno scaricando la colpa della chiusura e del licenziamento di 400 lavoratori sui comitati di cittadini e ambientalisti.

A fronte di una contrazione del mercato del 50%, è insensato sostenere che sono gli ambientalisti ad essere i responsabili di questo licenziamento.

 

Aggiornamento del 6 febbraio 2014

Legambiente scrive agli amministratori di Monselice: denunciateci tutti!

Lettera inviata ieri 2 febbraio 2014 al Sindaco di Monselice Lunghi e al Vicesindaco Mamprin

Egregi amministratori di Monselice, denunciateci tutti!

L’annuncio che il sindaco di Monselice Francesco Lunghi e il vicesindaco Gianni Mamprin vogliono intentare un’azione civile (class action) contro i presidenti dei comitati, i sindaci di Baone ed Este e quanti, con ricorsi o esposti alla magistratura, hanno contrastato il revamping Italcementi, ci mette nella condizione di autodenunciarci.

Anche noi infatti abbiamo sostenuto che il progetto di ristrutturazione presentato da Italcementi era incompatibile con il Piano Ambientale del Parco Colli Euganei.

Anche noi abbiamo affermato che era giunto il momento di pensare al ridimensionamento della produzione del cemento e quindi della presenza di tre cementifici nel raggio di 5 km.

Anche noi abbiamo valutato che la crisi fosse un’occasione per aprire una riflessione approfondita sulla questione cementifici, puntando l’attenzione sull’ambiente, sulla qualità dell’aria, sulla salute dei cittadini, sulla salvaguardia del paesaggio, partendo da qui per cambiare modello di sviluppo.

Dispiace solo che in questa preannunciata, improbabile “class action all’incontrario”, fatta cioè – con spirito da palio – da cittadini contro altri cittadini anziché da cittadini contro qualche grossa industria inquinante (ricordate il film Erin Brockovich?), gli amministratori di Monselice abbiano coinvolto lavoratori in comprensibile ansia per il posto di lavoro e cittadini provati dalla crisi. Li hanno convinti che i loro veri nemici sono gli ambientalisti e magari gli operai di Rezzato, dove Italcementi ha deciso di dirottare l’investimento.

Ci saremmo attesi dai rappresentanti delle istituzioni locali e del Sindacato, anziché l’idea balorda della class action, una più seria e approfondita analisi sulla crisi economica , sulle sue conseguenze e su possibili percorsi per uscirne, trovando nuove soluzioni per rendere il nostro territorio appetibile per nuovi investimenti capaci di creare posti di lavoro in settori non decotti come quello del cemento.

Allora, egregi amministratori di Monselice, denunciateci tutti!

Circolo Legambiente “Dai Colli all’Adige” di Este
e-mail: legambiente.este@alice.it
www.legambienteeste.altervista.org

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Approfondimenti

«Stop dettato dal mercato, non dai giudici» – I sindaci Corso e Piva sulla decisione di ridurre il cementificio a un centro per la macinazione

Italcementi, il vicesindaco: faremo una class action – Mamprin dichiara che chiederà i danni ad ambientalisti e ai sindaci di Este di Baone “rei” di aver osteggiato il revamping

Il presidente di Confindustria Padova: «Italcementi, vicenda simbolo della deriva anti-industriale del Paese. Così si mortifica chi ha ancora il coraggio di fare investimenti».

5 commenti

  1. Passiamo la vita intera a lavorare e poi moriamo.
    Lavoriamo per guadagnare soldi per poter comprare (almeno) il cibo per poterci nutrire e quindi continuare a sopravvivere fino alla morte.
    La nostra società si basa sul consumismo sfrenato: si produce, si compra, e si consuma, si produce, si compra e si consuma. E così si va avanti all’infinito.
    Che cosa si ottiene??
    Si ottiene una FALSA FELICITA’. Ecco che cosa si ottine!
    L’uomo pensa di essere felice perchè ha un lavoro, perchè guadagna bene e può permettersi una bella casa, può permettersi la bella macchinina, il televisore a 45 pollice 3D o il cellulare di ultima generazione ma tutto questo è assurdo perchè questa non è felicità.
    La maggior parte degli uomini (inteso come razza e non come sesso maschile) non sa neanche che cosa sia la felicità.

    L’uomo DEVE tornare a raggiungere la vera felicità.
    Vi siete mai chiesti quale sia lo scopo dell’uomo sulla terra??
    E’ una domanda che faccio soprattutto ai politici, agli economisti, agli imprenditori ma anche a tutti i lavoratori che lavoravano a Italcementi.

    …secondo me, lo scopo dell’uomo sulla terra è quello di AMARE ED ESSERE AMATI.

    Tutto questo per dire che per vivere non è assolutamente necessario tutto quello che abbiamo oggi e quindi ben venga la chiusura di Italcementi.

    DOBBIAMO CAMBIARE!

  2. I cementifici inquinano più di quanto si possa immaginare. Nel cemento finiscono spesso le ceneri degli inceneritori ed altri rifiuti tossici.
    L’Italia è stat saccheggiata dalla cementificazione selvaggi. Bisogna tornare a costruire case che non durino una o, al massino due generazioni, come qeulle in cemento armato che si fanno oggi. Mi voglio collegare, ampliandolo, all’intervento di Gaia Baracetti, sul ricatto occupazionale e sulla necessità di distribuire il lavoro fra tutti quelli che hanno voglia e bisogno di lavorare. Se Keynes fosse ancora vivo esulterebbe nell’apprendere che il lavoro, per merito (e non per colpa) dell’automazione, sta finendo.
    Lui, che di economia qualcosa ne capiva, pensava che , trasferendo alle macchine gran parte dell’onere e della fatica per produrre la ricchezza necessaria all’umanità, questa avrebbe potuto sfruttare il tempo libero conquistato per migliorare la propria persona, i propri rapporti con il prossimo e con il mondo intero. E per creare, in definitiva, maggiore felicità per tutti.
    Keynes, che era un economista di indubbio valore, non aveva, però, sufficiente malizia da immaginare cosa può produrre la fantasia, l’avidità e la sete di potere degli esseri umani.
    La cosa che personalmente mi sconcerta di più, tuttavia, è l’incapacità della stragrande maggioranza delle persone (plagiate da un bombardamento mediatico senza precedenti, è vero, ma pur sempre proprietarie di un cervello funzionante) di capire che il problema della disoccupazione è secondario ad una distribuzione del lavoro del tutto strumentale e finalizzata agli interessi dei principali gruppi di potere che controllano la nostra società. La disoccupazione come strumento di controllo sociale. Sic et simpliciter. Forse a questo punto, per chiarire meglio il concetto, può essere utile scendere nel particolare. Chi sono i gruppi di potere che usano la disoccupazione a proprio vantaggio? La risposta è semplice:

    I politicanti (stavo per scrivere “politici” ma mi sono corretto in tempo)
    La finanza (che ora si avvia ad ottenere il controllo totale , attraverso l’acquisizione progressiva, anche dell’industria)
    La mafia

    I politicanti hanno bisogno della disoccupazione perchè questa alimenta il clientelismo grazie al quale loro riescono a mantenere le poltrone. Per potere mantenere una parte delle promesse occupazionali, inoltre, creano una quantità di posti di lavoro assolutamente inutili e parassitari nella burocrazia. Attraverso questa, di cui hanno il totale controllo, bloccano ogni ipotesi di sviluppo della società.

    La finanza usa la disoccupazione per giustificare investimenti ingenti in grandi opere, insediamenti industriali e, più in generale, per promuovere stili di vita basati sul consumo esasperato. Il ricatto occupazionale consente di avere un serbatoio di lavoratori disposti ad accettare, pur di lavorare, qualunque condizione di lavoro e salari sempre più bassi. In nome della lotta alla disoccupazione si è proceduto ad un’industrializzazione selvaggia che ha creato enormi problemi ambientali e, con essi, malattie, morti, disagio sociale.

    La mafia ha bisogno della disoccupazione per potere reclutare la sua manovalanza. Senza di essa sarebbero veramente pochi i soggetti disposti a rischiare la galera rubando o uccidendo. E a questi pochi non sfuggirebbe di certo di essere facilmente individuabili e neutralizzabili. Delinquere sarebbe ancora più difficile.

    La maggior parte della gente, di fronte alla proposta di distribuire fra tutti i lavoratori il lavoro esistente, si dimostra scettica, sostenendo che l’ aumento della libertà individuale si potrebbe ottenere solo a costo di un abbassamento delle retribuzioni. Infatti costoro non riflettono sul fatto che oggi i disoccupati non pagano tasse e che riescono a sopravvivere con gli ammortizzatori sociali e con l’appoggio delle reti familiari. Se a tutti i disoccupati fosse dato un lavoro ciascuno di loro verserebbe i suoi bravi contributi, le famiglie sarebbero più ricche e, non dovendo più assistere alcuno, si potrebbero eliminare gli ammortizzatori sociali e, con essi, le tasse per alimentarli. Paradossalmente non avremmo soltanto più tempo libero, ma anche una busta paga più pesante.

    In uno scenario in cui tutti lavorano e c’è poca delinquenza si potrebbe ridurre il numero di poliziotti, carabinieri e sorveglianti vari che, impiegati in settori produttivi, allevierebbero ulteriormente carico di lavoro dei lavoratori utili. E la stessa cosa farebbero gli impiegati della burocrazia parassitaria.
    Queste cose, forse, pensava Keynes.
    Prima di parlare, però, avrebbe fatto bene a consultarsi con un antropologo, uno psicologo, un politicante e, possibilmente, con un mafioso.

  3. Ma anche fosse stata ‘colpa’ degli ambientalisti, perché dev’essere per forza una brutta notizia la chiusura di un cementificio?
    Per quanto riguarda gli operai licenziati, ovviamente dispiace ma bisogna smetterla con il ricatto eterno della mancanza di lavoro. L’Italia è uno degli unici due paesi dell’Unione Europea dove non c’è un reddito minimo garantito che tuteli TUTTI i disoccupati o sotto occupati.
    Per questi lavoratori troviamo cose utili da fare oppure, meglio ancora, iniziamo a lavorare tutti un po’ di meno, ridistribuendo il lavoro che avanza, e a vivere meglio.

  4. Il vero fallimento sono questi signori, compresi i loro amici-succubi di politici locali, che insieme formano una bella cricca degna della peggiore società.Non hanno neppure il coraggio di ammettere che sono degli incapaci. Vergogna!

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