Nuovo stadio della Roma: perché lo pagheremo anche noi

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(di Paolo Berdini, da Il Fatto Quotidiano, 13/01/2015)

La vicenda della costruzione dello stadio della Roma calcio ha concluso il suo primo tempo, per restare nell’ambito calcistico, con la decisione presa dal Consiglio comunale di Roma di attribuire al progetto che prevede la realizzazione 1 milione e duecentomila metri cubi di cemento (Antonio Cederna avrebbe detto ’12 hotel Hilton di Monte Mario’) il “riconoscimento dell’interesse pubblico”.

E’ stata una scelta adottata a maggioranza contro la efficace opposizione dei consiglieri del Movimento 5Stelle: una scelta democratica, dunque.

Converrà attrezzarsi per il secondo tempo della partita in cui, finita l’ubriacatura ideologica della “grande opera”, si dovrà tornare con i piedi per terra e ragionare sul complessivo assetto della città e sulle caratteristiche del progetto.

Dal punto di vista del generale assetto della città, occorre ribadire che la scelta del sito di Tor di Valle è frutto esclusivo e ostinato del promotore: la società calcio Roma. La legge sugli stadi approvata dal Parlamento consente di costruire i propri stadi e come tale deve essere rispettata. Ma non obbliga le amministrazioni pubbliche ad essere supine rispetto ai voleri della proprietà fondiaria. Nessuna legge vietava che il sindaco Marino imponesse di costruire lo stadio in un altro quadrante della città, dove gli oneri di urbanizzazione dovuti per legge e i maggiori oneri dovuti alla contrattazione urbanistica, avrebbero prodotto un beneficio più ampio per l’intera popolazione romana. Né vale a titolo giustificativo la motivazione che non è previsto che sia il Comune a scegliere il luogo ma può solo esprimersi sul pubblico interesse della proposta del privato. In questo modo si spiana la strada alla disegno di legge del ministro Maurizio Lupi che si basa proprio sulla subordinazione delle amministrazioni pubbliche rispetto alla proprietà fondiaria. E non è certo questo il mandato ricevuto da Marino dai suoi elettori.

Ma pur di giustificare l’interesse pubblico dell’operazione, il sindaco Marino ha elencato i benefici che verranno alla città: il prolungamento fino all’area dello Stadio di una linea metropolitana; la costruzione di un nuovo ponte sul Tevere e la creazione di un parco di 34 ettari. E’ evidente che identiche opere avrebbero potuto portare un grande beneficio per qualsiasi altro quadrante delle città dove vivono centinaia di migliaia di romani e dove non esistono metropolitane e parchi.

Perché, dunque, non si è scelto un altro quadrante?

La risposta è che è stata accettata senza fiatare l’indicazione di Cushman e Wakefield, società immobiliare di caratura internazionale, che fu incaricata dalla Roma di trovare l’area per il nuovo stadio, come aveva denunciato il 20 aprile 2012 Gianni Dragoni sulle pagine del Sole 24 Ore. Insomma, il futuro della capitale d’Italia sta nelle mani di una grande società immobiliare controllata dalla finanziaria Exor (famiglia Agnelli) e di un esponente della finanza internazionale come James Pallotta.

Il sindaco Marino si vanta di essere è il più strenuo avversario dei poteri forti, ma purtroppo per lui e per la città, si è messo in ginocchio – indimenticabile a riguardo il suo viaggio presso gli uffici di Pallotta a New York nell’agosto 2014 – di fronte alle lobby. Non è una novità.

Marino ha già delegato alla Cassa depositi e prestiti, come noto “potere debolissimo”, la trasformazione della preziosa area del Flaminio (ne parleremo nel prossimo post) e ha brindato insieme a Malagò, altro eterno volto dei poteri forti, per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Con buona pace del sindaco, la sua amministrazione è il paradiso dei poteri forti.

Del resto, pur di mettere in ombra questo vulnus imperdonabile, si continua a sostenere “che l’amministrazione comunale non farà alcun investimento economico”. Credono ancora di prendere in giro i romani: le opere giudicate di interesse pubblico saranno realizzate attraverso l’esborso di denaro pubblico noto (gli oneri di urbanizzazione previsti dalla legge) e da altro denaro di proprietà pubblica derivante dai maggiori introiti dovuti agli aumenti di volumetria concessi.

Si spenderanno dunque per opere utili solo e soltanto alla Roma calcio preziosi soldi pubblici.

E veniamo al merito del progetto per cercare di smontare il cumulo di bugie che sono state maldestramente costruite a difesa dello scempio.

Ciò che dispiace dal punto di vista generale è che alla difesa della mura del Campidoglio siano stati arruolati anche associazioni che dicono di battersi per gli interessi della città, come ad esempio Carteinregola, ma ognuno sceglie la sua strada. Si afferma che non è vero che l’area sia in un deserto urbano ma “sta a ridosso del popoloso quartiere Eur-Torrino”. Questo quartiere si trova in realtà a cento metri di dislivello dall’area ed è da essa diviso da una invalicabile barriera morfologica costituita da una ferrovia e da due strade carrabili ad alta percorrenza. L’area scelta è un deserto urbano, punto e basta.

Si afferma poi che non è vero che vengano regalati 350 mila metri quadrati di cemento perché nell’area esistono altre volumetrie e il piano vigente prevede di realizzare 112 mila metri quadrati. Addirittura si afferma che “se si avvalesse del ‘Piano Casa’ potrebbe ulteriormente aumentarle e trasformare l’Ippodromo in appartamenti”. Ma quando mai! L’area è destinata a verde e attrezzature sportive: quelle volumetrie potevano essere realizzate per attività sportive, non per le più lucrose attività commerciali o per uffici. Riguardo al Piano casa è appena il caso di ribadire che non è applicabile alle zone di verde e attrezzature sportive. Pallotta riceve un gran regalo economico.

Terzo argomento, il più grave sotto il profilo della legalità, riguarda la questione sollevata da molti articoli di stampa che la società proponente non fosse titolare delle aree su cui si dovrà realizzare il progetto. Su questo punto Carteinregola afferma addirittura che “E’ un problema del privato, non del Comune. Se il privato non potrà più mantenere la proposta avanzata, automaticamente decadrà”. Decine di anni di rapporti tra pubblico e privato sepolti con disinvoltura: è noto infatti che amministrazioni pubbliche devono obbligatoriamente verificare la titolarietà della proprietà immobiliare del proponente. Altrimenti sarebbe il far west.

Occorre dunque iniziare a pensare collettivamente con la partecipazione delle associazioni che hanno a cuore il destino di Roma ad una differente localizzazione in modo da ottenere che gli interessi riconosciuti dalla legge alla società Roma calcio si sommino a quelli di centinaia di migliaia di romani che sono ancora privi di moderne linee di trasporto pubblico: con le centinaia di milioni sperperati per la felicità di Pallotta si possono costruire almeno due linee tramviarie che –oltre allo stadio- potrebbero portare sollievo ad una città in gravi difficoltà.

E’ un’occasione irripetibile e la città sommersa dal fango della corruzione svelata dall’inchiesta Mafia Capitale, non può permettersi di delegare il suo futuro agli eterni poteri forti che l’hanno portata al fallimento che tocchiamo tutti i giorni con mano in termini di degrado e del quotidiano aumento delle tariffe e della cancellazione del welfare urbano ad iniziare dal trasporto pubblico.

2 commenti

  1. Penso che un passaggio come amministratori pubblici, dovreste farlo. Dire che Roma non spenderà denaro pubblico e poi imputargli l’uso degli oneri come sperpero, mi pare molto grossolano. Non sono di Roma e non conosco l’area, ma difficilmente posso imporro ad un privato di costruire contro i propri interesse. Oltre a ciò l’urbanistica è ormai morta, si contratta e razionalmente si può dire che viene a mancare la pianificazione. Il problema è che gli strumenti attuali sono inadatti a governare la complessità della nostra società ed è difficile prevedere le evoluzioni possibili a distanza anche di 2/3 anni. Personalmente credo che il territorio non debba essere sperperato, ma occorre una economia in forte espansione per permettersi terreni già urbanizzati e da riurbanizzare per nuove finalità ed è normale che le cubature debbano ripagare i costi di acquisizione. In merito al fatto che si dia un parere su aree su cui non si ha la il possesso delle aree, mi pare una buona cosa, adatta per una corretta progettazione, ma economicamente svantaggioso per chi realizza, poiché chi vende potrà aumentare il valore della propria proprietà non sul valore economico del bene, ma allineato al valore commerciale del bene. Ricordate ‘il Maggiolino tutto matto’ e la vecchina che non vuole vendere la sua catapecchia? qual era il valore di quella catapecchia? No, non fa nessun affare chi si fa accettare un progetto, immagino non i permessi di costruzione, e poi si occupi dell’acquisizione delle aree.

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