Ignorati dalla Pubblica Amministrazione? Eppure sono obbligati a rispondere ai cittadini. Piccolo vademecum per farsi rispettare

A cura dell’Associazione per il Parco Sud Milano Onlus.

Richiesta di visionare atti deliberati da un Comune – ricordiamo che nel Parco Sud sono 61 – sia in sede di Consiglio sia di Giunta, segnalazioni di situazioni non a norma, richiesta di incontro su temi specifici e altro ancora. L’attività di ogni associazione che si occupi di beni comuni comporta il dialogare con la Pubblica amministrazione, per una collaborazione che possa rendere migliore la salvaguardia del territorio e dell’ambiente. Noi ci proviamo e riproviamo, instancabilmente. Ma solo raramente qualche Comune ci risponde. E spesso, in queste risposte c’è un diniego oppure un assurdo giro di lettere che non portano a nulla. Insomma, tirando le somme delle nostre esperienze, è evidente che a volte non si vuole il dialogo con i cittadini. Anzi, sembrano infastiditi da chi si permette di voler ficcare il naso nelle loro attività!

Eppure, nel dicembre del 2016 è entrato in vigore il Foia (Freedom of information act), legge sulla libertà di informazione, che in sintesi prevede l’accesso gratuito agli atti della Pubblica Amministrazione (Pa) senza bisogno di motivarne la richiesta. Inoltre è stato eliminato il silenzio-rifiuto.

Da quasi 2 anni, quindi, dovrebbe essere possibile visionare dati e documenti in possesso della Pubblica amministrazione, anche per semplice curiosità e senza bisogno di fornire una specifica motivazione. Chiunque può accedere agli atti della Pa, in nome della trasparenza e della lotta alla corruzione. Il sistema precedente viene quindi ribaltato: il diritto alla privacy diventa un’eccezione alla regola generale, ossia al libero accesso ai documenti pubblici.

Cosa dice la legge e quali sono i diritti dei cittadini.

 

Per quali atti si può fare accesso?

L’accesso è possibile per tutti gli atti delle amministrazioni pubbliche, statali, regionali o locali che siano: sono solo alcuni i documenti a cui non si può accedere (vedi paragrafi successivi). Va precisato che, per le Pa, era già (ed è) previsto l’obbligo di pubblicare determinati documenti nella sezione «amministrazione trasparente» del proprio sito internet. Il diritto di accesso di cui si sta parlando si riferisce ad atti ulteriori rispetto a questi, ossia gli atti per cui non sussiste già l’obbligo di pubblicazione. La libertà di informazione, quindi, è garantita ancora di più.
La normativa si riferisce solo alle amministrazioni pubbliche e non agli enti privati (società, aziende, fondazioni ecc.), a cui queste disposizioni pertanto non si applicano

Per quali atti l’accesso è vietato?

L’istanza di accesso agli atti amministrativi è rifiutata se ciò è necessario per evitare un pregiudizio a determinati interessi pubblici (segreto di Stato, sicurezza pubblica e ordine pubblico; sicurezza nazionale; difesa e questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato; conduzione di indagini su reati e loro perseguimento; regolare svolgimento di attività ispettive) e privati (protezione dei dati personali; libertà e segretezza della corrispondenza; interessi economici e commerciali di una persona o di una società, compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali).

 

Chi può chiedere l’accesso?

Chiunque può fare richiesta d’accesso. Non occorre avere un determinato interesse ad esercitare questo diritto (ad esempio aver sostenuto un concorso pubblico per controllare tutti gli atti della gare). L’accesso può essere fatto anche per semplice curiosità.

 

Si deve motivare la richiesta?

Non bisogna motivare la richiesta di accesso. Il diritto è infatti garantito in nome della massima trasparenza e della prevenzione di fenomeni illeciti (come ad esempio la corruzione).

 

Si paga per effettuare l’accesso?

L’accesso agli atti è gratuito. Al massimo, l’amministrazione potrà addebitare al richiedente le spese per la riproduzione del documento su supporto cartaceo.

 

A chi va rivolta la richiesta d’accesso?

Ci sono tre uffici a cui ci si può rivolgere:
1. l’ufficio che materialmente detiene i dati, le informazioni o i documenti;
2. l’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) della singola amministrazione;
3. altro eventuale ufficio indicato dall’amministrazione sul proprio sito internet.
Se poi la richiesta ha ad oggetto dati, informazioni o documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito (nella sezione «amministrazione trasparente»), ci si deve rivolgere al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. In ogni caso, l’istanza può essere presentata anche in via telematica.

 

Cosa succede dopo che si fa istanza d’accesso?

L’amministrazione ha l’obbligo di rispondere entro 30 giorni. Attenzione: può succedere che la nostra richiesta di accesso possa creare danno ad altri soggetti (i cosiddetti «controinteressati»). Ad esempio, se chiediamo di visionare gli atti di un concorso pubblico, i controinteressati saranno coloro che ci precedono nella graduatoria. In questi casi, l’amministrazione ha l’obbligo di comunicare a questi soggetti che è stata fatta richiesta d’accesso: i controinteressati hanno quindi dieci giorni per fare opposizione alla nostra istanza. Durante questo periodo, il termine di 30 giorni (entro cui la Pa deve rispondere) viene sospeso: esso ricomincerà a decorrere solo una volta scaduti i suddetti dieci giorni.

 

Che succede se la Pa non risponde entro 30 giorni?

Se dalla richiesta di accesso passano 30 giorni (più l’eventuale sospensione per l’opposizione dei controinteressati) senza che l’amministrazione si sia pronunciata, l’istanza si considera automaticamente accolta (è stato eliminato il meccanismo del «silenzio-rifiuto», precedentemente in vigore).

 

Che succede se la Pa rifiuta l’accesso?

Il rifiuto deve essere adeguatamente motivato dall’amministrazione. Contro il rifiuto o il differimento si può fare istanza di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che si pronuncia con provvedimento motivato. Inoltre, per opporsi alla decisione dell’amministrazione o a quella del responsabile anti-corruzione, si può ricorrere al Tar (Tribunale amministrativo regionale), instaurando quindi una causa giudiziale.
Per le amministrazioni regionali o locali (provinciali o comunali) si può ricorrere al difensore civico competente per territorio. Se questo non è istituito nella propria località, si può ricorrere al difensore civico dell’ambito territoriale immediatamente superiore.

 

Accesso agli atti e accesso civico

Tutte le pubbliche amministrazioni devono dotarsi di un ufficio per l’accesso civico. Inoltre per l’accesso civico valgono i limiti della privacy: si devono dare i documenti con gli omissis, quando è in ballo la riservatezza delle persone. Sono queste alcune delle precisazioni contenute nelle Linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) d’intesa con il garante della privacy, recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico (Foia italiano, freedom of information act). (Informazioni tratte da https://www.laleggepertutti.it/).

 

Le lacune del Foia italiano

La prima riguarda i limiti della stessa legge, più volte evidenziati anche da Riparte il futuro: l’abbondanza di eccezioni (cioè di materie su cui non è possibile fare richiesta di accesso) e la presenza di una normativa ancora confusa e sovrabbondante hanno frenato la portata “rivoluzionaria” del FOIA italiano. Vi sono infatti tre tipi diversi di accesso: quello previsto dalla 241/90, quello civico (decreto 33/2013) e infine l’accesso generalizzato (d.lgs 97/2016), ciascuno con proprie regole e caratteristiche. Tutto ciò rischia di rendere impacciati e confusi anche i meno sprovveduti.

La seconda attiene alla riluttanza con cui le pubbliche amministrazioni – spesso approfittando delle incongruenze della legge – applicano il nuovo diritto di accesso, negando informazioni rilevanti per la stessa vita democratica e civile del Paese.

La terza, e forse più significativa, riguarda l’utilizzo ancora limitato che cittadini e professionisti dell’informazione fanno del nuovo accesso generalizzato. Chiunque abbia dimestichezza con le istituzioni di Paesi che possono contare da tempo sul FOIA, sa che esistono addetti e uffici appositi che raccolgono e rispondono alle richieste di accesso: i cittadini sono molto più abituati a chieder conto alla pubblica amministrazione dei modi in cui impiegano le loro risorse o delle scelte che mettono in pratica, svolgendo quel ruolo da “cani da guardia” delle istituzioni che rappresenta un fondamentale requisito delle democrazie più mature. In Italia la società civile tarda ad assumersi questo ruolo di controllo, importantissimo nel prevenire corruzioni e ruberie. Come emerso dall’indagine che Riparte il futuro ha compiuto alla fine del 2017 per cercare di tracciare un primo, approssimato quadro dell’utilizzo del FOIA, le richieste di accesso da parte di cittadini e giornalisti sono ancora inferiori all’attesa, a riprova che c’è ancora molto da fare sul fronte della formazione: è necessario spiegare non solo l’impiego del nuovo diritto di accesso, ma ancor più le sue potenzialità, come peraltro dimostrato da alcune inchieste giornalistiche rese possibili grazie al Freedom of Information Act (da www.agendadigitale.eu/).

Sarebbe bene che più cittadini si attivassero per richiedere atti della Pubblica Amministrazione: non bisogna lasciar dormire sugli allori le amministrazioni pubbliche che ignorano le esigenze di tutti noi di partecipare e condividere (o meno) come si muove il vostro Comune.

Tratto da: https://www.assparcosud.org/2-uncategorised/3639-essere-ignorati-dalla-pubblica-amministrazione-%C3%A8-frustrante-eppure-fior-di-leggi-obbligano-a-rispondere-ai-cittadini-piccolo-vademecum-per-farsi-rispettare.html