No alla nuova espansione CRIF a Varignana

Appello contro lo snaturamento del territorio collinare e per la tutela dei beni collettivi.

A fine 2018 il Comune di Castel San Pietro ha presentato una variante urbanistica al RUE per acconsentire alla richiesta della società CRIF SpA, proprietaria del complesso denominato Palazzo di Varignana, di realizzare qui una nuova lottizzazione e trasferirvi il proprio quartier generale, oggi ubicato a Bologna in via Fantin (angolo via Zanardi).
Noi riteniamo che assecondare tale richiesta significhi abdicare ai principi di base della pianificazione, tradire la tutela della collina (una delle più preziose tra le eredità lasciateci dall’urbanista Giuseppe Campos Venuti, da poco mancato) e contraddire gli obiettivi dichiarati di mobilità sostenibile e azzeramento del consumo di suolo.

Già oggi il Palazzo di Varignana è una presenza imbarazzante per un territorio che si vorrebbe regolato da una normativa urbanistica sostanziale, e non solo formale. Si tratta di un insediamento sulla prima collina a ridosso della via Emilia, a monte di Osteria Grande, cresciuto dal 2006 a colpi di varianti e ampliamenti, che hanno portato a 12.000 mq di sola superficie utile, ovvero senza contare autorimesse, seminterrati, cantine, depositi, locali di servizio, percorsi di collegamento coperti o
interrati, piscine, parcheggi: edificazioni che se calcolate portano ad un impatto ambientale ben più pesante.

L’urbanizzazione attuale, cresciuta “a pezzi” dal 2006 ad oggi, in un’area sottoposta a vincolo paesistico. Col nuovo insediamento proposto, l’area edificata aumenterebbe di un ulteriore 50%.

Dai 2.500 mq della prima variante urbanistica (centro convegni), si raddoppiò (altri 2.600 mq) in soli 2 anni (nel 2008), fino all’arrivo nel 2013-2014 di ulteriori 6.800 mq. Una sequenza di interventi singoli, sedicenti “limitati”, che però nell’insieme hanno portato in 13 anni ad una radicale mutazione del territorio. Oggi CRIF chiede ulteriori 6.000 mq di capacità edificatoria (sempre al netto della superficie accessoria e interrata, nel caso assai consistente), fino a raggiungere un totale di 18.000 mq utili (+50%), allo scopo di spostare qui il proprio centro direzionale.

La sede attuale di CRIF, in via Mario Fantin, angolo via Zanardi, nella prima periferia di Bologna.

Siamo contrari a questa ulteriore forzatura, per tre ragioni.
Perché impatta su un’area di grande pregio paesaggistico e naturalistico come la linea di crinale collinare, su cui insiste lo stesso vincolo che tutela i colli sopra Bologna.
Perché produce consumo di suolo agricolo, alterando la funzione di ricarica e regolamentazione delle acque sotterranee, anche a causa dei profondi sbancamenti previsti (68.000 mc).
Perché causa dispersione insediativa, mentre c’è bisogno di concentrare gli insediamenti generatori di traffico pendolare in zone servite dal trasporto pubblico.
Trasferire infatti 300 lavoratori dalla sede attuale, posta a 800 metri dalla Stazione Centrale di Bologna e su una arteria (Zanardi) percorsa da linee urbane ed extraurbane di trasporto pubblico, alla cima di una collina sottoposta a vincoli dal Piano Paesistico Regionale, dove si arriverà solo in automobile (oltre alla navetta d’ordinanza, foglia di fico sempre offerta dagli attuatori, poi inutile alla prova dei fatti, quindi in seguito cancellata), significa aggiungere traffico alla fragile viabilità locale e aggravare il carico urbanistico ed ambientale sul nostro territorio. E questo quando la stessa CRIF possiede un terreno con Piano Particolareggiato già approvato a Osteria Grande, servito dai mezzi pubblici.

La viabilità locale, larga poco più di 5 metri, che dà accesso al
comparto. Su strade come queste verrebbero dirottati spostamenti pendolari quotidiani, in automobile, per alcune centinaia di addetti.

Queste sono peraltro le considerazioni contenute nel parere di ARPAE sulla sostenibilità ambientale dell’intervento, parere espresso, come dovuto, nel corso della Conferenza di Servizi prevista per l’approvazione della Variante. Sostenibilità che ARPAE avverte di non poter riscontrare, ma che, a seguito di evidenti pressioni sfociate in un irrituale parere-bis,
finisce col condizionare a possibili e generiche compensazioni del danno.
Compensazioni di cui, tuttavia, né ARPAE né nessun altro documento
presentato in Conferenza definisce in alcun modo i contenuti.

Ci rivolgiamo dunque al Comune di Castel San Pietro, al suo Sindaco e alla maggioranza che lo sostiene. Comprendiamo i benefici occupazionali conseguenti all’arrivo di un’azienda grande e solida che dà lavoro a centinaia di addetti. Ma esistendo già, proprio nel territorio comunale, un Polo di espansione previsto dal PTCP (Poggio Piccolo), adiacente al casello autostradale, servito da una viabilità adeguata (SP 19 San Carlo) e a soli 2 km dalla stazione ferroviaria, perché non esercitare in modo pieno e alto il ruolo di amministratori, convogliando i nuovi insediamenti produttivi e terziari nelle aree idonee, con collegamenti e servizi validi, e minimi impatti ambientali? Ritenete davvero che la riqualificazione di un’area dismessa (a Osteria Grande), messa sul piatto dello scambio con ad altre lenticchie, possa valere il prezzo della rinuncia ai principi cardine della pianificazione territoriale?

Ci rivolgiamo alla Città Metropolitana, e in particolare al suo Sindaco. Se a Varignana si può trasformare la cima di un colle in una periferia urbana, completa di hotel, piscine, centro congressi e uffici, con tanto di parcheggi e piattaforma di atterraggio per elicotteri, cosa impedirà di fare altrettanto sotto Castel de’ Britti o accanto a San Luca?

Ci rivolgiamo alla Regione, che sulla nuova legge urbanistica n. 24 del dicembre 2017, entrata in vigore a gennaio 2018, ha molto investito politicamente e comunicativamente, con tanto di tour promozionale nei territori, “mettendoci la faccia” nella persona del suo promotore, l’assessore alla pianificazione ed ora anche vicepresidente, dello stesso presidente, di tutta la Giunta e la maggioranza che l’ha votata. Volete dare ragione alle interpretazioni che paventavano come dietro la sbandierata intenzione di azzerare il consumo di suolo, la legge celasse meccanismi capaci di consentire l’esatto opposto, ovvero l’urbanizzazione della campagna, collina inclusa?

Ci rivolgiamo alle forze politiche che affermano di voler affrontare seriamente il tema del cambiamento climatico e di prendere sul serio i giovani del Friday for Future. Ma con quale coraggio chiederemo loro fiducia e consenso, mentre acconsentiamo a scelte politiche e amministrative che vanno evidentemente in direzione contraria alla sostenibilità?

Da qui il nostro appello a tutte le istituzioni coinvolte, affinché si fermino e cambino rotta. Perché la cura dell’ambiente sarà sempre più condizione indispensabile per lo sviluppo, l’occupazione e la prosperità dei territori.

Ilaria Agostini, Anna Alberigo, Pietro Maria Alemagna, Vincenzo Balzani, Jadranka Bentini, Paola Bonora, Sergio Caserta, Piero Cavalcoli, Pier Luigi Cervellati, Andrea De Pasquale, Anna Donati, Rudi Fallaci, Marina Foschi, Lorenzo Frattini, Flavio Fusi Pecci, Fioretta Gualdi, Maria Pia Guermandi, Giovanni Losavio, Ugo Mazza, Eugenio Riccomini, Ezio Righi, Piergiorgio Rocchi, Maurizio Sani, Paolo Serra, Silvia Zamboni.