Osservazioni alla variante al PRG per il nuovo Stadio della Roma

Oltre sessanta formali osservazioni tecniche sono state trasmesse da Comitati, Associazioni, professionisti e cittadini individuali (tra cui il Coordinamento Associazioni e Comitati) all’Ufficio Urbanistica del Comune di Roma in merito al progetto del nuovo stadio della Roma calcio. Prima dell’azione della magistratura che ha portato al fermo da parte dei Carabinieri di nove persone, tra cui l’imprenditore Luca Parnasi (proprietario della società Eurnova che sta realizzando il progetto), Luca Lanzalone (attuale presidente di Acea, detenuta al 51% dal Comune di Roma) e il vicepresidente del Consiglio Regionale, Adriano Palozzi.

Il Coordinamento Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio (a firma di Cristiana Mancinelli Scotti e Giorgio Osti) e l’Ing. Paolo Berdini hanno trasmesso formalmente al Comune capitolino tre distinti documenti di Osservazione/opposizione all’adozione della variante al Piano Regolatore “Stadio della Roma in località Tor di Valle”, indicando l’inammissibilità derivante dalla presenza di vincolo idrogeologico, l’inesistenza dell’interesse pubblico, l’inaccettabile consumo di suolo per la realizzazione di parcheggi inutilizzati per la preponderante quantità di giorni e l’insussistenza delle norme di sicurezza sull’incolumità della popolazione.

Il prezioso lavoro civico espresso in questa fase di consultazione porta a rivolgere un pensiero a Bruno Ceccarelli, “motore” del Comitato Difendiamo Tor di Valle, che tutti noi abbiamo purtroppo perduto recentemente e che vogliamo raggiungere con questo doveroso saluto.

Ecco i contenuti dei tre documenti:

Coordinamento Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio/1:

Osservazione/opposizione alla adozione della variante al PRG “Stadio della Roma in località Tor di Valle”.
Inammissibilità all’adozione della variante urbanistica in presenza di vincolo idrogeologico R3/R4.
Inesistenza dell’interesse pubblico a realizzare lo Stadio della Roma.

L’area oggetto del progetto Stadio della Roma in località Tor di Valle è classificata dal P.A.I. (Piano di assetto idrogeologico) come area R3 e in parte R4. Entrambe le classificazioni limitano fortemente la trasformazione dei luoghi e, ad oggi, non permettono di realizzare le edificazioni previste nel progetto. Nelle aree R3 e R4 non è ammessa la realizzazione delle opere oggetto della variante urbanistica in esame, sussistendo un divieto assoluto di nuova edificabilità. In particolare, è esclusa la realizzazione di centri commerciali, direzionali,
turistico ricettivi e tutta la serie di ulteriori servizi (pubblici esercizi e servizi alle persone) previsti nel progetto della Roma.
Tale regime giuridico è così chiaro e incontrovertibile che la stessa Autorità di Bacino nel parere espresso in data 20 gennaio 2017 Prot. 0000261 ha affermato che “Restano di
esclusiva competenza del comune di Roma la valutazione della presenza delle condizioni necessarie ai fini della adozione della variante urbanistica”. L’ente di tutela della pubblica incolumità dichiara esplicitamente che è possibile procedere alla variante urbanistica solo in presenza di un formale declassamento del vincolo. Ed è peraltro noto che la normativa sulla sicurezza idraulica è sovraordinata rispetto ai piani urbanistici ed ha altresì la
prerogativa di imporre l’obbligo di adeguamento degli strumenti preesistenti. È escluso che con il PAI vigente la variante possa essere progettata prima ancora che adottata.
Il declassamento dell’area ai sensi dell’art. 43 comma 5 del PAI è subordinato alla preliminare realizzazione di opere di mitigazione e messa in sicurezza. Tale procedimento
si configura dunque come autonomo e precedente rispetto all’adozione di variante al PRG su area che il PAI qualifica non edificabile. Si ricorda peraltro, che il PRG avrebbe dovuto adeguarsi con il declassamento urbanistico dei territori assoggettati alla pianificazione sovraordinata.
In altri termini, l’amministrazione comunale o il privato procedente, dovrebbero preliminarmente porre in essere tutte le opere pubbliche indispensabili all’aumento della
sicurezza dell’area e soltanto dopo chiedere il declassamento del vincolo da R3 – R4 a R2.

Realizzare cioè una serie di opere finalizzate ad aumentare la sicurezza dell’area in oggetto e solo successivamente di poter avviare la procedura di variante urbanistica.
In buona sostanza, prima dell’adozione di qualsivoglia variante urbanistica è indispensabile che l’autorità tutoria del vincolo idrogeologico modifichi i perimetri delle classificazioni o le specifiche norme di riferimento. Nulla di tutto ciò è stato posto in essere e in modo
assolutamente illegittimo il Comune di Roma intende portare in approvazione una variante urbanistica inammissibile dallo strumento di tutela della sicurezza idrogeologica.
Si ribadisce dunque l’assoluta illegittimità ad approvare una variante urbanistica in presenza di uno strumento di tutela sovraordinato vigente ed espressamente finalizzato a limitare l’edificazione di Tor di Valle e si chiede il conseguente ritiro dell’interesse pubblico alla realizzazione del progetto in esame.

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Coordinamento Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio/2:

Inaccettabile consumo di suolo per la realizzazione di parcheggi inutilizzati per la preponderante quantità di giorni.
Inesistenza dell’interesse pubblico a realizzare lo Stadio della Roma.

Nelle NTA allegate alla proposta progettuale presentata dalla Roma Calcio viene certificato che verranno realizzati circa 35.000 metri quadrati di parcheggi (34,6 ha). Pur considerando che alcuni di essi sono multipiano, almeno 25 ettari di terreno saranno resi impermeabili solo per realizzare le aree di sosta.
Se ai parcheggi si aggiungono le superfici di accesso e di manovra indispensabili per il funzionamento, si arriva ad una quantità pari a 40 ettari cui vanno ulteriormente aggiunte le superfici della viabilità generale e degli svincoli. In totale si arriva a cementificare 60 ettari di terreno oggi permeabile.
Al riguardo si deve tener conto che tali parcheggi ‐ ad eccezione della piccola porzione che verrà utilizzata dal Business Park ‐ giaceranno inutilizzati per almeno 25 giorni al mese. Uno spreco di territorio che si sarebbe potuto evitare se solo si fosse localizzato lo stadio in un’area più consona, in cui – come avviene per i parcheggi dell’area circostante allo stadio Olimpico ‐ le aree di sosta vengono utilizzate nei giorni lavorativi dai cittadini romani.
Inutile ricordare che la realizzazione dei parcheggi non è a carico della società proponente, ma grava totalmente sulle casse del Comune di Roma poiché per la loro realizzazione verranno utilizzate le somme previste dagli oneri di costruzione e di urbanizzazione, ordinari e aggiuntivi. Peraltro, occorre considerare che tali immense superfici di parcheggio dovranno essere sottoposte a manutenzione ordinaria e straordinaria da parte dell’amministrazione comunale che già oggi ha, come noto, un debito consolidato di 13, 5 miliardi.

In altri termini, il Comune di Roma ha concesso l’interesse pubblico ad una operazione che non porterà alcun beneficio alla dotazione infrastrutturale di Roma ed aumenterà l’esposizione finanziaria per le spese di manutenzione.

Si chiede pertanto che venga espresso il diniego del pubblico interesse alla proposta e venga bocciata la proposta di variante urbanistica presentata dalla società Roma ed avviata contestualmente la ricerca di un sito maggiormente idoneo ad ospitare lo stadio.

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ing. Paolo Berdini:

Insussistenza delle norme di sicurezza sull’incolumità della popolazione.
Inesistenza dell’interesse pubblico a realizzare lo Stadio della Roma.

Il progetto per la realizzazione dello Stadio della Roma in località Tor di Valle presentato dai proponenti non prevede più la realizzazione del ponte carrabile di collegamento con l’Autostrada per l’Aeroporto di Fiumicino e si limita alla realizzazione di collegamenti in direzione sud – est verso la via Ostiense – via del Mare, unica infrastruttura stradale presente in un quadrante con limitate capacità infrastrutturali.

Le normative vigenti in materia di sicurezza della collettività e la stessa prassi consolidata, obbligano come noto alla sussistenza di vie di fuga plurime così da permettere in casi di emergenza l’ordinata evacuazione dei luoghi.

Le via di fuga plurime sono come noto garantite soltanto dall’esistenza di un tessuto urbano strutturato e consolidato. Nulla di tutto questo esiste nel luogo prescelto dalla società sportiva Roma per costruire lo stadio caratterizzato da un deserto urbano: su tre lati insiste la barriera naturale del Tevere e solo in tre limitati punti del confine sud – est si garantisce il collegamento con l’asse di via Ostiense – via del Mare.

Lo stadio conterrà, come noto, 55 mila utenti che sulla base del progetto presentato dovranno in caso di emergenze dirigersi tutti verso un unico asse stradale di fuga, peraltro sottodimensionato per palese ammissione di tutti i documenti comunali di verifica dei flussi viari sopportate da quell’asse stradale.

In buona sostanza, pur di non ammettere che la scelta localizzativa di Tor di Valle è assolutamente inadatta ad ospitare un grande servizio come uno stadio di calcio, il comune di Roma vuole accettare una proposta che costringerebbe decine di migliaia di persone e di automobili a dover usufruire di un’unica direttrice di fuga. E’ un’ipotesi scellerata e inaccettabile per il rispetto che si deve alla popolazione che assisterà agli eventi sportivi.

Resta dunque evidente che non esiste la minima garanzia di sicurezza per l’incolumità collettiva in caso di emergenza e ciò rende assolutamente immotivato e incomprensibile il riconoscimento dell’interesse pubblico nella realizzazione dello Stadio a fronte dell’esistenza di un rischio reale e diffuso per i cittadini romani.

Si chiede dunque che deve essere respinto il progetto presentato per l’evidente carenza di interesse pubblico.

 

Un commento

  1. che debbono essere approfondite le responsabilità del MiBACT e dell’Arch. Prosperetti: a fronte di un regolare provvedimento di tutela (vincolo) esistente, e dunque emanato dallo stesso Ministero poco tempo prima, come e con quali motivazioni si è potuto cassarlo, oltretutto senza che un provvedimento di tale natura e portata (e che, si badi bene, costituisce un precedente pericolosissimo), sia stato oggetto di pubblico dibattito. Ma è stato ascoltato, e si è pronunziato, il Consiglio Nazionale dei Beni Culturali? E in che termini si è espresso? Anche se è vero che ormai il Consiglio non è più come un tempo elettivo ma su nomina ministeriale, dovrebbe rappresentare l’istanza tecnico-scientifica del Ministero.

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