Mondiali di sci a Cortina: un pericolo per la montagna, un vantaggio per i soliti noti

cortina

Nel 2021 Cortina organizzerà i mondiali di sci: il rischio è di creare una Las Vegas montana, un agglomerato di alberghi e residences di lusso senza una “relazione vera” tra l’uomo e la montagna. La prima proposta irresponsabile è quella di costruire un aeroporto a Cortina, anziché ripristinare la linea ferroviaria Calalzo-Cortina. 

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Non sono passati nemmeno tre mesi dalla frana di Borca di Cadore e la politica e l’imprenditorialità, in vista dei mondiali di sci a Cortina nel 2021, si uniscono appassionatamente nel pensare nuove opere infrastrutturali, come se il problema del futuro della montagna fosse principalmente quello. Come se nuove colate di cemento e di asfalto potessero ridare vita a paesini semi abbandonati, a malghe cadute in rovina, a boschi e valli non più presidiate, come un tempo, dall’uomo.

Così l’ignoranza degli equilibri della natura e l’avidita dell’uomo “economico” fanno prendere corpo a un’idea demenziale: l’aeroporto a Cortina.

Ad agosto c’è stata una frana: l’ennesima conta dei morti, l’ennesima richiesta di stanziamenti per mettere in sicurezza il territorio. I responsabili di questa tragedia, ma lo è stato anche per le morti di Refrontolo, non ci sono. O meglio, ce n’è uno, additato come nemico dell’uomo e della sicurezza dei cittadini, anche se chiamato con nomi diversi: natura, maltempo, eccezionalità , cambiamenti climatici, fatalità. L’avidità di affaristi e amministratori senza scrupoli, coperti e sostenuti da una politica compiacente, non finiscono mai sul banco degli imputati. Fatto sta che l’uomo ci ha messo del suo anche a Borca di Cadore, dove e’ stato alterato l’assetto territoriale a ridosso del paese con la creazione di una pista di discesa, una seggiovia, opere che hanno richiesto sbancamenti, taglio di centinaia di alberi e l’irregimentazione del corso d’acqua in uno stretto alveo e per di più si sono costruite case a ridosso del torrente.

Senza queste opere, forse, si sarebbe attutita la forza della frana che, di fatto, ha trovato un’autostrada nel suo percorso finale.

L’estate di diversi anni fa mi trovavo a camminare nella parte alta della pista Olimpia di Cortina, sulle Tofane, e sono rimasto sgomento nel vedere all’opera “ruspe” e “benne” che, in modo non proprio dolce, spostavano massi, allargavano passaggi fra le rocce, ammorbidivano pendenze irregolari e tale lavoro serviva per aumentare la valenza tecnica della pista. Io sono purtroppo convinto che, quando si interviene con questa rozza forza meccanica, “qualcosa” nella conformazione rocciosa dell’area interessata dai lavori può rompersi, anche a distanza di anni.

Nel 2021 Cortina organizzerà i mondiali di sci e la politica veneta farebbe bene ad interessarsi su come verrà progettato e realizzato l’insieme di infrastrutture e impianti per lo svolgimento dell’evento. E iniziare con l’idea di un aeroporto a Cortina è un atto irresponsabile.

Non mi fido delle dichiarazioni fatte dai promotori: “rilanceremo Cortina e la montagna bellunese”. Temo che, per loro, rilancio voglia dire una superstrada per arrivare velocemente a Cortina e poi nuovi impianti e nuove opere che richiedono taglio massiccio di alberi, occupazione di aree verdi, ruspe all’opera ovunque, per creare una città di sport, di divertimento, di shopping.

Il rischio è di creare una Las Vegas montana, un agglomerato di alberghi e residences di lusso senza una “relazione vera” tra l’uomo e la montagna.

In questo quadro le cime dolomitiche svolgeranno la loro funzione “virtuale” di cartolina e i dubbi e le perplessità sulle “conseguenze future” delle ferite inferte al suolo, alla roccia, al paesaggio, al bosco e agli animali che ci vivono, ai torrenti, ai pendii, spariranno dalla mente dell’Homo Sapiens, sopraffatto da una sorta di delirio di onnipotenza sulla natura.

Io credo ci sia un’altra strada per il rilancio di Cortina e della montagna bellunese e che, tra l’altro, non necessariamente dovrebbe passare attraverso l’organizzazione di un mondiale di sci.

Innanzi tutto bisogna pensare ad un sostanzioso ripopolamento dei paesi della Valle del Boite, oggi ritenuti solo degli ostacoli da attraversare per poter giungere a Cortina. Per ripopolare le valli e le montagne del Cadore si devono incentivare le attività agricole e pastorali ai 1400/1500 m., la silvicoltura con tutta la filiera del legno (dalla segheria all’artigianato, dal legno come fonte rinnovabile alla bio edilizia), la ristrutturazione secondo criteri architettonici ed ecologici degli immobili vetusti dei paesi e dei paesini della valle per adibirli alla ricezione turistica, la mobilità dolce (rete di piste ciclabili).

Ma l’idea più coraggiosa e innovativa, quella che consentirebbe di cambiare marcia nella declinazione della parola “sviluppo”, potrebbe essere quella di ripristinare la linea ferroviaria Calalzo-Cortina, magari cominciando subito un primo stralcio. Altro che aeroporto a Cortina.

Tale iniziativa avrebbe una ricaduta eccezionale, sia dal punto di vista ecologico, sia dal punto di vista turistico, se venissero previste fermate nei paesi oggi solo transitati dal turismo diretto verso la perla delle Dolomiti. Queste sono solo alcune idee con cui si può cercare di rilanciare la montagna.

Per l’evento sportivo in senso stretto invece vanno tenute in considerazione, oltre alle osservazioni precedenti sui cattivi interventi che creano dissesto idrogeologico, le condizioni di partenza.

Cortina ha già ospitato nel 56 le Olimpiadi invernali e ha dei vecchi impianti, alcuni dei quali, vedi trampolino, in disuso. Cortina non è come un piccolo paesino sperduto della montagna siberiana o del deserto dell’Arizona: è una piccola città con strade, alberghi, prime case e seconde case, una entità quindi già molto cementificata.

Si dovrà quindi privilegiare per la costruzione degli impianti sportivi il riuso di manufatti già presenti sul suolo cementificato di Cortina, decentrando in altre realtà comunali o territoriali, aventi cubature da riutilizzare, la realizzazione di alcune opere.

La lotta al dissesto idrogeologico inizia nel momento in cui si pianifica un intervento che può impattare sull’equilibrio che la natura ha saputo mantenere, variare o rigenerare senza prodursi in fenomeni devastanti. I cambiamenti climatici e l’avidità dell’uomo questo equilibrio lo hanno rotto e ora ne paghiamo le conseguenze. Vogliamo prenderne atto o preferiamo insistere su progetti che non danno opportunità di un dignitoso benessere per tutto l’anno e a tutti i paesini che fanno parte della montagna bellunese?

Dante Schiavon