Dalla Sicilia molti stimoli e proposte per tutto il nostro Forum

Intervento di Salvatore Lo Balbo (Responsabile del dipartimento politiche territorio, aree urbane e abitative della Cgil Sicilia e componente del “gruppo dei 75” che ha predisposto la Proposta di legge del Forum Salviamo il Paesaggio) al convegno di Palermo del 22 giugno 2018.

Un grazie al Presidente della Scuola Politecnica e a quanti, associazioni e singoli, hanno organizzato con noi l’iniziativa di oggi e che, con la loro partecipazione e la loro presenza, sottolineano ancora una volta la volontà di voler contribuire ad una rapida chiusura di un periodo, che dura almeno dagli anni ’50, della vita di questo Paese. Questa lunga fase ci consegna la stridente contraddizione, maturata da decenni, di un notevole consumo del suolo non proporzionato all’incremento della popolazione e dei luoghi riservati alla qualità della vita sociale ed economica.

Già Alessandro Mortarino ci ha informato della situazione nazionale e delle iniziative in corso in Italia e nelle sedi Istituzionali.
L’Ispra presenterà il prossimo 17 luglio il rapporto 2018 sul consumo di suolo, e mi sembra opportuno sottolineare che, malgrado la forte offerta di immobili pubblici e privati, in Italia dal novembre 2015 a maggio 2016 si è impermeabilizzata una superficie pari a “50 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, poco meno di 30 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione di più di 3 metri quadrati di suolo che sono stati persi ogni secondo”.
Sempre secondo il rapporto 2017 dell’ISPRA, la Sicilia è una delle regioni che con il +7,18% ha maggiormente contribuito all’aumento del consumo di suolo.

L’aspetto più negativo è dato dalla qualità di questo incremento che interessa prevalentemente l’attività di edificazione privata.
A livello comunale i maggiori incrementi quantitativi si registrano a Palermo, Catania e Ragusa, Vittoria e Marsala, mentre in percentuale è il comune di Alcamo ad essere il primo nella graduatoria regionale predisposta dall’ISPRA.
La fascia costiera (entro 1.000 m.) e le altitudini (fino a 300 metri) sono quelle maggiormente interessate.
L’ISTAT rileva che dal 1950 al 2011 la popolazione italiana è cresciuta del 28% mentre la cementificazione del 166%. Malgrado ciò, sono milioni gli italiani che non vivono dignitosamente in alloggi proporzionati ai loro redditi, lontani dai centri storici – che sono sempre più abbandonati – e senza servizi collettivi da normale e civile potenza industriale qual è l’Italia.

Perché proprio questo è il tema: 14.5 milioni di edifici, pari a poco più di 31 milioni di appartamenti residenziali, più tutto il patrimonio immobiliare pubblico, non sono in grado di soddisfare le esigenze singole e collettive di tutti coloro che vivono in Italia.
E, visto che non si vive di solo pane, il grande patrimonio storico, artistico e culturale presente in Italia che ci ha fatto meritare l’appellativo di “BEL PAESE”, ancora non viene messo pienamente nelle condizioni di essere adeguatamente tutelato e fruito.

Ovviamente questa contraddizione si vive in tutte le regioni d’Italia. In Sicilia il totale degli edifici ad uso abitativo è di oltre 1,7 milioni e di essi oltre 130 mila sono vuoti o inutilizzati. Ad essi vanno aggiunti gli immobili pubblici ormai abbondantemente sotto utilizzati e il patrimonio costruito nel dopoguerra che oggi è fatiscente.
Dai dati presentati recentemente ed elaborati sull’ultimo censimento ISTAT 2011 dall’Associazione Nazionale Centri Storico Artistici, per la Sicilia si evidenzia che il 42% del centro storico di Ragusa è vuoto, che a Caltanissetta un edificio su cinque è vuoto e che ad Agrigento e a Trapani è vuoto un edificio su dieci.

Tra il 2001 e il 2011, Trapani, Enna, Ragusa e Siracusa hanno perso circa il 18% dei residenti nei loro centri storici. I dati sono anche negativi per presenza sia dei giovani sia degli anziani.
Nel 2011, Ragusa, Trapani, Agrigento, Palermo e Catania sono tra le prime 20 città per numero di abitazioni vuote o occupate da non residenti e cinque capoluoghi di provincia sono tra i primi 20 centri storici ad avere le % più alte di edifici inutilizzati.
Ultimo dato, riguarda il prezzo medio delle abitazioni nelle compravendite immobiliari del 2016: Palermo, Siracusa, Trapani, Agrigento, Ragusa e Caltanissetta si trovano con i prezzi medi più bassi tra gli ultimi 20 centri storici.

Il tema del “NON CONSUMO DI SUOLO” mette insieme gli interessi di chi lavora, in particolare i lavoratori della filiera delle costruzioni, con i bisogni dei cittadini che voglio vivere in un’area urbana non degradata, sicura e a costi proporzionati al reddito di un lavoratore dipendente, di un pensionato o di un giovane che decide di staccarsi dalla famiglia.
La CGIL svilupperà iniziative per determinare le condizioni affinché la programmazione dell’uso del territorio abbia come scopo il pieno utilizzo delle superfici impermeabilizzate e il non ulteriore consumo di suolo.

Per questo riteniamo, visto che l’attuale legislazione non impone a nessun amministratore di impermeabilizzare il suolo, che i soggetti pubblici di governo del territorio debbano adottare gli adeguati provvedimenti affinché non si continui a consumare suolo, non si abbandonino immobili pubblici e privati, si utilizzi l’immenso patrimonio immobiliare sequestrato o confiscato alle mafie.
Propongo a tutte le Associazioni presenti all’iniziativa di oggi di promuovere l’istituzione di un “CLUB DEI SINDACI PER IL NON CONSUMO DI SUOLO, che condividano quanto stiamo dibattendo oggi e che intendano raggiungere questi obiettivi nelle proprie realtà comunali.

Il governo regionale e i governi locali possono già fare la scelta del “NON CONSUMO DI SUOLO”. Così come è una scelta politica negativa continuare a far allontanare gli anziani dai centri storici, non avere adeguati ambienti per la cura della salute, per l’istruzione o semplicemente parchi gioco e verde pubblico dentro i centri urbani e nei quartieri. Penso che sia arrivato il momento di marcare le differenze tra le scelte.

Leonardo Sciascia ci racconta, era il 1961, la strettissima commistione tra costruttori, appalti, speculazioni edili, mafia e condizionamento delle istituzioni; Adriano Celentano, ne “Il ragazzo della via Gluck“ o “L’albero di trenta piani” ci fa cantare il futuro già immaginabile e prevedibile della cementificazione delle aree limitrofe agli insediamenti urbani degli anni ’60; Antonio Cederna denuncia con forza lo scempio dell’ambiente e del paesaggio; mentre Francesco Rosi ci fa vedere, era il 1963, come un personaggio spregiudicato, che ricopre il doppio ruolo di costruttore edile e consigliere comunale democristiano della città in questione (era Napoli, ma poteva essere anche un’altra città o paese) manifesta l’idea di comprare la terra, cambiare il piano regolatore per deviare la crescita della città su tale terreno e costruirvi, guadagnando solo con il cambio di destinazione d’uso anche 100 volte in più sulla cifra investita per l’acquisto del terreno, oltre ai profitti derivanti dalla costruzione dei palazzi.
In questi giorni abbiamo appreso dalla Magistratura e dagli organi di informazione che a Roma, ma potrebbe essere in qualsiasi altra città italiana, 30 persone (costruttori, faccendieri, politici, amministratori pubblici, burocrati, uomini dello Stato) avevano deciso di aggiornare la sceneggiatura del film di Rosi costruendo uno stadio su un terreno appositamente acquistato. Non è sbagliato pensare alla costruzione di uno stadio nuovo; è sbagliato farlo in quel luogo e con la puzza della corruzione e della speculazione politico-affaristica.
Oggi la realtà non è tanto lontana da quella descritta dal “Giorno della Civetta” o da “Le mani sulla città”. E del resto, non a caso, buona parte dei sequestri e delle confische fatte dalla Magistratura e dalle Forze dell’Ordine interessa gli immobili e le aziende che ruotano su di essi.

Infatti, secondo la banca dati del Ministero della Giustizia, avviata nel 1997, al 31 dicembre 2015 sono 153.397 i beni sequestrati e i beni immobili, esclusi i terreni, sono oltre 40.000, mentre i beni immobili confiscati in via definitiva sono oltre 5.000. La Sicilia partecipa a questo immenso patrimonio per almeno il 50% degli immobili sequestrati o confiscati.
La CGIL è convinta, fermo restando che è necessario avere una legge nazionale che dia precise indicazioni per il “NON CONSUMO DI SUOLO” e non per il consumo di suolo, che è possibile con l’attuale legislazione procedere all’assunzione di atti formali che “ARRESTANO” il consumo di suolo.
Oggi è possibile intervenire per attivare processi di rigenerazione delle aree impermeabilizzate e di riuso del territorio pubblico e privato. Nel nostro paese sono presenti risorse finanziarie nazionali e comunitarie in grado di contribuire notevolmente a realizzare una sostanziale prevenzione antisismica, idro-geologica, di riduzione dei consumi energetici, per la salvaguardia delle battigie, dei fiumi, del patrimonio storico, artistico e paesaggistico.

Per questi motivi chiediamo all’Associazione dei Comuni Virtuosi, all’ANCI Sicilia e al Governo della Regione di dare un forte input affinché aumentino gli enti locali che fanno la scelta di ZERO CONSUMO DI SUOLO.
Il non consumo di suolo, assieme ad una diversa politica idro-geologica, di tutela del patrimonio boschivo e del verde, della difesa del territorio da frane e inondazioni, da una convivenza con la prevenzione antisismica, rappresenta un tassello essenziale per la qualità della vita degli abitanti di questa Regione e per tantissimi siciliani che possono trovare una occasione di lavoro strutturata e non occasionale e precaria

La CGIL Sicilia propone di costruire una PIATTAFORMA INTEGRATA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE che, con una grande mobilitazione dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati, deve produrre una contrattazione multilivello per il lavoro, l’ambiente, il clima e il territorio.
Questa non è una proposta d’iniziativa territoriale, regionale o contingente, ma una volontà nazionale della CGIL, che vede la nostra Nazione, i nostri territori, le nostre popolazioni sempre più vittime non tanto dei fenomeni naturali, ma delle conseguenze della cementificazione e dell’assenza di una seria politica di manutenzione degli immobili e del territorio, fino all’abbandono delle aree interne.
Da subito gli Enti Locali devono revocare e/o sospendere le autorizzazioni di edificazioni emesse nei luoghi dove gli studi ci dicono che esse sono state concesse malgrado l’esistenza storica di frane, incendi, esondazioni e altre conseguenze di fenomeni naturali non compatibili con la presenza di attività umane.

Bisogna essere chiari: non si possono concedere da parte dei governi locali certificati di edificabilità dove la natura si esprime in maniera energica e nel contempo fare finta che la questione principale siano i provvedimenti che la magistratura affronta volta per volta.
Nel chiudere questo mio intervento, vi propongo cinque campi di azione precisi che possono contribuire a far diventare più vivibile e “pulita” la nostra regione.

Essi sono:

PRIMO: pieno utilizzo degli immobili e delle aziende della filiera delle costruzioni sequestrate o confiscate alla mafia.

SECONDO: Accelerazione delle attività di acquisizione, ristrutturazione, rigenerazione, risparmio ed efficienza energetica, etc.. sia del patrimonio immobiliare pubblico (case popolari) sia dei quartieri dove essi insistono.

TERZO: Utilizzazione delle aree impermeabilizzate pubbliche per destinarle ad edilizia e ambienti pubblici, dalle case popolari ai luoghi di aggregazione sociale, compreso la realizzazione di ville, giardini e parchi urbani.

QUARTO: Valutazione di una serie di interventi agevolativi, come l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e di costruzione e da ogni altro carico economico di competenza regionale, per i trasferimenti volumetrici da aree sensibili ad aree già impermeabilizzate o di compensazione tra Enti locali per un assetto coerente dei territori ricadenti tra enti confinanti;

QUINTO: Predisposizione e finanziamento dei piani di de-cementificazione di tutte le aree sensibili e fragili del nostro territorio;

Ovviamente, non possiamo fare a meno di fare una riflessione sull’abusivismo in Sicilia. La CGIL regionale ha già espresso, nelle diverse sedi, ampia solidarietà a quanti sono chiamati a far applicare le leggi in vigore e che in diversi luoghi della Sicilia sono minacciati e/o sotto scorta.
Il tema è ormai di vecchia data e grandi sono le responsabilità politiche di quanti hanno consentito che il territorio e le aree urbane fossero date in pasto a famelici amministratori della cosa pubblica, burocrati, costruttori, faccendieri e mafiosi.
Le sentenze della magistratura vanno contestate nelle sedi opportune. In Italia esistono tutti gli strumenti individuali e collettivi per fare valere le proprie ragioni. Ma una volta che le sentenze sono passate in giudicato vanno applicate.

Anche chi gestisce la cosa pubblica a tutti i livelli deve far sì che una pratica di sanatoria non sia parcheggiata negli uffici pubblici per decenni. L’aver ritardato l’applicazione delle leggi di sanatoria determina uno stallo che incide negativamente su quei cittadini che possono avere le case sanate e pertanto rientrare nella legalità.
La Cgil svilupperà il proprio impegno affinché si riduca notevolmente il numero delle pratiche che sono nel limbo della applicazione delle leggi in vigore e, ribadisce, anche in questa occasione la propria contrarietà a qualsiasi altro provvedimento legislativo nazionale e/o regionale che voglia sanare ciò che le precedenti leggi (già permissive) non hanno sanato, compreso la sanatoria per l’occupazione illegale delle case popolari recentemente approvata dal Parlamento siciliano.

Queste sono solo alcune delle iniziative politiche che come CGIL Sicilia vogliamo discutere ed approfondire con le Associazioni che oggi sono con noi, al fine di sostenere la battaglia per una legge nazionale che deve “ARRESTAREe nonCONTENERE” o “DIMINUIRE” il consumo di suolo.

Il cambio di tendenza si realizza passando dal cementificare al ricostruire, dalle aree impermeabilizzate a quelle verdi, dalla produzione di CO2 al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, dal lavoro manuale ed intellettuale dequalificato e sfruttato al lavoro professionalizzato, legale e dignitoso.

L’Italia e la Sicilia vanno ammodernate esaltando “IL BEL PAESE” e tutte le ricchezze storiche, archeologiche, naturali, professionali esistenti.