Alla scoperta dei vigneti urbani d’Italia: un viaggio nel tempo passeggiando fra i filari sopravvissuti nelle cittá

Un frammento di terra che narra 400 anni di storia. Una macchia verde che in un attimo riporta ad atmosfere rurali d’altri tempi. È questo che succede se ci si avventura nella prima delle colline che circondano Torino, a pochissimi passi dal centro storico, nel parco dove svettano decine di rigogliosi filari che, come arterie secolari, testimoniano il passato preindustriale della città.
Si tratta di un giardino di nobile memoria, dove il ritmo lento della coltivazione della terra si mischia con quello frenetico della vita cittadina. La vigna di Villa della Regina, unica vigna metropolitana d’Italia, è il miracolo di un piccolo terreno vitato che, all’interno del parco dell’omonima villa seicentesca, splendida residenza dei Savoia, offre una vista unica sulla città, immersi nel verde e nel silenzio.

Miracolo perché dal 2009, dopo oltre un secolo di totale abbandono, le antiche viti che avevano dissetato il primo re d’Italia sono tornate alla vita attraverso un lungo progetto di riqualificazione intrapreso dal Ministero per i Beni Culturali. L’Azienda vinicola Balbiano, preso in carico il progetto di ripristino del vigneto, in pochi anni ha riportato in produzione i filari offrendo, a torinesi e non, una Freisa Superiore che dal 2011, per l’elevata qualità, ha ottenuto il riconoscimento DOC.

Nella nostra Penisola i grappoli che maturano all’interno delle mura cittadine, producendo vini da preservare, amare e degustare, sono numerosi e dislocati su tutto il territorio. Ce ne sono, infatti, fra le vie di Napoli nella vigna “San Martino”, il podere dell’omonima Certosa, vitato dai monaci almeno sei secoli fa e tutt’ora in produzione grazie all’azienda “Mastroberardino”, a Brescia dove le uve crescono ai piedi del Castello cittadino nel vigneto “Pusterla”, il più grande vigneto urbano d’Europa, ma anche a Venezia o Siena.
Nel capoluogo toscano, i filari del progetto “Senarum Vinea” si dipanano presso l’Orto de’ Pecci, nella valle di Porta Giustizia, grazie a una sinergia scattata fra l’Università, la Camera di Commercio, il Comune e l’azienda Castel di Pugna, sinergia che ha riconsegnato ai senesi la coltivazione di ceppi autoctoni pressoché estinti.
Caso particolarmente suggestivo, infine, è quello di Pompei e della sua “Villa dei Misteri”, dove la magia del vino si realizza proprio all’interno  delle domus del parco archeologico, laddove le uve venivano coltivate oltre duemila anni fa, al centro di un luogo che è un inestimabile patrimonio di storia e antichità.

Dal 2014, sulla spinta di Torino e dell’Azienda Balbiano, questi vignerons urbani, artigiani del patrimonio storico-rurale dei nostri borghi, stanno cercando di creare una rete internazionale per valorizzare le tracce della viticultura sopravvissute nelle città, portando all’attenzione pubblica l’importanza della riabilitazione di beni collettivi di grande valore archeologico oltre che enologico.
Per adesso sono state intercettate due realtà internazionali, la vigna urbana di Parigi, il Clos Montmartre, e Vienna, che custodisce centinaia di filari all’interno del Castello di Schönbrunn, entrambe gemellate con la Vigna di Villa della Regina di Torino.

L’obiettivo finale è di dare vita a una rete internazionale dei vigneti urbani per portare avanti mutuo supporto fra questi particolari vignaioli che, tra ostacoli burocratici, ambientali ed economici, coltivano uve intrise di storia e bellezza.