La Paura fa novanta

A cura del Comitato per Campiglia.

Le recenti scelte delle Giunte di San Vincenzo (2018) di permettere l’ampliamento della cava di San Carlo di una nuova superficie pari alla cava di Monte Calvi e la scelta di Campiglia Marittima (2017) sulla proroga a tempo indefinito degli scavi di Monte Calvi, che si configureranno come la distruzione completa del sistema collinare, non devono assolutamente meravigliare i cittadini.

In questo momento la Regione ha completato la redazione del Piano Regionale Cave e lo ha inviato agli Enti (Comuni, Soprintendenze, assessorati regionali, ecc. ecc.) per averne i suggerimenti e contributi che porteranno alla versione definitiva del P.R.C. da adottare in Consiglio Regionale.

La delibera di San Vincenzo va letta quindi come il contributo che questo Comune invia alla Regione in vista di un Piano Cave che per legge non avrà mai scadenza. Sarà interessante conoscere quale altro “contributo” darà Campiglia Marittima che ha già contribuito abbondantemente alla distruzione del Sito di interesse comunitario e di aree archeologiche di Monte Calvi.

Questo comunque è il momento per Amministrazioni che hanno sempre tutelato gli interessi dei proprietari di cave, di difendere a spada tratta chi di fatto ha sempre condizionato la gestione di questi territori. Se ce ne fosse stato ancora bisogno, queste scelte fanno capire quanto queste amministrazioni siano veramente interessate allo sviluppo di altri settori economici (turismo, agricoltura di qualità, processi di conservazione di prodotti agroalimentari, utilizzo responsabile delle coste e del paesaggio).

Ora si tratta di prendere posto a predica prima che si chiudano i giochi, spinti dalla paura che dopo le elezioni amministrative i cavatori si trovino di fronte ad Amministrazioni meno amichevoli e meno manovrabili.

Per fare questo però è indispensabile l’appoggio della Regione che dovrà smantellare (come per altro sta già facendo) il suo Piano Paesaggistico che in quanto strumento prevalente su qualsiasi altro Piano, impedirebbe l’operazione di ampliamento delle cave proposta dai Comuni.

Qui si vedrà la vera faccia della politica regionale al di là di tutte le sbrodolature sulla tutela, conservazione e promozione del paesaggio che ci vengono propinate quotidianamente.

Ma quello che resta misterioso per chiunque conosca il territorio è perché si chiedono ampliamenti di cave quando sono tutte in perdita.

A Monte Calvi diversi lavoratori sono in cassa integrazione, il tanto vantato microcristallino non serve più perché le acciaierie sono ferme, la Solvay si era impegnata a mantenere a San Carlo quarantotto operai e sono scesi a venticinque e l’andazzo non sembra migliorare visto che il fermo dell’industria del mattone e della chimica locale continua imperterrito.

Ma allora “c’è del marcio in Danimarca” come diceva Shakespeare?

Chi lo capisce cerchi di spiegare questo assurdo economico.