Basilicata: il ricorso alla legge regionale sul raddoppio dell’eolico, non va nella direzione sperata

A cura dell’Ing. Donato Cancellara, Presidente Associazione VAS per il Vulture Alto Bradano.

Ha creato molta irritazione l’approvazione della recente legge della Regione Basilicata n. 4/2019, da parte del precedente Consiglio regionale – in regime di prorogatio – con cui è stato introdotto il raddoppio del contingente di potenza elettrica installabile derivante da fonte eolica.
La lente di ingrandimento si è soffermata sul comma 3 dell’articolo 13: “nelle more della adozione della nuova pianificazione energetica ambientale della Regione, ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 i limiti massimi della produzione di energia da fonte rinnovabile stabiliti dalla Tab. 1.4 del vigente P.I.E.A.R. approvato con L.R. n. 1 del 19 gennaio 2010, sono aumentati per singola fonte rinnovabile in misura non superiore a 2 volte l’obiettivo stabilito per la fonte eolica e per la fonte solare di conversione fotovoltaica e termodinamica e in misura non superiore a 1,5 volte gli obiettivi stabiliti per le altre fonti rinnovabili in essa previste“.

Successivamente, diverse sono state le dichiarazioni di soddisfazione per l’impugnazione della Legge da parte del Consiglio dei Ministri, come se bastasse aver annunciato e poi presentato un ricorso perché le problematiche potessero avviarsi alla risoluzione. Dalla lettura del ricorso, presentato dal Consiglio dei Ministri, si capisce qual è la realtà dei fatti e quanto sia sbagliato fermasi alla propaganda. I fatti dicono che, nonostante il ricorso, non vi è la concreta volontà, da parte dell’attuale governo nazionale, di porre un freno all’eolico “selvaggio” né su scala nazionale né su scala regionale con specifico riferimento alla Basilicata.

Il ricorso presentato dal Consiglio dei Ministri (delibera dell’8 maggio 2019) che non riguarda, evidentemente, soltanto la questione delle rinnovabili ma tanto altro, non va affatto nella direzione sperata. Nel dettaglio del ricorso viene evidenziato che imporre limiti alla produzione di energia elettrica da fonte eolica non avrebbe alcun senso poiché, quant’anche venissero superati, ciò non creerebbe nessun impedimento al rilascio di ulteriori autorizzazioni per la realizzazione di impianti eolici.

Nello specifico, si legge che “nel nostro ordinamento non vi è un principio di regionalizzazione per la produzione e consumo di energia. Secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. 79/1999, la produzione di energia elettrica (da qualunque fonte) è attività libera e non è pertanto condizionata dall’entità dei consumi in ambito regionale. Le linee guida statali, in coerenza con tale principio, prevedono che l’eventuale superamento di limitazioni programmatiche contenute nel Piano energetico regionale o delle quote minime di incremento dell’energia elettrica da FER non preclude comunque l’avvio e la conclusione favorevole del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica (par. 14.5). Il riferimento alle quote minime di incremento di energia da FER è stato introdotto nelle linee guida in relazione all’obiettivo nazionale del 17% di consumo finale lordo da FER al 2020, stabilito dalla direttiva europea 2009/28/CE (sulla promozione delle fonti rinnovabili). In base al d. lgs. 28 del 2011 è stato emanato il DM 15 marzo 2012 (cd. Burden Sharing) che ha ripartito detto obiettivo fra le Regioni, in considerazione del loro potenziale tecnico-economico e delle disponibilità di risorse energetiche locali.

Sebbene la Regione Basilicata sia in linea con la traiettoria intermedia degli obiettivi fissati dal Burden Sharing, va osservato che la fissazione di tetti di produzione di energia elettrica non deve in ogni caso rappresentare un ostacolo o la compressione della libertà di iniziativa economica in materia di produzione di energia elettrica di cui al citato art. 1, comma 1, del d.lgs. 79/1999, che è di derivazione comunitaria (direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica). Deve allora risultare chiaramente che i predetti limiti massimi di produzione per le singole fonti, che le Regioni possono fissare, non inibiscono l’avvio e la conclusione favorevole del procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica o di altri titoli abilitativi.

È noto infatti il favor accordato alle fonti rinnovabili dagli accordi internazionali e dalle direttive comunitarie in materia (direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, attuate nell’ordinamento italiano, rispettivamente, con i d. lgs. n. 387/2003 e n. 28/2011). Al riguardo, è appena il caso di ricordare che con la recente direttiva 2018/2001 dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili sono stati posti nuovi e più sfidanti obiettivi al 2030 e che l’Italia, con la proposta del Piano per l’energia e il Clima (inviata alla Commissione Europea a fine dicembre 2018), si è impegnata a raggiungere il 30% dei consumi di energia da fonte rinnovabile sul totale dei consumi energetici”. 

A fronte di tale precisazioni, sembra più che mai urgente insistere con proposte di legge che modifichino la legislazione nazionale, in primis il decreto legislativo n. 387/2003, al fine di porre un freno a quel favor legislativo per le fonti rinnovabili che sta portando, in diverse parte dell’Italia, a fenomeni di speculazione incontrollata con rilevanti danni all’Ambiente, al Paesaggio ed alla salute dei cittadini.